Scarica il file in PDF – Nigeria – maggio 2022 – Privitera
Il terrorismo in Nigeria:
l’evoluzione di una minaccia che va oltre i confini nazionali
Chantal Privitera
1.Introduzione: il terrorismo in Africa
Il fenomeno terroristico in Africa, contrariamente a quanto potrebbe credersi, è abbastanza radicato e attivo, trovando terreno fertile principalmente nella mancanza di istituzioni statali stabili.
Infatti, secondo il Global Terrorism Index (GTI) 2022[1], nelle prime dieci posizioni in cui l’impatto del terrorismo è molto alto, rientrano cinque Stati centro-africani: Somalia, Burkina Faso, Mali, Nigeria, Niger. E, non è un caso, che i principali gruppi terroristici della regione nascano proprio in questi paesi: Boko Haram, Al-Shabaab, Ansaru, AQIM, ISWAP.
In particolare, l’analisi del seguente articolo verterà sulla nascita ed evoluzione della minaccia di Boko Haram in Nigeria, dai primi anni duemila fino ad oggi, rappresentando prima un problema nazionale e poi per la sicurezza regionale – a causa della sua estensione anche negli Stati vicini (soprattutto in Camerun, Ciad e Niger) – riservando con particolare attenzione per la situazione nel bacino del Lago Ciad, soprattutto dopo lo splintering del gruppo in due fazioni e la nascita di ISWAP.
Si analizzeranno, infine, le strategie di counterterrorism, le risposte a livello nazionale, regionale e gli interventi da parte delle potenze occidentali, fino ad arrivare alla descrizione dell’attuale contesto.
2.Il contesto nigeriano e la nascita di Boko Haram
Per capire il processo evolutivo del gruppo Boko Haram è imprescindibile analizzare l’instabile contesto nigeriano. Ancora prima della colonizzazione inglese, all’inizio del diciannovesimo secolo, il paese era suddiviso in città-stato, dominate da molte etnie – la prevalente era la dinastia Hausa – che praticavano culti diversi, che spesso entravano in contrasto tra loro[2]. A Gobir, in una delle aree sotto dominazione Hausa, si affermò, già nel XV secolo, un gruppo di pastori nomadi: i Fulani – che originariamente si trovava solo in Senegal[3]. In questa città-stato, nel 1754 nacque Usman dan Fodio, considerato il padre dell’islam in Nigeria. Profondo conoscitore del Corano, intorno ai vent’anni divenne un predicatore ed ebbe la possibilità di spostarsi nelle città-stato vicine e di confrontarsi direttamente con alcuni esponenti delle élite ed autorità locali, criticando il trattamento differente riservato ai musulmani e riuscendo ad ottenere una riduzione delle tasse e la libertà di predicare a persone di tutti i gruppi etnici[4]. Così facendo, dan Fodio riuscì ad aumentare il proprio seguito, convincendo per il suo coinvolgimento nella ricerca di una maggiore giustizia sociale.
L’eccessiva crescita del numero di seguaci di dan Fodio, spinse il re Yunfa di Gibir nel 1801 a perseguitare l’etnia Fulani, costringendoli a scappare, a fondare a Gudu una roccaforte e alla nomina di dan Fodio come “Comandante dei credenti” – attribuendogli un potere politico, oltre che religioso. Il nuovo leader esortò i propri seguaci al jihad nel 1804 e, grazie anche al sostegno nell’etnia Hausa, riuscì a provocare la caduta di alcune città-stato e a istituire il Califfato di Sokoto nel 1807[5], il quale resistette fino alla colonizzazione occidentale del 1903.
Con l’istituzione del Califfato di Sokoto si introduce finalmente un sistema statale e giuridico basato sui precetti islamici, introducendo la legge della sharia. Questo modello avrebbe dovuto destituire in maniera netta le disuguaglianze sociali, in realtà, però, finì solamente per creare nuove élite: coloro i quali si convertivano all’islam avrebbero ottenuto uno status inferiore rispetto alla popolazione già musulmana, creando, dunque, una sorta di stratificazione sociale.
Durante gli anni della colonizzazione, la Nigeria emerse in maniera evidente come una società fortemente frammentata, suddivisa in diversi gruppi etnici e religiosi.
Il Paese, ancora oggi, risente delle tensioni del passato ed è, infatti, permeato da una netta divisione tra un nord musulmano – storicamente emarginato dall’élite politica, meno scolarizzato con condizioni economiche sfavorevoli, con tassi di disoccupazione elevata (soprattutto tra i giovani) – e un sud cristiano – scolarizzato, partecipativo nella politica del paese e perlopiù benestante[6].
I primi segni di tensione tra le due zone emersero già alle prime elezioni presidenziali, quando i risultati vennero dichiarati fraudolenti da un gruppo del nord che tentò di rovesciare il governo, provocando uno scontro civile e il fallito tentativo di indipendenza da parte del Biafra[7].
I sentimenti di esclusione sociale da parte dei gruppi etnici del nord, nel corso degli anni ’70, vengono ulteriormente infiammati da due elementi: l’elezione del nuovo Presidente, il cristiano Olusegun Obasanjo; le ripercussioni del contesto internazionale, con particolare attenzione alle vicende in Iran. Infatti, con la fine della rivoluzione iraniana e la conseguente adozione della legge della sharia, inizia a diffondersi in Nigeria l’idea di dover istituire un simile sistema politico-religioso anche nelle regioni musulmane, esacerbando ulteriormente le divisioni del Paese.
Con l’introduzione di una nuova carta costituzionale, nel 1999, l’obiettivo venne raggiunto. A partire dagli anni 1999-2001 in dodici regioni del nord della Nigeria venne introdotta la legge della sharia. La nuova Carta si rivela essere abbastanza moderna e liberale. Viene sancita all’articolo 10 la laicità dello Stato[8] e, nonostante ciò, si inserisce tra gli organi giudiziari – al di sotto della Corte d’Appello dello Stato – anche la Corte d’Appello della sharia del territorio federale della capitale, Abuja, e degli Stati la cui legge si basa sui precetti coranici. Pertanto, la Carta costituzione tiene conto delle specificità del territorio, non imponendo alcun tipo di religione e riconoscendo la possibilità di applicare le leggi religiose solo a chi accetti quest’ultima.
Nonostante vennero introdotte delle speciali concessioni statali nei confronti dei musulmani, queste non sortirono l’effetto desiderato di calmare le tensioni. Il malcontento sociale persistette, si riteneva che l’introduzione della sharia non bastasse a colmare il divario tra le due aree del paese, offrendo terreno fertile per la nascita del gruppo insurrezionalista Boko Haram (BH).
L’ideologia di BH si fonda su una visione pessimistica della società civile attuale. Riprendendo la narrativa apocalittica del Corano, sostiene che per far fronte alla corruzione e al dominio del caos occorre stravolgere l’ordine mondiale, allontanarsi dalla società corrotta per prepararsi spiritualmente abbracciando i precetti del Corano e adottando la sharia. Ma, BH non ritiene soddisfacenti le concessioni nelle dodici regioni del nord in cui è stata introdotta la legge della sharia, considerandole, invece, puramente funzionali ad un più intenso controllo della popolazione. Inoltre, tra gli elementi contraddistintivi del gruppo rientra sicuramente una rigorosa interpretazione del Libro sacro, criticando gravemente le altre sette o gruppi religiosi per aver, invece, inserito elementi innovativi. Ciò che emerge, dunque, è un focus ideologico prettamente concentrato dentro i confini della Nigeria – almeno per il primo periodo.
Sebbene il gruppo non si sia mai riferito a sé stesso con questo nome – in quanto rappresenta principalmente un’attribuzione giornalistica[9] –, il nome Boko Haram è più usato e conosciuto rispetto al nome esteso: Jamāʿat Ahl as-Sunna li-daʿwa wa l-Jihād (Gente della Sunna per la propaganda religiosa e il Jihad, spesso abbreviato in JAS)[10]. Boko Haram significa “educazione occidentale proibita”[11] ed indica un rifiuto non solo per la precedente colonizzazione occidentale ma anche per qualunque recente forma di ingerenza. Sebbene il nome del gruppo indichi una certa avversione all’Occidente, mossa da ragioni principalmente religiose, il gruppo è spinto anche da altri fattori. Seguendo questo principio, sin dagli albori, BH attacca cristiani, prima con armi improvvisate – armi di piccola taglia, mazze, machete – e poi implementando la tecnica delle autobombe (come per l’episodio di Abuja al palazzo delle NU) e di ordigni esplosivi improvvisati. Dunque, con l’intensificarsi della minaccia posta in essere da BH, il gruppo mostra una certa convergenza di elementi terroristici con inclinazione criminale. L’obiettivo principale non sono più solo i cristiani, BH inizia a distruggere e saccheggiare interi villaggi – cercando di accrescere le risorse a disposizione – per poi cercare di attirare nuovi seguaci, facendo leva sull’esclusione sociale della maggior parte della popolazione a causa della dilaniante corruzione dell’élite politica, cercando di imporsi – ampliando il controllo su certe aree – per sostituire il potere statale.
