scarica il file in pdf – legami terroristi estremisti- gennaio 2024- LQSdM
I legami esistenti tra terroristi jihadisti ed estremisti bianchi: dal ruolo di internet alle reciproche simpatie, fino ad ipotizzare possibili convergenze
Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte[1]
- Introduzione
Per decenni ci siamo occupati del terrorismo jihadista, cercando di seguire i principali gruppi terroristi, capirne struttura, leadership e forme di finanziamento, analizzandone modalità operative e obiettivi, e cercando, ove possibile, anche di comprendere il perché delle loro azioni e dell’impressionante seguito che alcuni di loro hanno avuto (ed hanno) su alcune popolazioni, e soprattutto su migliaia di giovani che a loro si sono accostati (e si accostano), oggi soprattutto grazie ad internet, intendendo con tale generica espressione tanto l’utilizzo del web quanto quello, sempre più diffuso, dei social network.
Quello che è stato in parte trascurato[2], soprattutto dall’11 settembre ad oggi, è stato un altro fenomeno, quello dell’estremismo violento, spesso definito estremismo bianco o suprematismo bianco, estremismo di destra, xenofobia, antisemitismo o islamofobia, solo per citare le espressioni più in uso nei principali Paesi occidentali (non nel mondo islamico, ove vengono additati come “terroristi cristiani”, in perfetta analogia con le nostre definizioni di “terrorismo islamico” davanti agli attacchi dei gruppi che additiamo come jihadisti).
Grazie all’ “azione normativa” delle Nazioni Unite abbiamo, da diversi anni, adottato l’espressione “terrorism and violent extremism”, di fatto ormai accostando sempre i due fenomeni in ogni documento, anche se considerando il secondo solo nella misura in cui può condurre al primo[3].
Ma tante sono le precisazioni da fare, sul piano giuridico e non solo, e le riflessioni da elaborare.
Innanzitutto, va chiarito che quando si parla di terrorismo internazionale non ci si riferisce esclusivamente al terrorismo jihadista, come invece comunemente si tende a pensare, così come quando si parla di movimenti dell’estremismo violento non si deve necessariamente pensare agli estremisti bianchi: ci sono terroristi che agiscono in nome del suprematismo bianco e ampi movimenti dell’estremismo che agiscono in nome di distorte interpretazioni dell’Islam.
Anche per queste importanti e basilari precisazioni possiamo utilizzare alcuni dei principali strumenti delle Nazioni Unite sul tema. Basti pensare che da alcuni anni nelle Revisioni biennali della Strategia Globale delle Nazioni Unite[4] contro il terrorismo si trova la seguente espressione “including cases motivated by Islamophobia, antisemitism, Christianophobia and prejudice against persons of any other religion or belief”[5]. Analogamente, nel documento strategico onusiano contro l’estremismo violento si legge: “Violent extremist groups cynically distort and exploit religious beliefs, ethnic differences and political ideologies to legitimize their actions, establish their claim on territory and recruit followers. Distortion and misuse of religion are utilized to divide nations, cultures and people, undermining our humanity. Faith and community leaders are critical in mentoring vulnerable followers so as to enable them to reject violent ideologies and in providing opportunities for intra- and interfaith dialogue and discussion as a means of promoting tolerance, understanding and reconciliation between communities. Leaders, Governments, the international community and the media have to work together to prevent confrontation and polarization within and between countries, faiths, nations and peoples. We have to work jointly to halt this vicious cycle of provocation and response which often fuels the forces governing the nexus between conflict, terrorism and violent terrorism […]”.[6] Non è quindi ovviamente alla “matrice religiosa” che si deve guardare per inquadrare i due fenomeni, che nulla hanno in effetti a che vedere con alcuna religione, ma solo con “distorte interpretazioni religiose” o “folli convinzioni di suprematismo etnico”, ovviamente non solo bianco (e il campo di ricerca potrebbe poi essere allargato anche agli estremisti anarchici, che hanno altre specifiche peculiarità).
Sono due fenomeni strettamente correlati tra di loro, per entrambi dei quali mancano definizioni universalmente riconosciute per ragioni in parte giuridiche, come l’impossibilità di definire da un punto di vista penale fattispecie di crimini che si realizzano con qualsivoglia modalità operativa, ed in parte politica, perché, parafrasando il Professor Bassiouni, chi è terrorista per qualcuno è ad esempio eroe per qualcun altro[7].
Entrambi, comunque nascono dalla radicalizzazione, o meglio dall’abbracciare idee radicali, anche se ovviamente si manifestano con una diversa gradazione di “azione” e di violenza.
Si tratta, poi, di fenomeni che oggi grazie ad internet sono trasversalmente diffusi in tutti i continenti, assumendo ovviamente in ognuno di loro sfaccettature diverse. Internet non è più solo uno strumento che movimenti estremisti e gruppi terroristi utilizzano per farsi pubblicità, reclutare o addestrare i loro seguaci, ma il luogo dove vivono e operano[8], in un mondo virtuale che i giovani che abbracciano tali deliranti idee faticano a distinguere da quello reale, ed anche per questo tanto si parla dei videogiochi e della relazione che con essi hanno le più giovani generazioni[9].
