Scarica il file in PDF – estremismo – privitera – febbraio 2022
Nuove minacce per la sicurezza internazionale: dal terrorismo jihadista all’estremismo di destra
Chantal Privitera
1.Introduzione: fenomeni di terrorismo ed estremismo violento nel XX secolo
Del terrorismo si è sentito parlare sempre con più frequenza solo negli ultimi vent’anni, in realtà è un fenomeno ben datato nella storia del Vecchio Continente. L’origine del termine risale al periodo del Terrore francese intorno al 1793 anche se le radici del fenomeno sono ben più antiche.
Originariamente, gli attentati terroristici avevano come obiettivo la dissoluzione dello Stato. Ma, senza procedere troppo a ritroso, già all’indomani dal Secondo conflitto mondiale – nella seconda metà del secolo scorso – in molti paesi europei si sono sviluppati diversi gruppi estremisti che hanno portato a compimento attacchi terroristici così come oggi li conosciamo, ossia eventi violenti che hanno l’obiettivo di attirare l’attenzione su tematiche di interesse politico e sociale.
Sul finire degli anni Settanta, si crea il contesto perfetto per la proliferazione di estremismi: da una parte, termina il periodo di sviluppo economico che aveva segnato il decennio precedente; dall’altra, si enfatizzano diverse situazioni di crisi in tutto il mondo, alterando l’ordine internazionale.
In particolare, sul fronte mediorientale gli eventi di maggiore rilievo sono da ricercarsi: nello scontro tra il blocco sovietico e americano, nelle cause della guerra nel Vietnam, nell’invasione sovietica dell’Afghanistan e nel contesto iraniano caratterizzato dalla rivoluzione khomeinista.
Ancora, nello stesso periodo, in America del Sud aumentano le tensioni politiche: si susseguono tentativi di colpi di Stato conservatori, per contrastare la diffusione del comunismo e la propagazione del fenomeno delle sparizioni forzate (cosiddetti desaparecidos).
Quasi contemporaneamente, anche l’Europa ha sperimentato – prima ancora di imbattersi nel terrorismo internazionale – la diffusione di movimenti nazionalisti (tra cui si ricordano indubbiamente le minacce perpetrate dall’IRA – Irish Republican Army che si batteva per ottenere l’indipendenza dell’Irlanda- e dall’ETA – Euskadi ta Askatasuna che puntava al separatismo dalla Spagna), e movimenti di estrema sinistra (in Italia con le Brigate Rosse e in Grecia con l’Organizzazione Rivoluzionaria del 17 Novembre), i cui attentati hanno procurato un gran numero di vittime.
Ciò che si evince da questa prima elencazione dei principali movimenti estremisti del secolo scorso è che è possibile definire il terrorismo come un’attività violenta che cerca di attirare l’attenzione su una tematica politica ritenuta fondamentale (il separatismo basco, l’indipendentismo irlandese, la diffusione delle ideologie comuniste). Dunque, nonostante qualche elemento in comune tra i diversi gruppi terroristici, non è possibile definire il terrorismo come un fenomeno unico, statico, sempre uguale.
Nella storia più recente si possono distinguere quattro diverse tappe del terrorismo: il terrorismo anarchico, sviluppatosi nel periodo tra il 1878 e il primo dopoguerra; il terrorismo nazionalista nel periodo tra le Guerre mondiali e fino agli anni ’60; il terrorismo rivoluzionario o ideologico fino agli anni ’90; e, infine, il terrorismo fondamentalista che domina il panorama mondiale attuale[1].
Nel sistema appena elencato la seconda e terza ondata potrebbero essere erroneamente confusi in un’unica tipologia, quando invece presentano elementi di divergenza. In particolare, i gruppi nazionalisti, credono nell’importanza di una razza, di una nazione, entro i quali circoscrivere il pensiero. Rientrano in questa categoria l’IRA e i movimenti di liberazione nazionale legati ad esempio alla c.d. causa palestinese. Di converso, i gruppi ideologici si caratterizzano per la cieca condivisione di un’ideologia che accomuna tutti i membri e che rende impossibile circoscrivere il fenomeno entro dei confini. Pertanto, gli obiettivi da colpire diventano gli oppositori e coloro i quali supportano le idee comuni diventano parte dello stesso gruppo, così come accade per il gruppo basco, le Brigate Rosse e molti movimenti sudamericani[2].
Da un punto di vista storico, mentre si poneva l’attenzione sul terrorismo rivoluzionario o idealista, il terrorismo fondamentalista iniziava ad affermarsi. Gli obiettivi di al-Qaeda sono stati rivelati con l’attentato alle Twin Towers l’undici settembre 2001, rivelando il piano del gruppo terroristico: colpire l’Occidente. Con l’attentato, la situazione mediorientale e la minaccia del terrorismo internazionale perpetrata da un gruppo armato non statale attirano l’attenzione dei principali attori politici.
2.Il punto di non ritorno: il mondo dopo l’11/9
Gli attentati terroristici dell’undici settembre 2001 hanno avuto un enorme impatto sulla scena internazionale, soprattutto perché l’ideologia jihadista si è diffusa molto rapidamente, ben oltre ogni confine statale. È stato necessario procedere ad un’analisi molto più accurata e attenta dell’evoluzione del fenomeno terroristico a livello transnazionale. I fatti accaduti quell’undici settembre sono ben noti e documentati ma come si è arrivati alla pianificazione – e attuazione – di un attentato di quelle proporzioni e perché?
Innanzitutto, il terrorismo di matrice islamica nasce intorno agli anni ’60-’70 del XX secolo, spinto da un contesto alquanto instabile – i cui eventi più significativi attengono alla rivolta iraniana, all’attacco a La Mecca, all’occupazione dell’Afghanistan -, e ha adottato diverse strategie violente nel tempo (inizialmente si predilige il metodo del dirottamento aereo, per poi passare alle uccisioni mirate, arrivando agli attacchi esplosivi dei giorni nostri). Nei decenni successivi, inizia a prendere forma quello che conosciamo come jihadismo. In una prima fase, quando già si erano formati diversi movimenti militanti, si cercò di definire in maniera teorica cosa fosse il jihad (la guerra santa), quali dovessero essere gli obiettivi, quali erano i limiti e le esigenze del movimento; mentre, in un secondo momento, solo dopo aver consolidato l’impegno attivo a livello locale, il jihadismo è divenuto globale.
Infatti, al-Qaeda, nome del gruppo responsabile degli eventi dell’undici settembre, che significa “la base”, si constituisce formalmente ben prima dell’attentato, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 durante l’occupazione sovietica in Afghanistan. Lo scopo del gruppo era favorire l’addestramento di militanti che potessero far parte delle insurrezioni islamiste per cacciare l’occupazione nemica o per rovesciare i governi locali.
Ma, ben presto, gli obiettivi locali della primissima ora iniziano a mutare, fino all’attuazione di un megattentato, colpendo – per la prima volta – il cuore del mondo occidentale: gli USA, ritenuti dai vertici qaedisti colpevoli di aver sfruttato e profanato le terre musulmane. Le scelte di politica estera americane sono state definite ostili, caratterizzate da decenni di dominazione indiretta con regimi fantoccio che hanno aggravato le criticità dell’area mediorientale.
All’indomani dall’attentato alle Twin Towers e al Pentagono, l’America decide di intrapredere la War on Terror, avviando le missioni militari caratterizzate da (lunghe) invasioni in Afghanistan e Iraq con lo scopo di sconfiggere la rete terroristica «che inizia con al-Qaeda ma non finisce lì»[3].
Dunque, è con l’11/9 il fenomeno terroristico cambia: l’obiettivo non è più attirare l’attenzione su una determinata causa sposata dal gruppo terroristico, bensì attaccare con ogni mezzo l’Occidente, così da stravolgere e alterare l’ordine internazionale affermatosi dopo il Secondo conflitto mondiale.
3.Terrorismo: l’assenza di una definizione giuridica universale
Benchè il fenomeno terroristico sia da decenni ben radicato è, dunque, con l’undici settembre che si trasforma in una minaccia per l’intera Comunità internazionale e diviene per tutti un argomento d’interesse quotidiano. Infatti, il 2001 viene considerato come il momento in cui il terrorismo è entrato ufficialmente nel lessico politico nazionale e internazionale.
Nonostante la rilevanza della materia, tutt’ora – vent’anni dopo dall’attacco agli USA – manca una definizione universale. Anche se i primi passi verso l’inquadramento giuridico del terrorismo risalgono agli anni anni precedenti all’11/9 non è stato possibile sopperire a questo vuoto giuridico.
3.1.Le convenzioni a carattere universale
Inizialmente si provò a scegliere la strada delle Convenzioni giuridicamente vincolanti a carattere universale.
Il primo tentativo di disciplinare il fenomeno terroristico risale alla Convenzione di Ginevra del 1937 – svoltasi a seguito dell’attentato al re di Jugoslavia -, nella quale si afferma che il terrorismo consiste in «faits crimineles dirigés contre un Etat et dont le but ou la nature est de provoquer la terreur chez des personnalitè determinées, des groupes de persone ou dans le public»[4], convenzione che però non è mai entrata in vigore a causa della non ratifica da parte degli Stati[5].
Nella seconda parte del XX secolo, davanti allo svilupparsi di nuove tipologie operative con cui il terrorismo palestinese colpiva, si optò per un metodo diverso[6]. Le prime convenzioni, adottate da istituti specializzati delle Nazioni Unite, rispecchiano esattamente il contesto storico, caratterizzato da dirottamenti aerei e illeciti a bordo, e intendono punire il comportamento tipico dei gruppi terroristici dell’epoca, disciplinando il reato (ma senza definire il problema terroristico). È questo il caso delle convenzioni adottate dall’ICAO (organizzazione internazionale per l’aviazione civile): la Convenzione sulle infrazioni e altri atti compiuti a bordo di aeromobili del 1963, sottoscritta a Tokyo, e la Convenzione per la repressione del sequestro illegale di aeromobili, firmata all’Aja nel 1970. Il quadro di riferimento sulla sicurezza della navigazione è stato completato un decennio dopo con la Convenzione per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima, ratificata a Roma il 10 marzo 1988, successivamente all’episodio del dirottamento dell’Achille Lauro, integrata dal Protocollo per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza delle piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale, introdotti per ostacolare la diffusione della pirateria in mare.
Allo stesso modo, le convenzioni adottate dall’ONU, firmate a New York[7] durante gli anni ’70, seguono l’evoluzione delle strategie terroristiche. Attraverso delle convenzioni di settore per la repressione di singole fattispecie, si disciplinano come illeciti sia la presa di ostaggi sia i crimini contro persone protette a livello internazionale. Alla fine degli anni ’90 «profondamente preoccupati dal moltiplicarsi, in tutto il mondo, degli atti di terrorismo in ogni sua forma e manifestazione»[8] e dunque prima dell’11/9 – si intuisce la necessità di intervenire con delle convenzioni a carattere universale, prestando attenzione al fenomeno del terrorism bombing[9] (aumentando gli attentati perpetrati con esplosivi) e al contrastare il finanziamento delle organizzazioni terroristiche[10].
3.2.La lotta al terrorismo nelle Nazioni Unite
La strategia adottata in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite prevede un approccio caso per caso, senza riuscire a definire universalmente il fenomeno terroristico, per mancanza di accordo tra gli Stati membri.
In un primo momento, e almeno fino all’11/9, l’intervento del CdS era limitato ad un monito per il singolo evento terroristico. La risoluzione 748/92[11], in merito alla situazione in Libia, afferma che il regime abbia avuto l’appoggio delle organizzazioni terroristiche e inserisce, per la prima volta, delle formule che saranno poi standardizzate e riprese ogniqualvolta si verifichi un attentato terroristico. Nella risoluzione 748 del ’92 il Consiglio di Sicurezza «condanna fermamente gli atti di terrorismo internazionale» e afferma che i paesi membri sono «determinati ad eliminare il terrorismo» perché dal fenomeno scaturisce una «profonda preoccupazione» dell’intera Comunità internazionale.
Man mano che il terrorismo di matrice islamica inizia ad affermarsi sulla scena mondiale, viene forse sottointeso il riferimento al jihadismo quando il Consiglio di Sicurezza interviene per condannare attacchi terroristici. Infatti, in una decina di risoluzioni, adottate nel periodo antecedente all’attentato alle Twin Towers, il riferimento alla matrice è del tutto assente, analizzando semplicemente il fenomeno del terrorismo internazionale in maniera del tutto generica – approfittando della mancanza di definizione universale. La prima risoluzione che si rivolte esplicitamente ai talebani e indirettamente ad al-Qaeda – inserendo un monito anche ad Osama bin Laden e ai suoi associati – risale al 1999.
