scarica il file in pdf – i gruppi jihadisti davanti al conflitto russo ucraino- marzo 2022- LQSdM
I gruppi jihadisti davanti al conflitto russo ucraino
Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte[1]
Introduzione
Il mondo è in questi giorni attonito davanti alle immagini che giungono dalle città ucraine devastate dall’avanzata russa, anche perché in pochi si aspettavano di rivedere una guerra in Europa che coinvolgesse “Grandi Potenze”, potenze nucleari non NATO, con i membri di quest’ultima che non si trovano dinanzi ad un eventuale “intervento fuori area”, ma devono muoversi con estrema cautela perché rischiano di esser tirati direttamente in causa.
Si tratta di un conflitto apparentemente impari, stando alle Forze militari in campo, iniziato con un attacco che da un lato sembrava annunciato ma, dall’altro, al tempo stesso tanto inimmaginabile da essere imprevedibile, nel senso che la maggior parte degli analisti mondiali esperti dell’Area hanno continuato per settimane ad additare come eccessive le preoccupazioni statunitensi, che invece si sono rivelate fondate.
In Occidente media e opinione pubblica seguono con apprensione le notizie che giungono dall’Ucraina, guardando a Bruxelles e a Washington per vedere cosa faranno in primis NATO e Unione Europea, cui l’Ucraina guardava da anni, ma anche, o forse soprattutto, gli Stati Uniti, che hanno visto materializzarsi le azioni del loro storico nemico. Un nemico, l’Orso Russo, che sembrava in letargo e che dopo la fine della Guerra Fredda e l’inizio della lotta al terrorismo jihadista, minaccia comune all’inizio del millennio, era stato persino accolto a Bruxelles con il Consiglio NATO-Russia, che aveva visto la luce grazie al Vertice di Pratica di Mare rappresentando un grande successo per l’Italia.
Ora tutto sembra cambiato, si è tornati indietro nella Storia, la Guerra Fredda rischia di diventare “calda” e in questo momento sembrano esser passate in secondo piano anche le minacce jihadiste e le crisi che colpiscono da decenni alcune aree del Medio Oriente e del continente africano, ove i gruppi fondamentalisti sembrano guadagnare sempre maggior peso. Ma queste minacce, che per anni avevano in un certo senso visto sullo stesso lato della barricata Russia e Stati Uniti, seppur perseguendo ognuno i propri interessi nazionali e mantenendo le proprie alleanze, non sono scomparse e, anzi, potrebbero riacutizzarsi nel momento in cui le attenzioni politico-militari dei Paesi occidentali e della Russia, così come gli aiuti internazionali verso le popolazioni, si stanno rivolgendo altrove.
Al di là di questi ragionamenti, che in pochi sembrano fare concentrandosi i più esclusivamente su ciò che avviene in Ucraina, nessuno appare interessato ad analizzare cosa stanno facendo, pensando e dicendo i jihadisti. Ma può essere un grave errore!
Forse è il caso di studiare le loro reazioni, anche perché il conflitto russo-ucraino potrebbe ridisegnare i rapporti di forza su cui si basa l’attuale Comunità internazionale e le leadership dei gruppi jihadisti potrebbero provare ad approfittare della situazione.
Ricordiamo cosa è avvenuto con la pandemia di COVID-19, davanti alla possibile mutazione dei rapporti di forza tra gli Stati, con sconvolgimenti dell’attuale Comunità internazionale: alcuni non state actor, tra cui Al Qaeda e l’Islamic State, hanno lavorato per sfruttare al meglio la situazione, volgendo in proprio favore il disagio sociale ed economico che il virus e le misure adottate per il contenimento della sua diffusione hanno provocato[2], sia in Occidente che in Aree rurali dell’Africa e dell’Asia, ove si sono talvolta mostrati agli occhi delle popolazioni locali capaci di fornire servizi che l’impreparazione statale davanti alla diffusione del virus rendeva impossibili.