Tra le prime cose che è necessario chiarire, quindi, vi è il fatto che si tratta di fenomeni che non possiamo più definire semplicemente internazionali, perché si sta verificando qualcosa che va ben oltre la globalizzazione, soprattutto dopo la pandemia da COVID-19: movimenti estremisti e gruppi terroristi non usano più internet per entrare nelle case dei loro seguaci, ma vivono in internet e si alimentano grazie ai giovani di tutto il mondo, in modo ascendente quanto discendente. Se questo era fino a poco fa uno degli elementi caratterizzanti i movimenti estremisti, una di quelle caratteristiche che li distingueva dai gruppi terroristi gerarchicamente organizzati e dotati di chiara leadership e studiate modalità di finanziamento, è oggi elemento comune anche a molti gruppi terroristi, come dimostra anche il fatto che abbiamo assistito alla morte dei leader dei principali network jihadisti senza che venissero annunciati i successori e fosse chiara l’ubicazione geografica delle nuove leadership, e, incredibilmente, senza che i relativi gruppi ne risentissero[10].
Indubbio che tutto ciò sia fortemente influenzato dal ruolo del web, che sta trasformando l’essenza stessa dei gruppi terroristi, modificandoli rispetto a come li abbiamo considerati per decenni, anche se è innegabile che persistano ancora profonde differenze strutturali tra i movimenti estremisti ed i gruppi terroristi, ancor oggi molto più strutturati.
D’altro canto, però, anche da un punto di vista più concettuale-teorico ci sono insolitamente sempre più elementi comuni tra terroristi ed estremisti, tra jihadisti e suprematisti, con molti membri di movimenti estremisti violenti che mirano a raggiungere i successi ottenuti dai gruppi jihadisti, e per questo ne studiano, e ne imitano, le caratteristiche.
L’Occidente, invece, per almeno un paio di decenni si è concentrato unicamente sui gruppi jihadisti, lasciando crescere quasi totalmente indisturbati i movimenti degli estremisti bianchi, che hanno potuto continuare a diffondere online le loro idee, scrivendo senza che nessuno bloccasse blog e gruppi che hanno sempre più proliferato online e su numerosi social network, le cui regole hanno stentato ad agire contro antisemitismo e xenofobia. Si tratta di idee che credevamo morte dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale prima e della segregazione razziale dopo, ma così non era, né in Europa, né negli Stati Uniti, ove ad esempio affianco all’antisemitismo europeo è da sempre presente un latente odio razziale nei confronti delle persone di colore, alimentato da quello che oggi chiamiamo suprematismo bianco, ma che per molti aspetti ricorda il Ku Klux Klan (KKK) del secolo scorso.
I primi esperti del counter-terrorism che verso la fine del primo decennio di questo secolo hanno iniziato a studiare il fenomeno della diffusione online di materiale dell’estremismo bianco hanno ad esempio notato come fosse facile individuare gruppi di estremisti, e persino unirsi a loro, leggendo e scrivendo in chat che nessuno bloccava, a differenza di quanto avveniva da anni per il jihadismo[11].
- Differenze classiche tra gruppi terroristi e movimenti dell’estremismo violento
Ancorché l’opinione pubblica mondiale si sia interessata veramente all’estremismo violento solo dopo il famoso assalto al Campidoglio, sede del Parlamento statunitense, del 6 gennaio 2021, pochi giorni prima del giuramento del Presidente Biden, già da anni il fenomeno era studiato dagli esperti di counter terrorism e si erano delineate delle differenze, che potremmo definire “classiche” tra gruppi terroristi e movimenti dell’estremismo violento.
Possiamo solo dire, in prima approssimazione, che al di là di finalità perseguite e ideologie sottostanti, si parla di gruppi terroristi quando si ha una chiara struttura gerarchica, un leader ben identificato e un sistema di finanziamento strutturato; si parla di movimenti dell’estremismo violento quando ci sono grandi gruppi di persone che condividono idee radicali e sono pronte ad azioni violente, pur non essendo guidati tramite strutture gerarchicamente organizzate; ma i due fenomeni sono facce della stessa medaglia e la distinzione è spesso molto sottile.
Nessuna distinzione può farsi quanto alle motivazioni, laddove oggi accostiamo il concetto di estremismo violento prevalentemente ai movimenti di estrema destra, xenofoba e antisemiti, legati al c.d. suprematismo bianco, ma l’attenzione della Comunità internazionale sull’estremismo è dovuta all’azione delle Nazioni Unite che a partire dal 2014 ha cercato un modo per inquadrare gruppi e movimenti jihadisti che avevano un largo seguito popolare da parte di masse che abbracciavano le loro idee radicali, per non essendo tutti inquadrabili come terroristi.
In quegli anni ci si rese conto che i risultati della c.d. “Guerra al Terrore”, ovvero le risposte militari agli attacchi che il terrorismo qaedista aveva sferrato a cavallo del nuovo millennio, non erano quelli sperati. L’approccio militare aveva secondo alcuni addirittura favorito l’ascesa di gruppi con un seguito popolare maggiore, sia in Medio Oriente e Nord Africa che in Occidente, portando alla ribalta un nuovo fenomeno, quello dei foreign fighter, partiti a decine di migliaia per unirsi agli uomini in nero dell’Islamic State nella costruzione del c.d. Califfato autoproclamato da Al Baghdadi, che diveniva quasi un paladino del revanscismo sunnita.