La risoluzione 1267 introduce le c.d. blacklist per i soggetti che sono collegati a tali gruppi, bloccandone risorse finanziarie e ostacolandone i viaggi[12], misure riviste e aggiornate poi nel 2011 con le risoluzioni 1988/2011 per i Talebani e 1989/2011 per al-Qaeda.
Per il primo riferimento esplicito ad al-Qaeda si dovrà aspettare la risoluzione 1333/2000[13]: il testo afferma la volontà di congelare i fondi e altre risorse finanziarie a «bin Laden […], individui o entità a lui collegate […], compresa l’organizzazione al-Qaeda».
All’indomani dall’11 settembre, una nuova risoluzione del CdS dichiara il terrorismo internazionale as a threat to international peace and security ed esprime la sua readiness to take all necessary steps to respond to the terrorist attacks of 11 September 2001, and to combat all forms of terrorism[14].
La Comunità internazionale, ben presto inizia a notare il dinamismo della rete di al-Qaeda e che questa si componga di più gruppi al suo interno ma tutti facenti capo ad al-Qaeda core. Inoltre, si riesce sin da subito a riconoscere anche la base dell’organizzazione, localizzata in Afghanistan (risoluzione 1383/2001[15]), e soprattutto la determinazione a combat all forms of terrorism (risoluzione 1438/2002[16]).
Proprio per questo, con la risoluzione 1373/2001[17] – dopo aver ribadito the need to combat by all means […] threats to international peace and security caused by terrorist acts e la preoccupazione per l’aumento in varie regioni di fenomeni di terrorismo ed estremismo – si riconosce la necessità di integrare la cooperazione internazionale con l’adozione di misure supplementari per prevenire e reprimere gli atti terroristici con l’istituzione di un Counter Terrorism Commitete (CTC). Il Comitato si compone dei 15 membri del CdS, formula dei rapporti periodici ed è stato incaricato di monitorare l’azione dei Paesi membri per l’introduzione di musure volte alla criminalizzazione del fenomeno terroristico e del finanziamento; congelamento dei fondi e delle forme di sostegno ai terroristi; condivisione di informazioni; cooperazione transnazionale.
Tra le novità introdotte dalla risoluzione 1373/2001 rientra la possibilità di definire a livello nazionale le sanzioni da imporre ai sospetti terroristi e, inoltre, si riconosce una generalizzazione delle misure, in quanto si afferma un sistema per cui le sanzioni prescindono dalla matrice ideologica e dal terroritorio, stimolando l’inserimento di gruppi diversi da quelli prevsti dalle blacklist derivanti dalla risoluzione 1267/1999.
Con l’attacco alla stazione di Atocha, a Madrid, nel 2004 – dopo una prima fase di incertezza sulla matrice dell’attentato, tra jihadismo e separatismo dell’ETA – si afferma la necessità di dover utilizzare «all necessary means to combat terrorism»[18], frase generica che darà la possibilità ai Paesi membri di agire in risposta al fenomeno terroristico per legittimare l’azione sotto l’ombrello onusiano.
I tentativi dell’ONU di inquadrare la fattispecie giuridica proseguirono anche all’interno dell’Assemblea Generale: prima, con la creazione di un Comitato ad hoc per definire il fenomeno del terorrismo, senza alcun successo a causa del perdurare del disaccordo tra le delegazioni dei Paesi membri; poi, con l’introduzione della UN Global Counter-Terrorism Strategy. L’AG adotta per consenso la Strategia Globale con la risoluzione 60/288 del 2006 dal titolo «Uniti contro il terrorismo: raccomandazioni per una strategia globale di contrasto al terrorismo».
Con l’introduzione della Strategia, le NU ribadiscono la volontà di combattere il terrorismo fornendo uno strumento unico per rafforzare gli sforzi nazionali e internazionali, ben definendo come affrontare la minaccia, prevedendo la possibilità di adottare misure pratiche per la lotta e la prevenzione del terrorismo – sia rafforzando la capacità degli Stati sia migliorando il coordinamento tra questi.
La Strategia – rinnovata ogni due anni – si basa su un sistema a quattro pilastri, i quali prevedono la necessità di: affrontare le condizioni che favoriscono la diffusione del fenomeno; prevenire e combattere il terrorismo; rendere gli Stati deboli capaci di reagire e rafforzare il ruolo delle Nazioni Unite; assicurare il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto[19]. I quattro pilastri della Strategia del 2006 gettano le basi per la lotta al terrorismo e per la successive misure di counter-terrorism, delineando, inoltre, le macro-aree su cui le Nazioni Unite concentreranno le proprie risorse.
Nello stesso periodo, la risoluzione 1707/2006[20], in merito al perdurare della situazione di crisi in Afghanistan, enfatizza sul termine violento, riconoscendo che vi è un aumento delle attività violente e terroriste per mezzo dei Talebani, al-Qaeda e altri gruppi. Il concetto verrà poi ripreso, secondo una formulazione differente, quando, nel 2014, dalle divisioni interne al gruppo terroristico nascerà in Iraq l’ISIL. La risoluzione 2169/2014[21] riconosce tempestivamente la minaccia dello Stato islamico in Iraq e nel Levante, rappresentata dall’avanzata in Iraq per conquistare territori ed espandere il proprio controllo.
L’avvento del nuovo gruppo terroristico, nato dalla costola irachena di al-Qaeda, minaccia di alterare ancora una volta l’ordine internazionale. L’Islamic State cambia le regole decise da al-Qaeda e utilizza sempre di più canali di comunicazione moderni e diffusi in Occidente per raccogliere adesioni alla causa islamica: conquista territori e proclama il Califfato nel teatro sir-iracheno, dotandolo di “province” sparse in tutti i continenti. Infatti, per far fronte alla diffusione delle nuove strtegie dell’ISIS, le NU intervengono con la risoluzione 2354/2017[22] cercherà di dettare linee comuni per la lotta alla propaganda terroristica che sfrutta i nuovi mezzi di comunicazione, cercando di imporre limitazioni e sanzioni per la diffusione di materiale terroristico online.
Allo stesso modo, il Consiglio di Sicurezza interviene per definire due nuovi fenomeni: i foreign terrorist fighters con la risoluzione 2170/2014[23] e i returnees con la risoluzione 2396/2017[24]. La prima categoria fa riferimento a quegli individui che abbandonano la propria vita per viaggiare verso i territori dello Stato islamico e sottoporsi all’addestramento militare e indottrinamento, mentre, la seconda, indica il fenomeno opposto, di rientro verso il proprio paese di origine (o comunque occidentale) per perpetrare attentati terroristici.
Dunque, se dal 2001 l’attenzione in materia di terrorismo inizia a concentrarsi esclusivamente su al-Qaeda, con l’ascesa dello Stato islamico si complica l’analisi. Il nuovo gruppo, a differenza di al-Qaeda, si focalizza sull’aspetto militare piuttosto che religioso: l’indottrinamento fornito attiene alle strategie di combattimento mentre non si prevede un vero e proprio indottrinamento religioso ma, al contrario, si limita ad accettare un semplice giuramento di adesione per consentire di entrare a far parte dell’organizzazione. A seguito di questa novità, quindi, chiunque sposasse le idee politiche dello Stato islamico – pur senza una vera adesione religiosa – poteva diventare un membro del gruppo terroristico.
Pertanto, il Consiglio di Sicurezza allarga la propria prospettiva, cambiando quelle formule standardizzate e iniziando a fare riferimento non solo al terrorismo ma anche al «violent extremism, which can be conducive to terrorism»[25], cercando così di includere la condanna anche agli eventi di soggetti non affiliati a gruppi terroristici, pur mantenendo scontato il riferimento alla matrice islamica.
Le Nazioni Unite nel 2016 iniziano a introdurre accanto al concetto di terrorismo anche il fenomeno di «violent extremism». Il concetto inizialmente non viene definito ma, nelle risoluzioni in cui viene citato, è sempre seguito dalla frase «which can be conducive to terrorism». Pertanto, le Nazioni Unite iniziano a condannare e a descrivere situazioni di estremismo violento che possono condurre al terrorismo, senza aggiungere una vera definizione del problema.
Ma cosa intende per estremismo violento il Consiglio di Sicurezza?
In realtà ad oggi non esiste una risposta univoca e certa.
In primo luogo, il concetto potrebbe essere stato inserito in un particolare momento storico in cui si inizia ad essere consapevoli della frammentazione dei gruppi terroristici. In questo senso, dopo l’11/9, l’attenzione si focalizza esclusivamente su al-Qaeda, ma questo non significa che fosse l’unica organizzazione terroristica attiva. Dopo il 2014, con la nascita di ISIS, inizia ad essere sempre più evidente, non solo che esistono diversi gruppi, ma che al loro interno si diramano ulteriori distaccamenti e piccoli gruppi. Dati gli scontri ideologici tra ISIS e al-Qaeda, l’inserimento della costruzione «violent extremism» potrebbe scaturire dalla necessità di condannare anche quegli atti violenti di provocazione tra i diversi gruppi, attacchi che non presentano le finalità tipiche del terrorismo – atto mirato ad incutere terrore per suscitare l’attenzione su una tematica di particolare interesse politico – ma che potrebbero scatenare ulteriori attentati terroristici. In quest’ottica, il discorso di Obama indirizzato alle Nazioni Unite (appena prima dell’introduzione della risoluzione 2178/2014) utilizza il concetto di estremista in riferimento a coloro i quali, mossi dal fanatismo, alimentano l’odio[26] per poi affermare che, dopo la sconfitta di al-Qaeda in Afghanistan, l’ideologia estremista si è spostata verso altri luoghi, facendo riferimento ai paesi del Medio Oriente e Nord Africa[27], dove sempre con più frequenza sorgevano cellule terroristiche affiliate ad ISIL o alla vecchia al-Qaeda.
In secondo luogo, l’inserimento di «violent extremism», accanto al concetto di terrorismo, potrebbe scaturire sempre dalle novità introdotte da ISIS. Il giovane gruppo ribalta le “regole” di al-Qaeda richiedendo un giuramento di affiliazione senza uno sposalizio delle ideologie religiose è, dunque, sufficiente il compimento di un attentato per dimostrare la propria adesione al gruppo. In questo modo però, mancando un evidente nesso tra l’attentatore e l’organizzazione terroristica non è possibile ricondurre l’attentato alla matrice jihadista. Dunque, l’introduzione di «violent extremism» potrebbe dipendere dalla diffusione di una nuova strategia di attentati, perpetrati da lone-actors, termine con il quale ci si riferisce a quelle situazioni in cui non è possibile inquadrare l’attentatore all’interno di un gruppo riconosciuto dalla Comunità internazionale come terroristico, in quanto ha agito in maniera indipendente e autonoma, fatta eccezione per quei casi in cui si ha una rivendicazione a posteriori dell’attentato da parte dell’organizzazione centrale.
In terzo luogo, nel momento in cui è stata inserita la locuzione, si potrebbe riconoscere il leggero ma costante incremento degli attentati da parte di movimenti estremisti, non necessariamente collegati alla matrice islamica. L’intenzione delle Nazioni Unite potrebbe essere mirata ad un ulteriore ampliamento del raggio d’azione dei suoi organi, dirigendosi verso un primo allargamento di prospettiva. Così facendo il termine estremismo raggruppa al suo interno non solo i terroristi ma anche soggetti con ideali radicali, magari non ancora violenti, ma che possono rappresentare una minaccia alla democrazia[28], avendo alla base non solo motivi religiosi ma anche etnici e politici[29].
Ma se così fosse, perché quando si verifica un attentato da parte di un movimento estremista – come nel caso degli attentati di estrema destra – non si procede ad una condanna formale e sostanziale, come avviene per gli attacchi di matrice jihadista? In particolare, ogniqualvolta si verifica un attentato da parte di un estremista di destra, le Nazioni Unite non intervengono in maniera ufficiale per condannare l’accaduto, anche se le modalità secondo cui si è svolto l’attacco riprendono la strategia tipica dei recenti attacchi omicidi/suicidi di matrice islamica. La maggior parte delle volte, per gli eventi mortali provocati da estremisti di destra, che si ritiene abbiano un rilievo internazionale, le Nazioni Unite si limitano a fornire dichiarazioni alla stampa – e non dichiarazioni ufficiali – di condanna. È questo il caso degli attentati a Oslo e Utøya[30], Christchurch[31], Poway[32], El Paso[33], Halle[34], e Hanau[35]. Al contrario, per gli eventi che vengono considerati esclusivamente di interesse nazionale – seppur commessi da estremisti di destra – non si procede ad una dichiarazione stampa ma, al massimo, gli esponenti di rilievo internazionale – il più delle volte dell’Unione Europea e non delle Nazioni Unite – procedono in maniera individuale commentando e condannando l’accaduto sui social[36].
