Scarica il file in pdf – al qaeda – maggio 2023 – de lellis
COSA RIMANE DI AL-QA’IDA OGGI?
Arianna De Lellis
Quasi due anni fa, nella notte del 24 agosto 2021, il jihadismo qaidista ovunque esultava per la vittoria dei Talebani contro l’infedele occidentale. Al-Qa’ida diramava in quelle ore un messaggio con il quale si congratulava per la vittoria dell’Emirato islamico attraverso il canale responsabile delle comunicazioni ufficiali del comando centrale qaidista. Un anno dopo, il 1° agosto 2022, il Presidente americano Biden pronunciava le seguenti parole durante un discorso tenuto alla Casa Bianca: “Justice is done”. Biden, a tarda sera, confermava così l’uccisione dell’emiro e leader di al-Qa’ida Ayman al-Zawahiri, braccio destro di bin Laden e mente dell’11 settembre 2001[1].
Considerato uno tra i nemici più temibili degli Stati Uniti, dopo averlo cercato insistentemente sotto i Presidenti Bush, Obama e Trump, l’intelligence americana ha individuato al-Zawahiri all’inizio del 2022, trasferitosi a Kabul dopo il ritorno al potere dei Talebani. Dopo aver passato al vaglio tutte le prove che confermavano la sua posizione, il Presidente Joe Biden ha autorizzato, ad un anno esatto dal ritiro delle forze della coalizione dalla capitale afgana, un attacco di precisione con un drone, senza l’impiego di “boots on the ground”.
In accordo ad alcune fonti di stampa, al-Zawahiri è stato ucciso a Sherpur, quartiere residenziale di Kabul, nella casa di proprietà di un collaboratore di Serajuddin Haqqani, Ministro dell’Interno e Vice Comandante supremo dei Talebani[2]. Questo dettaglio conferma molti dubbi e voci emersi nelle settimane precedenti l’attacco: al-Qa’ida era tornata ad operare nuovamente in Afghanistan con il sostegno non più implicito del governo talebano. Tali “dicerie” sono state rafforzate a metà luglio, a seguito della pubblicazione del report delle Nazioni Unite, nel quale si evidenzia come Ayman al-Zawahiri stesse vivendo un periodo di “maggiore libertà di azione”, documentato da videomessaggi regolarmente divulgati. Questa rinata “agiatezza”, notano gli Stati membri, coincide con la presa di Kabul da parte dei Talebani e con il consolidamento del potere di al-Qa’ida all’interno della loro amministrazione, nella quale la rete Haqqani è considerata “spina dorsale” di questa alleanza. Infatti, al-Qa’ida ha da sempre avuto un rapporto molto forte con il movimento talebano, rafforzato, oltre che dalle ideologie condivise, da matrimoni, e questo ha fatto sì che la relazione fosse, dagli anni Novanta, molto profonda, al di là della semplice convenienza e tutto l’opposto del rapporto tra Talebani e Stato Islamico, nemici affermati[3].
Di fronte a tali evidenze, la domanda sorge spontanea: cosa rimane di al-Qa’ida oggi? Come sta sopravvivendo?
Si può ritenere che oggi l’organizzazione qaidista non si pone come una minaccia imminente sul piano internazionale, nemmeno dalla sua base sicura afgana, poiché manca di una capacità operativa che può riflettersi ed irradiarsi esternamene e, soprattutto, non può permettersi di arrecare danni diplomatici e politici sulla scena mondiale al governo talebano neofita. Nonostante ciò, il contesto internazionale si presenterebbe favorevole ad al-Qa’ida, la quale, probabilmente, mira ad essere nuovamente riconosciuta come leader del jihad globale e come attore principale nell’ispirare l’ambiente islamico intero, congiuntamente al fatto che la sua propaganda è, ad oggi, meglio sviluppata rispetto a quella del sedicente Stato Islamico[4].
L’ascesa di IS ha messo, tuttavia, alla prova l’egemonia dell’organizzazione qaidista e ha messo in luce il fatto che la sua forza combattente non è più quella di una volta. All’apice del loro potere, soprattutto a seguito degli attentati del 2001, al-Qa’ida era una minaccia temibile e temuta in tutto il mondo e l’organizzazione si stava muovendo anche verso la produzione di armi biologiche; poi la sua influenza è diminuita con l’emergere del jihadismo del sedicente Stato Islamico. Proprio in relazione a ciò, l’Istituto Affari Internazionali individua un altro motivo, accanto ai legami “familiari”, secondo il quale il governo talebano avrebbe mantenuto viva la sua affiliazione ad al-Qa’ida: i Talebani considerano l’organizzazione qaidista un alleato importante contro lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante-Khorasan, conosciuto come ISIL-K, il quale si presenta più forte e radicato se paragonato ad AQ[5].
Sicuramente, con la morte di al-Zawahiri, nemico conosciuto dall’Occidente, al-Qa’ida è più difficile da controllare, considerando che il nuovo leader potrebbe essere desideroso di affermare la sua autorità e la sua forza colpendo l’Occidente “lontano”. Da un punto di vista operativo risulta, invece, improbabile che la morte di al-Zawahiri possa cambiare la situazione in cui si trova ora al-Qa’ida, almeno nel breve termine. Durante questi ultimi due decenni, in particolare dal 2001 e ancor di più dopo la morte di bin Laden nel 2011, l’organizzazione si è trasformata profondamente, decentralizzandosi e diventando un movimento orizzontale più che una struttura gerarchica e verticale nel quale il core, la leadership centrale, detta l’agenda, le strategie e gli obiettivi principali ai vari gruppi locali e affiliati.
Tale fluidità ha permesso alle filiali qaidiste di godere gradualmente di una maggiore libertà, ma non ha reso l’organizzazione meno pericolosa, semplicemente ha modificato parte della sua logica d’azione. I gruppi affiliati locali hanno dimostrato una capacità sorprendente di adattamento alle condizioni locali accanto all’abilità di riformulare il loro messaggio per rispondere alle rimostranze prettamente locali e storiche dei gruppi etnici, sociali ed economici in disaccordo con le elite dominanti dei rispettivi paesi, come dimostrato dall’ascesa dei gruppi qaidisti nel Sahel.
JNIM e al’Qa’ida nel Maghreb Islamico
Proprio in queste aree nasce, nel 2018, il cosiddetto “jihad rurale”, promosso da Djamal Okacha, anche conosciuto come Yahya Abu al-Hamam, uno dei leader storici di al-Qa’ida nel Maghreb islamico (AQIM). Tale formula si è rivelata particolarmente vantaggiosa in zone come Mali, Niger e Burkina Faso, attraverso la creazione del Jamaat nusrat al-islam wal muslimeen (JNIM), il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani affiliato ad al-Qa’ida. Il Gruppo, una coalizione “ombrello” dei gruppi allineati all’ideologia qaidista, annunciava la sua esistenza nel marzo 2017 grazie ad un video nel quale figuravano i leader di Ansar al-Din[6], al-Qa’ida nel Maghreb Islamico, al-Mourabitoun e Katibat Macina, componenti del gruppo. Guidato dal leader militare tuareg Iyad Ag Ghali, il Jamaat nusrat al-islam wal muslimeen ha istituito un braccio mediatico indipendente, rivendicando regolarmente la responsabilità dei propri attacchi in tutto il Mali, come quello perpetrato nel gennaio 2019, portando alla morte dieci caschi blu delle Nazioni Unite ad Aguelhoc. Il suo obiettivo, in generale, è quello di allontanare “gli invasori”, le forze straniere – soprattutto quelle francesi e delle Nazioni Unite – dal Mali e di imporre la shari’a[7]. Sebbene i componenti all’interno del Gruppo agiscano in modo relativamente autonomo, questi riaffermano costantemente la loro appartenenza al JNIM e la loro fedeltà ad al-Qa’ida; in particolare, Amadou Kouffa, il leader di Katibat Macina, uno dei gruppi armati di stampo jihadista tra i più attivi in Mali al giorno d’oggi, ha insistentemente riaffermato la centralità di Iyad Ag Ghali per il movimento[8]. Il JNIM, contemporaneamente versione della regionalizzazione e dell’internazionalizzazione del jihadismo algerino degli anni Novanta, sta sempre più spingendo la propria influenza dal Mali, Burkina Faso e Niger verso l’Africa occidentale, in Stati come la Costa d’Avorio, Togo e Benin, sempre più vittime degli attacchi di jihadisti e dei loro IED, attacchi con ordigni esplosivi improvvisati.