Ecco che negli anni Dieci del XXI secolo in sede Nazioni Unite iniziò prepotentemente a farsi strada un nuovo concetto, legato al terrorismo, ma considerato da un diverso punto di vista. Ed è soprattutto il suo contrasto ad essere concepito in modo diverso da quello al terrorismo: mentre il contrasto al terrorismo (il c.d. counter-terrorism) si basa su metodologie fisiche, la prevenzione ed il contrasto all’estremismo violento (Preventing and Countering Violent Extremism – P/CVE) non usa metodi militari, ma programmi che mirano a sviluppare una forma di resilienza nella comunità rispetto alla radicalizzazione e al fascino delle organizzazioni estremiste (Violent extremist organisations – VEOs).
La prima cosa da sottolineare è che, come avviene per il terrorismo, anche per l’estremismo violento manca a livello internazionale una definizione, non avendo la Comunità internazionale raggiunto il consenso intorno ad una sua possibile definizione. Nei documenti delle Nazioni Unite, ad esempio, ci si riferisce all’estremismo violento (Violent Extremism – VE) sempre e solo in relazione al terrorismo, e di entrambi mancano le definizioni[12].
Nel più elaborato e completo documento sul VE delle Nazioni Unite, il Piano di Azione del 24 dicembre 2015 (Plan of Action to Prevent Violent Extremism), si legge:
“The present Plan of Action to Prevent Violent Extremism considers and addresses violent extremism as, and when, conducive to terrorism. Violent extremism is a diverse phenomenon, without clear definition. It is neither new nor exclusive to any region, nationality or system of belief. Nevertheless, in recent years, terrorist groups such as Islamic State in Iraq and the Levant (ISIL), Al-Qaida and Boko Haram have shaped our image of violent extremism and the debate on how to address this threat. These groups’ message of intolerance — religious, cultural, social — has had drastic consequences for many regions of the world.
Holding territory and using social media for the global and real-time communication of their ideas and exploits, they seek to challenge our shared values of peace, justice and human dignity. The spread of violent extremism has further aggravated an already unprecedented humanitarian crisis which surpasses the boundari es of any one region. Millions of people have fled the territory controlled by terrorist and violent extremist groups. Migratory flows have increased both away from and towards the conflict zones, involving those seeking safety and those lured into the conflict as foreign terrorist fighters, further destabilizing the regions concerned.
While the Plan of Action has been developed within this context, it is intended to address violent extremism in all its forms and wherever it occurs.”
Dunque, l’estremismo violento è oggetto del documento, e dell’attenzione della Comunità Internazionale, se e quando è tale da poter condurre al terrorismo. Si tratta di un fenomeno non nuovo, ma per il quale manca una chiara definizione, un fenomeno che non è proprio di uno specifico continente ma è oggetto di attenzione alla luce di quanto posto in essere in quegli anni da gruppi come Al Qaeda, l’Islamic State e Boko Haram.
Ma l’estremismo violento, è specificato nel documento, si manifesta da decenni anche sotto altre forme, e tra di esse vi è soprattutto l’estremismo di destra, che possiede delle peculiarità che lo distinguono da quello di matrice islamica promosso da taluni gruppi jihadisti.
Parlando dell’estremismo violento e dei suoi rapporti con il terrorismo islamico, una delle prima cose da sottolineare è dunque che non esiste una completa sovrapposizione dei due concetti, ancorché talvolta un gruppo venga inserito tanto tra i gruppi terroristi quanto tra quelli dell’estremismo violento.
È anche possibile sottolineare che quando parliamo di terrorismo ci concentriamo sulle metodologie utilizzate, mentre quando si parla di estremismo violento ci si concentra su ideologie, finalità perseguite e seguito popolare, composto da una larga base di soggetti radicalizzati.
Nei movimenti estremisti di destra, mancando una chiara leadership e struttura gerarchica, la propaganda avviene online in modo circolare, mentre nei gruppi terroristi è discendente; nei gruppi terroristi sono fondamentali dunque i comunicati ufficiali della leadership, mentre per i movimenti estremisti di destra lo sono i ‘manifesti’, spesso estremamente lunghi e complessi, diffusi sul web da chi passa all’azione, quasi a lasciare un testamento spirituale.
- Evoluzione storica dei due fenomeni grazie ad internet ed alla pandemia
Tra le conseguenze dell’epidemia di COVID-19 vi è sicuramente un accresciuto fermento tra i movimenti dell’estremismo di destra ed un aumento di attacchi verso numerose minoranze[13]. Si è registrato anche un aumento degli scontri in tante città occidentali tanto nel Vecchio Continente, ove gli estremisti cavalcano la crisi economica, quanto negli Stati Uniti, ove le conseguenze della pandemia e delle decisioni statali adottate per contenere la diffusione del virus si sono sommate al riaccendersi degli scontri razziali e al clima sviluppatosi intorno alle ultime elezioni presidenziali, tra le più divisive della storia americana.
