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Da dove viene la minaccia?
La nuova dimensione del counter terrorism
Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte[1]
1. Introduzione
Le minacce di cui è oggetto la Comunità internazionale stanno cambiando, moltiplicandosi e diversificandosi sia per tipologia che per fonte, conseguentemente le sfide per i servizi di sicurezza sono oggi più complesse che mai e si dovrà inevitabilmente rivedere anche l’intero mondo del counter-terrorism, compreso quello in ambito Nazioni Unite, come è chiaramente emerso anche nei numerosi incontri che si sono tenuti a settembre a New York a latere dell’Assemblea Generale, che si è finalmente riunita in presenza dopo due anni.
Risulta ormai chiaro che la priorità che è stata assegnata negli ultimi due decenni alla lotta al terrorismo jihadista sta venendo meno, davanti ad un moltiplicarsi di minacce, provenienti da più direzioni, in più campi e da parte di soggetti diversi. Si è infatti assistito, in questi ultimi anni, all’evoluzione delle minacce provenienti dal terrorismo jihadista, all’ascesa dell’estremismo violento, ai cambiamenti che la Comunità internazionale sta subendo per via di pandemia, sviluppi tecnologici, crisi economica ed energetica, nonché alle “manovre” per stabilire i nuovi rapporti di forza tra Potenze[2], con alcune che sono al centro dell’attenzione per via di loro azioni di aggressione nei confronti di altri Stati.
Tutto ciò spinge inevitabilmente a riconsiderare l’ampia gamma di minacce terroristiche presenti a livello globale e la concorrente gamma di sfide alla sicurezza, e conseguentemente a rivedere le priorità e le strutture del counter-terrorism, così come quelle volte a rispondere alle altre tipologie di minacce, con un’attenzione sempre maggiore anche alle varie prospettive ideologiche.
Mentre anche al Palazzo di Vetro numerosi rappresentanti hanno affermato che le recenti attività violente di alcuni Stati hanno contribuito a far deragliare la fiducia sia nelle Nazioni Unite che nello stesso ordine delle relazioni internazionali, nonché a distogliere l’attenzione dalla minaccia che il terrorismo continua a presentare, è comunque emerso che quando si guarda al panorama della sicurezza c’è oggi il problema di come affrontare le azioni degli Stati aggressori, in un sistema di relazioni internazionali che è stato costruito sul presupposto che il multilateralismo e la dipendenza reciproca avrebbero impedito massicci conflitti interstatali[3].
Tra l’altro, pur in mancanza di una definizione universalmente condivisa sia di terrorismo che di estremismo violento, sta diventando per molti ovvio che le azioni di alcuni Stati nei confronti di altri, o persino dei propri cittadini, sono inquadrabili in “manifestazioni di violenza terroristica”[4]. Ma siamo ancora molto lontani dal trovare consenso sia intorno a definizioni giuridiche dei due fenomeni, sia a decidere a quale livello l’estremismo politico e sociale potrebbe essere considerato una minaccia terroristica, al di là di chi ne sia l’autore, statale o non statale[5].
2. Facciamo un passo indietro
Il mondo intelligence, orfano del nemico sovietico dopo la caduta del muro di Berlino, aveva trovato all’inizio di questo millennio un nuovo nemico nel terrorismo jihadista.
Con gli attacchi dell’11 settembre Al Qaeda si era ufficialmente eletta a nemico pubblico numero uno di tutto l’Occidente, e quasi immediatamente tutti i Servizi Informazione dei Paesi occidentali (e non solo) si sono adeguati.
Rileva come, finita la Guerra Fredda e la minaccia “militare” del blocco del Patto di Varsavia, i servizi intelligence hanno adeguato le loro funzioni guardando alla più vasta tutela degli “interessi nazionali”, disegnando di fatto organismi più moderni e versatili, volti a tutelare “gli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia”, tanto per citare la legge 124 del 2007[6], che per il nostro Paese ha disegnato il Sistema di informazioni per la sicurezza, con DIS, AISE e AISI sotto l’alta direzione e responsabilità generale del Presidente del Consiglio, sostituendoli al sistema stabilito dalla Legge 801 del 1977, che prevedeva SISMI e SISDE, alle dirette dipendenze rispettivamente del Ministro della Difesa e dell’Interno, con il Presidente del Consiglio che coordinava i due organismi tramite il CESIS.