Così come le organizzazioni terroriste hanno lavorato intensamente affinché la pandemia si trasformasse nel lungo periodo in un’opportunità per sovvertire l’ordine mondiale in vista della ricostituzione di quel Califfato cui mirano[3], oggi il conflitto tra Russia e Ucraina, con i Paesi NATO e dell’Unione Europea chiaramente schierati in favore della seconda, potrebbe rappresentare un’opportunità che forse cercheranno di non lasciarsi sfuggire.
Le reazioni dei principali gruppi jihadisti
Rispettando la consueta saggezza e lungimiranza che la contraddistingue, Al Qaeda non ha ufficialmente parlato, e probabilmente aspetterà un po’ per dare una risposta pacata e ragionata anche alla luce dell’evolversi della situazione[4].
In linea con il suo solito impulsivo comportamento, l’Islamic State si è invece immediatamente espresso, attraverso il settimanale Al Naba[5], già in altre occasioni utilizzato in passato per dare immediati commenti anche per situazioni che nulla avevano a che fare con l’organizzazione terrorista[6].
Ma è soprattutto alla propaganda non ufficiale[7] che dobbiamo guardare in queste prime settimane di combattimenti, laddove ovviamente i comunicati delle leadership non arriveranno nell’immediato, anche perché né il conflitto tra russi e ucraini, né la crisi tra russi e Occidente li riguarda in modo diretto, e quindi preferiscono tacere e osservare i loro nemici che si autoeliminano a vicenda.
Questi, infatti, sono i pensieri che da un punto di vista strategico prevalgono: ben venga che Paesi NATO ed europei (non solo quelli membri dell’Unione Europea) siano sull’orlo della guerra con la Russia, tutto ciò non farà che indebolire le ostilità degli uni e degli altri nei loro confronti.
Se invece ci si chiede quali siano i sentimenti dei militanti jihadisti, la situazione cambia: dalle opinioni espresse in un po’ tutti i social network emerge come gli estremisti islamici siano schierati con il popolo ucraino, vittima di una guerra di aggressione da parte dell’esercito russo, che già tanti dolori ha portato ai musulmani in vari Paesi. Si legge, in alcuni post di odio verso l’invasione russa, che nei confronti dei russi si potrebbe configurare una sorta di jihad 3.0, laddove quella 1.0 fu in Afghanistan e la 2.0 in Siria.
Cosa fare allora? È giusto schierarsi con gli ucraini? No, questo mai! Deve prevalere la ragione, è affermato ovunque, poiché quelli coinvolti sono, comunque, tutti popoli cristiani e quindi, usando la terminologia jihadista, dei crociati!
Malgrado, soprattutto dalla Siria, emerga una chiara vicinanza al popolo ucraino, che sta soffrendo quello che loro stessi hanno patito, chiara è la presa di posizione dell’Islamic State: con nessuno di essi ci si può schierare, nessuno di loro va aiutato. Ecco che ferma arriva la condanna verso quei guerriglieri ceceni che starebbero aiutando l’esercito russo. Nel numero di Al Naba della prima settimana di marzo è ferma la condanna verso i guerriglieri ceceni schierati al fianco delle Forze Armate russe, così come verso chiunque osi parlare di jihad in questo caso, perché è una guerra tra crociati: è una “Crusader-Crusader War” e per il settimanale del gruppo fondato da Al Baghdadi i musulmani non debbono intervenire né schierarsi.
In modo fermamente contrario al coinvolgimento di combattenti ceceni al fianco della Russia si sarebbe espresso in questi giorni anche il teologo e predicatore giordano Abou Mohammed al-Maqdisi[8], uno dei principali ideologi del salafismo jihadista, comunemente annoverato nella sfera di Al Qaeda.
Ma altrettanto fermo è da più parti il richiamo a non combattere neanche con gli ucraini che, ricordano alcuni, appoggiarono nel 2003 l’invasione statunitense dell’Iraq: si può pregare per le sofferenze della popolazione civile, che sta soffrendo quello che tante volte hanno sofferto popolazioni musulmane a causa degli attacchi russi, ma nulla di più.