In questi ultimi anni, inoltre, l’utilizzo di internet ha modificato i concetti di gruppi terroristi e di movimenti dell’estremismo violenti che abbiamo appena analizzato.
Come già accennato, da un lato Islamic State e Al Qaeda stanno continuando ad operare anche senza controllo territoriale e dopo l’uccisione dei loro leader, vivendo prevalentemente online, dall’altro i movimenti dell’estremismo violento di destra stanno assumendo delle caratteristiche che li rende un po’ più strutturati e organizzati, e si sono internazionalizzati.
Il fenomeno dell’internazionalizzazione non è infatti oggi più proprio solo del jihadismo ma anche per l’estremismo violento: per anni abbiamo visto come gli attacchi dei gruppi jihadisti sono stati compiuti nelle nostre città occidentali prevalentemente da giovani che in tali città vivevano, spesso erano nati e che talvolta in Medio Oriente non si erano mai recati in vita loro, giovani che agivano rispondendo alla “chiamata” di gruppi geograficamente e socialmente distanti da loro[14]; oggi stiamo ad esempio vedendo come le stragi di massa, il suprematismo bianco-xenofobo e le tesi complottiste non siano più qualcosa di circoscritto agli Stati Uniti.
La realtà è che per i giovani non esistono più confini, sono stati abbattuti dai social e dai giochi in internet. Si tratta di un qualcosa che stentiamo a comprendere, che va ben oltre la globalizzazione e che con la pandemia da COVID-19 si è ulteriormente verificato: movimenti estremisti e gruppi terroristi non usano più internet per entrare nelle case, ma vivono in rete e si alimentano nelle case dei giovani di tutto il mondo, in modo ascendente quanto discendente.
- Un avvicinamento tra jihadisti e suprematisti
Tra i fenomeni che maggiormente preoccupano e vanno approfonditi si deve registrare anche un singolare avvicinamento tra jihadisti e suprematisti, tanto da poter parlare in alcuni casi di imitazione, in altri quasi di simpatia, in alcuni addirittura di una possibile convergenza.
Se la riduzione della distanza tra “terroristi jihadisti” e “estremisti bianchi” sembra un controsenso e lascia i meno esperti molto sorpresi, va detto che non si tratta di un fenomeno totalmente nuovo, anche se ora assume connotazioni diverse da quelle del passato. Inoltre, si tratta di un qualcosa che ragionando si capisce facilmente come sia in parte giustificato dalla comune giovane età delle due tipologie prese in esame, dal loro non sentirsi parte della società in cui vivono, e dalla volontà di cambiarla anche facendo ricorso alla violenza diffusa verso la società stessa e chi ne fa parte, e dal vivere e dall’autoalimentarsi sul web.
Ma, come accennato, non si tratta di un fenomeno totalmente nuovo, laddove già dopo la Seconda Guerra Mondiale si registrarono delle “alleanze” tra ex nazisti e islamisti[15], che in comune avevano i nemici: Stati Uniti ed ebrei in primis! È stato infatti analizzato come dopo il secondo conflitto mondiale entrambe le categorie cercarono vendetta, e ciò spinse alcuni estremisti bianchi sostenitori della supremazia ariana a sostenere apertamente il terrorismo islamico, soprattutto quando prendeva di mira Stati Uniti, Israele o gli ebrei.
Se per alcuni decenni ciò ha significato simpatia verso il terrorismo palestinese o quello algerino, dopo gli attacchi dell’11 settembre ci sono state note prese di posizione da parte di alcuni personaggi che in alcuni casi hanno promosso qualche forma di alleanza tra “nazionalsocialisti” e “jihadisti”, in altri sono arrivati a convertirsi all’Islam. Tra questi si possono ricordare[16]: Ahmed Huber, giornalista svizzero di estrema destra noto per le sue posizioni revisionistiche e anti femministe che si convertì all’Islam e si avvicinò ad Al Qaeda; Billy Roper, attivista neonazista statunitense fondatore del gruppo White Revolution che ha pubblicamente elogiato gli attacchi dell’11 settembre; August Kries III, noto neonazista statunitense membro di Ku Klux Klan (KKK), Posse Comitatus e Aryan Nations, che nel 2005 salì agli onori della cronaca per aver cercato una qualche forma di alleanza tra l’Aryan Nations e Al Qaeda; David Myatt, conosciuto anche con il nome di Abdulaziz ibn Myatt al-Qari, estremista bianco antisemita britannico e leader religioso musulmano, che ha per anni promosso azioni violente, prima come leader del White nationalist theistic Satanist organization Order of Nine Angles (ONA) e poi, dopo la sua conversione, come estremista jihadista (alcuni anni fa avrebbe abbandonato entrambe le ideologie).