Mentre si operavano queste riforme per adeguare i comparti intelligence alla nuova società globalizzata, il terrorismo diede nuovamente un “nemico” contro il quale combattere, il terrorismo jihadista, identificato nell’organizzazione allora guidata da Osama bin Laden, Al Qaeda, e fisicamente collocabile in primis in Afghanistan, e in seconda battuta in alcune aree di Medio Oriente e Nord Africa, ove gli aspiranti terroristi erano costretti a recarsi per addestrarsi.
Ecco che venne di fatto nuovamente identificato un “nemico da combattere”, e sulla base di ciò furono individuate le tematiche e le aree geografiche su cui i Servizi intelligence dovevano maggiormente lavorare, perché da lì venivano le minacce.
3. Le attuali minacce
Ma oggi è ancora così? La minaccia viene ancora da Al Qaeda e da alcune aree dell’Area MENA?
La risposta è, purtroppo, più articolata di quanto si possa pensare. Sì, si deve dire “purtroppo”, perché da un nemico ben identificato e conosciuto ci si riesce a difendere molto meglio rispetto a quanto si possa fare nei confronti di un nemico non altrettanto identificato e conosciuto[7], e se i nemici sono tanti e le minacce vengono da più fronti, la situazione si complica ancora più!
3.1. Le minacce dell’attuale terrorismo jihadista
Va innanzitutto detto che Al Qaeda, seppur non sia più l’organizzazione di due decenni fa, ha dimostrato un’incredibile resilienza, sopravvivendo ad anni di “guerre”, all’uccisione dei suoi leader storici e alla concorrenza e competizione di altri gruppi jihadisti. Seppur strutturalmente modificata, Al Qaeda è ancora attiva e pericolosa, ma opera in modo diverso[8].
Ad essa poi, anche solo guardando alla galassia jihadista, si sono affiancati altri non state-actor, suoi affiliati come Al Qaeda nel Maghreb Islamico o nella Penisola Arabica, e suoi competitor, come l’Islamic State e i numerosi gruppi che a lui hanno giurato fedeltà in un po’ tutti i continenti consentendogli di poter nominalmente avere “province” ovunque[9].
Questo proliferare di gruppi, oltre ad aver aumentato la minaccia per l’Occidente, attaccato talvolta anche in modo strumentale solo per guadagnare visibilità all’interno della galassia jihadista, ha reso impossibile circoscrivere geograficamente l’origine della minaccia stessa.
Va inoltre considerato che un po’ tutti questi gruppi hanno promosso, e promuovono, seppur in modo molto diverso tra loro, il c.d. terrorismo “fai da te”[10], ovvero gli attacchi compiuti in modo più o meno autonomo in Occidente da giovani che vi vivono e passano all’azione utilizzando i mezzi e le capacità che hanno. E questo rappresenta sicuramente un rischio reale[11] ancora maggiore rispetto a quello delle minacce dei grandi gruppi jihadisti.
3.2. La minaccia viene oggi anche da altre direzioni, ad iniziare dall’estremismo violento
Nessuno deve dimenticare che il terrorismo è un metodo, storicamente da sempre utilizzato, e la minaccia viene oggi, ad esempio, anche da un grande numero di movimenti del c.d. “estremismo violento”, tanto ampio e frastagliato quanto difficile da identificare, ma potenzialmente capace di trasformarsi in un attimo in terrorismo, come da anni sancito anche in tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aventi il terrorismo per oggetto[12].
È soprattutto negli Stati Uniti, dopo i noti fatti del 6 gennaio 2021, che si è iniziato a guardare con occhi diversi all’ “estremismo bianco”, identificandolo come “terrorismo interno” e conseguentemente “nemico interno”, accostando la sua potenziale pericolosità a quella del terrorismo jihadista[13], da sempre considerato in America come un terrorismo che viene dall’estero.
Ma il pericolo che viene dall’estremismo bianco razzista, xenofobo, antisemita e islamofobico è ormai avvertito chiaramente un po’ ovunque, e si è già drammaticamente concretizzato in attacchi sanguinosi in diversi continenti, seppur condotti in modo apparentemente autonomo e da persone con motivazioni non totalmente assimilabili.