Le indicazioni che prevalgono sono quindi di osservare e attendere[9]: si deve aspettare lungo le rive del fiume, si potrebbe dire, poiché quelli che passeranno saranno comunque cadaveri di crociati. Il mondo jihadista spera in cuor suo che siano soprattutto russi, ma in ogni caso sono dei nemici, che si combattono, secondo quanto scritto nell’editoriale di Al Naba, a causa della inimicizia imposta al loro interno da Dio stesso.
Se l’attenzione è quasi ovunque maggiormente rivolta contro il Paese guidato da Putin, è interessante però notare come uno dei gruppi ufficialmente affiliati ad Al Qaeda non perda neanche questa occasione per attaccare gli Stati Uniti. Nel numero di febbraio del Magazine “Nawai-Ghazwa-e-Hind”, il magazine di “Al Qaeda nel Sub-continente indiano”[10], è infatti affermato che il rifiuto degli Stati Uniti di intervenire militarmente al fianco degli ucraini sarebbe dovuto alla paura statunitense di perdere un’altra guerra, dopo la sconfitta subita in Afghanistan per mano della Ummah, che avrebbe fatto perdere agli americani le loro certezze e sicurezze[11].
La denunciata ipocrisia dell’Occidente
Discorso a parte è poi la critica aperta e frontale al comportamento ipocrita dell’Occidente, che userebbe un doppio standard, tanto per i profughi quanto per i combattenti, a seconda che siano cristiani o musulmani. In tal senso in modo esplicito si è espresso l’editoriale di Al Naba di inizio marzo, che parla per questo apertamente di razzismo.
Secondo l’Occidente, criticano i jihadisti, un profugo ucraino deve essere accolto e le frontiere per lui si aprono immediatamente e incondizionatamente, mentre le donne e i bambini musulmani, provengano dal Medio Oriente, dall’Africa o dall’Asia, vengono respinti senza pietà. Mentre i rifugiati ucraini sono accolti a braccia aperte in tutti i Paesi Occidentali, pronti ad aiutare quelli che in prima battuta li accolgono e a redistribuirli senza alcun problema, i rifugiati musulmani pur scappando da guerre e carestie sono spesso respinti, e comunque considerati indesiderati e visti con sospetto, e per loro nessun Paese parla di redistribuzione, ma solo di un “problema” del Paese in cui per primo entrano.
Analogamente, un ingiustificato doppio standard sarebbe applicato dai Paesi occidentali per i combattenti stranieri: quelli che vanno ad aiutare una popolazione musulmana sono considerati foreign terrorist fighters e processati come terroristi per il solo fatto di aver difeso il popolo e la terra musulmana, mentre chi va a difendere l’Ucraina è considerato un eroe, un combattente per la libertà[12]. Si tratta, secondo l’Islamic State, di un comportamento condiviso dalle popolazioni europee così come dalle loro leadership politiche[13].
Sostengono i jihadisti, che tutto sarebbe giustificato, nei Paesi Occidentali, in nome dell’odio provato contro la Russia per le azioni di cui nei decenni passati si era resa responsabile l’URSS, nei confronti dei Paesi NATO e di quelli facente parte del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, laddove non è mai preso in alcuna considerazione l’odio che i popoli musulmani nutrono verso gli ex colonizzatori e i Paesi che sin dalla fine della Prima Guerra Mondiale si sono resi responsabili dapprima della cancellazione del Califfato e poi di continue ingerenze, in Paesi che essi stessi avevano disegnato, ogni volta che provavano ad agire in modo diverso da ciò che garantiva gli interessi occidentali.