Un discorso più ampio va fatto per Al-Qa’ida nel Maghreb Islamico, organizzazione jihadista-salafita operativa nella regione del Sahara e del Sahel. Il gruppo terroristico affonda le sue radici nella guerra civile algerina degli anni ’90, conflitto che ha lacerato e distrutto il paese (1991-2002)[9]. Il movimento trova la sua genesi all’interno del Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC), organizzazione islamista che emerse nel 1998 a seguito della separazione dal Gruppo Islamico Armato (GIA), a causa dei brutali attacchi di quest’ultimo contro la popolazione civile algerina durante la guerra[10]. Il fine del GSPC, inizialmente, era quello di continuare le operazioni contro il governo e le forze di sicurezza, senza colpire obiettivi civili, ma il gruppo risentì parecchio di ciò che era stato causato durante il “decennio nero” della guerra algerina[11].
Nel 1992 l’Algeria vide l’inizio di un periodo violento e di insurrezioni a causa della cancellazione delle elezioni e si concluse dopo circa dieci anni; periodo nel quale gli “Algerini afgani” ebbero un ruolo preponderante nella guerra civile: dopo essere stati istruiti e allenati nei campi in Afghanistan, i combattenti fecero ritorno in Algeria dalla jihad e costituirono il nucleo del Gruppo Islamico Armato (GIA)[12].
Gli obiettivi del Gruppo erano coloro identificati come tafkir, nemici dell’Islam, e meritavano di essere eliminati, senza far alcuna distinzione tra donne, uomini e anziani anche se musulmani. Nonostante ciò, il nemico principale rimaneva lo “straniero”, in particolare la Francia, verso la quale il GIA nutriva un sentimento di astio a causa dell’antica oppressione coloniale francese e per il più recente supporto al regime militare di Algeri[13]. Nel 1998, però, il massacro di centinaia di civili nel villaggio di Rais (Benthalla) e in altri costituisce un accadimento fondamentale: la rivista Al Ansar prese le distanze dall’eccidio commesso dal GIA e una larga fazione abbandonò il gruppo, dando vita al GSPC e ponendosi inizialmente come obiettivi solo quelli di natura governativa. Bin Laden e la sua organizzazione fornirono il loro supporto agli Algerini afgani per la creazione del GSPC, il quale allineò la propria ideologia a quella salafita-jihadista, riconfermando però ancora il suo unico obiettivo costituito dal governo algerino[14].
Il cambio di rotta fu provocato dall’11 settembre, che rappresentava l’occasione ideale per il movimento maghrebino per abbracciare il jihad globale e adottare un nuovo obiettivo: dal regime di Algeri al regime eretico degli Stati Uniti e ai loro alleati. Dopo molteplici cambi di leadership, nel 2004 il capo dell’organizzazione divenne ‘Abdelmalik Drukdel, un militante islamista, il quale l’11 settembre 2006 dichiarò la propria fedeltà a Osama bin Laden e l’anno successivo l’organizzazione adottò il nome di “al-Qa’ida nel Maghreb Islamico”[15]. Il primo attacco terroristico con il quale l’organizzazione si presentò al mondo avvenne l’11 aprile 2007, giorno in cui tre attentatori suicidi colpirono simultaneamente Algeri, attaccando il palazzo del governo, una stazione di polizia e la gendarmeria. La data fu scelta attentamente in quanto coincideva con il quinto anniversario del primo attacco di al-Qa’ida in Nord Africa; e attraverso questa commemorazione, si sottolineava ancor di più lo stretto legame e la continuità con l’organizzazione qaidista[16]. A dimostrazione della simbiosi tra al-Qa’ida e il suo affiliato maghrebino, Droukdel affermò in un’intervista condotta nel 2008 che gli scopi di AQIM coincidevano perfettamente con gli obiettivi dell’organizzazione madre, il cui fine primario, ordinato direttamente da Allah, era sovvertire i regimi “criminali” dei governi che hanno tradito “la loro religione e la loro gente”. Inoltre, Droukdel mostrò di aver adottato la politica promossa da bin Laden di non riconoscere confini nazionali, affermando di essere “una sola nazione con una sola religione e una sola lingua, la cui storia è la stessa seppur i paesi sono stati divisi dal colonialismo”[17].
Dal 2008 in poi, le attività di AQIM si sono allargate, conducendo, accanto alla guerra contro il governo di Algeri, anche un insieme di attività di stampo criminale, in modo da ottenere finanziamenti e denaro per portare avanti le proprie azioni. Nel 2011 la cellula qaidista nel Maghreb assistette a una fase definita da alcuni “centrifuga”, in quanto il movimento islamico visse una sorta di frammentazione con tensioni tra le divergenti visioni localiste e globaliste. Inoltre la compattezza di AQIM venne messa in discussione con la nascita di un nuovo movimento nell’ottobre 2011, il Movimento per l’Unicità del Jihad nell’Africa Occidentale (MUJAO). La differenza negli approcci e la comparsa di quest’ultimo movimento causarono scissioni all’interno del gruppo qaidista e la conseguente nascita di nuove formazioni, le quali si aggiunsero a un contesto già destabilizzato dalla guerra in Libia e dal conseguente movimento indipendentista Tuareg in Mali che nel marzo 2012 attuò un colpo di stato. La fragile democrazia del paese si ruppe sotto il peso di diversi fattori, portando a un rafforzamento di AQIM, diffondendosi in Mali e nel Sahel in generale. In questo modo, il teatro operazionale della cellula qaidista andava sempre più espandendosi, soprattutto per rispondere a necessità più pragmatiche e logistiche[18]. Successivamente seguì una fase “centripeta”, che va dal 2013 alla prima metà del 2014, in quanto l’intervento militare in Mali diede un forte impulso al rinvigorimento del movimento islamista contro la Francia, uno dei nemici storici di AQIM[19].
Il controllo dell’organizzazione del Maghreb islamico ha risieduto, fino al luglio 2020, nelle mani di Abdelmalik Droukdel, il quale si serviva di due vice-comandanti per attuare gli attacchi nel sud dell’Algeria e del Sahel: Abdelhamid Abu Zeid e Mokhtar Belmokhtar, il primo rimasto vittima nel corso del 2013 durante delle operazioni dell’esercito del Ciad e il secondo ferito e dichiarato morto almeno una decina di volte, aprendo questioni e interrogativi riguardo l’eredità della leadership, soprattutto nell’area saheliana.
Negli scorsi anni, AQIM ha ampliato la sua influenza, incorporando altri gruppi militanti come al-Mourabitoun[20], il quale ha assunto nel 2015 la nuova denominazione di “al-Qa’ida nell’Africa Occidentale” a seguito di uno spaccamento interno, e nel marzo 2017 il suo rafforzamento è stato comprovato a seguito dell’unione tra la sua propaggine sahariana e altre organizzazioni jihadiste presenti nella regione del Sahel.
Nonostante l’”unione benedetta”, come al-Zawahiri affermò, il passaggio ad un’ideologia jihadista transnazionale non fu mai interamente completato, in quanto gli elementi retorici e tattici caratteristici del GIA e del GSPC hanno resistito, come dimostra il fatto che il nodo nordafricano di al-Qa’ida ha continuato a colpire una serie di obiettivi favoriti dai suoi predecessori. L’ideologia di AQIM rappresenta una sintesi tra l’attenzione verso il “nemico vicino” e il “nemico lontano”, infatti il gruppo dirige la sua violenza da un lato contro i simboli e i rappresentanti dei regimi oppressivi musulmani, e dall’altro si concentra su uno scontro militare con gli Stati Uniti e chi li sostiene per vendicarsi della passata oppressione[21].
L’organizzazione di al-Qa’ida nel Maghreb Islamico è considerata un gruppo sia locale sia globale, e presenta una struttura “ibrida” che lega fini locali e specifici, come la creazione di un “califfato maghrebino”, a scopi globali[22]. Le finalità principali di AQIM sono in continuo riadattamento rispetto alle condizioni in cui opera. Inizialmente gli obiettivi dell’organizzazione richiamavano il jihad globale, soprattutto la lotta si concentrava verso la Francia, considerata il suo “nemico lontano”, a causa del supporto politico e militare che questa continuamente fornisce ai regimi locali a cui AQIM si oppone[23], mentre ora pone la sua attenzione e le sue forze verso il jihad locale, con scopi che includono la liberazione del Nord Africa dall’influenza occidentale e l’installazione di regimi fondamentalisti basati sulla shari’a.
AQIM ha anche iniziato a pianificare e condurre attacchi in paesi contigui all’Algeria e nelle parti più lontane del Maghreb, parola araba che significa “luogo del tramonto” o “ovest” e la si utilizza per riferirsi all’area che comprende Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mauritania e il territorio conteso del Sahara Occidentale. Agendo dalla sua base nella zona montuosa ad est di Algeri, AQIM è riuscita ad estendere il proprio controllo in tutto il Maghreb stabilendo liberamente le cellule in modo da effettuare attacchi in tutto il Nord Africa[24].