In merito alle origini del gruppo, non si è in grado di definire con certezza come si sia formato, ma, si suppone che nasca nel nord-est della Nigeria, e più precisamente nella città di Maiduguri (nello Stato del Borno) nel 2002, anche se si ritiene che i membri fossero degli scissionisti della setta Izala, da cui si staccano per discrepanze ideologiche[12].
Al momento della sua formazione, BH non si considera come un gruppo insurrezionale ma si forma con lo scopo ben preciso di introdurre la sharia anche in questa regione.
Il gruppo viene formato da Muhammad Yusuf, il quale riesce ad espandere la propria presenza sul territorio in breve tempo grazie all’implementazione di una specifica strategia. Essendo molto legato al territorio e conoscendone le esigenze, il fondatore di BH decise di attingere alla ricchezza personale per fornire, da una parte, assistenza economica mentre, dall’altra, costruì un nuovo complesso religioso, considerato un centro di aggregazione sociale e dotato di una moschea e di una scuola, riuscendo ad attirare nuovi seguaci nella sua rete[13].
Occorre evidenziare, inoltre, che soprattutto per i giovani la possibilità di entrare nel gruppo e ricevere una forma di sostegno per la propria famiglia si rivela essere un fattore determinante e allettante. Così come le motivazioni del gruppo non attengono esclusivamente alla sfera religiosa, anche i seguaci (che poi diventano combattenti) si convertono per svariati motivi. Tra i tanti, oltre al già citato sostegno economico, rientrano le motivazioni etniche: l’articolazione della Nigeria in più gruppi etnici, spesso in contrasto tra loro per interessi contesi, spingono la popolazione a schierarsi, nel tentativo di imporsi. Ancora, vista l’elevato tasso di criminalità nel Paese e la diffusa disoccupazione, alcuni soggetti potrebbero aderire all’organizzazione terroristica esclusivamente per finalità criminali. Per questo motivo, la composizione dei gruppi violenti (in tutta l’Africa) è molto incline alla flessibilità: è molto frequente per il combattente giurare fedeltà a più organizzazioni nel corso della propria vita.
Il gruppo di Yusuf, però, non era l’unico presente sul territorio e, sia per il successo iniziale sia per motivi ideologici, ben presto, si verificano scontri con gli altri gruppi religiosi.
Nel 2007, l’intensificarsi del conflitto con le altre sette nigeriane spinse Yusuf al punto di non ritorno: il leader di BH ordinò con l’uccisione di Ja’afar Mahmud Adam, mentore di Yusuf e predicatore di Izala.
Dopo i primi anni caratterizzati da una tendenza espansiva, il quadriennio 2004-2008 è considerato una fase “dormiente” per il gruppo, contrassegnato da una certa tranquillità e un basso profilo generale, rappresentando l’uccisione di Adam un unicum nella storia di BH, almeno fino al secondo punto di svolta nella storia del gruppo. Nel corso del 2009, Boko Haram viene presa di mira dalle forze di polizia nigeriane, considerata una minaccia per la sicurezza nazionale e questo provoca un intensificarsi delle tensioni con gli agenti militari dell’Operazione Flush.
L’operazione di polizia era stata istituita per ripristinare e garantire la sicurezza nello stato del Borno, attraverso l’aumento di posti di blocco e controlli– in maniera più serrata – sul territorio.
Il culmine delle tensioni si registrò mentre dei membri di BH partecipavano ad un corteo funebre sulle loro moto. I componenti del gruppo vennero fermati dagli agenti e, alla richiesta di indossare il casco, le agitazioni sfociarono in scontri e successivi arresti che provocarono, per mesi, rappresaglie tra le due fazioni e reciproche uccisioni, tra cui perse la vita lo stesso Yusuf per mano degli agenti della polizia dopo essere stato arrestato[14].
A seguito della morte di Yusuf il gruppo dovette ricostruire sia la gerarchia interna sia accrescere nuovamente la propria sfera di influenza. Ad assumere la leadership dell’organizzazione il braccio destro di Yusuf: Abubakar Shekau.
Superando ben presto il suo predecessore, la personalità eccentrica e i modi di fare esagerati e teatrali di Shekau lo rendono il leader di BH più visibile. Grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie e al nuovo capo, l’organizzazione inizia a diffondere video di propaganda, il più delle volte con Shekau protagonista. I video divulgati dal gruppo sono soliti richiamare i versetti del Corano – sottolineando la grandezza di Allah e l’ovvietà della vittoria di BH contro le forze dell’ordine –, ricordare le imprese di dan Fodio e del Califfato di Sokoto come esempio per le aspirazioni del gruppo terroristico e, infine, attaccare la Costituzione e le autorità nazionali e regionali (e sovente aizza i propri discorsi anche contro l’Occidente).
L’epoca Shekau inaugura, dunque, una nuova fase per il gruppo per svariati motivi. In primo luogo, la nuova leadership risulta essere caratterizzata da un’eccessiva violenza, alla ricerca di una sorta di vendetta per le uccisioni perpetrate dagli agenti. E, per ottenere la rivincita sulle forze dell’ordine, Shekau spinge verso una militarizzazione totale del gruppo e la completa rottura con i gruppi politico-religiosi della Nigeria[15], concentrando le proprie risorse per far evadere i membri in prigione prima, e riformare così il gruppo, e per poi prendere di mira bersagli religiosi ed istituzionali[16]. In secondo luogo, la leadership di Shekau si rivela essere più capace di Yusuf nello sfruttare tematiche politiche, economiche e sociali per favorire l’adesione di nuovi membri, non solo dalla Nigeria ma anche dagli Stati vicini. In BH, dunque, il fenomeno del radicalismo islamico si sovrappone a tensioni preesistenti, usandole per incrementare le proprie risorse.
In terzo luogo, durante l’epoca Shekau, si riuscirà a raggiungere gli obiettivi prefissati alla prim’ora, con la proclamazione del Califfato di Gwoza nell’estate 2014, seguendo l’esempio dello Stato Islamico in Iraq e Siria, e rievocando l’apice dei successi di Usman dan Fodio e l’istituzione del glorioso Califfato di Sokoto. In quarto luogo, la visione national-oriented di Yusuf subisce uno stravolgimento a favore di obiettivi regionali e internazionali[17].
3.La frammentazione post-2009 e la collaborazione con altri gruppi terroristici
I sostanziali cambiamenti introdotti da Shekau però non trovarono subito il totale appoggio da parte dei seguaci, al punto tale da provocare delle spaccature all’interno dello stesso gruppo.
All’indomani dagli scontri con le forze di polizia nigeriane, i membri di Boko Haram che riuscirono a scappare si nascosero nei paesi vicini e, spesso, entrarono così in contatto con altri gruppi terroristici[18], tra cui al-Qaeda – organizzazione con la quale BH si ritiene essere stata vicina ma senza un vero riconoscimento di BH da parte di AQ, in quanto il gruppo nigeriano non fu mai accettato da AQ poiché era ritenuto che Shekau non condividesse appieno gli ideali e il programma internazionale di AQ – e la somala al-Shabaab. Il collegamento con quest’ultima, al-Shabaab, è stato confermato nel 2011, e si ritiene che la collaborazione riguardasse non solo la formazione ma anche il finanziamento diretto[19], avvicinando le due organizzazioni. Inoltre, si ritiene che l’organizzazione somala abbia addestrato e aiutato uno degli esponenti principale di BH, Mamman Nur, a pianificare l’attentato ad Abuja nel 2011 alla sede delle Nazioni Unite[20].
Per questo motivo, non appena emersero le prime discrepanze ideologiche tra il leader, Shekau, e i suoi vice, Khalid al-Barnawi e Mamman Nur, questi ultimi non esitarono a provocare una scissione dal gruppo centrale. Al-Barnawi e Nur si rivolsero, quindi, ad al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQIM) – gruppo presso il quale si erano formati e rifugiati per un breve periodo – chiedendo supporto e provocando la nascita di un nuovo gruppo nel 2012, Jama’at Ansari Al-Muslimin fi Bilad Al-Sudan (Avanguardia per la protezione dei musulmani nell’Africa nera), più comunemente noto come Ansaru o come al-Qaeda in the land beyond the Sahel[21].