Fenomeno analogo si sta in parte già vedendo dopo l’attacco sferrato dai terroristi di Hamas contro Israele all’alba del 7 ottobre 2023, quando a cinquant’anni dall’attacco dello Yom Kippur non eserciti di Paesi arabi ma miliziani palestinesi hanno incredibilmente sorpreso Forze Armate e Servizi Intelligence della Stella di Davide con migliaia di razzi lanciati dalla striscia di Gaza e con una incursione di terra che aveva il sapore di invasione e l’obiettivo di colpire migliaia di civili, tra morti e rapiti, prontamente portati nei tunnel sotto Gaza. Ancor prima che Israele riuscisse a organizzare la risposta militare, già circolavano in rete proclami di sostegno all’attacco di Hamas, e di odio nei confronti di Israele e degli ebrei, da parte di una variegata platea di estremisti e terroristi, tanto jihadisti quanto di estrema destra[17].
Come noto, la causa palestinese e la liberazione dei luoghi Santi di Gerusalemme, a partire dalla Moschea di Al Aqsa, sono cavalli di battaglia di tutti i gruppi terroristi islamici, e conseguentemente gli ebrei sono da sempre tra i principali nemici indicati dalla gran parte dei gruppi jihadisti, anche se in modo molto più aperto da AQ (che tuttavia non ha mai realizzati significativi attacchi contro Israele o israeliani) che da IS; quest’ultimo nelle terre del c.d. Califfato autoproclamato da Al Baghdadi nel 2014 non li ha perseguitati in modo particolare (accanendosi invece su Jazidi e Sciiti), consentendo loro di accedere alla categoria dei Dhimmi[18].
Tra i numerosi comunicati diffusi da gruppi jihadisti, o di terroristi/miliziani islamici, nei primi giorni dopo l’attacco di Hamas e la risposta di Israele ricordiamo:
- guardando ad Al Qaeda ed ai suoi principali affiliati, seguendo l’ordine cronologico con cui sono stati diffusi, i comunicati di “Al Qaeda nella Penisola Arabica” (AQAP), quello di “Al Shabaab”, quello congiunto di “Al Qaeda nel Maghreb Islamico” (AQIM) e “Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin” (JNIM – in francese Groupe de soutien à l’islam et aux musulmans, GSIM) e, soprattutto, quello di “Al Qaeda Core”. Quest’ultimo è stato rilasciato online a sei giorni dall’attacco, il 13 ottobre, con uno Statement di tre pagine con l’impaginazione e la grafica dei comunicati importanti, diffusi solo per avvenimenti e comunicazioni che l’organizzazione fondata da bin Laden ritiene meritevoli di un intervento da parte della leadership del gruppo;
- guardando al mondo sciita, si sono rapidamente avuti i comunicati di numerosi movimenti sciiti (soprattutto di Libano, Iraq e Yemen), manifestanti tutti un forte sostegno ad Hamas ed al popolo palestinese, ed un altrettanto chiaro odio nei confronti del popolo israeliano;
- quanto all’Islamic State ed alle sue “Province”, si è registrato un silenzio pressoché totale. Il numero del settimanale Al Naba pubblicato venerdì 13 ottobre non ha neppure citato l’attacco sferrato da Hamas, da anni ai suoi occhi “colpevole” di essere vicino agli sciiti, che per il gruppo fondato da Al Baghdadi sono sicuramente il nemico principale.
Man mano che le operazioni militari israeliane si intensificavano e si assisteva alla sofferenza dei civili palestinesi a Gaza, ci sono state nuove prese di posizione contro gli Stati Uniti ed Israele, ma sempre non in favore di Hamas:
- AQC a metà novembre in uno Statement ufficiale della sua leadership ha pregato per i martiri che stanno subendo i bombardamenti di americani e sionisti sulle scuole e gli ospedali di Gaza, invitando la Ummah ad attaccare statunitensi ed israeliani in tutto il mondo;
- IS in alcuni numeri del settimanale Al Naba ha invitato ad attaccare gli israeliani e le loro Ambasciate anche negli Stati Uniti ed in Europa, affermando che non bastano gli attacchi sul territorio israeliano.
Quindi, a cavallo con il nuovo anno, pur continuando a non sostenere Hamas e le sue azioni, entrambi i network jihadisti hanno diffuso quasi contemporaneamente video provenienti dalle loro leadership in cui invitavano ad attaccare Israele ed alcuni Paesi occidentali, Stati Uniti in primis. Il video diffuso il 25 dicembre da AQAP, con l’etichetta della sezione Open Source Jihad del suo magazine in lingua inglese “Inspire”, forniva dettagliate istruzioni per costruire e far esplodere una “bomba nascosta” (“hidden bomb”) su un volo di linea di alcuni segnalati Paesi in “risposta alla guerra a Gaza”; quello del portavoce dell’Islamic State di inizio 2024 invitava tutto il mondo islamico a mobilitarsi per vendicare ovunque i musulmani uccisi a Gaza. Si tratta di un evento piuttosto raro e molto preoccupante: una quasi simultanea chiamata a compiere attentati in Occidente per “rispondere” all’uccisione di musulmani a Gaza!
Quanto ai gruppi di estrema destra, sappiamo che l’antisemitismo è da sempre uno dei loro maggiori cavalli di battaglia ed infatti, se escludiamo i movimenti più apertamente anti-islamici, gli altri si sono tutti schierati con Hamas e con il popolo palestinese, e contro Israele. Solo a titolo di esempio, citiamo i comunicati del gruppo hacker russo Killnet, che hanno ricordato come (a loro dire) Israele abbia dal 2022 sostenuto il “regime terrorista ucraino”, e quello degli accelerazionisti neonazisti di Terrorgram, nella cui narrativa l’antisemitismo gioca un ruolo prioritario.