Sembrerebbe, dunque, che il concetto di estremismo violento all’interno delle Nazioni Unite abbia a che fare con una componente internazionale e che non intenda includere e condannare gli attacchi ritenuti, invece, nazionali a prescindere dal fatto che le strategie utilizzate per perpetrare gli attentati facciano riferimento alle modalità tipiche del terrorismo di matrice jihadista.
La prima introduzione ufficiale del termine di estremismo violento risale al Piano d’azione contro il terrorismo del 15 gennaio 2016. Il Segretario Generale riconosce in partenza la difficoltà di incontrare una definizione universale delegando gli Stati membri, che possono intendere come meglio credono il fenomeno e regolamentarne le condotte illecite: “[e]ach Member State should consider developing a national plan of action to prevent violent extremism which sets national priorities for addressing the local drivers of violent extremism and complements national counter-terrorism strategies where they already exist”.
L’obiettivo del Segretario Generale (forse) è di fare in modo che il concetto prenda piede nell’uso comune, accanto al terrorismo, per poi estendere ulteriormente la portata delle risoluzioni del CdS.
In conclusione, la risoluzione 2178/2014, a completamento della risoluzione 2170/2014, segna un vero e proprio spartiacque nelle definizioni onusiane. Le risoluzioni anticipano, in un certo senso, l’evoluzione che le Nazioni Unite avrebbero cercato di affermare nel linguaggio comune, favorendo l’introduzione di concetti nuovi e ribadendo come il terrorismo non possa essere collegato a nessuna religione, nazionalità o cultura e sottolineando, ancora una volta, la necessità di un impegno attivo e di cooperazione continua tra i Paesi membri, per ostacolare la diffusione del fenomeno[37].
3.3.La disciplina del fenomeno terroristico nelle norme a carattere regionale
Per quanto concerne le Convenzioni a carattere regionale si analizzeranno, in ordine, le normative introdotte dal Consiglio d’Europa, dalla NATO e dall’Unione Europea.
A seguito dell’irruzione di un gruppo terroristico palestinese ai giochi olimpici del 1972, il Consiglio d’Europa ha introdotto nel 1977 la Convenzione europea per la repressione del terrorismo[38] – completata poi nel 2003 dal Protocollo di emendamento[39] -, che rappresenta un testo molto completo in cui, sebbene non introduca alcuna definizione concreta, si analizza il rapporto tra reati terroristici e reati politici in merito alla possibilità di estradizione. Il Consiglio d’Europa rivede, poi, la convenzione a seguito dell’affermarsi di al-Qaeda, adottando la Convenzione di Varsavia del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo[40]. La nuova Convenzione del 2005, sebbene dedichi il primo articolo alla definizione, in realtà, si limita a richiamare la fattispecie definita da altri trattati, debitamente inseriti nell’appendice del testo. Nonostante la mancata definizione del reato di terrorismo, la Convenzione sottolinea, in primo luogo, l’importanza della prevenzione – nazionale e internazionale – e della cooperazione tra gli Stati. Procede poi, in secondo luogo, alla definizione di reclutamento, addestramento e pubblica provocazione per commettere attentati terroristici, inserendo un elenco di reati accessori e affermando l’obbligo di imporre sanzioni per i reati individuati. La normativa è, inoltre, completata con il Protocollo addizionale[41] del 2015 nel quale si definiscono la partecipazione ad organizzazioni terroristiche e il regime dei viaggi all’estero ai fini di terrorismo.
Contemporaneamente, il Consiglio d’Europa firma, inoltre, la Convenzione di Varsavia sul riciclaggio, ricerca, sequestro, confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo[42], completando il quadro normativo dell’Organizzazione, inserendo uno strumento per la prevenzione e controllo del finanziamento al terrorismo e riciclaggio, integrato poi con un Protocollo addizionale, contenente la definizione di gruppo terroristico:
Participating in an association or group for the purpose of terrorism” means to participate in the activities of an association or group for the purpose of committing or contributing to the commission of one or more terrorist offences by the association or the group[43].
Con il riferimento sempre più comune al concetto di estremismo violento nelle risoluzioni del CdS, anche il Consiglio d’Europa decide di ampliare le definizioni, affermando che l’estremismo violento si articola in quattro categorizzazioni possibili:
–Left-wing violence, such as violent acts committed by anti-capitalist groups in order to transform political systems. This category can also include violence by animal rights extremists or environmentalist groups.
-Right-wing violent acts, such as those committed by far-right groups, often referred to as ‘neo-Nazi’ groups. Such groups are motivated by racism and a desire to defend supposed racial supremacy.
-Religiously motivated violence, such as violent acts committed by extremist Islamic movements, which often have specific grievances against Western governments in relation to foreign policy.
-Issue-based violence, such as violence carried out by groups concerned with a single issue – such as, abortion or homosexuality[44].
Per quanto concerne la NATO, anche se l’Organizzazione nasce con la divisione del mondo in due blocchi contrapposti durante la guerra fredda e si presenta come un’alleanza con scopi difensivi, prima dell’11/9 non era mai ricorsa ad operazioni militari[45].
Secondo l’articolo 5 del Trattato, sulla difesa collettiva, quando le trattative diplomatiche per la risoluzione delle controversie falliscono, è possibile intraprendere operazioni militari per gestire situazioni di crisi[46]. Dunque, all’indomani dall’11 settembre, in pochissimo tempo, la NATO ha ricevuto un enorme numero di adesioni per appoggiare l’invasione in Afghanistan attraverso il dispiegamento di un contingente internazionale[47], che per vent’anni è rimasto attivo nel territorio.
Ma l’intervento della NATO, non si è limitato all’intervento tramite coalizione internazionale, avviando diverse missioni militari – e solo nel periodo più recente -, civili e di addestramento per le aree di maggiore crisi, in cui incombe la minaccia terroristica[48].
Inoltre, l’anno successivo, nel novembre 2002, viene firmato il Partnership Action Plan against Terrorism che stabilisce obiettivi e meccanismi a disposizione dei Paesi della NATO, partendo dalla ratifica delle Convenzioni delle Nazioni Unite e riconoscnedo l’importanza della risoluzione 1373/2001.
Alla stregua dell’ONU, la strategia dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord prevede: l’intensificazione dello scambio di comunicazioni e informazioni tra i Paesi membri; miglioramenti nei settori della sicurezza e difesa; il contrasto al finanziamento alle organizzazioni terroristiche; e, lo sviluppo delle capacità di assistere i Paesi partner.
Per quanto riguarda l’attività dell’UE, il primo tentativo (dell’allora) Comunità europea di disciplinare il terrorismo risale all’azione comune 96/610/GAI[49] del Consiglio sull’istituzione e l’aggiornamento costante di un repertorio delle competenze, capacità e conoscenze specialistiche nel settore dell’antiterrorismo, in modo da facilitare la cooperazione fra gli Stati membri dell’Unione europea nella lotta al terrorismo.
Con la modifica ai Trattati introdotta con il TUE e l’introduzione del sistema dei tre pilastri, oltre alla continua consultazione tra i Paesi membri, si affermava la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, che avrebbe significato l’impegno per gli anni successivi dei Quindici per avvicinare e integrare i propri sistemi giudiziari.
Per la risposta europea agli attentati dell’11/9, non si avrà la stessa prontezza delle Nazioni Unite ma, si dovrà aspettare fino al ventuno settembre, quando il Parlamento adotta la Risoluzione sulla riunione del Consiglio[50] – riunitosi in sessione straordinaria – in cui si ribadisce la netta condanna degli attentati e attività terroristiche (ricollegandosi alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza e alla decisione della NATO), e si afferma il proprio impegno nell’intensificare la lotta al terrorismo, favorendo l’introduzione di ulteriori misure legislative e di nuove misure di sicurezza e, riconosciute le condizioni critiche in cui si trova popolo afghano, l’Unione si fa sostenitrice di una coalizione sotto l’egida delle Nazioni Unite per sconfiggere il terrorismo. Questi stessi elementi vengono ripresi nel Piano d’azione, che prevedeva:
-il rafforzamento della cooperazione giudiziaria e di polizia;
-lo sviluppo di strumenti giuridici internazionali;
-il contrasto al finanziamento al terrorismo;
-il rafforzamento della sicurezza aerea;
-il coordinamento dell’azione globale dell’Unione europea[51].
L’attività dell’Unione europea in merito alla lotta al terrorismo internazionale si è uniformata al contenuto della risoluzione 1373/2001 del Consiglio di Sicurezza approvando, inoltre, le posizioni comuni 2001/930/PESC e 2001/931/PESC per ostacolare il finanziamento alle organizzazioni terroristiche, disponendo il congelamento dei conti per persone fisiche e giuridiche sospettate di terrorismo e l’introdotto blacklist europee (elenco continuamente aggiornato di soggetti e organizzazioni che si ritiene siano coinvolti in attacchi terroristici). Inoltre, la posizione comune 2001/931/PESC contiene all’articolo 1 un primo tentativo di definizione di atto terroristico:
atto intenzionale che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un’organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di: i) intimidire seriamente la popolazione; o ii) costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; o iii) destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un’organizzazione internazionale[52].
Allo stesso modo, si introduce la definizione di organizzazione terroristica nella decisione-quadro 2002/475/GAI (che verrà ripresa nella decisione-quadro 2008/841/GAI):
Per organizzazione terroristica s’intende l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici. Il termine «associazione strutturata» designa un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.
All’indomani dall’11/9, dunque, l’Unione – che si trovava in una fase di assestamento dopo le novità introdotte a Maastricht e si dirigeva verso una completa integrazione economica – cercò di introdurre il tema della sicurezza dello spazio comune e di istituire un quadro giuridico puntuale nella lotta al terrorismo. A questo proposito, nell’ambito di un’azione antiterroristica comune, subito dopo gli attentati di Atocha, l’Unione dovette fare pressioni sugli Stati membri inadempienti per accelerare i tempi di ratifica delle decisioni-quadro e con lo scopo di raggiungere l’obiettivo di uniformare così la normativa europea, definendo un piano d’azione per la cooperazione giudiziaria, doganale e di polizia (programma dell’Aja[53]), adottando una Strategia anti-terorrismo (basata su quattro pilastri: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta) e intorducendo due nuovi istituti: Eurojust e l’Europol.
Negli anni successivi, l’Unione si concentra sul potenziamento della cooperazione rafforzata e introduce il reato di attività preparatorie al terrorismo.
Nel periodo tra il 2014 e il 2017, l’azione dell’Europa si focalizza sul fenomeno dei foreign fighters e della temuta ondata di ritorno che provoca svariati attentati nel Vecchio continente. Con l’inserimento del concetto di estremismo violento, affianco al terrorismo internazionale, l’Unione europea afferma che:
Extremism refers to positions that are strongly directed against shared values and moral standards within a given society. The term ‹extremists› refers to people who strongly disrespect or even fight those values and standards (including the use of violence)[54].
Ancora oggi, seppure ribadendo la necessità di garantire la sicurezza dei cittadini europei e cooperare con i partner internazionali, l’Unione – per fronteggiare il fenomeno – mantiene attiva l’attenzione, fornendosi di una rete appositamente creata, il Radicalisation Awareness Network (RAN), per prevenire e monitorare la radicalizzazione terroristica, che passa principalmente per il carcere e attraverso i social, e ostacolare il reclutamento di nuovi soggetti.
3.4.Alcune definizioni nazionali
In merito alle definizioni, data l’incapacità di trovare un accordo, spesso le organizzazioni internazionali hanno delegato agli Stati la possibilità di individuare la propria definizione, creando però ulteriori disagi.
Tra le varie definizioni nazionali, assume particolare importanza la definizione svizzera.
La controversa definizione svizzera, entrata in vigore l’anno scorso, ha scatenato l’attenzione di giornalisti, politici e analisti onusiani, sostenendo che la nuova versione fosse troppo ampia e vaga, rischiando di includere le azioni degli attivisti nelle attività potenzialmente terroriste[55]. Nonostante le critiche ricevute però la legge svizzera è entrata in vigore, modificando l’articolo 260ter che definisce terrorista:
Any person who:
participates in an organisation which pursues the objective of: 1. committing violent felonies or securing a financial gain by criminal means, or 2. committing violent felonies aimed at intimidating the population or coercing a State or an international organisation to act or refrain from acting; or who supports such an organisation in its activities.