Il nuovo gruppo, Ansaru, sottrae territorio a BH, inserendosi nello stato di Kano. Le principali discrepanze tra i due gruppi riguardano sia obiettivi strategici sia, in parte, l’ideologia. Ansaru, a differenza di BH, si dichiara da subito intenzionato ad intraprendere una vision internazionale, con l’obiettivo di difendere tutti i musulmani d’Africa. Ancora, il nuovo gruppo si dichiara contrario all’uccisione indiscriminata di civili e preferisce piuttosto concentrarsi su rapimenti, e conseguenti richieste di riscatto, di occidentali. Sebbene vi siano notevoli differenze tra le due fazioni, Ansaru non si dichiara in aperto contrasto con BH, gruppo con il quale ha continuato a collaborare fino al 2015[22], anno in cui si ritiene che Ansaru sia diventata una cellula principalmente dormiente.
A seguito dalla scissione di Ansaru e del suo conseguente avvicinamento ad AQIM, BH – che aveva già dimostrato di guardare con attenzione e ammirazione il realizzarsi dei progetti dell’ISIS – decise di giurare fedeltà all’Islamic State. L’organizzazione di al-Baghdadi riconobbe quasi immediatamente il gruppo come un suo affiliato[23] pur non abbracciando però la leadership di Shekau. Al-Baghdadi accetta tempestivamente la richiesta di BH per l’importanza che rappresentava riconoscere una nuova provincia (wilayat) in Africa: l’Islamic State si trovava in una fase espansiva, guadagnava sostegno e combattenti. Il matrimonio di convenienza tra le due organizzazioni terroristiche risultava conveniente ad entrambe: Al-Baghdadi aumentava il suo seguito e la sua influenza mentre, in cambio, forniva a BH sostegno in termini di tecnologie e armamenti per una migliore propaganda.
Poco dopo questo mancato riconoscimento della leadership, è scaturita un’ulteriore scissione all’interno di Boko Haram, con la nascita dell’Islamic State in west-Africa Province (ISWAP)[24]. Alle origini della divisione pare ci fossero degli elementi in contrasto tra l’ideologia di al-Baghdadi e Shekau, considerando quest’ultimo il concetto di kafir (miscredenti) in maniera estrema e ritenendo accettabile rendere prigioniere e schiave le donne di quei soggetti ritenuti apostati[25].
Il leader formale del neonato ISWAP era Abu Musab al-Barnawi, presunto figlio di Yusuf, scelto non tanto per la sua esperienza quanto per una questione simbolica, per mantenere una certa continuità e attribuire legittimità al nuovo gruppo, mentre a livello sostanziale e operativo si sostiene che il leader (waly) fosse Nur, ex-vice di Yusuf[26].
Con la formazione di ISWAP il terrorismo jihadista in Nigeria assume una connotazione più internazionale per almeno due motivi. In primo luogo, il gruppo è formato da individui membri di Boko Haram già dalla prima ora che, nel frattempo, erano scappati nei paesi vicini in cui ricevono formazione pratica, militare, e dove hanno avuto la possibilità di diffondere ulteriormente l’ideologia del gruppo per ampliare così il bacino di nuovi seguaci.
A differenza di BH che ha una composizione esclusivamente nazionale, ISWAP beneficia, infatti, della presenza di membri provenienti anche da Camerun, Ciad e Niger, paesi con i quali la Nigeria condivide il confine lungo il bacino del lago Ciad, che – per la sua particolare conformazione – ben presto si trasforma nel principale luogo in cui ISWAP si nasconde e insedia.
Infatti, mentre Boko Haram aveva scelto di inserirsi principalmente nella foresta Sambisa e nelle montagne Mandara, rilegando tutte le piccole isole del lago Ciad ad una base secondaria, ISWAP trasforma il bacino del lago Ciad (LCB) nel luogo perfetto in cui nascondersi per sfuggire ai continui rastrellamenti da parte delle forze dell’ordine.
In secondo luogo, è lo stesso supporto di ISIS a favorire l’internazionalizzazione della causa, coerentemente con l’idea di istaurare un califfato transfrontaliero in Africa. Ipotesi confermata soprattutto dopo il 2017, quando con il declino dello Stato Islamico in Siria e Iraq, l’ISIS ha fatto in modo che si spostasse l’attenzione e le speranze per la costruzione di un Califfato islamico nella zona del LCB[27], fornendo il totale supporto e facendo confluire in ISWAP i foreign fighters[28] .
4.Lago Ciad: una crisi multiforme
Dall’insediamento di ISWAP nel bacino del lago Ciad è emersa una profonda crisi umanitaria nella zona, legata alle specificità del territorio. In primo luogo, occorre sottolineare che l’estensione del LCB superava i 2.500.000 km2 – abbracciando anche Stati settentrionali e la Repubblica Centrafricana – ospitando una popolazione di quasi 30 milioni di abitanti. Dunque, situato nella desertica zona saheliana, il bacino del lago Ciad assumeva rilevanza per il sostentamento della popolazione, stimolando l’agricoltura e allevamento di bestiame, che garantiva il sostentamento per gli abitanti. Negli ultimi quarant’anni, con l’enfatizzarsi della crisi climatica, che ha provocato la diminuzione delle piogge e il conseguente aumento dell’irrigazione dei campi, in combinazione con una cattiva gestione delle forniture idriche hanno favorito un processo di desertificazione, riducendo l’estensione del lago a un decimo della sua dimensione precedente[29]. Ancora, ad aggravare una situazione già critica, i rapimenti e la mancanza di sicurezza causati da ISWAP hanno provocato un flusso migratorio in uscita dalle isole e dal bacino del lago Ciad e milioni di sfollati.
Secondo un approfondimento dell’ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA) pubblicato nell’aprile 2022, gli sfollati che necessitano assistenza nell’area del LCB sono 11 milioni[30], di cui 4 milioni in una condizione di insicurezza alimentare e 300.000 bambini gravemente malnutriti. La ricerca evidenzia, inoltre, che nel solo mese di marzo 2022 si sono registrati 49 attacchi e sono morte 149 persone[31].
Inoltre, con l’affermarsi di ISWAP, si istituisce una sorta di proto-stato all’interno del LCB.
ISWAP tenta, non solo di occuparne il territorio ma, di sottrarlo totalmente allo Stato, creando un sistema di sostentamento chiuso e supportando gli abitanti della zona – anche con sostegni economici, fornendo assistenza sanitaria, regolando i prezzi e riscuotendo tasse[32] – per ricevere approvazione e continuare ad agire inosservati. In questo modo, la sicurezza del bacino del lago Ciad inizia ad assumere particolare rilevanza a livello regionale – essendo territorio di confine tra Ciad, Camerun, Niger e Nigeria – temendo che l’influenza di ISWAP potesse sconfinare.
I paesi che circondano il LCB, dopo l’insediamento di ISWAP, hanno dovuto affrontare sfide senza precedenti per la sicurezza nazionale, al punto tale da decidere di affidare alla Lake Chad Basin Commission – già esistente dal 1964 – l’introduzione della Strategia regionale per la stabilizzazione e resilienza (RSS) nel 2018, autorizzata dall’Unione Africana e in collaborazione con agenzie delle Nazioni Unite[33].
La RSS si occupa di stabilizzare le regioni più colpite attorno al LCB: estremo nord del Cameron, le regioni Lac e Hajider-Lamis in Ciad, la regione Diffa in Niger e gli Stati nigeriani di Adama, Borno e Yobe. La strategia del LCB si articola in nove pilastri di intervento: cooperazione politica; sicurezza e diritti umani; disarmo, de-mobilizzazione, riabilitazione, reinserimento e reintegrazione delle persone associate a BH; assistenza umanitaria; governance; ripresa socioeconomica e sostenibilità ambientale; educazione e apprendimento; prevenzione dell’estremismo violento e costruzione della pace; empowerment e inclusività delle donne e dei giovani.
Per facilitare l’attuazione del corposo programma di resilienza, nel 2019, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), con il sostegno di Germania, Svezia, Regno Unito, Paesi Bassi e l’Unione Europea, hanno istituito il Regional Stabilization Facility (RSF) con lo scopo di fornire un piano per la stabilizzazione entro 18 mesi[34]. Per la stabilizzazione dell’area, l’agenzia delle Nazioni Unite prevede di intervenire in maniera rapida sulle zone liberate dai gruppi terroristici, con lo scopo di aiutare i civili, e di estendere poi la stabilizzazione a tutte le altre regioni colpite situate attorno al LCB[35].
