Ancorché si tratti di un libro di qualche anno fa, dopo aver recensito a fine gennaio il libro di MARSHALL, nel quale il mare occupa un posto tutto sommato collaterale, malgrado l’attenzione dell’autore agli sviluppi geopolitici marittimi, risulta interessante soffermarsi su questo atlante, giunto alla sua seconda edizione, che compensa, ad abundantiam, tale disequilibrio.
Non si tratta, infatti, solo di un insieme di tavole, dalla grafica impeccabile, raffiguranti lo status delle acque territoriali e delle Zone Economiche Esclusive, i cui limiti spesso sono oggetto di contestazione tra Stati confinanti, ma di un testo ampio e completo in cui le tavole illustrative sono corredate ognuna da un saggio, che spiega con parole chiare, in profondità, la situazione nei vari oceani, le possibilità di sfruttamento, le aree in cui le problematiche sono più accese e i contenziosi che ne derivano.
Non occorre molto per capire che uno dei pregi principali di quest’opera è soprattutto la sua caratteristica multidisciplinare: infatti, gli autori, per poter trattare tutte le sfaccettature delle questioni marittime, hanno fatto saggiamente ricorso a un team di dieci esperti internazionali, includendo Jean-Pierre LÉVY, insigne giurista ed ex Direttore della Divisione Affari marittimi e Diritto del Mare all’ONU, che ne ha curato la preziosa introduzione, con risultati eccellenti.
Come ricorda appunto LÉVY, la multidisciplinarietà nell’approccio alle questioni marittime è un fenomeno relativamente recente, in quanto essa si è sviluppata a partire dalla Terza Conferenza Internazionale sul Diritto del Mare (1973-1982), che per la prima volta esplorò tutti gli aspetti e tutte le implicazioni giuridiche delle attività che si svolgono sul mare.
Purtroppo, come nota sempre LÉVY, mentre all’epoca tutte le Nazioni partecipanti si presentarono con delegazioni miste, unificando le proprie competenze in materia, negli anni successivi esse, in gran parte, hanno trascurato il problema, tornando a suddividerle tra diversi dicasteri. Questa errata valutazione, di cui anche l’Italia è colpevole, ha fatto perdere di vista il fatto che il mare è un “ambiente integrato” e necessita di una politica egualmente integrata.
Come notano poi gli autori, le sfide da affrontare, per rendere governabile l’ambiente marino, non si limitano al confronto tra le Nazioni, i problemi del commercio marittimo e lo sfruttamento economico delle acque e delle ricchezze presenti nei fondali: anche il riscaldamento globale, l’inquinamento, il depauperamento della fauna e della flora marina sono tutti problemi che possono essere risolti, o quantomeno gestiti, solo in modo multidisciplinare.
Il mare, inoltre, non è un luogo di pace: i conflitti si stanno moltiplicando, e le zone economiche disputate sono ancora una maggioranza. L’elenco di queste dispute, che danno periodicamente luogo a scontri anche violenti, è lungo e comprende oggi tutti i mari intorno all’Asia, il Mediterraneo, l’Oceano Artico e tende a coinvolgere anche gli oceani che bagnano l’Africa. Anche su questo tema, l’Atlante fornisce le indicazioni indispensabili a chi voglia approfondire la genesi di questi conflitti.
Capire che “il mare rappresenta il fondamento essenziale della sopravvivenza umana” è indispensabile, ed è un fatto che va ricordato a tutti gli attori che agiscono in quest’ambiente, dai naviganti ai leader politici, affinché tutti si muovano in modo concertato, per il bene dell’intera umanità.
Non è un caso che quest’opera, al suo primo apparire nel 2009, abbia vinto il Premio Eugène-Potron, assegnato dalla Società di Geografia francese.