Per quanto riguarda, invece, il concetto di estremismo violento in Svizzera non esiste una definizione puntuale ma, al contrario, si è soliti fare riferimento sia minaccia terroristica interna – considerando le azioni dell’estrema destra ed estrema sinistra[56] – sia le preoccupazioni di rilievo internazionale – per riferirsi alla strategia definita dal Piano d’azione delle Nazioni Unite per prevenire l’estremismo violento[57].
Tra le altre definizioni, nel Regno Unito, una prima definizione di terrorismo risale al Terrorism act del 2000, in cui si afferma il riferimento a:
the action used or threatened: – involves serious violence against a person or serious damage to property; – endangers a person’s life, other than that of the person committing the action; – creates a serious risk to the health or safety of the public or a section of the public; or – is designed seriously to interfere with or seriously to disrupt an electronic system.
the use or threat is designed to influence the government or an international governmental organisation, or intimidate the public or a section of the public; and the use or threat is made for the purpose of advancing a political, religious, racial or ideological cause.
Per quanto concerne l’estremismo violento, il Governo inglese elabora un’apposita strategia la Counter Extremism Strategy, pubblicata nel 2015, in cui si afferma che l’estremismo ha diverse forme (neo-Nazism, Islamophobia, antisemitism and, of course, Islamist extremism[58]) e con questo si intende:
Extremism is the vocal or active opposition to our fundamental values, including democracy, the rule of law, individual liberty and the mutual respect and tolerance of different faiths and beliefs. We also regard calls for the death of members of our armed forces as extremist.
Ancora, le scelte del paese che per primo è stato colpito direttamente dal terrorismo internazionale: gli Stati Uniti. L’attività di analisi del fenomeno terroristico in America è antecedente agli attentati dell’11/9, ed è raccolta dall’FBI nella serie Terrorism. Il secondo volume, inerente al periodo 2002-2005, riconosce l’impossibilità di definire in maniera universale il fenomeno e afferma l’esistenza di molteplici versioni.
La definizione americana è inserita nel Code of Federal Regulations come l’uso illecito della forza e della violenza, contro persone o cose, per intimidire o costringere un governo, la popolazione civile, o qualsiasi parte di essa, a perseguire obiettivi politici o sociali. Inoltre, si inserisce un’ulteriore categorizzazione, distinguendo international terrorism e domestic terrorism. Si definisce terrorismo internazionale: la violazione di leggi penali degli Stati Uniti o di qualsiasi altro Stato, o che costituirebbero una violazione penale se commessi all’interno della giurisdizione degli Stati Uniti o di qualsiasi Stato […] e si verificano al di fuori degli Stati Uniti o trascendono i confini nazionali in termini di mezzi con cui vengono compiuti.
Il terrorismo interno è determinato dalla sede del gruppo o nazionalità del soggetto, indica, dunque, l’uso illegale della forza o della violenza da parte di un gruppo o di un individuo con sede e che opera interamente negli Stati Uniti o in Puerto Rico (senza direzione straniera)[59].
In merito all’estremismo violento, il documento Strategic Intelligence Assessment and Data on Domestic Terrorism ritiene che si tratti di terrorismo domestico:
We use the words “violent extremism” to define DT [domestic terrorism] threats because mere advocacy of political or social positions, political activism, use of strong rhetoric, or generalized philosophic embrace of violent tactics may not constitute violent extremism and may be constitutionally protected. Under FBI policy and federal law, no investigative activity may be based solely on First Amendment activity, or the apparent or actual race, ethnicity, national origin, religion, gender, sexual orientation, or gender identity of the individual or group[60].
Neanche all’interno dell’Unione europea è possibile delineare un quadro comune.
Nei Paesi Bassi non si ha una sola definizione di terrorismo, ma diversi articoli del Codice penale elencano le situazioni in cui si è davanti ad un attentato terroristico. Tra le norme olandesi si definiscono diversi obiettivi e modus operandi, facendo leva anche sulle forme di terrorismo precedenti all’11/9. Nelle forme di terrorismo previste rientrano:
-attacco alla vita o alla libertà della famiglia reale, al capo di uno Stato amico o a persone internazionalmente protette;
-attacco al Paese con l’intenzione di cederlo a potenze straniere o di dividerlo;
-attacco per rovesciare la forma costituzionale;
-atto di violenza o minaccia per obbligare il Consiglio dei ministri a prendere una decisione;
-atto esplosivo volontario;
-atto con premeditato e con l’intenzione di uccidere.
Alle fattispecie (a volte troppo generiche) indicate dagli articoli del Codice penale, la legge olandese aggiunge la finalità terroristica, che aggrava le pene, indicando come obiettivo terroristico:
the objective to cause serious fear in (part) of the population in a country and/or to unlawfully force a government or international organisation to do something, not to do something, or to tolerate certain actions and/or to seriously disrupt or destroy the fundamental political, constitutional, economic or social structures of a country or an international organisation[61].
Per quanto riguarda il concetto di estremismo violento, sebbene il fenomeno terroristico sia definito in maniera puntale, nei Paesi Bassi non esiste alcun riferimento esplicito o definizione puntuale del concetto, essendo considerato semplicemente come un sinonimo di jihadismo violento[62].
In Italia, dopo l’11/9 e, soprattutto, con l’affermarsi del fenomeno dei foreign fighter che andavano a combattere nei territori del c.d. Califfato proclamato da IS, è stato necessario introdurre modifiche al Codice penale, inserendo anche la nuova fattispecie di associazione con finalità di terrorismo internazionale (art. 270 bis c.p.). Il Codice penale italiano non definisce il fenomeno del terrorismo ma, alla stregua dell’ordinamento olandese, illustra le «finalità di terrorismo»:
condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale.
Per quanto concerne l’estremismo violento, in Italia, non è presente una esemplificazione chiara del concetto. Nel linguaggio comune, quando ci si riferisce alla matrice jihadista si utilizza la nozione di terrorismo. Inoltre, spesso, i movimenti estremisti nazionali non vengono considerati come un fenomeno complesso ma, al contrario, vengono valutati gli eventi violenti in maniera indipendente e occasionale. Per tentare di ovviare la questione della marginalizzazione del problema, la Camera dei deputati ha avviato i lavori per l’istituzione di un Comitato parlamentare per il monitoraggio del fenomeno. Attualmente, però, i lavori sono bloccati dalla compresenza di due proposte di legge simili: la prima presentata da Fiano nel 2018[63] e la seconda da Perego di Cremnago nel 2019[64].
La sostanziale differenza tra le due è da ricercare, appunto, nel diverso modo di intendere in concetto di estremismo violento: la proposta di legge Fiano prende in analisi esclusivamente l’estremismo violento di matrice jihadista[65], mentre, quella Perego di Cremnago prende in considerazione gli eventi perpetrati dall’“estrema destra o di natura anarco-insurrezionalista, che si manifestano con azioni di estremismo violento, e i fenomeni di radicalizzazione di matrice jihadista”[66].
In Spagna, il terrorismo viene considerato come un fenomeno complesso, costituito da più elementi caratterizzanti: il terrorismo agisce perpetrando una violenza clandestina, raggirando la giustizia e muovendosi in maniera occulta; il fenomeno genera un clima di terrore; cerca di imporre obiettivi politici; e, in ultima analisi, approfitta dell’impatto che provocano gli attentati per diffondere la propria ideologia.
Se considerará delito de terrorismo la comisión de cualquier delito grave contra la vida o la integridad física, la libertad, la integridad moral, la libertad e indemnidad sexuales, el patrimonio, los recursos naturales o el medio ambiente, la salud pública, de riesgo catastrófico, incendio, de falsedad documental, contra la Corona, de atentado y tenencia, tráfico y depósito de armas, municiones o explosivos, previstos en el presente Código, y el apoderamiento de aeronaves, buques u otros medios de transporte colectivo o de mercancías, cuando se llevaran a cabo con cualquiera de las siguientes finalidades:
1.ª Subvertir el orden constitucional, o suprimir o desestabilizar gravemente el funcionamiento de las instituciones políticas o de las estructuras económicas o sociales del Estado, u obligar a los poderes públicos a realizar un acto o a abstenerse de hacerlo.
2.ª Alterar gravemente la paz pública.
3.ª Desestabilizar gravemente el funcionamiento de una organización internacional.
4.ª Provocar un estado de terror en la población o en una parte de ella[67].
Sebbene vengano definiti gli elementi costituenti la materia terroristica, anche nel Codice penale spagnolo non si procede alla definizione del concetto in maniera puntuale, rimandando alle definizioni internazionalmente riconosciute o alle indicazioni dell’Unione Europea.
Per quanto concerne il fenomeno dell’estremismo violento, invece, si evidenziano diverse ideologie, inserendo sia il riferimento al contesto internazionale che nazionale. Si definiscono ideologie di estremismo violento: l’estremismo jihadista; i nazionalisti radicali (ETA); i movimenti di estrema sinistra; e, infine, l’estrema destra.
In Francia, paese europeo più colpito da attentati terroristici, si dedica il titolo II del libro IV del Codice penale alla fattispecie criminosa. Si definisce atto terroristico:
une entreprise individuelle ou collective ayant pour but de troubler gravement l’ordre public par l’intimidation ou la terreur[68].
Nel Codice penale francese, non è prevista una fattispecie specifica per il reato di terrorismo, al contrario si prevedono reati ordinari con l’aggravante del terrorismo e reati autonomi, non collegati ad altre fattispecie. Proprio per questo motivo, nel sistema giuridico francese manca l’esplicito riferimento ad estremismo violento, essendo utilizzato (ancora una volta) come sinonimo del terrorismo di matrice jihadista.
In conclusione, sebbene non esista una definizione universalmente riconosciuta per il terrorismo, sia le organizzazioni internazionali che gli Stati si trovano d’accordo sugli elementi principali che costituiscono il reato di terrorismo internazionale. Al contrario, non può dirsi lo stesso, per quanto riguarda l’estremismo violento per cui non esiste una certa uniformità né sulle motivazioni né sugli elementi che costituiscono il violent extremism, which can be conducive to terrorism. Infatti, è emerso come l’estremismo violento è inteso a volte come terrorismo domestico, quindi azioni violente perpetrate da gruppi estremisti nazionali, altre riconducibili sempre alla sfera internazionale, come sinonimo di terrorismo di matrice jihadista. Un’altra chiave di lettura per l’identificazione del concetto potrebbe riguardare l’attenzione posta sulle metodologie utilizzate quando si parla di gruppi terroristi e sulle ideologie quando ci si riferisce a gruppi o movimenti dell’estremismo violento[69].
4.I movimenti di estrema destra
Come abbiamo già trattato nel primo paragrafo, non esiste una sola matrice terroristica e, nonostante l’attenzione nell’ultimo ventennio si sia focalizzata quasi esclusivamente sul jihadismo, i movimenti violenti di estrema destra – che non rappresentano certo una novità – sono emersi, di recente, in maniera più eclatante rispetto al passato.
La rilevanza dei movimenti estremisti è così elevata che potrebbero addirittura essere ricompresi nella disciplina delle risoluzioni onusiane, considerando che ormai nelle risoluzioni di condanna non si riferiscono solo al terrorismo internazionale ma esprimono un monito anche nei confronti dell’estremismo violento che, a sua volta, assume diverse connotazioni.
Negli ultimi dieci anni, nel mondo occidentale sono aumentati in maniera rilevante gli eventi riconducibili a soggetti radicalizzati e appartenenti alla corrente di estrema destra.
In primo luogo, occorre sottolineare che gli estremisti di destra fanno parte di movimenti e non gruppi (come invece accade per i jihadisti). La differenza principale è data dall’impossibilità di definire una struttura chiara sia nella gerarchia interna sia nell’organizzazione e nel finanziamento per i movimenti, visto che si tratta, il più delle volte, di soggetti che agiscono in maniera individuale, al contrario di quanto avviene in un gruppo, per il quale è possibile definire una struttura puntuale, l’organizzazione e le fonti di finanziamento.
Il successo dei movimenti di estrema destra, al giorno d’oggi, è da attribuire forse al particolare contesto storico in cui viviamo, caratterizzato da un susseguirsi di situazioni di crisi – prima quella economica del 2007-2008 e poi del debito sovrano nel 2010-2011 – fino all’attuale emergenza sanitaria, che ha stravolto la quotidianità in ogni parte del mondo negli ultimi due anni. Infatti, queste situazioni di crisi rappresentano un terreno fertile per le ideologie di destra, le quali approfittano della paura della popolazione, dell’insoddisfazione, dei disagi causati dalla crisi, per far leva su quest’ultima a proprio favore, incrementando le proprie file per tentare di alterare l’ordine.