L’organizzazione è riuscita a creare un ambiente geoeconomico in cui non soltanto poter sopravvivere, ma anzi espandersi e ampliare il proprio raggio d’azione, grazie al fatto che l’area in cui operava era una regione remota e fuori dal controllo delle istituzioni statali[25]. L’efficacia di AQIM si deve alla sua strategia di inserimento nelle falle sociali e politiche, in quanto l’organizzazione non mira a sostituire le istituzioni locali, metodo che le ha permesso nel tempo di diventare una realtà sempre più radicata e salda sul territorio saheliano; per questo motivo si può utilizzare il neologismo “sahelizzazione” per indicare il processo di espansione della sua azione.
Proprio la precarietà politica, la debolezza delle autorità centrali e l’incapacità di controllo delle stesse hanno permesso alla leadership di al-Qa’ida e ai suoi affiliati di inserirsi in questa area. In merito alla creazione di tali legami, sembrerebbe che l’organizzazione si stia assicurando la propria presenza nei Paesi che hanno vissuto le Primavere Arabe grazie allo sviluppo di contatti con i gruppi come Ansar al-Shari’a in Cirenaica e Ansar al-Din in Mali – e come era avvenuto con Jabhat al-Nusra in Siria prima della rescissione realizzatasi nel luglio 2016 dopo quasi 5 anni di legame – i quali al loro interno ospitano diversi jihadisti con esperienza internazionale. Questi movimenti, al contrario di AQIM, non anelano a un riconoscimento ufficiale da parte della rete qaidista, né tantomeno aspirano ad adottare il nome di “al-Qa’ida”[26].
Secondo l’approfondimento “Dal Sahel al Corno d’Africa” dell’Osservatorio di politica internazionale del 2016, l’espansione di AQIM può avere diverse chiavi di lettura; per al-Qa’ida nel Maghreb Islamico, colpire in Africa Occidentale significa colpire la Francia, e interpretare la violenza jihadista nella regione sotto questo punto di vista implica necessariamente estendere il livello di allarme non soltanto agli Stati direttamente coinvolti nelle dinamiche securitarie regionali, ma anche a tutti gli Stati partner di Parigi presenti nella macroregione africana che sostengono la Francia nel continente.
Una chiave di lettura differente in merito all’espansione regionale di AQIM si focalizza sulla competizione globale tra al-Qa’ida e Daesh, il sedicente Stato Islamico, per il riconoscimento del primato tra le organizzazioni fondamentaliste islamiche. Le organizzazioni qaidiste mostrano una volontà sempre maggiore di riaffermare la propria capacità di azione e un desiderio crescente di controbilanciare la centralità di IS nella galassia islamica[27].
Come già scritto, nel luglio 2020 l’esercito francese eliminò ‘Abdelmalik Droukdel, leader di AQIM, nella città maliana di Talhandak, portando il gruppo a nominare un nuovo emiro il 21 novembre dello stesso anno: Yazid Mebarek, algerino veterano del jihad. Tale nomina, a parere di chi scrive, ha rappresentato un errore tattico per l’organizzazione, accusata da anni di trascurare i membri dell’Africa sub-sahariana e di promuovere, invece, quelli algerini. Questo modo d’agire ha portato non solo a lotte intestine, ma anche all’indebolimento dell’influenza di AQIM in tutto il Sahel, dove incontra la sfida da parte di gruppi locali meglio equipaggiati, in particolare proprio JNIM, le cui varie entità regionali, sebbene ufficialmente affiliate ad AQIM, si presentano in pratica più potenti e indipendenti. A causare tutto ciò è stata l’espansione della cellula qaidista del Maghreb Islamico oltre l’Algeria per poter compiere attacchi in Tunisia, Libia, Mali, Mauritania e Niger, portandola a perdere il suo territorio originario e la sua capacità di reclutare, panificare e condurre attacchi si è drasticamente ridotta.
In questi ultimi anni AQIM si presenta come un’organizzazione ormai in declino, e la morte di Droukdel ha rappresentato uno spartiacque, segnando la fine dell’epoca in cui AQIM marcava la sua predominanza nel Maghreb e nel Sahel. Droukdel, veterano del jihadismo, operava in ruoli chiave e, con la sua centralità organizzativa, il suo carisma e il suo prestigio, fungeva da collante tra le varie cellule indipendenti che componevano AQIM. Queste, spinte dall’alto grado di decentralizzazione, sono diventate sempre più indipendenti nelle attività criminali, minando la longevità del gruppo; tuttavia, ciò non significa che AQIM o le sue violenze siano terminati[28]. Il gruppo, anzi, conduce ed e probabile che continuerà a condurre attacchi sporadici locali, come quello avvenuto il 26 settembre 2022, quando militanti qaidisti hanno teso un’imboscata a un convoglio che trasportava rifornimento a una città nel nord del Burkina Faso, causando la morte di almeno 11 soldati[29]. Nell’aggiornamento settimanale del 29 marzo 2023 di Critical Threats si legge di un “governo ombra” legato ad al-Qa’ida e al JNIM, il quale ha minacciato indirettamente di attaccare Stati Uniti, Regno Unito e paesi europei, rimarcando la minaccia transnazionale del mondo jihadista proveniente dal Sahel. Questo ha espressamente fatto riferimento a tutti quei paesi che collaborano al fianco della Francia e del Mali, in particolare sono stati menzionati la Task Force Takuba, a guida europea, e le missioni in Mali. Nonostante sia valutata improbabile la possibilità di un’azione transnazionale del gruppo nei confronti dell’Occidente in un futuro prossimo, vi sono evidenze, segnali e modelli passati che indicano quanto questa realtà potrebbe cambiare. La crescente libertà di cui sta godendo il gruppo nel nord del Mali aumenta la sua capacità di supporto alle cellule che possono attuare attacchi, qualora questo dovesse decidere di perseguire tali obiettivi. AQIM, tuttavia, ha sentito l’esigenza, tramite il suo emiro, di dichiarare che JNIM non sta preparando alcun attacco esterno al Sahel[30].
La somala al-Shabaab
Dall’altro lato africano, al-Shabaab (aS), fedele affiliata somala di al-Qa’ida, sta dimostrando un grado sempre maggiore di capacità e ambizioni più ampie, con obiettivi globali che vanno oltre i confini della Somalia, rendendo il movimento sempre più pericoloso. Ciò che sta emergendo, inoltre, è la capacità del gruppo di proporsi come alternativa allo Stato, andando a svolgere attività parastatali per i cittadini somali che stanno perdendo sempre più fiducia nei processi giudiziali statali. Come si legge in un articolo pubblicato da al-Jazeera[31], una donna somala, Halima, si è recata nella città di Ugunji, controllata dall’affiliato qaidista, proprio alla ricerca di aiuto e di giustizia. Tra i somali dilaga il sentimento secondo cui, a causa della corruzione e del sistema dei favoritismi, i governi federale e regionali stanno fallendo per quanto riguarda l’istituzione della giustizia, portando la gente a preferire il sistema di al-Shabaab in modo da evitare lungaggini e ritardi nei processi e costi eccessivi. La Somalia ha, dal 2006, guadagnato gli ultimi posti nell’Indice di Percezione della Corruzione curata da Transparency International e, per questo, non stupisce il fatto che al-Shabaab stia provando a riempire tale falla.
Sorto nel 2006, il gruppo nasce dal tentativo di rovesciare il governo somalo e imporre il codice islamico della shari’a. Durante gli anni, al-Shabaab ha istituito le proprie corti di giustizia, principalmente per i residenti delle aree sotto il suo controllo, ma, recentemente, sempre più cittadini, anche coloro che vivono nelle zone sotto il controllo governativo, si sono rivolti a tale sistema giudiziario, poiché più celere nel gestire i casi e nel rilasciare verdetti. Un report del giugno 2022 condotto dal think-tank International Crisis Group rivela che l’influenza di aS affonda le proprie radici nella sua percezione di “superiorità morale”: “c’è l’idea dilagante secondo cui i militanti qaidisti siano meno corrotti rispetto alle corti governative e garantiscano maggiormente pari diritti dinnanzi alla legge, a prescindere dal clan di appartenenza.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, accanto ai servizi parastatali che il gruppo offre, questo rimane autore di attentati, come quello del 28 novembre scorso. A Mogadiscio, capitale della Somalia, un gruppo di militanti di al-Shabaab ha assaltato un albergo per più di 12 ore, causando la morte di 15 persone. Nel Paese somalo, il gruppo si rende responsabile di attentati da diversi anni: uno dei più recenti, compiuto il 30 ottobre 2022 sempre a Mogadiscio, ha prodotto almeno 100 morti[32]. Dopo questi ultimi eventi, gli Stati Uniti hanno inserito nel piano antiterrorismo una ricompensa di 10 milioni di dollari a chi fornirà contatti sui leader somali. Il Dipartimento di Stato americano mira, così, ad ottenere più informazioni possibili in modo da bloccare anche i finanziamenti ai combattenti di al-Shabaab[33].