5.Counterterrorism
Boko Haram, ben prima della scissione di ISWAP, venne sin da subito percepita come una minaccia per l’intera Nigeria – andando la sua influenza sul territorio ben oltre gli Stati del Borno e Yobe – e per i paesi vicini. Nel corso degli anni, per far fronte al gruppo terroristico sono state introdotte misure di counterterrorism a più livelli: nazionale, regionale e internazionale.
5.1.La risposta nazionale
I primi passi della risposta interna alla sfida posta in essere da BH vennero mossi a partire dal 2009, con la già citata Operazione Flush per ristabilire l’ordine e la sicurezza nello stato del Borno.
Con l’acuirsi delle tensioni, seguite all’operazione, le forze di polizia nigeriane dovevano fare di più per arrestare l’ascesa di BH, scoprendo ben presto che far fuori il leader non avrebbe risolto il problema. Con l’intensificarsi degli attacchi di BH ai luoghi religiosi ed istituzionali – tra cui la sede delle Nazioni Unite, colpita dall’esplosione di un’auto e provocando decine di vittime – la presidenza Jonathan dovette intervenire nel corso del 2011 con una serie di provvedimenti cruciali, quali l’introduzione del Terrorism Prevention Act e l’istituzione della Joint Task Force – Operation Restore Order (JTF-ORO).
Il Terrorism Prevention Act introduceva, per la prima volta, la definizione di terrorismo e di organizzazioni terroristiche, disciplinava finalmente il reato di terrorismo, la collaborazione per la preparazione o compimento di attacchi, il suo finanziamento, descrivendo le strategie tipiche dell’azione terroristica e legittimando l’azione della JTF, caratterizzata da: perquisizioni senza mandato, detenzione di un mezzo di trasporto e raccolta prove[36]. Il Terrorism Prevention Act negli anni è stato attualizzato e trasformato in legge di prevenzione del terrorismo per far fronte alla mutevole minaccia posta dal fenomeno e inquadrata in un contesto di normative più definito.
Inoltre, è stato istituito nel 2012 il Counter Terrorism Centre (CTC), con lo scopo di coordinare l’azione e fornire una guida strategica nella lotta al terrorismo, elaborando nel 2014 anche una strategia nazionale, il National Counter Terrorism Strategy Document (NACTEST) – rivisto poi nel 2016 –, meccanismo articolato su più livelli per favorire la comunicazione tra le varie strutture e lo sviluppo di progetti antiterrorismo, che si rivelò fallimentare per l’emergere di una certa incapacità nel coordinamento delle agenzie di sicurezza, e il National PCVE Program[37].
La Joint Task Force – Operation Restore Order (JTF-ORO) è stata istituita nel giugno 2011 e si componeva di quasi di quattromila unità[38], provenienti da forze dell’esercito, marina, aviazione, e guidate dal Dipartimento di sicurezza di Stato e Forza di polizia nigeriana (NPF)[39].
In base a quanto definito dalla legge antiterrorismo, infatti, la missione istituiva posti di blocco attorno alla capitale – intensificati con gli attentati dell’estate 2011 – e perpetrava perquisizioni casa per casa, sperando di catturare membri di Boko Haram, interrogarli e smembrare ufficialmente il gruppo. Nonostante l’episodio di due anni prima, dell’uccisione extra-giudiziale di Yusuf, le forze di polizia della JTF continuarono ad attuare con violenza, uccidendo non solo chi li attaccasse ma anche chi si sospettava potesse proteggere eventuali attentatori[40]. L’introduzione della missione – e la strategia violenta adottata – non sortì l’effetto desiderato. Anzi, di converso, le operazioni del gruppo terroristico si intensificarono, rendendo necessaria la dichiarazione dello stato d’emergenza nei territori del nord – ma principalmente in Borno e Yobe –, introducendo anche il coprifuoco – in Adamawa[41].
Nonostante i progressi ottenuti dalle forze militari durante il 2012, è stata istituita nel 2013 un’ulteriore missione, denominata BOYONA (dall’unione delle iniziali degli stati in cui vigeva ancora lo stato d’emergenza: Borno, Yobe, Nasarawa e Adamawa) e rinominata nell’agosto in Operation Zaman Lafiya[42]. Lo scopo principale della missione – che venne raggiunto, malgrado le difficoltà iniziali – era la distruzione delle roccaforti e delle basi di BH, concentrate maggiormente al confine con Camerun, Ciad e Niger e nella foresta Sambisa[43].
Nonostante i successi delle operazioni, le difficoltà maggiori riscontrate dalle forze nigeriane dipendono principalmente dall’elevata capacità dei membri di BH di confondersi in mezzo alla popolazione civile e riuscire ad agire inosservati. Per questo motivo, la strategia iniziale della Task Force prevedeva rastrellamenti porta a porta. Questo modus operandi – correlato alla violenza adottata dalle forze militari – non venne accolto con entusiasmo dai civili, i quali – per sfuggire dai rastrellamenti e nella speranza di non essere scoperti dai membri di BH, con il solo scopo di sopravvivere – si costituiscono, nel giugno 2013, nel Civilian Joint Task Force (CJTF)[44].
Il gruppo di vigilanti, inizialmente, svolgeva azioni per il mantenimento della sicurezza nei propri quartieri per fronteggiare BH ma senza un vero riconoscimento da parte del JTF[45] e, per questo motivo, dotati di armi improvvisate, principalmente mazze, che rendevano difficile per i vigilantes essere in grado di rispondere alla dichiarazione di guerra ricevuta da BH.
Ancora, nell’aprile 2013 l’ex Presidente Jonathan introdusse il Boko Haram Committee (o Presidential Taskforce on Negotiations with Boko Haram) per stimolare il dialogo tra le istituzioni e la leadership del gruppo terroristico – smantellato dal rivale dopo le elezioni del 2015 –, anche se Shekau rispose tramite video di non avere intenzione di collaborare con le istituzioni[46].
Con l’elezione del nuovo Presidente, Buhari – un musulmano proveniente dall’estremo nord del paese[47] –, il governo ha introdotto anche il Piano d’azione nazionale contro l’estremismo violento (PVE), il quale si concentra su quattro settori chiave: il rafforzamento delle istituzioni nigeriane in materia, il miglioramento dello stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, il miglioramento della resilienza della popolazione civile, istituzionalizzare e integrare la comunicazione strategica nella programmazione di prevenzione e contrasto dell’estremismo violento[48].
Nel 2015, inoltre, alcuni mesi dopo la vittoria elettorale, la presidenza Buhari ha chiarato “tecnicamente sconfitto” Boko Haram[49] nonostante gli attacchi continuassero, al punto tale da ritrattare il proprio commento nel 2017, sostenendo che il gruppo fosse stato ridotto a una gang criminale, ritirata nel proprio territorio, e che gli attacchi fossero gli “ultimi colpi di un cavallo morente”[50].
Nonostante le dichiarazioni sulla sconfitta del gruppo non riflettano la reale situazione, è vero che, nel periodo 2017-2020, il governo nigeriano ha intensificato le ricerche per lo smantellamento del gruppo, registrando più di mille arresti per terrorismo, di cui un terzo condannati a scontare pene detentive e due terzi inseriti in programmi di riabilitazione e reintegrazione[51].
5.2.La risposta regionale
Ben prima dell’affermarsi di BH, è stata istituita nel 1994 la Multinational Joint Task Force (MNJTF) con lo scopo di unire le forze dei paesi vicini per ostacolare la diffusione degli atti di banditismo transfrontaliero nel bacino del Lago Ciad e permetterne la libera (e sicura) circolazione. La Forza Multinazionale include, dunque, militari di Benin e dei paesi sulle sponde del Lago Ciad: Camerun, Ciad, Niger e – ovviamente – Nigeria, di cui quest’ultima promotrice del progetto[52].
Il mandato dell’operazione, nel 2014 è stato ampliato su autorizzazione del Consiglio per la pace e la sicurezza (PSC) dell’Unione Africana per fronteggiare la minaccia, divenuta ormai un problema regionale, di Boko Haram. L’obiettivo del mandato prevede esplicitamente la creazione di «un ambiente sicuro e protetto nelle aree colpite dalle attività di Boko Haram e di altri gruppi terroristici; facilitare l’attuazione di programmi globali di stabilizzazione; facilitare, nei limiti delle sue capacità, le operazioni umanitarie e la fornitura di assistenza alle popolazioni colpite»[53].