Conclusioni
Tutti i jihadisti sperano comunque che la guerra sia lunga e distragga i nemici crociati, Americani, Russi e Europei, dagli affari jihadisti. Ferma è inoltre la convinzione che la guerra e le sanzioni portino ad un indebolimento dell’Occidente, e in primis della Russia, che essi considerano facente parte dell’Occidente, intendendo con tale espressione probabilmente più il “mondo cristiano”, appunto “crociato”, che l’Occidente come noi lo consideriamo. La distruzione economica della Russia sarebbe, secondo quanto si legge, la giusta “punizione divina” verso un Paese che tante sofferenze ha provocato alla Ummah.
Al di là di queste prese di posizione e di qualsivoglia considerazione, non possiamo non considerare che la guerra tra Russia e Ucraina, e la crisi tra Russia e Occidente legata ad essa, potrebbero avere ulteriori negative conseguenze per la stabilità del Medio Oriente, che è tra l’altro estremamente dipendente dal grano ucraino e russo[14], e potrebbero rafforzare i gruppi jihadisti.
Da un lato, dobbiamo infatti considerare che ogni cambiamento del sistema di potere che governa il delicato equilibrio della Comunità internazionale non può che giocare in favore di chi mira a stravolgere l’attuale assetto; dall’altro, un grande, forse enorme, quantitativo di armi sta girando in modo più o meno controllato e una parte di esse potrebbe finire nelle mani sbagliate.
Quanto al primo aspetto, si sarebbero già registrati grandi spostamenti di milizie del Gruppo Wagner, che avrebbero lasciato alcune delle zone dell’Africa sahelo-sahariana che da alcuni mesi stavano controllando[15], per recarsi in teatro ucraino.
Anche dalla Siria forze regolari russe sono state spostate verso l’Ucraina e alcune decine di migliaia di “combattenti” siriani si sarebbero, secondo le autorità russe, volontariamente arruolati per combattere al loro fianco, e naturalmente da più parti si solleva il sospetto che si tratti di mercenari ed ex combattenti della guerra civile siriana, disposti ad andare al fronte in cambio dell’immunità per i crimini commessi. Ci sono voci di analoghi movimenti di miliziani in viaggio dalla Libia verso l’Ucraina.
Venendo agli americani e agli europei, vale poi la regola per cui non si possono controllare più fronti[16], e ne beneficeranno soprattutto le loro controparti in quelli che un tempo si chiamavano Vicino, Medio e Lontano Oriente, quindi il teatro siro-iracheno, l’Afghanistan, e la Cina. In tutti e tre i quadranti gli “avversari” degli Stati Uniti avranno molta più libertà di azione, e solo nel lungo termine si potranno vedere le conseguenze di tutto ciò.
Quanto invece alla questione delle armi, non vi è stato conflitto che non abbia visto, soprattutto davanti ad eserciti mal pagati e motivati, grandi quantitativi di armi arrivare nel teatro delle operazioni ed essere messe a disposizione di forze più o meno regolari, per poi finire in mano a gruppi criminali e terroristi.
Anche nel caso di questo conflitto vi è il rischio che ciò avvenga, e si tratta di un rischio ancora più concreto di quanto già non avvenga normalmente: da un lato, infatti, i mal equipaggiati e mal motivativi soldati russi si vedono spesso costretti a lasciare indietro grandi quantitativi di armamenti mentre avanzano, per non parlare del fatto che un numero considerevole di loro è pronto a rivenderle al primo che offra loro denaro; dall’altro, è quasi impossibile seguire il percorso delle armi che arrivano in sostegno dell’Ucraina da un elevato numero di Paesi europei e NATO; infine, come non considerare il fattore “Generale inverno”, che ferma entrambe le parti nella neve e nel fango, costringendole ad abbandonare armi e mezzi di qualsiasi tipo. Dove finiranno?