Al-Qa’ida nel Subcontinente Indiano
Accanto all’area saheliana, i membri di al-Qa’ida rimangono ancorati nel sud e nell’est dell’Afghanistan, dove il gruppo ha le sue radici storiche, anche se alcuni Stati Membri delle Nazioni Unite notano un possibile spostamento di alcuni appartenenti al core verso ovest, nelle province di Farah ed Herat, e verso il nord del Paese. Altra affiliata all’organizzazione centrale è al-Qa’ida nel Subcontinente Indiano (AQIS), la quale, ad oggi, sembra contare su guerriglieri il cui numero ammonterebbe tra i 180 e i 400, principalmente provenienti da Bangladesh, India, Myanmar e Pakistan, ma fighters appartenenti alle fila qaidiste di tale branca sono presenti anche tra le unità di combattimento dei Talebani. Potendo contare sulla passata emigrazione di una nutrita parte dell’originario nucleo di al-Qa’ida verso i vicini Paesi asiatici e sui contatti creati durante gli anni di addestramento nei campi afgani, l’organizzazione è riuscita a trovare rifugio all’estero, favorendo l’intensificarsi dei rapporti tra il gruppo qaidista e gli ambienti estremisti locali nelle aree del Kashmir, Bangladesh, e India. La diffusione capillare nella regione ha permesso ad al-Qa’ida di sopravvivere, infatti, di fronte all’impossibilità di mantenere lo stesso ruolo avuto in passato, l’organizzazione avrebbe adottato un ruolo di moltiplicatore di forze per le realtà locali e di legame tra i singoli gruppi militanti nella sfera jihadista. Nel 2014, quando al-Zawahiri ha annunciato la nascita di AQIS come risposta alla formazione di ISIS Khorasan, branca regionale di Daesh, il gruppo era guidato da Asim Umar, militante di origini indiane, il quale supportava non solo la causa dei Talebani di Kabul, ma soprattutto la lotta contro i governi infedeli in India, Bangladesh e Myanmar, sostenendo l’instaurazione della shari’a nella regione. Sebbene l’Afghanistan rimanga il teatro principale nel quale operano i militanti qaidisti, il jihad afgano non è più il fine ultimo delle attività del gruppo asiatico, ma un modello da applicare in altri teatri regionali, ed è in quest’ottica che si può leggere la decisione di cambiare nome della principale rivista di propaganda pubblicata da AQIS, da “voce del jihad afgano” in “voce del jihad indiano”[34].
Il suo principale successo è rappresentato dalla sua capacità dimostrata nel riscrivere la narrativa del jihadismo globale attraverso una prospettiva regionale, dando vita ad un jihad “glo-cal”, ovvero una lettura locale imperniata su aspirazioni globali. Molto presto, AQIS ha dimostrato la propria capacità nel condurre attacchi, sebbene tra il 2014 e il 2017 la sua leadership ha subito ingenti perdite a seguito di operazioni di counter-terrorism da parte di Pakistan e Stati Uniti. Nonostante ciò, la branca del subcontinente indiano ha espresso una forte resilienza e, a partire dal 2016, ha tentato di ricostituirsi, mostrandosi sulla scena come l’affiliato dominante dell’al-Qa’ida core[35].
Sulla scia, inoltre, della presa del potere in Afghanistan dai parte degli studenti coranici e della conseguente motivazione che la loro vittoria ha offerto ai jihadisti del mondo islamico, è importante tenere d’occhio e non dimenticarsi di AQIS e di come la situazione afgana potrebbe influire sulla sua attività nella regione. Non solo “le vittorie dell’Emirato islamico sono un modello per i mujaheddin”[36], ma è anche probabile che al-Qa’ida e, in particolare, la sua branca nel subcontinente indiano, possano trarre vantaggio della presenza dei Talebani al governo in Afghanistan. Negli ultimi anni, AQIS non ha mancato di commentare la situazione afgana, e già nel marzo 2020, a seguito degli accordi di Doha tra Stati Uniti e Talebani, il gruppo ha pubblicato uno speciale di 135 pagine, definendo l’evento una “magnifica vittoria” per il jihad tutto. Per quanto concerne il legame con i Talebani, fin dalla sua istituzione AQIS ha stabilito una presenza in Afghanistan, godendo di una stretta collaborazione e di altrettanto riparo con gli studenti coranici. La leadership di AQIS ha costantemente inquadrato la branca come una brigata speciale dei Talebani, la quale combatte sotto il comando del leader talebano supremo. In effetti, secondo quanto riferito dagli osservatori delle Nazioni Unite nel 2020, AQIS “opera sotto l’egida dei Talebani dalle province di Kandahar, Helmand e Nimruz” ed è composto principalmente da cittadini afgani e pakistani, accanto a individui provenienti da Bangladesh, India e Myanmar.
Così come ha fornito supporto militare ai Talebani afgani, AQIS ha supportato i loro sforzi a livello politico. La branca indiana ha, infatti, evitato di palesare i propri legami con gli studenti coranici di Kabul durante i negoziati di questi ultimi con gli Stati Uniti, proprio quando gli accordi di Doha si trovavano nella loro fase decisiva. Tale accordo bilaterale prevedeva, accanto al graduale abbandono delle forze statunitensi e della coalizione dall’Afghanistan, l’impegno da parte dei Talebani a rinunciare a ogni legame con il jihadismo transnazionale, a garantire che il suolo afgano non sarebbe stato mai una base per i gruppi terroristi internazionali che avrebbero potuto avere come obiettivo gli Stati Uniti e i suoi alleati, come al-Qa’ida e a lottare contro la branca locale di IS[37]. La strategia di AQIS di minimizzare la sua presenza in Afghanistan era finalizzata a portare a compimento la conclusione dell’accordo, a favorire il ritiro delle truppe statunitensi e la presa del potere da parte dei Talebani.
Al di fuori delle aree centrali di Pakistan e Afghanistan, AQIS ha tentato di ricalcare le strutture organizzative e di ispirare l’insurrezione anche nei paesi vicini, ottenendo un discreto successo nella regione del Kashmir. Nell’edizione di aprile 2020 della sua rivista, il gruppo ha indicato proprio tale regione come epicentro del suo jihad, tentando inoltre di rinvigorire la radicalizzazione in Bangladesh. Durante il 2021, Ansar al-Islam, l’affiliato bengladino di AQIS, ha condotto una campagna di reclutamento per attrarre e mobilitare nuovi uomini e si stima che i membri attivi siano tra i 700 e gli 800. Nonostante una limitata presenza in Bangladesh, l’Afghanistan offre la possibilità ad AQIS di poter rafforzare le proprie attività, poiché il paese rappresenterebbe al contempo sia un paradiso sicuro per i jihadisti provenienti dal Bangladesh e dal Myanmar sia un luogo in cui poter addestrarsi e acquisire nuove armi. Vi sono già evidenze che riportano tentati viaggi verso Kabul da parte di giovani bengladini dopo la presa da parte dei Talebani, desiderosi di ricongiungersi ai combattenti già presenti nel paese.
Tutta questa attività silenziosa fa presumere che al-Qa’ida tenterà di ricostruire la sua leadership globale, facendo dell’Afghanistan l’hub per supportare l’espansione delle operazioni verso l’India, il Bangladesh e in altre parti dell’Asia meridionale attraverso AQIS[38].
Al-Qa’ida nella Penisola Arabica
Ulteriore braccio, al-Qa’ida nella Penisola Arabica (AQAP) continua a rappresentare una minaccia in Yemen, dove il gruppo aspira a ristabilire una capacità operativa internazionale – non dimentichiamo che è stato proprio AQAP ad orchestrare il tragico attacco alla rivista francese Charlie Hebdo nel gennaio 2015.