La missione consta di circa diecimila uomini[54] e si articola in quattro settori (a cui deve essere aggiunto il contingente del Benin), di giurisdizione nazionale e riguardanti ciascuno una zona critica attorno al bacino del Lago Ciad:
- Il settore 1 si riferisce alla Brigata camerunese e ha sede a Mora;
- Il settore 2 si riferisce alla Brigata ciadiana e ha sede a Baga-Sola, e si compone di due sottosettori;
- Il settore 3 si riferisce alla Brigata nigeriana e ha sede a Monguno;
- Il settore 4 corrisponde al 5° Reggimento militare del Niger e ha sede a Diffa[55].
Nonostante alcuni successi iniziali, registrati con le operazioni Gama Aiki e Rawan Kada[56], si teme che la missione MNJTF non possa essere in grado di sconfiggere, in maniera definitiva, il fenomeno terroristico della zona. La missione mostra almeno due segni di debolezza: il vincolo di bilancio, che non permette alla Task Force di essere efficace, e la sfida per il mantenimento della sicurezza sia del proprio personale che delle armi e munizioni, dato che il gruppo terroristico – ancora di più dopo la scissione di ISWAP – tende a colpire le basi militari ed istituzionali[57].
Inoltre, l’approccio della Task Force regionale, sin dal momento dell’estensione del suo mandato al problema di BH, ha mantenuto un approccio esclusivamente militare e, soprattutto, non di vera e propria missione multilaterale. In primo luogo, non si tiene conto, dunque, di un approccio multisettoriale orientato alla stabilizzazione dell’area ma, l’operazione consiste solamente un’azione militare congiunta contro le azioni violente del gruppo. La missione della Task Force usa la violenza quasi nella stessa misura in cui BH agisce sul territorio. Pertanto, continuando con questa strategia d’azione, non si tiene conto di un approccio di counterterrorism tout court che tenga conto – oltre alla componente militare – anche del rafforzamento delle capacità statali, per contrastare la diffusione del fenomeno terroristico, agendo sulle componenti religiose, economiche e politiche per risanare il malcontento sociale e prevenire quelle condizioni favorevoli alla diffusione del terrorismo[58]. In secondo luogo, come si evince dalla divisione in sezioni, è una parte dell’esercito nazionale che agisce sotto l’ombrello della MNJTF sul proprio territorio – con possibilità, in caso di inseguimento, di entrare nel territorio degli stati vicini per un raggio di 25 km[59] –, mettendo però in comune con gli altri Stati del LCB le informazioni raccolte. Di fatti, la Task Force potrebbe essere considerata come un semplice meccanismo di coordinamento introdotto dai paesi colpiti dal fenomeno terroristico e non una vera missione congiunta.
5.3.La risposta internazionale
L’ingerenza internazionale nella lotta al terrorismo in Africa, e in particolare nel LCB, è attiva su più fronti. Sebbene l’attenzione internazionale sia sempre focalizzata sui fenomeni di terrorismo ed estremismo violento, nel caso specifico di BH l’interesse per il ristabilimento dell’ordine nell’area del LCB è aumentato con la diffusione della notizia sul rapimento delle ragazze di Chibok[60].
Il sostegno internazionale nella lotta al terrorismo nel LCB è avvenuto in maniera indiretta, fornendo soprattutto aiuti umanitari, armi e inviando fondi.
Nel 2010, gli Stati Uniti – sebbene avessero già stretto rapporti diplomatici con la Nigeria, all’indomani dalla sua indipendenza – istituiscono una speciale commissione bilaterale per avvicinare le relazioni tra i due paesi, un forum per discussioni ad alto livello: la U.S.-Nigeria Binational Commission (BNC)[61]. Ancora, nello stesso anno, gli USA hanno investono in Nigeria per promuovere lo sviluppo, attraverso quattro settori: favorire il buon governo e la trasparenza; migliorare la questione energetica e stimolare investimenti; aumentare la sicurezza alimentare e sviluppare l’agricoltura; favorire la cooperazione per la sicurezza regionale[62].
In realtà, già a partire dal 2005, gli Stati Uniti avevano introdotto un programma speciale per i paesi dell’Africa occidentale e settentrionale[63], il Trans-Sahara Counterterrorism Partnership (TSCTP).
La strategia pluriennale è stata introdotta per sconfiggere il fenomeno terroristico e l’estremismo violento, aiutando i partner a rafforzare le proprie capacità in materia di counterterrorism e prevenire la diffusione del fenomeno attraverso l’addestramento ed equipaggiamento delle forze di polizia locali[64]. Grazie alla strategia TSCTP, la Nigeria ha beneficiato di oltre dieci milioni di dollari per la formazione, le attrezzature e il supporto consultivo in materia di antiterrorismo nel periodo 2017-2020[65]. Infine, gli USA nel 2014 hanno introdotto lo Special Program for Embassy Argumentation and Response (SPEAR). Lo SPEAR è attivo in diversi paesi africani (e in Iraq) e consiste in una forza antiterrorismo che gli Stati Uniti istituiscono nelle proprie ambasciate per rispondere alle minacce, evitare crisi e proteggere il personale presso le strutture diplomatiche[66].
Con l’aumento delle violenze perpetrate dai gruppi terroristici in Nigeria, assistere il paese nelle misure antiterrorismo è diventata una priorità. Anche il Regno Unito, che mantiene relazioni storiche – risalenti all’epoca coloniale – con la Nigeria, è intervenuto a supporto della professionalizzazione delle forze nigeriane, inviando una delegazione del British Defense Advisory Team (BDAT) e stimolando l’istituzione di un organismo simile al British Cabinet Office Briefing Room (COBR) che si occupa di coordinare i vari dipartimenti e forze dell’ordine durante un’emergenza nazionale[67].
Alla stregua del sostegno tecnico, economico e militare fornito da USA e UK anche la Francia interviene per sconfiggere BH. La missione francese Barkhane istituita per sconfiggere il fenomeno terroristico nella zona del Sahel – ritirata di recente dopo 7 anni di attività –, schierava truppe, principalmente nel Mali ma, anche nella zona del LCB per fornire supporto alla MNJTF per il coordinamento delle operazioni[68].
Oltre al supporto fornito dagli Stati, anche le organizzazioni internazionali si sono schierate a sostegno dei paesi del LCB, contro il terrorismo. Le Nazioni Unite riconoscono BH come gruppo terroristico solo nel 2014 – e dopo l’evento di Chibok –, evidenziando, in un primo momento, i legami con AQIM[69]. Nel 2017 con la Risoluzione 2349 (2017), il CdS riconosce il ruolo svolto dal MNJTF, esorta gli Stati del LCB a migliorare la cooperazione e il coordinamento e invita a rispettare gli obblighi del diritto internazionale. Inoltre, le Nazioni Unite accolgono con entusiasmo i 458 milioni di dollari di assistenza umanitaria promessi alla Oslo humanitarian conference for Nigeria and the Lake Chad region, a cui si sarebbero dovuti aggiungere altri 214 milioni di dollari per il 2018, esortando a erogarli rapidamente e incoraggiando ulteriori donatori[70]. Nonostante le buone intenzioni, però, il totale raggiunto con le donazioni raggiungeva meno della metà di quanto si era stimato servisse per coprire le spese della missione[71].
Seguendo l’esempio delle Nazioni Unite anche l’Unione Europea, attraverso una risoluzione del Parlamento[72], condanna il rapimento delle ragazze di Chibok, introduce BH nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e, dopo aver espresso particolare preoccupazione per la situazione in Nigeria, afferma l’urgente necessità di «definire al più presto la strategia per paese 2014-2020 relativa alla Nigeria e a includervi aiuti e assistenza che consentano di eliminare le cause profonde dell’ascesa di Boko Haram»[73]. Seguendo questa scia, nel 2015, è stato istituto l’EU Emergency Trust Fund for Africa (EUTF-Africa) per far fronte all’instabilità, ai crescenti sfollamenti e casi di migrazioni forzate e irregolari. Il finanziamento è suddiviso tra tre regioni, per un totale di 5 miliardi e 243 programmi, di cui 2,016 miliardi di euro e 112 programmi destinati alla zona del Sahel e Lago Ciad[74]. Inoltre, l’Unione ha supportato il progetto di un partenariato multilaterale, composto da UE, UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), Nigeria e CTED (Comitato antiterrorismo delle Nazioni Unite), con lo scopo di supportare lo sviluppo della giustizia penale[75].