Oltre al saper sfruttare le situazioni di crisi, tra le caratteristiche che più contraddistinguono gli estremisti di destra rientrano, sicuramente, i sentimenti d’odio: dalle ideologie nazionaliste al razzismo, passando per rifiuto di tutto ciò che reputano diverso da loro, trovando il loro principale capro espiatorio negli immigrati, ebrei e musulmani.
Tutti questi elementi sono presenti nei principali movimenti di estrema destra in Europa.
In Francia, si è affermato Génération Identitaire, movimento nato dai giovani del gruppo “Nouvelle Droite”. Il movimento si presenta come reazione alla minaccia continua imposta dai migranti e, grazie ai social, ha preso piede anche in altri Paesi in cui è stato fondato il movimento (Generazione identitaria in Italia[70], Generation identity nel Regno Unito e movimenti simili in Austria e Germania[71]), portando avanti dal maggio 2017 un’iniziativa dal nome “Defend Europe”[72] con l’idea di proteggere l’identità europea ostacolando le ONG durante le attività di soccorso in mare – per evitare, dunque, l’ingresso di nuovi immigrati in Europa.
Nel Regno Unito, assumono particolare rilevanza: l’ English Defence League (EDL) e Britain First.
Il primo svolge la sua attività principalmente attraverso manifestazioni in piazza e sui social – soprattutto Facebook e YouTube. Il secondo, islamofobo, sostiene il conservatorismo della cultura britannica contro il multiculturalismo che dilaga. Ripetutamente ha mostrato il proprio disappunto circa l’elezione del sindaco di Londra, londinese con genitori pakistani. Inoltre, il movimento ha annunciato, nel 2016, l’intenzione di fondersi con America First – sostenitore di Trump – senza trovare l’accordo.
In Germania, a partire dal 2015, si è affermato il movimento islamofobo PEGIDA[73] (Europei patriottici contro l’islamizzazione dell’Occidente), che ritiene le politiche migratorie del paese eccessivamente permissive e pericolose per la sicurezza, appoggiato da una diramazione in Svizzera, creata all’indomani dagli attentati di Charlie Hebdo.
In Italia, tra i movimenti di estrema destra responsabili di numerose aggressioni rientrano CasaPound e Forza Nuova, entrambe costituitesi poi in partiti politici. Il primo di matrice neofascista-populista, mentre, il secondo mostra particolari tendenze xenofobe e omofobe.
Anche la destra politica, negli ultimi anni sta approfittando dell’insicurezza generale per far leva su una campagna discriminatoria. A rimarcare il concetto, il dato che nel continente europeo ben 39 Paesi hanno un partito di estrema destra in Parlamento[74] collegati direttamente ai movimenti appena elencati: National Front in Francia, British National Party e British first nel Regno Unito, Sweden Democrats in Svezia, Golden Dawn in Grecia, Law and Justice in Polonia, Party for Freedom nei Paesi Bassi, Danish People’s Party in Danimarca, Nationaldemokratische Partei Deutschlands in Germania, Vox in Spagna, Fratelli d’Italia in Italia.
4.1.Il modus operandi degli attentatori di destra
Ma prima di diventare attentatori, i soggetti che sposano le idee della destra radicale subiscono un processo di radicalizzazione – simile a quanto avviene per i terroristi jihadisti.
Secondo il RAN esistono almeno nove fattori tematici che potrebbero condurre il soggetto verso movimenti estremisti: fattori sociali-psicologici (rabbia e senso di ingiustizia), fattori sociali (discriminazione), fattori politici (narrativa noi contro loro), fattori ideologici, crisi d’identità e culturale, dinamiche di gruppo, trauma psicologico, strategie di reclutamento, e social[75].
Nonostante vi siano molte similitudini in merito al processo di radicalizzazione jihadista e di estrema destra, una prima differenza attiene alle motivazioni che portano alla radicalizzazione.
In particolare, i fattori sociali discriminatori intervengono più comunemente nei jihadisti, così come le dinamiche di gruppo (intese come amici o familiari che fanno parte di un gruppo violento e che spingono il soggetto al coinvolgimento, all’adesione), e le strategie di reclutamento (che spesso intervengono in contesti di particolare vulnerabilità – il cui canale preferenziale resta il carcere).
Al contrario, il processo di radicalizzazione di far–right avviene in maniera più individuale, caratterizzato da sentimenti di rabbia, o senso di ingiustizia, che spingono il soggetto alla ricerca – in maniera autonoma – di una soluzione a quello che lui ritiene essere il problema: il più delle volte, riconducibile alla razza e all’immigrazione.
In merito ai canali per la radicalizzazione, come anticipato, è frequente che questo processo avvenga in carcere per il jihadismo, ma non è il solo metodo, infatti, lo Stato islamico è da sempre il pioniere nell’uso dei social come canale preferenziale per il reclutamento.
Proprio per questo, data l’importanza che hanno assunto i social, grazie alla velocità di informazione e alla portata universale, lo rendono il metodo utilizzato più frequentemente. Se i social rappresentano il veicolo preferenziale per il reclutamento jihadista, nel caso specifico degli estremisti di destra, il processo di radicalizzazione avviene quasi esclusivamente tramite i social.
I principali canali attraverso cui i soggetti radicalizzati si avvicinano alle idee estremiste comprendono l’utilizzo di piattaforme comuni (come Twitter, YouTube, Twitch e Reddit), canali strumentalizzati esclusivamente da estremisti (come 4chan e la sua versione più estrema 8chan), e applicazioni di messaggistica (tra cui spiccano i gruppi Telegram).
L’uso dei social, con il tempo, ha assunto particolare importanza non solo per il processo di radicalizzazione ma anche perché rappresentano la sede in cui spesso vengono annunciate le intenzioni di compiere un attacco violento, in cui si pubblica il proprio manifesto ideologico o da cui si trasmette in diretta l’attentato, come avvenuto nel caso di Breivik, Tarrant, Manshaus, Balliet e Rathjen.
Da questo punto di vista, ha influito l’operato dello Stato islamico, il quale ha stravolto il sistema di affiliazione, giuramento e radicalizzazione utilizzato in precedenza da al-Qaeda: mentre quest’ultima è da sempre più attenta al processo di affiliazione, richiedendo in ogni caso un giuramento prima di compiere un attentato in nome dell’organizzazione terroristica – offrendo, di conseguenza, una più agile possibilità di ricondurre l’azione al gruppo -, l’ISIS ha preferito estendere la propria platea di affiliati, invitando ad unirsi alla causa da qualunque parte del mondo per combattere i miscredenti (kāfir) e favorendo anche la promozione di tecniche improvvisate di «terrorismo fai da te», provocando il significativo aumento del fenomeno dei lupi solitari.
Così, prendendo spunto dal modus operandi degli attentati perpetrati dallo Stato islamico e dalla diffusione del fenomeno dei lupi solitari, gli estremisti di destra hanno iniziato a compiere attacchi in solitaria, prendendo di mira luoghi di culto, principalmente con armi da fuoco o, meno frequentemente, investendo la folla.
Prima di compiere l’attentato, però, gli estremisti di destra sono soliti pubblicare un manifesto, in cui giustificano l’attacco ed espongono le proprie teorie. Dall’analisi dei manifesti emergono temi ridondanti: la razza, l’Europa, la politica e l’autodifesa. In primo luogo, le motivazioni sono sempre ricondotte a problemi di razza, immigrazione e religione, invocando la sostituzione culturale della razza bianca. Per quanto riguarda l’Europa, è il fulcro dei valori occidentali che l’attentatore vede gravemente minacciati dal continuo aumento di immigrati.
In merito alla classe politica, gli estremisti di destra condannano l’incapacità di ostacolare i flussi migratori, e, dunque, la ritengono colpevole di aver provocato la sostituzione della razza bianca.
Ancora, l’estremista di destra sente l’esigenza di farsi giustizia da solo: si dichiarano spesso scoraggiati dall’incapacità politica, da cui deriva la decisione di compiere un attentato, con il quale si auto-eleggono difensori del popolo.
Inoltre, se è vero che gli estremisti di destra agiscono in maniera totalmente autonoma è anche vero che possono subire delle influenze da altri radicalizzati. Dall’analisi dei manifesti emerge che, sebbene si tratti di attacchi compiuti da soggetti che, il più delle volte, non dichiarano alcuna affiliazione a movimenti o partiti politici estremisti, è possibile evidenziare alcuni elementi in comune.
Pur non conoscendosi, più volte, gli attentatori richiamano l’azione compiuta in precedenza da un altro estremista, creando una certa sequenzialità nelle azioni, una reazione a catena[76]: è il caso di Christchurch, che richiama l’evento di Macerata e di Oslo, il quale a sua volta, fornisce un modello esemplificativo per gli attacchi di Poway, El Paso e Baerum.
4.2.Le teorie complottiste
Si è già affermato come gli estremisti di destra traggano profitto dalle situazioni di crisi e come, effettivamente, riescano a peggiorare un contesto già instabile, sfruttando la diffusione di teorie complottiste, spesso vuote di contenuti ma alimentate da fake news.
Una delle più grandi teorie cospirazioniste è il «Great replacement», elaborata in Francia da membri di Generazione identitaria, secondo cui è in atto una grande sostituzione: si procede al rimpiazzo dell’identità culturale europea attraverso il c.d. «genocidio bianco», messo in atto lentamente dall’insieme di sistemi di immigrazione, integrazione e violenza sui bianchi.
Simile alla teoria del grande rimpiazzo, l’«Eurabia», ideata all’inizio degli anni 2000, secondo cui la cultura occidentale sarebbe stata lentamente inglobata dalle regole islamiche. Ad agevolare la diffusione di certe notizie, in più occasioni, anche i politici di estrema destra, i quali hanno fatto riferimento ad un linguaggio che richiamasse la teoria. In particolare, Orban descrive i rifugiati come “Muslim invaders”, Salvini più volte richiama l’idea di dover fermare l’invasione dei migranti, mentre, in Spagna il presidente di Vox Sevilla ha retwittato un video sulle teorie complottiste e, infine, un candidato tedesco al Parlamento europeo ha fatto riferimento al dover imparare dalla storia europea per evitare che l’Europa si possa trasformare in Eurabia[77].
Sulla scia del Grande rimpiazzo, l’«accelerazionismo» – ripresa anche durante qualche attentato di estrema destra -, teoria secondo la quale uno scontro tra le razze sia inevitabile[78] e, quindi, tramite gli atti violenti, i suprematisti bianchi tentano di accelerare il momento in cui scoppierà il conflitto con le minoranze (facendo riferimento soprattutto ad ebrei e islamici).
Un’altra teoria cospirazionista a cui fanno riferimento gli estremisti di destra si ricollega al film The Matrix, citando la red pill, la pillola che, una volta ingerita, renderebbe capaci di vedere il mondo reale a chiunque ne facesse uso, come una sorta di epifania. Secondo questa teoria, i nazionalisti bianchi, così, si presentano come coloro i quali possono offrire la pillola rossa ai non-consapevoli per offrire loro una nuova visione del mondo, grazie alla quale si realizzerebbero di aver vissuto in una bugia e con la quale potersi rendere conto del «genocidio» in corso contro la «razza bianca»[79].
Un altro modo per indicare la teoria – ma sempre citando Matrix -, è il riferimento ad Alice in Wonderland, secondo cui la pillola rossa potrebbe portare «down the rabbit hole». Ispirandosi a questa teoria, spesso, gli username sulle piattaforme frequentate da estremisti di destra richiamano il White Rabbit (per esempio Whitest Rabbit, Eurorabbit), o la redpill (per esempio RedPill Rabbit).
Collegata a quest’ultima, la teoria cospirazionista degli incel: i celibi involontari. Il movimento degli incel si riferisce soprattutto a uomini etero che desiderano una relazione ma non riescono a trovare un partner ideale, portando i soggetti ad estremizzare comportamenti misogini.
Tra gli elementi che costituiscono le basi della teoria degli incel il ruolo della donna nella società contemporanea. Secondo i celibi involontari, infatti, la causa della loro condizione è da ricercare, in primo luogo, nelle donne, che ingiustamente li ritengono non attraenti e non in grado di ricevere le loro attenzioni e, in secondo luogo, incolpano la società nella quale viviamo[80] per basare il successo su canoni di bellezza e realizzazione lavorativa, spingendo le donne a voler fare carriera piuttosto che trovare marito. Bersaglio principale degli incel diventano, dunque, le donne attraenti e in carriera ma non si limitano solo a questo, spesso il loro obiettivo diventano anche gli uomini, ritenuti più attraenti di loro, al punto tale da spingerli a compiere atti di violenza.