Promosso inizialmente e soprattutto da AQAP e dall’imam al-Awlaki, il quale ha perso la vita a seguito di un attacco di un drone statunitense il 30 settembre 2011 in Yemen, il terrorismo “fai da te” è da sempre stato il vero rischio per l’Occidente. Questa nuova metodologia, diffusa originariamente attraverso la rivista online INSPIRE, prima rivista jihadista in inglese, è stata abbracciata man mano da tutti i gruppi, sia da quelli legati ad IS sia dagli affiliati di AQ e questa novità ha fatto sì che, come avvenuto a Londra e a Parigi, il terrorismo arrivasse direttamente in Occidente, portando quindi i terroristi ad attaccare in modo imprevedibile il loro nemico. In una prima approssimazione si può definire con terrorismo “fai da te”, quel tipo di terrorismo commesso in modo, più o meno autonomo, in Occidente da giovani radicalizzati, con diversi gradi e legami tra l’organizzazione centrale, sia questa IS o AQ, e i giovani. Di sicuro, centrale è il ruolo di internet e dei social network come Telegram, Whatsapp e Twitter, dal momento che i collegamenti tra i terroristi e i nuovi “radicalizzati” viaggiano in internet e la rete gioca un ruolo fondamentale nelle fasi dell’indottrinamento, dell’addestramento, dell’indicazione degli obiettivi e del passaggio di ordini.
Questa metodologia, sviluppata da AQAP e da al-Awlaki, è stata poi sostenuta da IS e da al-Zawahiri, poiché, come disse quest’ultimo, è un modo per tenere in tensione l’Occidente e “dissanguarlo economicamente”. L’imam al-Awlaki fu anche l’ideatore della rivista INSPIRE, nata nel 2010 in lingua inglese in modo da promuovere questo nuovo tipo di terrorismo anche tra i musulmani che, vivendo in Occidente, non parlavano un arabo fluente, con proclami, preghiere e inserti addestrativi. Non solo si rivolgeva ai giovani in Occidente per promuovere il jihad, ma la rivista mirava ad addestrarli e a dare indicazioni operative, contenute nella sezione “open source jihad”, definita come la “fonte da cui trarre manuali che consentono di addestrarsi per il jihad da casa senza dover partecipare a viaggi rischiosi e costosi”[39].
Altro fattore da tenere in considerazione è il fatto che si tratta di un fenomeno che si autoalimenta, poiché, se si pensa alle modalità con cui sono stati compiuti gli attacchi, si comprende facilmente quanto possa influire il fattore emulativo. Il terrorismo “fai da te” promosso da IS e AQ nella loro lotta intestina si alimenta quindi a sua volta, dal momento che un attacco terrorista “fai da te” genera un altro attacco terrorista “fai da te”, spiralizzando il fenomeno[40].
Per quanto concerne la realtà operativa, nonostante i recenti cessate il fuoco e i cambiamenti nelle dinamiche di sicurezza, è probabile che AQAP stia sfruttando attivamente il conflitto in Yemen, capitalizzando la sua strategia di successo al fine di infiltrarsi e integrarsi con le tribù locali e, quindi, ottenere sostenitori. Il gruppo mantiene saldi contatti con i governatorati di Ma’rib, Abyan e Shabwah, dove la maggior parte dei leader e combattenti risiede, ma al contempo continua ad accusare perdite, come quella annunciata nel gennaio 2022 del comandante militare supremo Salih bin Salim bin Ubayd Abolan. Nonostante ciò, AQAP rimane un affiliato importante di al-Qa’ida, soprattutto per quanto concerne la diffusione della sua propaganda e l’incoraggiamento degli attacchi da parte di attori “solitari” in Occidente, e dall’ultimo Report del Consiglio di Sicurezza si apprende che il gruppo sta eclissando la branca di IS in Yemen, ribadendo quindi l’influenza di AQAP nella regione[41].
Unione delle branche qaidiste in Arabia Saudita e Yemen, il gruppo è sospettato di essere l’autore di due attacchi separati nelle province di Abyan e Shabwa, nel sud Yemen. A febbraio 2022, uomini armati non identificati hanno rapito cinque dipendenti delle Nazioni Unite che viaggiavano nel governatorato, compreso il direttore nazionale del Dipartimento per la sicurezza e la protezione dell’ONU, mentre il 22 marzo 2022 AQAP reclamava la paternità di un violento attacco, nella provincia di Abyan, contro un convoglio di Forze Separatiste del Sud. Proprio in occasione di tale attacco, AQAP rilasciò una dichiarazione con la quale ammetteva di aver condotto l’azione con un ordigno esplosivo improvvisato suicida, seguito da un attacco svolto da Inghimasi, guerriglieri ben addestrati, provocando la morte del comandante delle Forze Separatiste e di altri 14 soldati. Oltre a ciò, però, dichiarava che ulteriori attacchi sarebbero seguiti nei mesi seguenti. Il 23 giugno 2022, sempre ad Abyan, un convoglio appartenente alle forze supportate dai sauditi è stato attaccato da uomini armati, causando la morte di cinque soldati[42]. Questo sta a sottolineare il fatto che, sebbene AQAP sia soggetta a lotte intestine dal 2020, l’organizzazione rimane resiliente e operativamente capace, mentre gli obiettivi sono molteplici: i ribelli Houthi, attori regionali e internazionali a sostegno delle forze governative, le Forze Separatiste del Sud e attori stranieri con interessi nel Paese[43].
La trasformazione di AQAP dal 2015 al 2020 si può suddividere in tre fasi distinte: l’espansione (2015-16), la sua ridistribuzione e le lotte intestine con lo Stato islamico (2017-19) e il suo ridimensionamento nel governatorato di al-Bayda (2019-20). Dalla fine del 2020 il gruppo ha visto un continuo ridimensionamento nel governatorato di al-Bayda fino al 2021-22, seguito da una ripresa delle attività nello Yemen meridionale, giungendo al 2023.
Nei primi due mesi del 2023, attacchi sospetti di droni statunitensi hanno ucciso due alti dirigenti di AQAP nel governatorato di Marib in Yemen. Questi attacchi contro leader di alto profilo del gruppo hanno avuto luogo nel mezzo di una ripresa dell’attività della branca qaidista nello Yemen, iniziata durante la tregua mediata dalle Nazioni Unite tra le forze Houthi e anti-Houthi che è durata da aprile all’inizio di ottobre 2022. Verso la fine del 2020, il gruppo di esperti sullo Yemen delle Nazioni Unite era stato valutato AQAP al “suo livello più debole”, dovuto dall’arresto del leader ed emiro del gruppo, Khalid Batarfi, e da conflitti interni e dissensi che portarono alla diserzione di alcuni dei suoi membri, prolungando la fase di ridimensionamento del gruppo che si era avviata dal 2019 e che è continuata nel 2021. Sebbene la maggior parte delle sue attività sia rimasta concentrata sugli sforzi contro le forze Houthi ad al-Bayda all’inizio del 2022, lo spostamento del gruppo verso lo Yemen è avvenuto attraverso i due attacchi nel governatorato di Abyan. Operazioni antiterroristiche hanno avuto inizio verso la fine di agosto 2022, tuttavia, il 6 settembre AQAP ha reagito al dispiegamento di queste forze attaccando un posto di blocco nel distretto di Ahwar, provocando almeno 27 vittime. A seguito di questo apice, l’attività del gruppo è gradualmente diminuita negli ultimi mesi del 2022 e lo spostamento geografico è stato perseguito nel 2023, accompagnato da due discorsi dell’emiro Batarfi e da una rara apparizione del secondo in comando del gruppo, Shabwani. Nonostante il crollo delle loro rivendicazioni operative, la loro volontà di apparire, seppur sporadica, indica i tentativi di AQAP di rimanere rilevante e presente nella regione. Dopo anni di ridimensionamento, durante i quali l’obiettivo primario consisteva nelle forze Houthi, l’aumento operativo di AQAP che ha caratterizzato la fine del 2022 è stato accompagnato da uno spostamento geografico e strategico verso lo Yemen meridionale e, probabilmente, questa ondata di attività potrebbe aver compromesso le capacità operative del gruppo.
Ciò che non bisogna dimenticare è “l’abitudine di sopravvivere” di AQAP, poiché, nonostante le perdite e la frammentazione all’interno del gruppo, l’ideologia jihadista non viene mai completamente abbattuta e sconfitta. Infine, la branca qaidista della penisola arabica è sempre stata pronta a sfruttare i risentimenti locali e le tensioni regionali, crescenti tra gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, i quali perseguono obiettivi diversi nello Yemen nonostante il loro fronte unito nella coalizione anti-Houthi dal 2015. Questi attriti potrebbero incrinare un già fragile equilibrio di potere su cui regge lo Yemen meridionale, permettendo ad AQAP di riorganizzarsi e ricostruirsi[44].