6.Competizione o collaborazione tra BH e ISWAP?
Dopo la scissione di ISWAP e la consistente perdita territoriale di BH, i due gruppi si sono ritrovati a competere, l’uno per affermarsi come dominante sull’altro, per il periodo 2016-2017, per poi passare ad una fase di collaborazione indiretta, preferendo utilizzare le proprie energie contro le forze dell’ordine piuttosto che scontrarsi e indebolirsi a vicenda[76], dal 2018 fino al 2020.
Un conflitto tra le parti, appena dopo la scissione, sarebbe stato disastroso per entrambe le fazioni, al contrario, la priorità era la sopravvivenza e la riorganizzazione delle risorse[77].
Da questo punto di vista, ISWAP registra una crescita abbastanza veloce, stimolata dall’Islamic State Core di al-Baghdadi. Dunque, sebbene il modus operandi dell’ISIS preveda il riconoscimento di sottogruppi come una sorta di franchising, questi ultimi sono soliti mantenere una totale autonomia e indipendenza nelle strategie e obiettivi da raggiungere. Con ISWAP, invece, il gruppo centrale preferisce mantenere un controllo più diretto anche dopo aver indicato la nuova leadership che più potesse favorire il legame. Questa scelta dipende dal fatto che all’epoca della creazione del gruppo scissionista, l’ISIS si ritrova in una situazione di vantaggio strategico e territoriale rispetto alle forze dell’ordine nazionale e internazionali, ritenendo utile riconoscere come affiliato un gruppo terroristico abbastanza affermato e attivo in Africa per aumentare, a livello internazionale, il proprio raggio d’azione e mostrare forza. L’affiliate group, però, diventa ancora più importante, nel 2017: con la perdita territoriale dell’ISIS, supportare l’ISWAP rappresenta un’occasione per dimostrare di non essere stato veramente sconfitto. Dunque, grazie al supporto di IS-core, nel 2021 – secondo Global Security –, ISWAP registra almeno cinquemila membri, a fronte degli affiliati a BH, che si stima siano tra i cinquecento e i duemila[78].
Contrariamente al periodo precedente, però, la collaborazione tra ISWAP e BH sembra essersi interrotta negli ultimi due anni, diventando molto più conflittuale. Lo scontro tra le due parti si è infiammato, infatti, già nei primi mesi del 2020, registrando 67 attentati – numero sei volte più alto rispetto al precedente – e 259 morti – quattro volte in più rispetto al 2019[79]. Nonostante questi numeri, però, i picchi di violenza nella seconda parte del 2021 continuano subire un’escalation. A conferma di ciò, la presunta morte di Shekau nel maggio 2021.
La notizia della morte del leader di Boko Haram, confermata solo nel giugno, rafforza l’idea di uno scontro aperto tra le due fazioni. Infatti, pare che la morte di Shekau sia avvenuta a causa dell’esplosione di un ordigno, da lui stesso provocata per sfuggire alla cattura di alcuni membri di ISWAP che lo avevano accerchiato nello Stato del Borno[80], territorio da sempre dominato da BH.
Come conseguenza della perdita del temutissimo leader, BH subisce un ulteriore duro colpo: il gruppo perde molti membri – i quali decidono di passare alla fazione rivale per non perdere la vita – e si ritrova coinvolto in un conflitto senza una guida. Nonostante ciò, alcuni mesi dopo, alcuni membri di BH riescono ad ottenere vendetta, uccidendo il leader di ISWAP, al-Barnawi[81].
7.Conclusioni: i banditi, un nuovo problema
Fino ad oggi, dunque, BH risultava essere sicuramente indebolita e ISWAP rafforzata ma, l’uccisione dei rispettivi leader cambia tutto e non è chiaro come proseguiranno i rapporti tra le fazioni, una volta riorganizzate.
Certo è, però, che nella Nigeria nord-occidentale è emersa, nel corso del 2021 – in maniera più evidente, vista l’inattività dei gruppi terroristici –, una nuova minaccia alla sicurezza: i banditi (appartenenti a gruppi criminali).
Si definiscono, nel linguaggio comune, “banditi” per differenziare le violenze da perpetrate dai gruppi terroristici di matrice jihadista, sebbene negli anni abbiano mantenuto contatti con BH e ISWAP.
I banditi in Nigeria sono attivi almeno dal 2018 e agiscono principalmente attaccando treni per il trasporto di passeggeri e attraverso rapimenti (e conseguenti richieste di riscatto). Ma chi sono, dunque, i banditi? Con questo termine si intendono membri delle bande rurali, pastori nomadi che si dedicavano alla cura del bestiame, in gran parte di etnia Fulani ed attivi nella zona nord-ovest del paese, soprattutto nello stato di Zamfara.
Le violenze perpetrate dai banditi vengono distinte dalle azioni terroristiche almeno per due elementi. In primo luogo, i gruppi terroristici sono organizzati secondo strutture chiare e definite mentre, delle bande non è chiaro né chi sia il leader né i membri sono stabili. In secondo luogo, sicuramente le ragioni che spingono al compimento dell’attacco. Mentre per BH e ISWAP si tratta di organizzazioni che mirano al raggiungimento di uno scopo politico, nel caso dei banditi si parla soprattutto di motivazioni individuali o di esigenze di un gruppo ristretto. In particolare, le azioni dei banditi sono mosse, essenzialmente, dalla desertificazione provocata dai cambiamenti climatici e dalla necessità di riottenere territorio e controllo delle risorse idriche per svolgere le proprie attività di pascolo. Proprio per via della circoscrizione in aree sempre più limitate dei terreni agricoli, le attività dei Fulani entrano spesso in contrasto con gli interessi dei pastori di etnia Hausa, organizzati anche quest’ultimi in bande criminali e denominati “vigilantes”.
Ancora, la ricerca di terreni per il pascolo è determinata dalle scelte della classe politica corrotta che, a partire dal 1999, hanno sottratto i territori ai Fulani per affidarli ad élite di agricoltori[82].
Sebbene non sia possibile stabilire il numero effettivo, vista la mancanza di una struttura ben definita, si stima che i banditi si trovino negli stati di Zamfara, Katsina, Niger, Sokoto, Kebbi e Kaduna e che siano circa trentamila[83], distribuiti in almeno 100 bande, di cui la più grande non possiede più di duemila combattenti[84]. Esattamente come per i gruppi terroristici, però, si sostiene che le zone in cui si insediano questi banditi corrispondano a quelle regioni in cui l’autorità statale è assente o incapace di mantenere il controllo – e la sicurezza – sul proprio territorio.
In queste aree i banditi, infatti, si muovono liberamente e sono facilmente riconoscibili sia dalle armi sia dalle moto che utilizzano per compiere rapimenti o furti di bestiame.
Per questo motivo, nell’intento di contrastare il fenomeno, già nel 2019, era stato introdotto il divieto di circolare sulle moto nel nord-ovest del Paese[85], senza produrre i risultati sperati visto che non è bastato ad arrestare l’ondata di attacchi provocati dai banditi.
Inoltre, è stata riconosciuta una certa cooperazione tra fazioni di banditi, BH e ISWAP. I gruppi terroristici avrebbero fornito assistenza in termini di armi, munizioni[86] e addestramento[87] e si sarebbero assunti la responsabilità di attacchi perpetrati dai banditi, su richiesta di questi, nella speranza di far assumere una rilevanza maggiore alle azioni violente – come nel caso del rapimento di più di trecento studenti a Kankara, l’11 dicembre 2020[88]. Però, con Boko Haram e ISWAP fuori uso (per il momento), i banditi – con lo scopo di attirare l’attenzione sulle proprie richieste – hanno iniziato a rivendicare una serie di attacchi[89] e si stima che le perdite civili, per il solo anno solare 2021, siano di oltre duemilaseicento civili – superando le vittime per mano di BH e ISWAP[90].
Per questo motivo, di recente, il governo nigeriano ha iniziato a considerare i banditi come gruppi terroristici[91] e introdotto un provvedimento per modificare il Terrorism Prevention Act e includervi anche la condanna delle azioni perpetrate da queste bande[92].
Il nuovo disegno di legge – da sottoporre ancora alla Camera dei deputati – prende espressamente in considerazione il problema dei rapimenti e della richiesta di riscatto: il testo impone la pena di morte per i rapitori – laddove il rapimento porti alla perdita di vite umane – o l’ergastolo in altri casi; e si introduce il reato per chi paga il riscatto, punendolo con minimo quindici anni di carcere[93].