Si tratta, per lo più, di movimenti non gerarchicamente strutturati, privi di una chiara leadership e di uno stabile sistema di finanziamento, che vivono e operano prevalentemente sul web e con comunità di aderenti e simpatizzanti che si incontrano virtualmente sui social, e magari vedono dei singoli passare all’azione dopo aver diffuso il loro personale manifesto[14]. Ma ciò non rende la minaccia meno reale o potenzialmente di minor portata, potendo anche un singolo autore, o piccolo gruppetto di estremisti, rendersi autore di attacchi dalle conseguenze devastanti.
La risposta militare, giuridica e sociale agli attacchi dell’11 settembre fu talmente globale da indirizzare verso un’unica direzione le attenzioni e gli sforzi di responsabili politici, funzionari della sicurezza e, in generale, delle stesse opinioni pubbliche mondiali, lasciando crescere quasi indisturbato l’estremismo di estrema destra. Questo, seppur sotto molteplici e differenti declinazioni, si è alimentato in parte con la stessa “guerra al terrore”, oltre che con le crisi economiche e sociali che hanno colpito l’Occidente negli ultimi due decenni, trasformandosi a detta di numerosi esperti e soprattutto negli Stati Uniti, nel maggiore pericolo per la sicurezza nazionale nelle società occidentali[15].
3.3. Le minacce che nascono dal rimescolamento dei ruoli di forza tra Potenze, dalle opportunità offerte anche ai singoli dal progresso tecnologico e dall’attivismo di alcuni movimenti di giovani
Le attività tanto dei gruppi terroristi quanto dei movimenti estremisti possono, inoltre, essere finanziate e/o strumentalizzate anche da Potenze straniere, come il sempre più diffuso ambito di studi sulla c.d. “proxy war” dimostra.
Inoltre, l’attuale situazione geopolitica, con la guerra scatenata in Ucraina dalla Russia e un più generale rimescolamento dei ruoli di forza tra le Potenze mondiali, dovuto anche alle conseguenze economiche e sociali della pandemia da COVID-19[16], rende poi sempre più possibile un qualche attacco non convenzionale da parte di entità statuali, soprattutto mediante l’utilizzo dei nuovi strumenti che l’evoluzione tecnologica rende facilmente disponibili sia in ambiente cyber che nel mondo di tutti i giorni.
Ma si tratta, a pensar bene, di potenzialità che sono oggi a disposizione anche di non state-actor, se non addirittura di singoli, perché qualsiasi estremista potrebbe trasformarsi in terrorista realizzando, solo per fare degli esempi, un attacco cibernetico contro un’infrastruttura critica o un vero e proprio attentato con strumenti orami acquistabili sul dark web, compresi gli ormai famosi droni kamikaze che stiamo vedendo ampiamente utilizzati nella guerra russo-ucraina e sarebbero, da parte russa, acquistati dall’Iran in violazione dell’embargo ancora imposto al Paese.
Accanto alle minacce che vengono dal terrorismo internazionale, jihadista e non solo, dall’estremismo violento, e da Paesi “nemici”, sta poi emergendo, ad avviso di chi scrive, una nuova minaccia ancora più “interna”, che viene da persone che agiscono spinte addirittura da una causa apparentemente condivisibile dallo stesso Occidente[17]: si tratta della minaccia che viene da chi è pronto a violare la legge in nome, ad esempio, della difesa del pianeta e della lotta all’inquinamento ed ai cambiamenti climatici. Cause lodevoli ma in nome delle quali sempre più spesso si assiste a giovani che interrompono pubblici servizi, come quello autostradale, o irrompono in un museo e imbrattano opere considerate “patrimonio” dell’umanità. Quali potrebbero essere i passi successivi di tali movimenti? Potrebbero passare ad azioni violente, ma anche se ciò non dovesse accadere, allo stato attuale già sono una minaccia per quegli interessi che gli organismi si intelligence lavorano per proteggere: per il nostro Paese “gli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia” ma quindi, conseguentemente, anche culturali, laddove il patrimonio artistico nazionale è ad esempio visto come un bene strategico per l’economia italiana.