Le implicazioni di tali collaborazioni inter-ideologiche sono cruciali per le forze dell’ordine, i ricercatori e i professionisti dell’anti-estremismo, che hanno creato un neologismo per individuare il fenomeno nelle sue più recenti manifestazioni: “Jihad bianca”.
- La c.d. “Jihad bianca”
La c.d. “Jihad bianca” [19] è un fenomeno definibile un “estremismo violento composito”, che nasce dalla fusione di ideologie estremiste che sono apparentemente opposte ma che invece di arrivare allo scontro si fondono o, meglio, si assimilano l’un l’altra.
In particolare, la jihad bianca è stata definita come “l’appropriazione, l’utilizzo o la glorificazione da parte degli attori suprematisti bianchi di contenuti, estetica, nomenclatura o repertori d’azione che sono generalmente associati agli attori jihadisti, o viceversa”[20]. La jihad bianca è stata pertanto inquadrata come il risultato di un “estremismo cumulativo”, un processo in cui una forma di estremismo ne provoca e ne amplifica un’altra.
È soprattutto l’attivismo online di questa c.d. “jihad bianca” ad essere diventata una tendenza inquietante, resa popolare da alcuni gruppi, come National Action e Atomwaffen Division (AWD) a partire dal 2015.
La Jihad bianca sarebbe un “Estremismo fuso”, espressione con cui si indica un nuovo tipo di minaccia che emerge dal nesso di diverse forme di estremismo violento, piuttosto che semplicemente dall’incontro di diverse ideologie. La jihad bianca, così concepita, si manifesterebbe quando i suprematisti bianchi traggono ispirazione dai jihadisti, incorporano la terminologia jihadista nella loro propaganda, sostengono il terrorismo jihadista e legittimano la collaborazione tra i due fenomeni ed i rispettivi movimenti/organizzazioni[21].
Entrambe le tipologie di estremismo, bianco e jihadista, condividono l’odio verso gli ebrei, la comunità LGBTQ+, gli Stati Uniti ed i principi liberali occidentali.
Ma c’è di più, entrambe sostengono infatti l’applicazione di rigide regole e leggi religiose sulla società e in particolare sulle donne: mentre gli islamisti, anche nei paesi occidentali, sostengono l’istituzione della Sharia (la legge islamica) per “proteggere” le donne musulmane, alcuni suprematisti bianchi utilizzano piattaforme come Telegram per chiedere l’applicazione della “Sharia bianca” per “proteggere” le donne bianche. Inoltre, entrambe le tipologie di estremismo promuovono una “sacra lotta armata” contro gli ebrei, accusati di essere dietro i governi che attaccano le società tradizionali: i jihadisti la chiamano Zio-Crusader Alliance[22], mentre i suprematisti bianchi la chiamano Zionist Occupied Government (ZOG)[23].
Scopo di entrambe le tipologie di estremismo è quello di lottare per provocare una guerra totale che aprirà la strada a un nuovo regime internazionale.
Movimenti del suprematismo bianco e gruppi jihadisti condividono quindi anche delle visioni apocalittiche, che però definiscono in modi diversi. Ad esempio, i jihadisti usano l’espressione Yaum al-Qiyama per descrivere il Giorno del Giudizio, mentre i suprematisti bianchi parlano di “Giorno della resa dei conti”[24]. Questa visione incarna l’idea che i peccatori o i “traditori” saranno puniti in questo giorno di “punizione divina”.
Tra le manifestazioni online della jihad bianca troviamo già dalla metà degli anni Dieci di questo secolo l’adattamento del gesto della mano “Tahwid” (“unicità di Dio”), che si esprime alzando l’indice della mano destra e riflette il riconoscimento da parte di un musulmano dell’unicità di Dio. Il gesto è stato ripetuto nei proclami di estremisti di destra europei e statunitensi[25].
Altro esempio sono stati alcuni poster caricati online da giovani estremisti bianchi con la scritta “YOU’RE JIHADI JOHN NOW”, che facevano chiaramente riferimento al jihadista britannico Mohammad Emzawi, conosciuto come “Jihadi John“, che per conto dell’Islamic State si è reso autore di diverse decapitazioni di occidentali nei primi anni del c.d. Califfato autoproclamato da Al Baghdadi[26].
Inoltre, ragazzi statunitensi ed argentini hanno postato una versione “nazificata” della Shahada islamica che, invece della dichiarazione secondo cui “Non c’è altro Dio all’infuori di Allah e che Maometto è il suo Profeta”, presentava la dichiarazione “Non c’è altro Dio all’infuori di Hitler e noi siamo tutti i suoi profeti”. Usando la Shahada, i suprematisti bianchi affermano che, come il profeta Maometto, anche loro sono messaggeri di Dio impegnati a sradicare i nemici di Dio.