Il fenomeno recentemente è approvato anche sui social, frequentato principalmente da giovanissimi: TikTok. Il nuovo social, nonostante abbia riscosso abbastanza successo negli ultimi anni, finora ha eluso ogni forma di controllo dei commenti d’odio e misoginia, diventando un nuovo canale preferenziale per la diffusione di ideologie estremiste e rendendo necessario il bisogno di dover controllare in maniera più approfondita ciò che viene pubblicato sui social[81].
Oltre alle più classiche teorie cospirazioniste, appena elencate, sicuramente la pandemia da Covid-19 ha offerto un terreno fertile agli estremisti bianchi.
Ad enfatizzare i sentimenti razzisti, in prima battuta, l’origine del virus. Se, dal 2012, la crisi dei rifugiati in Europa ha contribuito ad aumentare significativamente le reti degli estremisti di destra, contribuendo anche alla diffusione di idee xenofobe e razziste, il fatto che il virus fosse scoppiato in Cina ha fatto in modo che l’attenzione di questi gruppi di suprematisti bianchi si focalizzasse sull’attribuirne le responsabilità, alimentando sentimenti razzisti nei confronti dei cinesi.
Successivamente, si è diffusa l’idea che il Covid-19 non esistesse, che fosse solo un modo per i «poteri forti» di rinchiudere la popolazione mondiale, seguita dall’ipotesi secondo cui il virus fosse stato creato in laboratorio e diffuso volontariamente per risolvere il problema della sovrappopolazione mondiale.
Ancora, con la diffusione dei vaccini contro l’infezione da Covid-19, invece, sono emerse nuove teorie complottiste: insieme all’inoculazione del vaccino il paziente avrebbe ricevuto, senza esserne al corrente, anche la somministrazione di un microchip, il quale svolgerebbe una funzione di controllo della popolazione. Simile a questa, la teoria della correlazione tra il vaccino e il 5G, secondo cui la diffusione del virus sia avvenuta proprio tramite queste antenne – la diffusione di questa teoria ha comportato, in maniera quasi sincrona, il danneggiamento di molte antenne di 5G in Europa per mano dei no–vax (coloro i quali si oppongono al vaccino).
Dunque, con l’analisi delle teorie complottiste più famose e recenti, emerge in maniera piuttosto evidente come la strategia degli estremisti di destra sia proprio quella di incitare la popolazione a ribellarsi, cercando adesioni da parte di soggetti vulnerabili per raggiungere l’obiettivo.
4.3.Profili: chi sono gli estremisti di destra
Finora è emerso come gli estremisti di destra siano accumunati dal sostegno incondizionato alle diverse teorie complottiste. Allo stesso modo, questi soggetti hanno sempre in comune la caratteristica di provare sentimenti d’odio verso alcune minoranze, compiendo attacchi a sfondo religioso, raziale o sessuale. Questo rende possibile tracciare una sorta di profilo dell’estremista di destra: si tratta, principalmente, di uomini (96% dei casi) di età compresa tra i 16 e i 58 anni, un terzo del totale è disoccupato, un terzo lavora nel settore amministrativo e nel 14% dei casi si tratta di studenti[82].
In merito all’importanza dei social, come canale principale per la diffusione delle ideologie estremiste, uno studio[83] registra che sul totale il 54% attinge a risorse su internet, tendenza in aumento negli anni: infatti, il 32% degli attentatori ha fatto ricorso a risorse su internet per preparare l’azione violenta; almeno il 30% ha avuto accesso a contenuti ideologici di estrema destra online, mentre il 29% ha avuto interazioni dirette con altri estremisti, principalmente via e-mail e forum.
Per quanto concerne le comunicazioni tra radicalizzati, è chiaro che la percentuale in questione sia decisamente aumentata sia perché lo studio in questione, essendo stato pubblicato nel 2017, non prende in considerazione l’uso che gli estremisti hanno fatto delle piattaforme a disposizione – Telegram ha avuto un boom di iscritti nel 2018 grazie alle chat criptate, Twitch canale per le dirette registra un boom nello stesso periodo, mentre TikTok ha preso piede solo negli ultimi due anni – sia perché con la pandemia e il lockdown l’intera popolazione mondiale si è ritrovata a dover stare in casa e ad utilizzare la connessione come unico strumento per comunicare.
Dalla chiusura totale adottata per affrontare l’emergenza sanitaria è scaturito, oltre all’incremento delle comunicazioni virtuali, un aumento del tasso di disoccupazione generando ulteriore malcontento, di cui gli estremisti si sono approfittati anche nelle fasi successive di leggere aperture, quando le manifestazioni in piazza per esprimere i diversi contesti di insofferenza sociale hanno visto l’affluenza anche di movimenti di destra sia in Italia[84] che in Germania[85]. In particolare, in Italia negli ultimi mesi si sono svolte con frequenza manifestazioni popolari che hanno riempito le maggiori piazze della Penisola per opporsi all’introduzione del passaporto vaccinale, creando restrizioni specifiche per i non vaccinati. È già stato opportunamente trattato il rifiuto dei gruppi estremisti sia nei confronti del vaccino sia, in maniera più generica, ad accettare la gravità della situazione pandemica. Questo, ha provocato la formazione di una strana alleanza di fatto: alle manifestazioni no-vax si ritrovano principalmente raggruppamenti anarchici, sindacalisti, neofascisti e gruppi cattolici ultraconservatori. Allo stesso modo, in Germania, durante l’anno precedente, le restrizioni imposte per frenare la diffusione della pandemia hanno provocato manifestazioni di piazza con la partecipazione di no-vax, teorici della cospirazione, estremisti di sinistra, neonazisti e altri senza particolare affiliazione politica.
Sebbene questi episodi non debbano essere trascurati, il caso più estremo e di rappresentazione massima della pericolosità dei movimenti di estrema destra è dato dall’episodio del 6 gennaio a Capitol Hill. Nel corso della sua presidenza, Trump è stato considerato il più grande incitatore delle teorie cospirazioniste e divulgatore di fake news, al punto tale da non accettare la sconfitta elettorale del novembre 2020, tentando di contestare i risultati e, non avendo successo, arrivando ad incitare i propri seguaci a tentare di ribaltare il risultato. Gli incoraggiamenti di Trump su Twitter («ci vediamo il sei gennaio non mancate») si sono trasformati in realtà quando, il giorno della cerimonia per il nuovo Presidente eletto, gruppi di manifestanti hanno assaltato la sede del Governo americano.
Tra la folla, almeno tre gruppi dell’estrema destra americana: gli Oath Keepers (radicali antigoverno), i Three Percenters (radicali antigoverno) e i Proud Boys (suprematisti bianchi)[86].
Dunque, è evidente come soprattutto gli estremisti di destra cerchino di approfittare del delicato periodo storico in cui viviamo, facendo leva sui diffusi disagi e infiltrandosi nelle proteste per veicolarle verso altri scopi, favorendo la diffusione delle teorie cospirazioniste e cercando di diffondere la propria critica alle istituzioni, alla politica, incapaci di risolvere le problematiche.
6.Conclusioni: nuove sfide per contrastare l’estremismo violento di destra
In riferimento agli estremisti di destra è già emerso come non vi sia accordo tra gli Stati e l’esistenza di varie accezioni per riferirsi ai soggetti coinvolti. Tra i termini più comuni, sicuramente: suprematisti bianchi, neonazisti, neofascisti, ultranazionalisti. Allo stesso modo, è emerso come il fenomeno raccolga sotto un unico concetto diverse ideologie e caratteristiche (in alcuni casi si parla di sentimenti razzisti, altre volte xenofobi; alcune volte il target è l’ebreo, il musulmano, altre semplicemente l’immigrato), ma tutte accumunate da sentimenti d’odio.
Ciò che è certo è che, negli ultimi anni, si è affermato un aumento sostanziale di soggetti che si avvicinano alle ideologie dell’estremismo di destra, grazie soprattutto alla propaganda sui social. Nonostante ci siano più potenziali estremisti, però, il numero di attentati completati non subisce lo stesso preoccupante incremento. Dunque, pur non aumentando le azioni violente contro i target (in questo caso si parlerebbe di semplice violenza) o le azioni premeditate per infliggere terrore e ottenere ripercussioni politiche (terrorismo), aumentano i crimini d’odio, attacchi a sfondo religioso, raziale o sessuale che colpisce certe minoranze. Ma, questo non significa che la minaccia deve essere sottovalutata ma che, piuttosto, opera in maniera distinta rispetto a quanto analizzato finora con il terrorismo.
In particolare, gli eventi del 6 gennaio hanno spinto, nel giugno dello stesso anno, gli Stati Uniti a formulare una strategia per ostacolare il terrorismo domestico, articolata in quattro pilastri: analizzare il fenomeno e favorire la condivisione di informazioni; prevenire l’home terrorism; reprimere l’attività del terrorismo domestico – affrontando il problema della radicalizzazione online -; affrontare i finanziatori a lungo termine. Inoltre, nel tentativo di adottare una strategia ben definita per ostacolare il fenomeno, accanto al concetto di domestic terrorism and violent extremism negli Stati Uniti si considera, negli ultimi anni, la sottocategoria del racially and ethnical motivated violent extremism (REMVE)[87].
Per REMVE si intendono quegli attacchi terroristici perpetrati da actors and groups who have ideological agendas derived from bias, often related to race or ethnicity, held by the actor against others, including a given population group[88].
La definizione americana della sottocategoria dell’estremismo violento viene ripresa anche dal Global Counterterrorism Forum, attualmente impegnato nella ricerca di una definizione puntale del fenomeno per l’elaborazione di una strategia comune[89]. Il GCTF sottolinea la difficoltà di procedere alla definizione del problema perché gli Stati membri ed esperti utilizzano espressioni diverse per descrivere il fenomeno: REMVE, estremismo violento ideologicamente motivato, terrorismo di destra, terrorismo di estrema destra, estremismo violento di destra, terrorismo suprematista bianco[90].
Allo stesso modo, si riconosce in seno alle Nazioni Unite l’aumento esponenziale degli attacchi dell’estrema destra violenta:
We have witnessed a growth in terrorism and violent extremism driven by xenophobia, racism and other forms of intolerance which have found fertile ground in hateful ideologies that amplify and reinforce each other across borders[91].
Sebbene siano stati compiuti passi in avanti nell’individuare il fenomeno, non si è ancora in grado di elaborare una strategia. In merito all’Europa, neanche in questo caso esiste una strategia differenziata per i movimenti di estrema destra.
In particolare, analizzando il TESAT (Terrorism Situation and Trend Report), rapporto annuale dell’Europol, emerge chiaramente che si è davanti ad un fenomeno abbastanza eterogeneo e si afferma che esistano tipologie diverse di estremismo violento – analizzandole separatamente – ma che spetta all’European Counterterrorism Centre esaminare il terrorismo in ogni sua sfaccettatura per adottare una strategia complessiva. Per ultimo, l’analisi del RAN, il quale riconosce che, essendo un fenomeno datato, alcuni Paesi membri hanno già adottato delle strategie per fronteggiare la minaccia dell’estremismo violento di destra, invitando l’Unione a rivedere i piani d’azione passati per rispondere alle sfide attuali e future.
Appare, dunque, evidente che emerge una certa difficoltà ad elaborare una strategia per limitare la diffusione dell’estremismo violento dovuta principalmente a due motivazioni: la confusione e la mancanza di uniformità. In primo luogo, spesso si confondono i termini: terrorismo ed estremismo violento vengono utilizzati come sinonimi quando invece descrivono due fenomeni diversi. Il terrorismo attiene ad una violenza perpetrata da un gruppo con struttura gerarchica ben definita, mentre il concetto di estremismo violento nasce con una connotazione più ampia, soprattutto in considerazione del fatto che non è detto che conduca alla violenza o ad atti terroristici. In secondo luogo, nonostante manchi una definizione puntale di terrorismo vi è un certo accordo implicito circa le motivazioni, le caratteristiche del fenomeno – violenza illegittima perpetrata incutere terrore nella collettività con l’obiettivo di destabilizzarne l’ordine, – uniformità che viene meno quando si tratta di definire l’estremismo violento.