Il governo nigeriano dimostra, pertanto, di voler affrontare la minaccia dei banditi e spera di riuscire a sradicare il problema in maniera più veloce ed efficiente rispetto ai gruppi terroristici, adottando una strategia non violenta ma imponendo una condanna aggressiva per i reati commessi.
Ciò che emerge è, dunque, un quadro abbastanza complesso e su cui porre i riflettori nel breve termine. In primo luogo, occorre evitare che la nuova sfida alla sicurezza nazionale, posta in essere dai banditi, venga trascurata e sottovalutata, alla stregua di come successe con Boko Haram nei primi anni: problema che venne sottostimato anche dai Paesi vicini, a causa di una diversa percezione della minaccia, e che attualmente rappresenta una sfida regionale. In secondo luogo, le forze nigeriane stanno mostrando di aver imparato dagli errori del passato – le uccisioni extragiudiziali – ed è necessario che mantengano questa condotta per evitare di esacerbare lo scontro con le bande armate. In terzo luogo, bisognerebbe evitare di spostare l’attenzione esclusivamente sul fenomeno dei banditi e trascurare la lotta ai gruppi terroristici – per evitare che questi abbiano il tempo di riorganizzare le proprie forze e tornare all’attacco.
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[1] Global Terrorism Index 2022: https://www.visionofhumanity.org/wp-content/uploads/2022/03/GTI-2022-web.pdf
[2] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015, p. 20.
[3] Anugwom E.E., The Boko Haram insurgence in Nigeria, Palgrave Macmillan, New York, 2019, p. 32.
[4] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015, p. 22.
[5] Ivi, p. 23.
[6] Iyekekpolo W. O., Political Elites and the Rise of the Boko Haram Insurgency in Nigeria, Terrorism and Political Violence, 2018, p.12.
[7] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015, p. 25.
[8] Articolo 10, Costituzione nigeriana del 1999 e modificata nel 2011: «The Government of the Federation or of a State shall not adopt any religion as State religion».
[9] Anugwom E.E., The Boko Haram insurgence in Nigeria, Palgrave Macmillan, New York, 2019, p. 47.
[10] Ivi.
[11] Omeni A., Insurgency and war in Nigeria. Regional fracture and the fight against Boko Haram, I.B. Tauris, Londra, 2020, p. 14.
[12] Anugwom E.E., The Boko Haram insurgence in Nigeria, Palgrave Macmillan, New York, 2019, p. 93.
[13] Pham J.P., Boko Haram: The strategic evolution of the Islamic State’s West Africa Province, The Journal of the Middle East and Africa, 2016.
[14] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015, p. 60.
[15] Omeni A., Insurgency and war in Nigeria. Regional fracture and the fight against Boko Haram, I.B. Tauris, Londra, 2020, p. 42.
[16] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015, p. 70.
[17] Zenn J., Barkindo A., Heras N. A., The Ideological Evolution of Boko Haram in Nigeria, The RUSI Journal, 2013.
[18] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015, p.72.
[19] International Institute for Strategic Studies, Boko Haram: Nigeria’s growing new headache, 2011, p. 3.
[20] National Consortium for the Study of Terrorism and Responses to Terrorism (START), Boko Haram recent
attacks, www.start.umd.edu/pubs/STARTBackgroundReport_BokoHaramRecentAttacks_May2014_0.pdf
[21] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015, p. 86.
[22] Country Reports on Terrorism 2015, Bureau of Counterterrorism and Countering Violent Extremism, 2016, p. 377.
[23] Secondo un articolo di Al-Jazeera, Boko Haram avrebbe giurato fedeltà ad ISIS ad inizio marzo 2015, pubblicando solamente quattro giorni dopo la notizia circa l’espansione del Califfato in Africa occidentale.
Boko Haram pledges allegiance to ISIL, reports say, Al-Jazeera, 8 marzo 2015: https://www.aljazeera.com/news/2015/3/8/boko-haram-pledges-allegiance-to-isil-reports-say
ISIL accepts Boko Haram’s pledge of allegiance, Al-Jazeera, 12 marzo 2015: https://www.aljazeera.com/news/2015/3/12/isil-accepts-boko-harams-pledge-of-allegiance
[24] Connor G., Violent extremism in the Lake Chad Basin. Understanding the drivers of the Boko Haram insurgency, Norwegian Institute of International Affairs, Report n. 8, 2017.
[25] Omeni A., Insurgency and war in Nigeria. Regional fracture and the fight against Boko Haram, I.B. Tauris, Londra, 2020, p. 59.
[26] Ivi, p. 53.
[27] Foucher V., The Islamic State Franchises in Africa: Lessons from Lake Chad, International Crisis Group, 29 ottobre 2020.
[28] US commander warns of African ISIS threat, CNN Politics, 19 aprile 2018: https://edition.cnn.com/2018/04/19/politics/africa-isis-al-qaeda-threat/index.html
[29] Africa – Atlas of our changing environment, UNEP, 2008.
[30] LCB humanitarian snapshot, OCHA, 14 aprile 2022: https://www.humanitarianresponse.info/sites/www.humanitarianresponse.info/files/documents/files/lcb_humanitarian_snapshot_en_20220323.pdf
[31] Ivi.
[32] Foucher V., The Jihadi Proto-State in the Lake Chad Basin, ISPI, 19 marzo 2020: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/jihadi-proto-state-lake-chad-basin-25441
[33] Lake Chad Basin Commission, Regional Stabilization Strategy: https://cblt.org/regional-strategy-stabilization/
[34]Regional Stabilization Facility for Lake Chad Basin, UNDP in Africa, 2 marzo 2020: https://www.africa.undp.org/content/rba/en/home/democratic-governance-and-peacebuilding/regional-stabilization-facility-for-lake-chad-basin.html
[35] UNDP 2019-2021 Lake Chad Stabilization phase 1, Openaid: https://openaid.se/en/activities/SE-0-SE-6-13141A0101-AFC-73010
[36] Nigeria’s Terrorism Prevention Act, ICNL: https://www.icnl.org/research/library/nigeria_tpa2011/
[37] Counter-Terrorism Centre Strategic Report 2018, Counter Terrorism Centre: https://ctc.gov.ng/counter-terrorism-centre-strategic-report-2018/
[38] Osakwe C.C., Audu B.J., Nigeria’s military operations in the Lake Chad Basin, Journal of Defense Management, gennaio 2017.
[39] Solomon H., Terrorism and Counter-terrorism in Africa. Fighting insurgency from Al-Shabaab, Ansar Dine and Boko Haram, New security challenges, Palgrave-MacMillan, 2015, p. 87.
[40]Elkaim Z., The Rise, Success, and Continued Efficacy of the Insurgency in Nigeria, International Institute for Counter-Terrorism (ICT), 2012.
[41] Solomon H., Terrorism and Counter-terrorism in Africa. Fighting insurgency from Al-Shabaab, Ansar Dine and Boko Haram, New security challenges, Palgrave-MacMillan, 2015, p. 87.
[42] Osakwe C.C., Audu B. J., Nigeria’s Military Operations in the Lake Chad Basin, Journal of Defense Management, 2017.
[43] Ivi.
[44] Altri modi per riferirsi al CJTF sono: Yan Gora, Yan Banga (vigilantes) e Kungiyar Maharba (cacciatori). https://civiliansinconflict.org/publications/research/cjtf-yan-gora/
[45] Osakwe C.C., Audu B. J., Nigeria’s Military Operations in the Lake Chad Basin, Journal of Defense Management, 2017.
[46] What now after Nigeria’s Boko Haram ceasefire fiasco?, BBC News, 3 novembre 2014: https://www.bbc.com/news/world-africa-29881291
[47] Violence in Nigeria’s North West: Rolling Back the Mayhem, International Crisis Group, 18 maggio 2020: https://www.crisisgroup.org/africa/west-africa/nigeria/288-violence-nigerias-north-west-rolling-back-mayhem
[48] https://ctc.gov.ng/fg-showcases-policy-framework-and-national-action-plan-for-preventing-and-countering-violent-extremism-at-a-side-event-of-the-72nd-united-nations-general-assembly/
[49] Nigeria Boko Haram: Militants ‘technically defeated’, BBC News, 24 dicembre 2015: https://www.bbc.com/news/world-africa-35173618
[50] B/Haram bombings last kicks of dying horse, Dailytrust, 27 novembre 2017: https://dailytrust.com/b-haram-bombings-last-kicks-of-dying-horse-buhari
[51] https://www.un.org/en/ga/sixth/75/pdfs/statements/int_terrorism/03mtg_nigeria.pdf
[52] About MNJTF – Multinational Joint Task Force: https://mnjtffmm.org/about/
[53] MNJTF Mandates – Multinational Joint Task Force: https://mnjtffmm.org/mandates/#
[54] Doukhan D., Multinational Joint Task Force (MNJTF) against Boko Haram, International Institute for Counterterrorism, dicembre 2020, p.4.