3.4. Dal punto di vista strategico, una realtà complicata, tra minaccia multipla, diffusione di potenza e concentrazione delle forze
Va detto, quindi, che si prospetta una delle realtà più complicate dal punto di vista strategico[18], che potremmo definire di “minaccia multipla”, espressione con la quale possiamo identificare la situazione nella quale le minacce vengono da vari “oppositori”, che usano mezzi differenziati e non coordinati.
Il fatto che ci si trovi, poi, in una situazione di “diffusione di potenza”, con attori anche piccoli che possono procurarsi armi letali, semplici ma in grado di creare difficoltà agli Stati, complica ancor più la situazione securitaria degli Stati.
Ne consegue, allora, che dobbiamo necessariamente prioritizzare le minacce. Uno dei principi della strategia è infatti quello della “concentrazione delle forze”, o dell’ “economia delle forze”, che è un principio fondamentale, perché noi italiani sappiamo bene come va a finire la “strategia” del “molti nemici molto onore”.
4. Il futuro del counter-terrorism: serve una nuova cultura
La “prioritizzazione delle minacce”[19] chiede ai nostri servizi intelligence uno sforzo aggiuntivo, sia per capire su quali minacce ci si debba maggiormente concentrare, sia per capire come affrontare tanto le nuove quanto quelle già note, mentre va riconsiderato il sistema di difese dell’ambiente cyber.
In relazione a quest’ultimo, va detto che è allo stato attuale difficilissimo circoscrivere l’ambito, gli autori e la portata di una eventuale minaccia cyber, laddove all’iniziale cyber-crime si sono pian piano affiancate altre realtà quali il cyber-terrorismo, lo spionaggio cibernetico (soprattutto nei confronti delle imprese, per carpirne i segreti industriali) e, più recentemente, scenari di vera e propria “guerra cibernetica”, potenzialmente realizzabile da attori statali mediante attacchi informatizzati nei confronti di infrastrutture critiche di un altro Paese[20]. Ne consegue che il Comparto andrà ristrutturato per “creare le condizioni organizzative tali da assicurare una capacità di reazione immediata anche nei confronti di attacchi su larga scala, che coinvolgano una pluralità di soggetti”[21].
Le nuove minacce, così come l’evoluzione di quelle che abbiamo considerato prioritarie negli ultimi due decenni, non rendono poi il counter-terrorism meno importante, sia chiaro, ma richiedono una nuova cultura nel contrasto al terrorismo, all’estremismo violento ed alle altre minacce globali.
Ricordiamo che le sfide per i servizi di sicurezza sono più complesse che mai anche per le connessioni transnazionali di organizzazioni e individui, che fanno dell’estremismo violento e del terrorismo una questione veramente globale, ancor più di quanto non sia stato dopo l’11 settembre.
Vi sono oggi, da un lato, l’incredibile facilità con cui ogni individuo può in internet venire a contatto con idee radicali di ogni tipo, radicalizzarsi e persino essere addestrato, e, dall’altro, una sempre più stretta interazione tra gruppi terroristi (e movimenti estremisti) con la criminalità organizzata transnazionale. E sappiamo quanto sia difficile prevenire e fermare gli attacchi del c.d. terrorismo “fai da te”, così come individuare e combattere le connessioni tra criminalità transnazionale e terrorismo internazionale, per non parlare della difficoltà di monitorare e bloccare ciò che circola sul web.
Ci si deve, pertanto, sempre più concentrare sia sull’ambiente cyber che su approcci contestualizzati e individualizzati come base degli sforzi per progettare programmi e attività efficaci contro il radicalismo, sempre implementati con un approccio guidato dal rispetto dei diritti dell’uomo.
È inoltre necessario concentrarci sulla comprensione di come le disuguaglianze socioeconomiche, razziali, di classe, o di altro tipo, accrescano quella insicurezza e insoddisfazione che spinge taluni ad essere più facilmente avvicinabili e predisposti per un’eventuale radicalizzazione, ed altri ad avere una maggiore percezioni di insicurezza, che può portare a reazioni altrettanto pericolose, anche alla luce della potente forza della disinformazione (che può “di per sé” essere considerata come una minaccia).