Pertanto, il principale problema scaturisce da come si affronta il fenomeno. L’attenzione al terrorismo, negli ultimi vent’anni, si è focalizzata (quasi) esclusivamente sulla matrice islamica, elaborando misure per prevenire e ostacolare la diffusione del fenomeno, trascurando le altre forme di violenza. Ed è proprio quando ci si è resi conto di questa mancanza che il concetto di estremismo violento è stato introdotto dalle Nazioni Unite, consapevoli di non poter adottare esclusivamente misure di counterterrorism ma di dover ampliare l’analisi, partendo dallo studio di quei fenomeni di estremismo violento che potrebbero condurre al terrorismo – considerando, però, ancora una volta la sola matrice jihadista. Però, a seguito della caratteristica mutevole del fenomeno, oggi con il concetto di estremismo violento nelle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza non si intende più esclusivamente una sottocategoria del terrorismo di matrice islamica.
Allo stesso tempo, però, con il diffondersi del fenomeno, l’estremismo di destra non ha assunto la stessa cassa di risonanza del jihadismo perché si è trascurata la componente transnazionale, reputando ciascun evento violento come una condotta del singolo e un problema esclusivamente nazionale.
Al contrario, è evidente che sebbene questi soggetti agiscano in maniera autonoma e indipendente non si possa considerare un fenomeno interno se i simpatizzanti siano in un certo senso collegati, dato che, in più occasioni, è emerso che un attentatore era stato ispirato da manifesti o video che immortalano altre azioni violente.
Dunque, quando i diversi Stati affrontano gli attacchi in maniera differente rendono più difficile comprendere la portata della minaccia e la definizione di una strategia universale. Infatti, solo nel 2019 la Francia ha subito due attacchi potenzialmente di estrema destra che non sono stati classificati come tali, alternando l’analisi globale. In particolare, i due casi appena citati si riferiscono alla sparatoria, nel mese di giugno, da parte di un soggetto con problemi mentali avvenuta fuori da un centro islamico a Brest, poco prima che si suicidasse e all’attacco ad una moschea che, solo pochi mesi dopo, era stato compiuto da un uomo che aveva dichiarato la sua adesione a teorie complottiste ed espresso sentimenti di odio per gli islamici[92].
Da questo punto di vista, ancora più difficile è ostacolare il finanziamento agli estremisti di destra perché, a differenza del terrorismo di matrice islamica, gli attentatori non necessitano di particolari risorse per compiere gli attacchi, limitandosi a utilizzare armi da fuoco o, al massimo, noleggiare mezzi per poi scagliarsi contro la folla, contrariamente agli attacchi esplosivi di matrice jihadista.
Tutte queste motivazioni rendono complicata la definizione di una strategia comune perché è difficile inquadrare il fenomeno stesso.
Le sfide nel breve periodo dovrebbero concentrarsi su un’analisi dinamica, considerando il fenomeno in continuo mutamento; migliorare la comparazione transnazionale; affrontare il problema delle piattaforme online, rimuovendo i contenuti che incitano all’odio e facilitano la radicalizzazione; e, in ultima analisi, migliorare il quadro giuridico di riferimento, spingendo gli Stati membri a perseguire penalmente gli attentatori in quanto tali.
APPENDICE – Elenco di alcuni dei recenti attentati
L’elenco comprende principalmente attacchi compiuti all’interno dell’Unione Europea riconosciuti dal TESAT[93] come estrema di destra – nonostante alcuni di questi non vengano classificati come terrorismo nel paese in cui sono stati commessi.
Si inseriscono, inoltre, alcuni attentati commessi fuori dall’Unione ma che assumono rilevanza per la stretta correlazione tra gli eventi.
- Oslo e Utøya
Il duplice attacco in Norvegia nel 2011 è di fondamentale importanza per comprendere gli eventi successivi. Per la prima volta, l’attentatore è europeo e non ha alcun legame con il terrorismo di matrice islamico- jihadista.
Anders Behring Breivik, un norvegese sulla trentina, il 22 luglio 2011 piazza un’autobomba contro le sedi governative provocando 8 morti e oltre 200 feriti per poi recarsi sull’isola di Utøya, dove due ore dopo, apre il fuoco contro dei ragazzi universitari che si trovavano al campus per partecipare ad una riunione della sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese, uccidendo 69 persone e ferendone un centinaio.
Riconosciuto come sano di mente, è stato condannato a scontare 21 anni di carcere – pena massima in Norvegia – e tra le motivazioni che lo spinsero all’attacco l’idea, già definita nel suo “compendio” di 1518 pagine, di dover «contribute to preserve our identity, our culture and our national sovereignty by preventing the ongoing Islamisation».
Fonte: https://tg24.sky.it/mondo/2021/07/22/strage-oslo-utoya-breivik-anniversario
- Londra
Vicino a Finsbury Park, a Londra, si trova una moschea, la Muslim Welfare House, in cui molti musulmani si riunivano nel mese del Ramadan quando il 19 giugno 2017 Darren Osborne ha preso di mira la folla che usciva dalla moschea, assalendo i passanti con un furgone, provocando un morto e nove feriti.
Lo scopo dell’attacco era proprio colpire e uccidere quanti più musulmani possibili, ritenuti colpevoli degli attentati terroristici di matrice islamista compiuti nel Regno Unito nel marzo 2017 e solo alcuni giorni prima dell’attacco di Osborne.
L’attentatore, anche questa volta, si trovava in possesso di materiale dell’estrema destra della English Defense League (EDL) e del Britain First che, secondo il giudice, in poco tempo ha completamente cambiato la mentalità del soggetto spingendolo verso l’odio per i musulmani, capro espiatorio per gli attentati compiuti in nome del sedicente Stato islamico, e verso il compimento di atti estremi.
- Macerata
A seguito di un episodio di violenze su una donna a Macerata a carico di un immigrato, nel febbraio 2018, Luca Traini, un giovane marchigiano, decide di dover cercare di ottenere giustizia da solo per debellare il principale problema che, secondo lui, affligge la società: gli immigrati.
Traini decide allora di salire sulla sua auto, armato, raggiungere la stazione centrale e sparare contro chiunque avesse la pelle scura provocando sei feriti – e fortunatamente nessun morto. Fermato dalle Forze dell’Ordine, appena sceso dalla sua auto per recarsi al Monumento ai Caduti, simulando il saluto romano con una bandiera tricolore al collo e urlando “viva l’Italia”. Traini verrà condannato ad una pena di 12 anni.
Verranno ritrovati in casa dell’attentatore una copia del Mein Kampf, una bandiera con la croce celtica e altri elementi che lo collegassero all’estrema destra, sebbene fosse stato anche candidato nella lista locale della Lega – seppur senza ottenere voti. Dai conoscenti verrà, inoltre, definito come particolarmente ossessionato dagli immigrati, cacciato dalla palestra per commenti razzisti e come un soggetto con problematiche pregresse.
- Christchurch
Nel marzo 2018, durante la preghiera del venerdì Brenton Harrison Tarrant aprì una sparatoria in due diverse moschee a Christchurch, in Nuova Zelanda.
Tarrant si è recato prima alla moschea di Al Noor dove ha iniziato a sparare sui fedeli per poi dirigersi con la propria auto verso il centro islamico di Linwood, ma non riuscendo ad entrare nella struttura religiosa, ha dapprima iniziato a sparare alle persone che si trovavano fuori, scatenando l’allerta dall’interno per poi entrare e uccidere altre persone. Il totale delle vittime procurato dall’attacco di Tarrant è di 51 morti e 49 feriti.
L’attacco in Nuova Zelanda segna un punto di svolta nella narrazione degli attacchi da parte di estremisti. Per la prima volta si assiste all’uso strumentale dei social, con una diretta su Facebook prima e durante la prima sparatoria oltre alla pubblicazione di un manifesto, “The Great replacement”. Inoltre, sulle armi usate da Tarrant venivano riportati nomi di eventi o persone che hanno combattuto contro i musulmani, tra cui veniva riportato anche il nome di Luca Traini, il che riporta una certa interconnessione tra gli attacchi e il network di estrema destra.
Fonte: https://www.bbc.com/news/world-asia-47582183
- Londra
Appena un giorno dopo l’evento di Christchurch in Nuova Zelanda, Vincent Fuller, un uomo inglese di cinquant’anni, vagando in mezzo alla strada alla ricerca di un bersaglio con una mazza da baseball e armato di coltello, ha colpito un diciannovenne di origine bulgara, il quale si trovava all’interno della propria vettura. In preda al momento di rabbia, Fuller avrebbe urlato frasi contro i musulmani, affermando di volerli uccidere e dichiarandosi a favore di un “governo dei suprematisti bianchi”. Successivamente all’arresto di Fuller, si accertò uno stato confusionale derivato dall’uso di alcol e droghe e la presenza nel suo telefono del video dell’attacco di Christchurch, che avrebbe rappresentato l’eroe da emulare.
Fonte: https://www.bbc.com/news/uk-england-surrey-49652977
- Poway
Nell’aprile del 2019 in California, un diciannovenne, già noto alle forze dell’ordine statunitensi per essere responsabile di aver appiccato solo un mese prima un incendio in una moschea, entrò in una sinagoga sparando sui presenti provocando un morto e tre feriti.
John T. Earnest ha ammesso la propria colpevolezza, confermando di aver perpetrato crimini d’odio sia contro ebrei che musulmani e dovendo far fronte ad una pena di oltre 30 anni.
Anche nel caso di Earnest sembra esserci un collegamento con i movimenti di estrema destra, avendo trovato – anche in questo caso – dei manifesti ricchi di affermazioni in cui si afferma la volontà di voler uccidere ebrei e musulmani, emulando gli esempi di Pittsburgh e Christchurch.
Fonte: https://edition.cnn.com/2021/09/18/us/poway-synagogue-attack-verdict/index.html
- Hessen
Il 2 giugno 2019 a Kassel, nella regione di Hessen, è stato trovato morto nella propria abitazione il presidente del distretto, Walter Lübcke.
Secondo le ricostruzioni, Stephan Ernst si sarebbe introdotto in casa passando dal terrazzo, dove è stato trovato il corpo del deputato a cui avrebbe sparato un colpo in testa. Ben due settimane dopo l’uccisione sarebbe stato arrestato confessando l’accaduto per poi ritrattare e accusare il suo complice. Ad oggi, Ernst si trova in carcere per scontare una condanna a vita per aver ucciso il deputato con scopi politici.
Infatti, il motivo dietro l’uccisione di Lübcke sarebbe da ricondurre alla sua campagna politica a favore dei migranti, avendo promesso di accogliere rifugiati siriani nel distretto.
Inoltre, tre anni prima del gesto estremo ai danni del politico tedesco, Ernst avrebbe tentato di uccidere un rifugiato iracheno, facendo emergere una serie di attacchi contro persone di origine araba e turca e un collegamento all’estremismo di destra sin da quando aveva 15 anni.
*L’evento viene inserito nell’elenco di attacchi compiuti da estremisti di destra del TESAT 2020 anche se si sottolinea che, in Germania, l’evento non è stato considerato come terrorismo.
Fonte: https://www.dw.com/en/neo-nazi-convicted-of-german-politicians-murder/a-56366905
- El Paso
Nell’agosto del 2019, nuovamente negli Stati Uniti, in una sparatoria all’interno di un supermercato Walmart rimasero ferite una ventina di persone e altrettante morirono per mano di un estremista di destra, Patrick Crusius.
Successivamente all’accaduto è emerso che l’attentatore fosse un repubblicano, incallito sostenitore di Trump e di politici di destra su Twitter – anche se il profilo non veniva aggiornato da un paio d’anni.
L’attacco è da ricondurre nella serie di eventi collegati all’estremismo di destra non perché Crusius fosse un sostenitore ma per la dichiarazione successiva all’arresto in cui ha dichiarato di aver preso di mira i messicani e per la pubblicazione di un manifesto suprematista in cui si elogiava l’attentato di Tarrant e si attaccavano gli immigrati ispanici e latinoamericani.
- Baerum
Estate del 2019. Pochi giorni dopo l’attacco al supermercato in Texas, in Norvegia la storia si ripete a soli 20 chilometri da Oslo. Philip Manshaus, dopo aver ucciso la sorellastra diciassettenne – sempre per motivi di razza, viste le origini cinesi della ragazza che verrà trovata in casa dopo l’arresto – armato con due fucili e una pistola prese d’assalto la moschea di Al Noor (stesso nome della moschea presa d’assalto in Nuova Zelanda) trasmettendo in una diretta Facebook l’accaduto e avendo annunciato l’attacco su un social molto usato dagli estremisti, 8chan.