[55] Sectors – Multinational Joint Task Force: https://mnjtffmm.org/sectors/
[56] Le operazioni attuate tra il 2016 e il 2017. Mentre con la prima è stato possibile, grazie ad un’azione coordinata, liberare ostaggi e provocare un’ingente perdita di armi per BH, con la seconda, che consolida i risultati appena ottenuti, l’attenzione si è concentrata sulla stabilizzazione delle zone colpite.
Mahmood O.S., Ani C.N., Responses to Boko Haram in the Lake Chad Region: Policies, Cooperation and Livelihoods, ISS Research report, luglio 2018; https://www.counterextremism.com/countries/chad#:~:text=Launched in 2017%2C Operation Rawan Kada%2C was the,%28IDPs%29 and refugees to return to their homes.
[57] Casola C., Multinational Joint Task Force: Security Cooperation in the Lake Chad Basin, ISPI, 19 marzo 2020: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/multinational-joint-task-force-security-cooperation-lake-chad-basin-25448
[58] Obamamoye B.F., Counterterrorism, Multinational Joint Task Force and the missing components, African Identities, 2017.
[59] Ivi.
[60] Nel 2014, durante un attacco, i membri di BH hanno rapito 276 ragazze da una scuola a Chibok portandole nella foresta Sambisa e, ad oggi, circa un centinaio di ragazze non hanno ancora fatto ritorno a casa. L’evento subì un grande rilievo internazionale, grazie alla diffusione di una vera e propria campagna mediatica, soprattutto sui social, dove venne divulgato l’hashtag #bringbackourgirls. https://www.ilpost.it/2021/01/30/ragazze-rapite-boko-haram-2014-scappate/
[61] U.S. Relations With Nigeria, United States Department of State: https://www.state.gov/u-s-relations-with-nigeria/
[62] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015.
[63] I paesi partner comprendono: Algeria, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Libia, Mali, Mauritania, Marocco, Niger, Nigeria, Senegal e Tunisia. https://www.state.gov/trans-sahara-counterterrorism-partnership/
[64] Programs and Initiatives – United States Department of State: https://www.state.gov/bureau-of-counterterrorism-programs-and-initiatives/#ATA
[65] U.S. Security Cooperation with Nigeria, United States Department of State: https://www.state.gov/u-s-security-cooperation-with-nigeria/
[66] Special Program for Embassy Augmentation Response (SPEAR), United States Department of State: https://www.state.gov/SPEAR
[67] Comolli V., Boko Haram: Nigeria’s Islamist insurgency, Hurst&Company, Londra, 2015.
[68] Casola C., Multinational Joint Task Force: Security Cooperation in the Lake Chad Basin, ISPI, 19 marzo 2020: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/multinational-joint-task-force-security-cooperation-lake-chad-basin-25448
[69] United Nations Security Council Consolidated List: https://scsanctions.un.org/pzopben-all.html#alqaedaent
[70] UNSC Risoluzione 2349 (2017).
[71] Angerbrandt H., Nigeria and the Lake Chad Region Beyond Boko Haram, Nordic Africa Institute, 2017: http://www.diva-portal.org/smash/get/diva2:1115195/FULLTEXT01.pdf
[72] Risoluzione del Parlamento europeo del 17 luglio 2014 sulla Nigeria e i recenti attacchi di Boko Haram (2014/2729(RSP)): https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2014-0008_IT.html
[73] Ivi.
[74] Sahel & Lake Chad, EU Emergency Trust Fund for Africa: https://ec.europa.eu/trustfundforafrica/region/sahel-lake-chad_en
[75] Nigeria: EU, UNODC and CTED partnership boosts human rights-compliant measures against terrorism: https://www.unodc.org/unodc/en/frontpage/2017/March/nigeria_-eu–unodc-and-cted-partnership-boosts-human-rights-compliant-measures.html?ref=fs2
[76] Warner J., O’Farrell R., Nsaibia H., Cummings R., The Islamic State in Africa: The Emergence, Evolution, and Future of the Next Jihadist Battlefront, Hurst & CO., Londra, 2021.
[77] The Islamic State’s West African Province, The Global Initiative for Civil Stabilisation, Abuja, 2019.
[78] Islamic State West Africa Province (ISWAP), globalsecurity.org: https://www.globalsecurity.org/military/world//para/iswap.htm
[79] Boko Haram and the Islamic State in West Africa Target Nigeria’s Highways, Africa Center for Strategic Studies, 15 dicembre 2020: https://africacenter.org/spotlight/boko-haram-iswa-target-nigeria-highways/
[80] ISWAP militant group says Nigeria’s Boko Haram leader is dead, Reuters, 7 giugno 2021: https://www.reuters.com/world/islamic-state-west-african-province-says-nigerias-boko-haram-leader-is-dead-2021-06-06/; Boko Haram Confirms Death Of Terror Leader Abubakar Shekau, Counter extremism project, 25 giugno 2021: https://www.counterextremism.com/press/boko-haram-confirms-death-terror-leader-abubakar-shekau
[81] West Africa’s top ISIL leader is dead, says Nigerian army, Al Jazeera, 14 ottobre 2021: https://www.aljazeera.com/news/2021/10/14/nigeria-army-west-africa-isil-leader-abu-musab-al-barnawi-dead
[82] Violence in Nigeria’s North West: Rolling Back the Mayhem, International Crisis Group, 18 maggio 2020: https://www.crisisgroup.org/africa/west-africa/nigeria/288-violence-nigerias-north-west-rolling-back-mayhem
[83] Matawalle: There are over 30,000 bandits in the north, TheCable, 2 aprile 2021: https://www.thecable.ng/matawalle-there-are-over-30000-bandits-in-the-north
[84] Criminal Gangs Destabilizing Nigeria’s North West, Africa Center for Strategic Studies, 14 dicembre 2021: https://africacenter.org/spotlight/criminal-gangs-destabilizing-nigerias-north-west/
[85] North-West Dangerous Men: Outrageous Tales from the Okada Bandit, Kidnapper Hub, Vanguard, 19 maggio 2019: https://www.vanguardngr.com/2019/05/north-west-dangerous-men-outrageous-tales-from-the-okada-bandit-kidnapper-hub/
[86] Violence in Nigeria’s North West: Rolling Back the Mayhem, International Crisis Group, 18 maggio 2020: https://www.crisisgroup.org/africa/west-africa/nigeria/288-violence-nigerias-north-west-rolling-back-mayhem
[87] Boko Haram Fighters Training Bandits In Northern Nigeria To Use Anti-aircraft Guns, Explosives, Sahara Reporters, 26 settembre 2021: http://saharareporters.com/2021/09/26/boko-haram-fighters-training-bandits-northern-nigeria-use-anti-aircraft-guns-explosives
[88] Are Nigeria’s bandits a new Boko Haram cell or rival ‘terrorists’?, Al Jazeera, 19 aprile 2022: https://www.aljazeera.com/features/2022/4/19/are-nigerias-bandits-a-new-boko-haram-cell-or-rival
[89] World Report 2022: Nigeria, Human Rights Watch: https://www.hrw.org/world-report/2022/country-chapters/nigeria
[90] 10 Conflicts to Worry About in 2022: Nigeria, ACLED data: https://acleddata.com/10-conflicts-to-worry-about-in-2022/nigeria/
[91] Nigeria labels bandit gangs ‘terrorists’ in bid to stem violence, Al Jazeera, 6 gennaio 2022: https://www.aljazeera.com/news/2022/1/6/nigeria-labels-bandit-gangs-terrorists-in-bid-to-stem-violence
[92] Nigerian Senate outlaws ransom payments, sets death penalty for abductions, Reuters, 27 aprile 2022: https://www.reuters.com/world/africa/nigerian-senate-outlaws-ransom-payments-sets-death-penalty-abductions-2022-04-27/?utm_source=Africana&utm_campaign=82e74f83a8-EMAIL_CAMPAIGN_2020_11_06_09_23_COPY_01&utm_medium=email&utm_term=0_4fbc359273-82e74f83a8-73025427
[93] Ivi.