Al di là di queste manifestazioni simboliche, che già di per sé non sono certo da sottovalutare, si deve inoltre sottolineare come numerosi siano stati negli ultimi anni gli episodi in cui vi è stata una vera e propria glorificazione, da parte dei suprematisti bianchi, dei jihadisti che hanno preso di mira un “nemico condiviso”, arrivando a celebrare i loro attacchi. Ciò si è ad esempio verificato nel caso di Omar Mateen, il sostenitore dello Stato Islamico che nell’estate 2016 ha attaccato il Pulse Club di Orlando, una nota discoteca ritenuta “spazio sicuro” per la comunità LGBTQ+: dopo l’attacco, Marteen venne acclamato ed elogiato come un “martire” da numerosi suprematisti bianchi su Telegram.
L’idea di “una lotta” contro un nemico condiviso è sicuramente la spinta maggiore che fa avvicinare i suprematisti bianchi ai jihadisti, facendo loro utilizzare le immagini della loro propaganda. A tal proposito, va indubbiamente rilevato come l’odio verso gli ebrei sia il più forte collante che esiste per estremisti e radicalizzati, come abbiamo avuto modo di accennare in relazione ai recenti proclami inerenti all’attacco di Hamas dello scorso ottobre e la risposta militare israeliana. Già in passato però numerose volte dei suprematisti bianchi avevano diffuso fotomontaggi ritraenti un soldato delle SS e un jihadista, insieme a didascalie del tipo “Inshalla, abbatteremo il parassita sionista”. Condividendo tali poster, i suprematisti bianchi cercano di “normalizzare” la collaborazione con i jihadisti, anche se non esiste prova che da parte dei gruppi jihadisti vi sia la stessa “vicinanza”.
Continuando ad osservare invece il fronte dell’estremismo bianco, va notato come la comune “lotta” contro gli ebrei è emersa numerose volte negli ultimi anni e tra i tanti proclami e le tante immagini diffuse online ve ne sono state alcune influenzate da quella è stata chiamata “nazificazione” di Jihadi John, cui si accennava. Tra le immagini circolate in rete ricordiamo quella di una svastica accompagnata dalla seguente esortazione: “SEGUACI DEL FUHRER, SEGUACI DEL PROFETA E SEGUACI DELLA CROCE: CONDIVIDIAMO LA STESSA JIHAD, COMBATTETE LO STESSO NEMICO ED EREDITERETE LO STESSO PARADISO!”[27].
Un’ulteriore considerazione in merito a Telegram ed altri social network: essi costituiscono un mezzo da anni utilizzato dagli appartenenti a differenti gruppi terroristici anche per “parlare” tra di loro, sino ad addivenire in alcuni casi ad una vera e propria “collaborazione”[28].
Ne discende che il fenomeno della jihad bianca pone diverse ulteriori sfide tra l’altro alle aziende tecnologiche responsabili della moderazione dei contenuti. Esse da almeno due decenni già si trovano spesso impreparate dinanzi al materiale jihadista diffuso online, per il quale tutti concordano comunque sulla necessità di rimozione e segnalazione degli account che lo condividono. Ora la situazione si complica ulteriormente!
Un’ultima conclusione, che lascia forse un margine di speranza/ottimismo: premesso che non può al momento ancora parlare di collaborazione, ma solo di condivisione e di imitazione[29], va rilevato come il fenomeno sia unidirezionale, o, detto in altri termini, non corrisposto, laddove i suprematisti bianchi stanno sempre più frequentemente utilizzando la narrativa dei gruppi jihadisti e adottando le loro tecniche, mentre questi ultimi sembrano al momento semplicemente ignorarli[30], e sul piano delle relazioni internazionali un’amicizia unilaterale equivale ad un amore non corrisposto!
[1] Le opinioni sono espresse a titolo personale e non sono riconducibili al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
[2] Si veda Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Da dove viene la minaccia? La nuova dimensione del counter terrorism – Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte, in Quadarella Sanfelice di Monteforte L. (a cura), Mediterranean Insecurity – Vol. 4, 2023, 489ss.
[3] Il Piano d’azione approvato nel 2016 per prevenire l’estremismo violento, lo considera e lo affronta “come, e quando, tendente al terrorismo”: “violent extremism as and when conducive to terrorism”.
[4] A partire dal “Plan of Action to Prevent Violent Extremism” (A/70/674) del 2016, recepito in quell’anno dall’Assemblea Generale dell’ONU nell’adottare la Quinta Revisione Biennale della Global Strategy (A/RES/70/291).
[5] Dalla VII Revisione della Global Strategy del 2021.
[6] “Plan of Action to Prevent Violent Extremism” (A/70/674), para 36.
[7] È una delle espressioni più ricorrenti nella bibliografia di Bassiouni, che la usò la prima volta alla Conferenza di Siracusa del 1973. Tra i numerosi libri in cui l’espressione è ampiamente analizzata, si veda Bassiouni M. C., INTERNATIONAL TERRORISM: MULTILATERAL CONVENTIONS (1937-2001), New York, 2001.
[8] Katz Rita, Saints and Soldiers – Inside Internet-Age Terrorism, From Syria to the Capitol Siege, Columbia University Press, 2022.