Conclusioni
L’uccisione del leader di al-Qa’ida al-Zawahiri ridefinisce il ruolo odierno dell’Afghanistan, soprattutto riguardo alla conferma dello stretto legame tra l’attuale governo dei Talebani e al-Qa’ida. La presenza nella capitale di al-Zawahiri come ospite del Ministro degli interni Serajuddin Haqqani definisce “uno scenario in cui si impone il ruolo dello stesso Haqqani”[45], legato all’organizzazione attraverso vincoli matrimoniali. Oggi l’organizzazione ha, in Afghanistan, un ruolo fondamentale, poiché potrebbe portare la “vocazione nazionale” dei Talebani a trasferire la propria area d’attività dal subcontinente indiano e dal Medio Oriente al continente africano; soprattutto perché gli “studenti” elevano il loro gruppo a “modello di riferimento” per tutti i gruppi insurrezionali, jihadisti e radicali che si stanno consolidando dal Maghreb e dall’Africa subsahariana fino al sud-est asiatico. A metà luglio 2022 il dossier delle Nazioni Unite ha evidenziato il ritorno dell’Afghanistan a rifugio sicuro per gli uomini qaidisti, i quali hanno riconquistato nell’agosto 2021 spazio di manovra, svolgendo un ruolo di consulenza presso il governo talebano, alimentando il loro legame. Nonostante il gruppo rimanga radicato da decenni nel Sud e nell’est dell’Afghanistan, cellule qaidiste si stanno spostando anche verso Ovest e verso Nord con lo scopo di reclutare nuovi uomini nell’area centro asiatica grazie ai contatti con altre formazioni, come ad esempio l’East Turkistan Islamic Party (ETIP)[46].
Ancora prima della morte di al-Zawahiri, nel dossier si discuteva in merito alla linea di successione dell’organizzazione e, secondo gli analisti degli Stati membri dell’Onu, sembrerebbero almeno quattro gli uomini papabili: Said Al-Adel, Abdal Rahman al-Maghrebi, Yazid Mebrak e Ahmed Diriye. Al-Adel è l’ipotesi meno praticabile, poiché l’uomo sembrerebbe cercare rifugio in Iran, paese sempre meno sicuro per al-Qa’ida, mentre quello “favorito” pare essere al-Maghrebi. Genero di al-Zawahiri, questo, secondo il dipartimento di Stato americano, è il direttore del braccio centrale del media di al-Qa’ida, così come il capo dell’ufficio per le comunicazioni estere, il quale si occupa di coordinare le attività con gli affiliati in tutto il mondo. Nonostante ciò, altri due nomi sembrerebbero papabili per il futuro del gruppo: Yazid Mebrak, il quale non solo è attivamente il capo di AQIM, ma ha anche nelle sue mani anche il coordinamento delle attività con il JNIM; infine Ahmed Diriye, capo terroristico di al-Shabaab. Proprio quest’ultimo rappresenta un “vento nuovo” per al-Qa’ida, dal momento che semplicemente il fatto di considerare “eleggibile” qualcuno che non sia nato e cresciuto all’interno dell’organizzazione evidenzia come si siano modificati gli equilibri nel gruppo qaidista. Qualora la scelta dovesse ricadere sul leader dell’affiliato africano, si attuerebbe un trasferimento “senza precedenti della leadership globale in un’area diversa” rispetto a quella in cui ha sempre risieduto, ma bisogna tenere bene a mente che, al momento, il centro di gravità di al-Qa’ida è in Africa[47].
Al momento, tuttavia, al-Qa’ida non sembra avere un chiaro piano in merito alla successione della leadership. È alquanto improbabile che il gruppo e i suoi affiliati possano provare a dirigere attacchi diretti al di fuori dell’Afghanistan nel breve periodo, a causa di una mancanza in termini di capacità e del contenimento attuato dai Talebani, ma anche per non riaccendere il faro occidentale su Kabul[48]. I due principali affiliati di al-Qa’ida, JNIM e al-Shabaab, rimangono le maggiori fonti di forza per “la base”, dimostrando di sopravvivere a grandi campagne militari che miravano al loro annientamento e alla morte di molti dei loro leader, e proprio per tale ragione non vi è motivo per pensare che la morte di al-Zawahiri possa modificare questa realtà. Nonostante ciò, delicata rimane la questione in merito a se e quanto a lungo i due gruppi rimarranno legati all’organizzazione, infatti è plausibile che, ad un certo punto, JNIM o al-Shabaab si separi[49].
Nonostante l’organizzazione qaidista il 23 dicembre 2022 abbia “resuscitato” al-Zawahiri in un video di 35 minuti, nel quale il leader descriveva nei dettagli la vita di un comandante di AQIS ucciso nel 2015[50], con la sua morte, al-Qa’ida potrebbe mirare a risollevarsi e a ritentare la fortuna con un nuovo leader e una nuova strategia, ma assumere che la minaccia del gruppo sia morta con la sua guida sarebbe falso e insensato.
Sostenere, tuttavia, che al-Qa’ida sia diventata “l’ombra di se stessa”, come fece l’ex Segretario di stato americano Pompeo, risulterebbe fuorviante. L’organizzazione è sopravvissuta all’operazione militare più avanzata nella storia dal punto di vista tecnologico e ha adattato le proprie strategie e strutture organizzative alle sfide contingenti, facendo sì che al-Qa’ida sia presente in molti Paesi con circa 30.000 – 40.000 uomini, ai quali continua a fornire sostegno militare e politico e mantenendo in questo modo un collegamento indiretto con le cellule in diversi continenti. Nel corso della sua vita, al-Qa’ida ha affrontato una serie di minacce esterne e interne, le quali hanno influenzato la sua strategia e le sue traiettorie e hanno compromesso in maniera profonda la legittimità e l’influenza del gruppo.
In questa fase di fragilità, l’organizzazione è riuscita ad evolvere, in modo da mantenere un ruolo preminente nella galassia jihadista. La sua sopravvivenza è, in tal senso, legata alla capacità di al-Qa’ida di ampliare la propria rete in un momento di debolezza dei vertici e la minaccia che questa rappresenta non risiede tanto nella capacità operativa che possa permetterle di portare a termine attacchi complessi, quanto, piuttosto, nella sua maestria di sopravvivere ai cambiamenti geopolitici. In una fase caratterizzata da crescente disgregazione delle strutture originarie, la leadership è riuscita a sopravvivere soprattutto grazie ai rapporti con le branche regionali presenti nelle diverse aree, poiché al-Zawahiri, in un’ottica di lungo periodo, ha favorito la decentralizzazione in modo tale da assicurare continuità all’ideologia dell’organizzazione al-Qa’ida si è dimostrata in grado di inserirsi in teatri fortemente instabili, offrendosi come attore di supporto alle rivendicazioni sociali e dimostrando di saper allineare i propri interessi con quelli delle forze locali presenti in Medio Oriente, nel subcontinente indiano e in Africa. Tale strategia di adattamento ha consentito ad al-Qa’ida di ricostruire una rete globale e di proiettarsi in aree in cui il potere statale è assente o profondamente debole. Le esperienze di AQIM in Mali, di al-Shabaab in Somalia, di Ansar al-Sharia in Yemen e di tutti i gruppi militanti di al-Qa’ida dimostrano che, nonostante la flessibilità dei vertici, il network continua ad essere legato al cuore del movimento, il quale risulta ancora solido, probabilmente destinato a mantenere un ruolo primario nella galassia jihadista[51].