Tutto ciò richiede inevitabilmente anche un sempre maggior coinvolgimento di tutte le comunità locali, in ogni realtà geografica ed economica, con un counter-terrorism che non deve essere più esclusivamente “lotta al terrorismo”.
Conseguentemente, servono anche una maggiore connessione tra ricerca, politica e azione pratica, e la nascita di una nuova cultura del counter-terrorism.
Questa esigenza è ancor più avvertita nel nostro Paese[22], ove la tematica sembra esser relegata alle discussioni e all’opera di pochi addetti ai lavori, e solo alcuni master post-laurea vedono, nell’ambito di lezioni sull’intelligence e sulla sicurezza internazionale, delle lezioni su cosa sia il fenomeno del terrorismo e come si possa contrastarlo.
[1] Le opinioni espresse si riferiscono all’Autrice, e non corrispondono necessariamente alla posizione dell’Amministrazione di appartenenza.
[2] Per tutti questi aspetti, si veda: Sanfelice di Monteforte F, Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il COVID-19. Conseguenze geopolitiche e strategiche. Posture dei gruppi jihadisti e dell’estremismo violento, Mursia, Milano, 2020.
[3] Si veda in tal senso anche White J., Looking to the Future of Counterterrorism, in RUSI, 19 October 2022, https://rusi.org/explore-our-research/publications/commentary/looking-future-counterterrorism .
[4] Si veda in tal senso sempre White J., Looking to the Future of Counterterrorism, in RUSI, 19 October 2022, https://rusi.org/explore-our-research/publications/commentary/looking-future-counterterrorism.
[5] Per la mancanza di una definizione giuridica universalmente riconosciuta di terrorismo e di estremismo violento, si veda, tra i miei scritti, da ultimo Quadarella Sanfelice di Monteforte L., La minaccia proveniente dal terrorismo internazionale, in Rivista Marittima, marzo 2022, e bibliografia ivi citata.
[6] Si veda il sito del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, in particolare la pagina dedicata alla riforma del 2007, https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/documentazione/la-legge-1242007-in-breve.html
[7] Per la facilità che si ha a combattere un nemico conosciuto, rispetto ad uno non conosciuto, si veda: Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Al Zawahiri è stato “eliminato”. Un successo? Sicuramente una vendetta! Ma ora cosa accadrà?, in Mediterranean Insecurity, agosto 2022.
[8] Per l’evoluzione del terrorismo jihadista, si veda: Quadarella Sanfelice di Monteforte L., L’evoluzione del terrorismo jihadista e i suoi riflessi nell’area mediterranea, in Mediterranean Insecurity, novembre 2021, in Quadarella Sanfelice di Monteforte L. (a cura), Mediterranean Insecurity Vol. 3, 2022.
Per la resilienza di Al Qaeda, si veda: Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il ritorno dei talebani al potere in Afghanistan farà rinascere Al Qaeda? In realtà il gruppo non è mai stato sconfitto. AQ e i suoi venti anni di resilienza, in Mediterranean Insecurity, agosto 2021, in Quadarella Sanfelice di Monteforte L. (a cura), Mediterranean Insecurity Vol. 3, 2022.
[9] Per la competizione interna alla galassia jihadista, per vedere come ci sia stata da parte dell’Islamic State una sorta di “campagna acquisti” che lo ha portato ad accettare qualsivoglia gruppo o katiba giurasse fedeltà al Califfo, e per vedere come la competizione tra Al Qaeda e Islamic State ha portato ad un aumento esponenziale degli attacchi del c.d. terrorismo “fai da te” in Occidente, si veda, soprattutto, Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo fai da te, Aracne, Roma, 2017 (seconda edizione).
[10] Per il terrorismo fai da te e lo stillicidio di attacchi condotti nelle città europee si veda: Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te”, Aracne, 2017 (seconda edizione); Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Terrorismo “fai da te” – Inspire e la propaganda online di AQAP per i giovani musulmani in Occidente, Aracne, 2013.
[11] Per la differenza tra “minaccia” e “rischio reale”, si veda Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te”, op. cit., 71ss. e 79ss.