Queste considerazioni, sulle posture dei gruppi jihadisti nei confronti del conflitto, e più in generale delle conseguenze che questo potrebbe avere per aree a maggioranza islamica, devono spingerci a non dimenticarci il fenomeno jihadista né le numerose crisi che insistono nel continente africano e asiatico, poiché concentrandoci esclusivamente sul conflitto russo-ucraino potremmo nel medio-lungo periodo trovarci con dei pericoli molto più reali di quanto il paventato uso dell’arma atomica sia in realtà in queste settimane.
[1] Le opinioni espresse si riferiscono all’Autrice, e non corrispondono necessariamente alla posizione dell’Amministrazione di appartenenza.
[2] Si veda Sanfelice di Monteforte F., Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il COVID-19. Conseguenze geopolitiche e strategiche. Posture dei gruppi jihadisti e dell’estremismo violento, Mursia, Milano, 2020.
[3] Per analizzare come IS ha organizzato il Califfato nel teatro siro-iracheno tra il 2014 e il 2017, Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Vivere a Mosul con l’Islamic State. Efficienza e brutalità del Califfato, Mursia, Milano, 2019.
[4] Ricordiamo che allo scoppio della pandemia del COVID-19, tutt i gruppi jihadisti definirono il virus una punizione divina, ma profondamente differente fu l’atteggiamento delle leadership verso i non musulmani: l’Islamic State approfittò della situazione per invitare a colpire il nemico in difficoltà, mentre Al Qaeda si mostrò come sempre saggia e pacata, concentrandosi sugli aspetti spirituali e cercando di ottenere vantaggi invitando a convertirsi all’Islam e mostrandosi attenta alla salute fisica e spirituale di tutti (pur criticando le concezioni e le decisioni politiche di alcuni governi occidentali si è concentrata sul benessere di ogni essere umano). Si veda Sanfelice di Monteforte F., Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il COVID-19. Conseguenze geopolitiche e strategiche. Posture dei gruppi jihadisti e dell’estremismo violento, op.cit., Parte seconda.
[5] Si veda, il numero di Al Naba pubblicato venerdì 4 marzo, la cui traduzione è reperibile in Aymenn Jawad Al-Tamimi, Islamic State Editorial on Russia’s Invasion of Ukraine, in Aymenn’s Monstrous Publications, 4 March 2022, https://aymennaltamimi.substack.com/p/islamic-state-editorial-on-russias?s=03 .
[6] Fu il primo strumento utilizzato ad esempio anche quando scoppiò la pandemia nell’inverno 2020.
[7] Al di là dei contenuti, è stato notato da alcuni esperti che su Facebook, Telegram e Twitter alcuni account non ufficiali dell’Islamic State si stanno impegnando nella copertura mediatica della guerra in Ucraina anche per ottenere nuovi follower, che saranno poi utili in un secondo momento. Si veda in tal senso Criezis Meili, Insights – Islamic State Supporters Keeping Tabs on Ukraine, in GNET, 2/03/2022, https://gnet-research.org/2022/03/02/islamic-state-supporters-keeping-tabs-on-ukraine/
[8] Si veda Salafi-Jihadis Celebrate Russia’s Invasion Of Ukraine, Describe It As A Golden Opportunity For Mujahideen Worldwide, Particularly In Syria, in MEMRI, 24/02/2022, https://www.memri.org/jttm/salafi-jihadis-celebrate-russias-invasion-ukraine-describe-it-golden-opportunity-mujahideen
[9] Fa riflettere, a tal proposito, che i Paesi dell’Area MENA si siano quasi uniformemente astenuti al momento di votare nelle organizzazioni internazionali un’eventuale condanna dell’aggressione russa. La maggior parte di loro, come i gruppi jihadisti, aspetta, senza schierarsi né per gli uni né per gli altri. Si veda MED This Week, Putin’s invasion of Ukraine: A wake-up call also for the MENA region?, in ISPI, 03 marzo 2022, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/putins-invasion-ukraine-wake-call-also-mena-region-33889 .
[10] Ricordiamo che il precedente nome del magazine è stato, fino al marzo 2020, “Voice of Hind”.