BIBLIOGRAFIA
Appelman Kathryn, The East Turkistan Islamic Party (ETIP), 2014, https://dra.american.edu/islandora/object/auislandora:11373/datastream/PDF/view
Bellotto Alberto, Il ritorno di al Qaeda, Insideover.it, 27/07/2022, https://insideover.ilgiornale.it/terrorismo/quando-una-missione-fallisce-gli-errori-della-francia-nel-sahel.html
Bertolotti Claudio, Afghanistan un anno dopo: l’ombra di al-Qaeda su Kabul, 16/08/2022, https://www.affarinternazionali.it/afghanistan-un-anno-dopo-terrorismo/
Boeke Sergei, Al Qaeda in the Islamic Maghreb: Terrorism, insurgency, or organized crime?, www.tandfonline.it, 5/08/2016
Caato Bashir Mohamed, In Somalia, al-Shabaab’s courts win more coverts, Al Jazeera, 14/09/2022, https://www.aljazeera.com/features/2022/9/14/in-somalia-citizens-eal-shabaabs-justice-system-to-the-state
CeSI, a cura di Iacovino Gabriele e Annovi Claudia, L’ombra lunga dell’11 settembre: il terrorismo vent’anni dopo, settembre 2021, www.cesi-italia.org/it/articoli/lombra-lunga-dell11-settembre-il-terrorismo-ventanni-dopo
Counter extremism, Al-Qaeda in the Islamic Maghreb, https://www.counterextremism.com/threat/al-qaeda-islamic-maghreb-aqim
Counter Extremism, Al-Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM) Report, www.counterextremism.com
Counter Extremism Project, AQAP (al-Qa’ida in the Arabian Peninsula), https://www.counterextremism.com/threat/aqap-al-qaeda-arabian-peninsula
Cristiani Dario, The killing of Al-Zawahiri and the future of Al-Qaeda, Istituto Affari Internazionali, 05/08/2022, https://www.iai.it/en/pubblicazioni/killing-al-zawahiri-and-future-al-qaeda
Cristiani Dario, Vita e morte dell’emiro di al-Qaeda Ayan al-Zawahiri, 02/08/2022, affariinternazionali.it, https://www.affarinternazionali.it/chi-era-ayman-al-zawahiri/
Drevon Jerome, The Al-Qaeda chief’s death and its implications, crisisgroup.org, 09/08/2022, https://www.crisisgroup.org/asia/south-asia/afghanistan/al-qaeda-chiefs-death-and-its-implications
European Council on Foreign Relations, Mapping armed groups in Mali and the Sahel, ecfr.eu, https://ecfr.eu/special/sahel_mapping/jnim
Filiu Jean-Pierre, Al-Qaeda in the Islamic Maghreb: Algerian Challenge or Global Threat?, in Carnegie Papers, Carnegie Endowment for International Peace, n.. 104, 10/2009
Gandini Debora, Somalia, una ricompensa di 10 milioni di dollari per chi fornisce informazioni sul gruppo terrorista, euro news.it, 15/11/2022, https://it.euronews.com/2022/11/15/somalia-una-ricompensa-di-10-milioni-di-dollari-per-chi-fornisce-informazioni-sul-gruppo-t
Ghanem Dalia, Lounnas Djallil, The last emir? AQIM’s decline in the Sahel, MEI.edu, 07/12/2020, https://www.mei.edu/publications/last-emir-aqims-decline-sahel
Global Security, Al-Qaeda in the Land of the Islamic Maghreb, www.globalsecurity.org
Hamming Tore, Sayed Abdul, Al-Qa’ida in the Indian Subcontinent: An appraisal of the threat in the wake of the Taliban takeover of Afghanistan, volume 15, issue 8, 08/2022, https://ctc.westpoint.edu/al-qaida-in-the-indian-subcontinent-an-appraisal-of-the-threat-in-the-wake-of-the-taliban-takeover-of-afghanistan/
Il Post.it, Almeno 15 persone sono state uccise in un attentato terroristico compiuto da Al Shabaab a Mogadiscio, in Somalia, https://www.ilpost.it/2022/11/28/somalia-attacco-terroristico-mogadiscio-al-shabaab/ , 28/11/2022
Karr Liam, Mills Peter, Carter Brian e Tyson Kathryn, Salafi-Jihadi Movement Weekly update, criticalthreats.org, 29/03/2023, https://www.criticalthreats.org/analysis/salafi-jihadi-movement-weekly-update-march-29-2023
Martinez Luis, The Algerian Civil War, Columbia University Press, 11/2000, p.209
Mokeddem Mohamed, Les Afghans Algériens: De la Djamaâ À la Qa’îda, Editions Anep, 2002
Osservatorio di Politica Internazionale, Il nuovo Jihadismo in Nord Africa e nel Sahel n.75, a cura dell’ISPI, www.ispionline.it, 05/2013
Osservatorio di politica internazionale, Dal Sahel al Corno d’Africa: l’arco di instabilità e le aree di crisi/in Africa subsahariana, approfondimento a cura dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), www.parlamento.it, 08/2016
Plebani Andrea, Jihadismo Globale, Giunti Editore, 2016
Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura, Al Zawahiri è stato “eliminato”. Un successo? Sicuramente una vendetta! Ma ora cosa accadrà?, 08/2022, in Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura (a cura), Mediterranean Insecurity, vol.4 – Raccolta articoli 2022, 2023, pp. 401-408.
Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura, Il terrorismo “fai da te” tra Al Qaeda e l’Islamic State, Mediterranean Insecurity, 11/2017, in Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura (a cura), Mediterranean Insecurity, vol.1, 2019, pp.12-26.
Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura, Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te”, Aracne editore, 2 edizione, 2017.
Reuters, Al Qaeda releases video it claims is narrated by leader al-Zawahiri who was believed dead, 23/12/2022, https://www.reuters.com/world/al-qaeda-releases-video-it-claims-is-narrated-by-leader-al-zawahiri-who-was-2022-12-23/
Rosato Valeria, Al Qaeda nel Sahel: organizzazioni ‘ibride’ tra terrorismo e crimine organizzato, www.sicurezzanazionale.gov.it, 03/2015
SpecialEurasia, Al-Qaeda in the Arabian Peninsula’s operations in Yemen, 23/03/2022, https://www.specialeurasia.com/2022/03/23/al-qaeda-arabian-peninsula-yemen/
Stanford University, Al Qaeda in the Islamic Maghreb, web.stanford.edu
Stratfor Worldview, AQIM: The Devolution of al Qaeda’s North African Node, worldview.stratfor.com, 10/08/2010
The New York Times, An Interview With Abdelmalek Droukdal, www.nytimes.com, 01/07/2008
Umar Asim, E in quel giorno i credenti si rallegreranno, As-Sahab Subcontinent Media, 13/06/2019 in Garofalo Daniele, Gli occhi nel Jihad, academia.edu., 2019, https://www.academia.edu/39673418/Gli_Occhi_nel_Jihad_1_15_giugno
United Nations, Security Council, Letter dated 11 July 2022 from the Chair of the Security Council Committee pursuant to resolutions 1267 (1999), 1989 (2011) and 2253 (2015) concerning Islamic State in Iraq and the Levant (Da’esh), Al-Qaida and associated individuals, groups, undertakings and entities addressed to the President of the Security Council, 15/07/2022, securitycouncilreport.org, https://www.securitycouncilreport.org/atf/cf/%7B65BFCF9B-6D27-4E9C-8CD3-CF6E4FF96FF9%7D/S%202022%20547.pdf
Washington Post, US-Taliban peace deal, 14/03/2021, https://www.washingtonpost.com/context/u-s-taliban-peace-deal/7aab0f58-dd5c-430d-9557-1b6672d889c3/
[1] Per ulteriori approfondimenti, si veda l’articolo di Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura, Al Zawahiri è stato “eliminato”. Un successo? Sicuramente una vendetta! Ma ora cosa accadrà?, dell’agosto 2022, in Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura (a cura), Mediterranean Insecurity, vol. 4 – Raccolta articoli 2022, 2023, pp. 401-408.
[2] Cristiani Dario, Vita e morte dell’emiro di al-Qaeda Ayan al-Zawahiri, 02/08/2022, affariinternazionali.it, https://www.affarinternazionali.it/chi-era-ayman-al-zawahiri/
[3] United Nations, Security Council, Letter dated 11 July 2022 from the Chair of the Security Council Committee pursuant to resolutions 1267 (1999), 1989 (2011) and 2253 (2015) concerning Islamic State in Iraq and the Levant (Da’esh), Al-Qaida and associated individuals, groups, undertakings and entities addressed to the President of the Security Council, 15/07/2022, securitycouncilreport.org, https://www.securitycouncilreport.org/atf/cf/%7B65BFCF9B-6D27-4E9C-8CD3-CF6E4FF96FF9%7D/S%202022%20547.pdf
[4] Idem.
[5] Cristiani Dario, The killing of Al-Zawahiri and the future of Al-qaeda, Istituto Affari Internazionali, 05/08/2022, https://www.iai.it/en/pubblicazioni/killing-al-zawahiri-and-future-al-qaeda
[6] Ansar al-Din, “ausiliari della religione (islamica)”, è un gruppo fondamentalista islamico guidato da Iyad Ag Ghali che opera in Mali. Il gruppo, legato ad AQIM, si batte per instaurare la shari’a nel paese.
[7] Shari’a è la “strada rivelata”, la legge sacra, non elaborata dagli uomini ma imposta da Dio. La shari’a si estende ad ogni atto umano, da quelli individuali e interiori, legati alla devozione e al culto, a quelli esteriori, che comprendono tutte le attività connesse con l’interazione sociale, dalla sfera personale a quella comunitaria a quella politica. La shari’a e il suo diritto sono stati la legge degli Stati islamici fin dai primi califfati arabi; abolita quasi ovunque negli Stati moderni, è stata sostituita da sistemi giuridici che ricalcano quelli europei, con eccezione dello Stato saudita. Approfondimento tratto da Enciclopedia Treccani online, Shari’a.