[12] Il concetto di estremismo violento ha iniziato ad emergere in ambito Nazioni Unite, accanto a quello di terrorismo, già dalle prime Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza aventi per oggetto i Foreign Fighter (esempio la 2178 del 2014), ma è solo nel 2016 che ha preso forma, pur senza una chiara definizione. Nel 2016, infatti, l’Assemblea Generale dell’ONU nell’adottare la Quinta Revisione Biennale della Global Strategy contro il terrorismo (A/RES/70/291) ha di fatto recepito un altro documento “strategico”, presentato dal Segretario Generale alcuni mesi prima: il “Plan of Action to Prevent Violent Extremism” (A/70/674), visto come una grave minaccia contro la pace. Il Piano d’azione, che ha lo scopo di prevenire l’estremismo violento, lo considera e lo affronta “come, e quando, tendente al terrorismo” (“violent extremism as and when conducive to terrorism”).
[13] In tal senso, si veda: Miller-Idriss C., From 9/11 to 1/6. The War on Terror Supercharged the Far Right, in Foreign Affairs, September/October 2022, https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2021-08-24/war-on-terror-911-jan6?utm_medium=newsletters&utm_source=weekend_read&utm_content=20221105&utm_campaign=FA%20Weekend%20Read_110522_From%209/11%20to%201/6&utm_term=FA%20Weekend%20Read-012320 .
[14] Per comprendere quali siano le principali caratteristiche dei movimenti dell’estremismo bianco, e in cosa si differenziano dai gruppi terroristi, si veda: Sanfelice di Monteforte F, Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il COVID-19. Conseguenze geopolitiche e strategiche. Posture dei gruppi jihadisti e dell’estremismo violento, op. cit., Cap. 1, § 2.
[15] Si veda Miller-Idriss C., From 9/11 to 1/6. The War on Terror Supercharged the Far Right, in Foreign Affairs, op.cit.
[16] Si veda: Sanfelice di Monteforte F, Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il COVID-19. Conseguenze geopolitiche e strategiche. Posture dei gruppi jihadisti e dell’estremismo violento, op. cit.
[17] Non dimentichiamo che non vi è gruppo terrorista o movimento dell’estremismo violento che non agisca per cause che in tanti, Stati compresi, condividono, in tutto o in parte. Ed è questa una delle ragioni per cui sino ad ora non si è giunti ad una definizione giuridica universalmente riconosciuta né per il terrorismo né per il terrorismo violento. Si tratta di due fenomeni apparentemente condannati da tutti ma per i quali ancora oggi vale la famosa espressione coniata quasi cinquant’anni fa da uno dei massimi esperti di crimini internazionali e diritto internazionale penale, Sherif Bassiouni, secondo la quale «what is terrorism to some, is heroism to others», ciò che è terrorismo per qualcuno è eroismo per qualcun altro.
[18] Per l’analisi delle principali teorie strategiche e dei principi della Strategia, si veda, Sanfelice di Monteforte F. (a cura), La Strategia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2010.
[19] Espressione sempre più di uso comune soprattutto in ambito cyber, ove si deve necessariamente stabile una priorità tra le tante minacce, di differenti forma, che vengono da più direzioni, rendendo indispensabile tale attività per le minacce, le vulnerabilità ed i rischi (in ambiente cibernetico si vale la seguente formula: vulnerabilità + minaccia = rischio).
[20] In tal senso, si veda: De Gennaro G., I Servizi si confrontano sull’arma 2.0, in Formiche, agosto-settembre 2022, 86.
[21] Ibidem.
[22] Per le sfide che attendono la nostra intelligence, si vedano alcuni degli ultimi articoli del Prof. Mario Caligiuri, Presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT): Caligiuri M., Per la sicurezza nazionale serve educazione (non gestione). I consigli di Caligiuri, in Formiche, 21/10/2022, https://formiche.net/2022/10/sicurezza-nazionale-caligiuri/ ; Caligiuri M., La nomina di Mantovano tra intelligence e sicurezza. Scrive Caligiuri, in Formiche, 6/11/2022, https://formiche.net/2022/11/mantovano-caligiuri/?s=03 ; Caligiuri M., Cyber e 007, così riformiamo l’intelligence. I consigli di Caligiuri, in Formiche, 15/08/2022, https://formiche.net/2021/08/cyber-e-007-cosi-riformiamo-lintelligence-i-consigli-di-caligiuri/