[11] In tal senso si veda anche “In February 2022 Issue, Al-Qaeda Magazine ‘Nawa-i-Ghazwa-e-Hind’ Says U.S. Refusal To Join Ukraine War Is Due To ‘America’s Defeat By Muslim Ummah In Afghanistan’”, in MEMRI, 4 March 2022.
[12] E in effetti in pochi sembrano in Occidente preoccuparsi neanche dinanzi alla partenza per il fronte ucraino di un elevato numero di giovani che appartengono al variegato mondo dell’estremismo violento di destra.
[13] Eroe, sottolineano in molti anche sui social, è stato definito persino un giovane ragazzo ucraino che nei primi giorni del conflitto si è fatto esplodere per far collassare un ponte e rallentare l’avanzata russa, mentre un giovane musulmano che fa la stessa cosa è considerato un criminale, un terrorista, un pazzo pronto a morire in nome di una causa come se ciò fosse folle e criminale.
[14] “La guerra in Ucraina potrebbe avere gravissime ripercussioni sul mondo arabo. I paesi del Medio Oriente e del Nordafrica sono i più grandi importatori di grano al mondo. L’80 per cento del grano necessario alla produzione del pane – elemento chiave della dieta dei più poveri – proviene dall’Ucraina o dalla Russia. La guerra in Europa rischia di far precipitare il mondo arabo nella penuria alimentare. / Nella dieta dei paesi del mondo arabo si mangia il triplo del pane rispetto alla media mondiale, e per le fasce più povere si tratta di un apporto energetico essenziale: in arabo egiziano pane si dice aish, che è anche sinonimo di vita. Dall’inizio della guerra in Ucraina, le prime pagine di tutti i giornali arabi descrivono scenari catastrofici sulle prossime “guerre del pane”. / “L’Europa teme di perdere il suo accesso al gas russo che riscalda il freddo continente”, scrive il giornale Independent Arabia. “La maggiore parte dei paesi del Medio Oriente e del Nordafrica, in testa l’Egitto, teme invece per il suo principale mezzo di sussistenza, il pane”. / La guerra in Ucraina svela la forte dipendenza dalle importazioni alimentari di tutti i paesi arabi, come rilevato dalla Fao: Yemen, Libia e Libano importano rispettivamente il 22, il 43 o il 60 per cento del loro consumo totale di grano dall’Ucraina. Lo stesso vale per l’Iraq, da decenni legato al programma Oil for food, e per tutti i paesi del Maghreb.”, Catherine Cornet, Le conseguenze della guerra in Ucraina sul mondo arabo, in Internazionale, 1/03/2022, https://www.internazionale.it/notizie/catherine-cornet/2022/03/01/guerra-ucraina-conseguenze-medio-oriente-pane-importazioni
[15] Per la presenza del Gruppo Wagner in Mali, si veda: Orizio P., I contractors del Gruppo Wagner contro i jihadisti in Mali: l’Europa risponde con le sanzioni, in Analisi Difesa, 5 gennaio 2022, https://www.analisidifesa.it/2022/01/i-contractors-del-gruppo-wagner-in-mali-a-combattere-i-jihadisti-leuropa-risponde-con-le-sanzioni/
[16] Ricordiamo che tra i “Principi della Strategia” vi è quello cd. “dell’economia delle forze e della concentrazione”, secondo il quale, come diceva il Generale Foch ricordando il vecchio adagio del Senato romano: “non si perseguono mai due guerre allo stesso tempo. Bisogna concentrare i propri sforzi” (Foch F., Des Principes de la Guerre, Economica, 2007, p. 46). Per approfondimenti si veda: Sanfelice di Monteforte F., La Strategia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2010, 187ss. Si veda anche: Sanfelice di Monteforte F., Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Due secoli di stabilizzazione. Gli insegnamenti del passato per il peacekeeping del futuro, Aracne, Roma, 2015, soprattutto il Capitolo II “Il “non metodo” di Napoleone in Spagna”.