[8] European Council on Foreign Relations, Mapping armed groups in Mali and the Sahel, ecfr.eu, https://ecfr.eu/special/sahel_mapping/jnim
[9] Plebani Andrea, Jihadismo Globale, Giunti Editore, 2016, p.70
[10] Stratfor Worldview, AQIM: The Devolution of al Qaeda’s North African Node, worldview.stratfor.com, 10/08/2010
[11] Stanford University, Al Qaeda in the Islamic Maghreb, web.stanford.edu
[12] Martinez Luis, The Algerian Civil War, Columbia University Press, 11/2000, p.209
[13] Boeke Sergei, Al Qaeda in the Islamic Maghreb: Terrorism, insurgency, or organized crime?, www.tandfonline.it, 5/08/2016
[14] Mokeddem Mohamed, Les Afghans Algériens: De la Djamaâ À la Qa’îda, Editions Anep, 2002
[15] Osservatorio di Politica Internazionale, Il nuovo Jihadismo in Nord Africa e nel Sahel n.75, a cura dell’ISPI, www.ispionline.it,05/2013
[16] Filiu Jean-Pierre, Al-Qaeda in the Islamic Maghreb: Algerian Challenge or Global Threat?, in Carnegie Papers, Carnegie Endowment for International Peace, n.. 104, 10/2009
[17] The New York Times, An Interview With Abdelmalek Droukdal, www.nytimes.com, 01/07/2008
[18] Osservatorio di Politica Internazionale, Il nuovo Jihadismo in Nord Africa e nel Sahel n.75, op. cit.
[19] Rosato Valeria, Al Qaeda nel Sahel: organizzazioni ‘ibride’ tra terrorismo e crimine organizzato, www.sicurezzanazionale.gov.it, 03/2015
[20] Al-Mourabitoun è un movimento insurrezionale terroristico operante in Algeria, Libia, Mali e Niger. Alla guida del gruppo salafita-jihadista vi sono Belmokhtar e al-Sahrawi. Approfondimento tratto da www.counterextremism.com
[21] Stratfor Worldview, AQIM: The Devolution of al Qaeda’s North African Node, op. cit.
[22] Global Security, Al-Qaeda in the Land of the Islamic Maghreb, www.globalsecurity.org
[23] Counter Extremism, Al-Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM) Report, www.counterextremism.com
[24] Stratfor Worldview, AQIM: The Devolution of al Qaeda’s North African Node, op. cit.
[25] Osservatorio di politica internazionale, Dal Sahel al Corno d’Africa: l’arco di instabilità e le aree di crisi/in Africa subsahariana, approfondimento a cura dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), www.parlamento.it, 08/2016
[26] Osservatorio di Politica Internazionale, Il nuovo Jihadismo in Nord Africa e nel Sahel n.75, op.cit.
[27] Osservatorio di politica internazionale, Dal Sahel al Corno d’Africa: l’arco di instabilità e le aree di crisi/in Africa subsahariana, op. cit.
[28] Ghanem Dalia, Lounnas Djallil, The last emir? AQIM’s decline in the Sahel, MEI.edu, 07/12/2020, https://www.mei.edu/publications/last-emir-aqims-decline-sahel
[29] Counter extremism, Al-Qaeda in the Islamic Maghreb, https://www.counterextremism.com/threat/al-qaeda-islamic-maghreb-aqim
[30] Karr Liam, Mills Peter, Carter Brian e Tyson Kathryn, Salafi-Jihadi Movement Weekly update, criticalthreats.org, 29/03/2023, https://www.criticalthreats.org/analysis/salafi-jihadi-movement-weekly-update-march-29-2023
[31] Caato Bashir Mohamed, In Somalia, al-Shabab’s courts win more coverts, Al Jazeera, 14/09/2022, https://www.aljazeera.com/features/2022/9/14/in-somalia-citizens-eal-shabaabs-justice-system-to-the-state
[32] Il Post.it, Almeno 15 persone sono state uccise in un attentato terroristico compiuto da Al Shabaab a Mogadiscio, in Somalia, https://www.ilpost.it/2022/11/28/somalia-attacco-terroristico-mogadiscio-al-shabaab/ , 28/11/2022
[33] Gandini Debora, Somalia, una ricompensa di 10 milioni di dollari per chi fornisce informazioni sul gruppo terrorista, euro news.it, 15/11/2022, https://it.euronews.com/2022/11/15/somalia-una-ricompensa-di-10-milioni-di-dollari-per-chi-fornisce-informazioni-sul-gruppo-t
[34] CeSI, a cura di Iacovino Gabriele e Annovi Claudia, L’ombra lunga dell’11 settembre: il terrorismo vent’anni dopo, settembre 2021, www.cesi-italia.org/it/articoli/lombra-lunga-dell11-settembre-il-terrorismo-ventanni-dopo
[35] The Soufan Center, Al-Qaeda in the Indian Subcontinent (AQIS): The nucleus of Jihad in South Asia, Thesoufancenter.org, 2019, https://thesoufancenter.org/research/al-qaeda-in-the-indian-subcontinent-aqis-the-nucleus-of-jihad-in-south-asia/
[36] Umar Asim, E in quel giorno i credenti si rallegreranno, As-Sahab Subcontinent Media, 13/06/2019 in Garofalo Daniele, Gli occhi nel Jihad, academia.edu., 2019, https://www.academia.edu/39673418/Gli_Occhi_nel_Jihad_1_15_giugno
[37] Washington Post, US-Taliban peace deal, 14/03/2021, https://www.washingtonpost.com/context/u-s-taliban-peace-deal/7aab0f58-dd5c-430d-9557-1b6672d889c3/
[38] Hamming Tore, Sayed Abdul, Al-Qa’ida in the Indian Subcontinent: An appraisal of the threat in the wake of the Taliban takeover of Afghanistan, volume 15, issue 8, 08/2022, https://ctc.westpoint.edu/al-qaida-in-the-indian-subcontinent-an-appraisal-of-the-threat-in-the-wake-of-the-taliban-takeover-of-afghanistan/
[39] Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura, Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te”, Aracne editore, 2 edizione, 2017.
[40] Quadarella Sanfelice di Monteforte Laura, Il terrorismo “fai da te” tra Al Qaeda e l’Islamic State, Mediterranean Insecurity, 11/2017, https://www.mediterraneaninsecurity.it/il-terrorismo-fai-da-te-tra-al-qaeda-e-lislamic-state-laura-quadarella-sanfelice-di-monteforte/
[41] United Nations, Security Council, Letter dated 11 July 2022, op. cit.
[42] Counter Extremism Project, AQAP (al-Qa’ida in the Arabian Peninsula), https://www.counterextremism.com/threat/aqap-al-qaeda-arabian-peninsula
[43] SpecialEurasia, Al-Qaeda in the Arabian Peninsula’s operations in Yemen, 23/03/2022, https://www.specialeurasia.com/2022/03/23/al-qaeda-arabian-peninsula-yemen/
[44] Roy Emile, Al-Qaeda nella penisola arabica – Ripresa sostenuta in Yemen o segni di ulteriore declino?, ACLED, 06/04/2023, https://acleddata.com/2023/04/06/al-qaeda-in-the-arabian-peninsula-sustained-resurgence-in-yemen-or-signs-of-further-decline/
[45] Bertolotti Claudio, Afghanistan un anno dopo: l’ombra di al-Qaeda su Kabul, 16/08/2022, https://www.affarinternazionali.it/afghanistan-un-anno-dopo-terrorismo/
[46] Organizzazione religiosa, etno-nazionalista e terroristica, l’ETIP mira a stabilire uno stato fondamentalista islamico nella provincia occidentale cinese dello Xinjiang e dimostra di avere legami con al-Qa’ida. Il partito utilizza i medesimi social media impiegati dall’organizzazione qaidista e la retorica assomiglia, sempre più, a quella di AQ.
Per ulteriori approfondimenti, vedere Appelman Kathryn, The East Turkistan Islamic Party (ETIP), 2014, https://dra.american.edu/islandora/object/auislandora:11373/datastream/PDF/view
[47] Cristiani Dario, The killing of Al-Zawahiri and the future of Al-Qaeda, op. cit.
[48] Bellotto Alberto, Il ritorno di al Qaeda, Insideover.it, 27/07/2022, https://insideover.ilgiornale.it/terrorismo/quando-una-missione-fallisce-gli-errori-della-francia-nel-sahel.html
[49] Drevon Jerome, The Al-Qaeda chief’s death and its implications, crisisgroup.org, 09/08/2022, https://www.crisisgroup.org/asia/south-asia/afghanistan/al-qaeda-chiefs-death-and-its-implications
[50] Reuters, Al Qaeda releases video it claims is narrated by leader al-Zawahiri who was believed dead, 23/12/2022, https://www.reuters.com/world/al-qaeda-releases-video-it-claims-is-narrated-by-leader-al-zawahiri-who-was-2022-12-23/
[51] CeSI, a cura di Iacovino Gabriele e Annovi Claudia, L’ombra lunga dell’11 settembre: il terrorismo vent’anni dopo, op. cit.