[9] Per approfondire la relazione tra i giovani, i giochi on line ed il terrorismo/estremismo violento, e vedere come i gruppi violenti sfruttino i giochi per avvicinare i giovani, si veda White J.- Englund G., The Online Gaming Ecosystem: Assessing Digital Socialisation, Extremism Risks and Harms Mitigation Efforts, in GNET, May 2023.
[10] Come noto negli ultimi anni sono stati uccisi ben quattro Califfi dell’Islamic State e nell’agosto del 2022 sarebbe stato ucciso anche il leader di Al Qaeda Al Zawahiri.
[11] Katz Rita, Saints and Soldiers – Inside Internet-Age Terrorism, From Syria to the Capitol Siege, Columbia University Press, 2022.
[12] Per le cui elaborazioni si rimanda alle legislazioni nazionali.
[13] Per tutti questi aspetti, si veda: Sanfelice di Monteforte F, Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il COVID-19. Conseguenze geopolitiche e strategiche. Posture dei gruppi jihadisti e dell’estremismo violento, Mursia, Milano, 2020.
[14] Per il c.d. “terrorismo fai da te”, si veda Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te”, Aracne Editrice, Roma, seconda edizione, 2017.
[15] Si veda Koch Ariel, White Jihad: The Jihadification of White Supremacy, in GNET, 23 August 2023, https://gnet-research.org/2023/08/23/white-jihad-the-jihadification-of-white-supremacy/
[16] Ibidem.
[17] Si veda Quadarella Sanfelice di Monteforte L., La reazione di gruppi terroristici e movimenti estremisti dinanzi all’attacco di Hamas ed alla risposta israeliana. Un’altra lettura della Guerra di Gaza, in Quadarella Sanfelice di Monteforte L. (a cura), Mediterranean Insecurty Vol. 5, 2024, 386ss.
[18] In realtà tutti gli ebrei scapparono nel corso della seconda parte dello scorso secolo in seguito alle persecuzioni che subite in Siria e Iraq in concomitanza con le guerre arabo-israeliane e si può dire che non vi fossero più ebrei al momento dell’arrivo degli uomini in nero di Al Baghdadi, me le leggi continuarono a prevedere uno speciale trattamento per loro e per i cristiani e, in effetti, le antiche sinagoghe non vennero distrutte (forse anche perché non riconosciute).
Per approfondire la condizione degli ebrei nelle terre del Califfato si veda Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Vivere a Mosul con l’Islamic State. Efficienza e brutalità del Califfato, Mursia, Milano, 2019, 94ss. per il trattamento dei Dhimmi e 114ss. per il trattamento specifico riservato agli ebrei.
[19] Per l’utilizzo di tale espressione si veda, in particolare: Ariel Koch,Karine Nahon &Assaf Moghadam, White Jihad: How White Supremacists Adopt Jihadi Narratives, Aesthetics, and Tactics, in Terrorism and Political Violence, vol. 35, 5 July 2023, https://www.tandfonline.com/doi/epdf/10.1080/09546553.2023.2223694?needAccess=true&role=button ; Koch Ariel, White Jihad: The Jihadification of White Supremacy, in GNET, 23 August 2023, https://gnet-research.org/2023/08/23/white-jihad-the-jihadification-of-white-supremacy/
[20] “We defined white jihad as “the appropriation, utilization, or glorification by white supremacist actors of content, aesthetics, nomenclature, or action repertoires that are generally associated with Jihadi actors, or vice versa.””, Koch Ariel, White Jihad: The Jihadification of White Supremacy, op.cit.
[21] Ibidem.
[22] L’antisemitismo è tra le principali caratteristiche dei movimenti jihadisti sin dai primi proclami di bin Laden.
[23] Per i suprematisti bianchi gli ebrei avrebbero occupato le società occidentali e controllerebbero, in particolare, l’amministrazione statunitense.
[24] Altra espressione molto utilizzata è “Giorno della corda”, con un chiaro riferimento al romanzo “The Turner Diaries”, che ha influenzato molti estremisti di destra fin dagli anni Ottanta dello scorso secolo, compreso l’attentatore di Oklahoma City.
[25] Koch Ariel, White Jihad: The Jihadification of White Supremacy, op.cit.
[26] Ibidem.
[27] Ibidem.
[28] “the internet further facilitates terrorist cooperation, especially through social media platform such as Facebook or Twitter, which enable terrorists to communicate with each other at the push of a few buttons and even to plan attacks”, dall’introduzione del libro di Assaf Moghadam, Nexus of Global Jihad: Understanding Cooperation Among Terrorist Actors, Columbia Studies in Terrorism and Irregular Warfare, 2019.
[29] Si veda Assaf Moghadam, Nexus of Global Jihad: Understanding Cooperation Among Terrorist Actors, op. cit., che però ha studiato solo i vari tipi di interazione tra gruppi terroristi di matrice islamica e jihadista.
[30] Tra le rarissime eccezioni, ricordiamo un video dell’Islamic State del 2020 in cui utilizza lo “stile” dell’attentatore della Nuova Zelanda nello scrivere in bianco su un kalashnikov nero nomi ed espressioni proprie della jihad.