Manshaus dichiarava di essere stato scelto da “San” Tarrant – l’attentatore di Christchurch – per liberare il suo paese, lodando, inoltre, gli attacchi di Poway e di El Paso per aver combattuto la minaccia migratoria. L’obiettivo principale dell’autore dell’attacco era uccidere il maggior numero di musulmani per stimola una guerra tra razze.
* L’evento viene inserito nell’elenco di attacchi compiuti da estremisti di destra del TESAT 2020 anche se si sottolinea che, in Norvegia, l’evento non è stato considerato come terrorismo.
- Halle
Nell’ottobre del 2019 durante una festività ebraica, Stephan Balliet cercò di entrare una sinagoga, sparando ripetutamente alla serratura, e non riuscendo iniziò a sparare sui passanti, uccidendo una donna e ferendo un uomo fermatosi per soccorrerla. Non ancora soddisfatto, si diresse verso Landsberg dove sparò e uccise un cliente di un kebab.
Anche in questo caso, l’attentatore avrebbe trasmesso in live gli attimi cruciali dell’attacco sulla piattaforma Twitch, enfatizzando i chiari motivi antisemiti dietro l’attacco. Da ricerche avvenute a posteriori è emerso, inoltre, che Balliet aveva pubblicato su Kohlchan (l’equivalente tedesco di 4chan) dei manifesti per la costruzione di armi domestiche da voler usare per compiere l’attacco.
* L’evento viene inserito nell’elenco di attacchi compiuti da estremisti di destra del TESAT 2020 anche se si sottolinea che, in Germania, l’evento non è stato considerato come terrorismo.
Fonte: https://www.theguardian.com/world/2019/oct/09/two-people-killed-in-shooting-in-german-city-of-halle
- Hanau
Nel febbraio del 2020 al centro dell’attenzione mediatica è nuovamente la regione di Hassen in Germania.
Ad Hanau un uomo, Tobias Rathjen, prese di mira due shisha bar (sale narghilè), frequentate principalmente da turchi, uccidendone 9 e ferendone 5. Una volta aver compiuto il massacro, Rathjen si è diretto verso la propria abitazione dove ha ucciso la madre prima di suicidarsi.
Secondo le indagini, l’uomo avrebbe pubblicato un manifesto prima dell’attacco in cui si criticavano i gruppi etnici, le minoranze, le altre culture che l’attentatore avrebbe voluto sterminare. Inoltre, avrebbe cercato anche di mettersi in contatto con agenzie stampa, senza ottenere successo, enunciando teorie cospirazioniste e reclamando a gran voce di essere l’autore di alcuni motti del presidente Trump, che si sarebbe indebitamente appropriato dello slogan “America first”.
Fonte: https://www.insider.com/hanau-terrorist-manifesto-shows-non-white-hatred-incel-trump-theft-2020-2
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[1] Rapoport, D. C. The Four Waves of Modern Terrorism in Attacking Terrorism: Elements of a Grand Strategy, Cronin A. K., Ludes J. M., 46-73. Washington, DC: Georgetown University Press, 2004.
[2] Zappalà S., Ansalone G., 11 settembre 2021 le minacce del prossimo decennio, Franco Angeli, Milano, 2012.
[3] A Nation challenged; President Bush’s Address on Terrorism Before a Joint Meeting of Congress, The New York Times, 21 settembre 2001: https://www.nytimes.com/2001/09/21/us/nation-challenged-president-bush-s-address-terrorism-before-joint-meeting.html?pagewanted=2&pagewanted=all
[4] Società delle Nazioni, Convenzione per la repressione e prevenzione del terrorismo, aperta alla firma degli Stati a Ginevra il 16 novembre 1937, articolo 1.
[5] Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il nuovo terrorismo internazionale come crimine contro l’umanità, Napoli, Editoriale Scientifica, 2006, p. 51.
[6] Ivi, capitolo 2.
[7] Convenzione di New York del 1973 sulla prevenzione e la punizione dei crimini contro persone protette a livello internazionale, compresi gli agenti diplomatici e la Convenzione di New York del 1979 contro la presa di ostaggi.
[8] Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, New York, 9 dicembre 1999.
[9] Convenzione di New York del 1997 per la repressione del terrorismo a mezzo bombe.
[10] Preambolo della Convenzione di New York del 1999 per la soppressione del finanziamento al terrorismo.
[11] UNSC, Risoluzione 748/1992.
[12] UNSC, Risoluzione 1267/1999.
[13] UNSC, Risoluzione 1333/2000.
[14] UNSC, Risoluzione 1368/2001.
[15] UNSC, Risoluzione 1383/2001.
[16] UNSC, Risoluzione 1438/2002.
[17] UNSC, Risoluzione 1373/2001.
[18] UNSC, Risoluzione 1530/2004.
[19] Lotta al Terrorismo – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: https://www.esteri.it/it/politica-estera-e-cooperazione-allo-sviluppo/temi_globali/lotta_terrorismo/
[20] UNSC, Risoluzione 1706/2006.
[21] UNSC, Risoluzione 2169/2014.
[22] UNSC, Risoluzione 2354/2017.
[23] UNSC, Risoluzione 2170/2014.
[24] UNSC, Risoluzione 2396/2017.
[25] UNSC, Risoluzione 2178/2014.
[26] Full text of President Obama’s 2014 address to the United Nations General Assembly, Washington Post, 24 settembre. 2014: https://www.washingtonpost.com/politics/full-text-of-president-obamas-2014-address-to-the-united-nations-general-assembly/2014/09/24/88889e46-43f4-11e4-b437-1a7368204804_story.html
[27] Ibidem.
[28] Schmid A. P., Countering Violent Extremism: a Promising Response to Terrorism, ICCT, 12 giugno 2012: https://icct.nl/publication/countering-violent-extremism-a-promising-response-to-terrorism/
[29] Preventing violent extremism through promoting inclusive development, tolerance and respect for diversity: A development response to addressing radicalization and violent extremism, United Nations Development Programme, 2016.
[30] https://news.un.org/en/story/2011/07/382532-norway-security-council-deplores-deadly-terrorist-attacks
[31] https://www.un.org/press/en/2019/sc13740.doc.htm
[32] https://news.un.org/en/story/2019/04/1037491
[33] https://www.un.org/press/en/2019/sgsm19689.doc.htm
[34] https://www.un.org/sg/en/content/sg/statement/2019-10-09/statement-attributable-the-spokesman-for-the-secretary-general-%E2%80%93-the-attack-halle-germany
[35] https://www.un.org/press/en/2020/sgsm19981.doc.htm
[36] https://www.ansa.it/english/news/politics/2018/02/05/macerata-attack-on-fundamental-values-eu-2_c153d321-7980-405b-94c2-ec8d00358aab.html
[37] UNSC, Risoluzione 2178/2014.
[38] Convenzione europea per la repressione del terrorismo, Consiglio d’Europa, Strasburgo, 1977.
[39] Protocollo di emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, Consiglio d’Europa, Strasburgo, 2003.
[40] Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, Consiglio d’Europa, Varsavia, 2005.
[41] Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, Consiglio d’Europa, Riga, 2015.
[42] Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, ricerca, sequestro, confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, Consiglio d’Europa, Varsavia, 2005.
[43] Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, Consiglio d’Europa, Riga, 2015.
[44] Extremism and radicalisation leading to violence, Consiglio d’Europa: https://pjp-eu.coe.int/en/web/youth-partnership/extremism-and-radicalisation-leading-to-violence
[45] Amorosi M., Dottori G., La NATO dopo l’11 settembre: Stati Uniti ed Europa nell’epoca del terrorismo globale, Rubettino, 2004 p. 45.
[46] “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali”, articolo 5, Trattato dell’Atlantico del Nord.
[47] NATO and Afghanistan, https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_8189.htm
[48] Ibidem.
[49] Azione comune 96/610/GAI del 15 ottobre 1996 adottata dal Consiglio sull’istituzione e l’aggiornamento costante di un repertorio delle competenze, capacità e conoscenze specialistiche nel settore dell’antiterrorismo, per facilitare la cooperazione fra gli Stati membri dell’Unione europea nella lotta al terrorismo.
[50] Risoluzione del Parlamento europeo sulla riunione straordinaria del Consiglio europeo del 21 settembre 2001, Bruxelles, 21 settembre 2001: https://www.europarl.europa.eu/meetdocs/committees/afet/20011108/04a_it.pdf
[51]Conclusioni e Piano di azione del Consiglio europeo straordinario del 21 settembre 2001: https://www.consilium.europa.eu/media/20969/concl-bxli1.pdf
[52] Posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio del 27 dicembre 2001 relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo, articolo 1: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32001E0931&from=SK
[53] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 10 maggio 2005 – Il programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM%3Al16002#:~:text=Adottato%20dal%20Consiglio%20europeo%20del,giustizia%20nei%20prossimi%20cinque%20anni.&text=L’Unione%20intende%20controllare%20e,diritti%20fondamentali%20nelle%20politiche%20europee
[54] The contribution of youth work to preventing marginalisation and violent radicalisation, Commissione Europea, 2017: https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/0ad09926-a8b1-11e7-837e-01aa75ed71a1/language-en
[55] La nuova legge contro il terrorismo minaccia l’attivismo in Svizzera: https://www.swissinfo.ch/ita/la-nuova-legge-contro-il-terrorismo-minaccia-l-attivismo-in-svizzera/46767070
[56] Nünlist C., The Concept of Countering Violent Extremism, CSS Analyses in Security Policy, n. 183, dicembre 2015: https://css.ethz.ch/content/dam/ethz/special-interest/gess/cis/center-for-securities-studies/pdfs/CSSAnalyse183-EN.pdf
[57] Preventing violent extremism: https://www.eda.admin.ch/eda/en/fdfa/foreign-policy/human-rights/peace/pve.html
[58] Government’s Counter-Extremism Strategy, 2015: https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/470088/51859_Cm9148_Accessible.pdf
[59] Terrorism 2002-2005, FBI: https://www.fbi.gov/stats-services/publications/terrorism-2002-2005
[60] Strategic intelligence assessment and data on domestic terrorism, FBI, maggio 2021: https://www.dhs.gov/sites/default/files/publications/21_0514_strategic-intelligence-assessment-data-domestic-terrorism_0.pdf
[61] Act of 24 June 2004 to amend and supplement the Penal Code and some other laws in connection with terrorist crimes (Crimes of Terrorism Act).
[62] «In combatting the current threat of jihadist terrorism (violent extremism), the NCTV coordinates the implementation of the Netherlands comprehensive action programme to combat jihadism»: https://english.nctv.nl/themes/counterterrorism
[63] Atto Camera 243, Proposta di legge FIANO ed altri: “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice jihadista“: https://www.camera.it/leg18/126?leg=18&idDocumento=243
[64] Atto Camera 3357, Proposta di legge PEREGO DI CREMNAGO ed altri: “Misure per la prevenzione dell’estremismo violento o terroristico e della radicalizzazione di matrice jihadista“: https://www.camera.it/leg18/126?leg=18&idDocumento=3357
[65] “La presente legge, […] disciplina l’adozione di misure, interventi e programmi diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell’estremismo violento di matrice jihadista nonché a favorire la deradicalizzazione, nell’ambito delle garanzie fondamentali in materia di libertà religiosa, e il recupero in termini di integrazione sociale, culturale e lavorativa dei soggetti coinvolti, cittadini italiani o stranieri residenti in Italia”, articolo 1, Proposta di legge FIANO ed altri: “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice jihadista“.
[66] “La presente legge è volta all’adozione di misure, interventi e programmi diretti a prevenire i fenomeni eversivi di estrema destra o di natura anarco-insurrezionalista, che si manifestano con azioni di estremismo violento, e i fenomeni di radicalizzazione di matrice jihadista che, nelle differenti forme organizzative e ideologiche, minacciano la sicurezza della Repubblica, le sue istituzioni e i suoi cittadini”, articolo 1, Proposta di legge PEREGO DI CREMNAGO ed altri: “Misure per la prevenzione dell’estremismo violento o terroristico e della radicalizzazione di matrice jihadista“.
[67] Articolo 573 Codice penale spagnolo.
[68] Code pénal, Chapitre Ier : Des actes de terrorisme, Articles 421 : https://www.legifrance.gouv.fr/codes/section_lc/LEGITEXT000006070719/LEGISCTA000006149845/#LEGISCTA000006149845
[69] Sanfelice di Monteforte F., Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il Covid-19, Milano, Mursia, 2020, p.122.
[70] https://generazione-identitaria.com/
[71] https://hopenothate.org.uk/chapter/generation-identity-network/#5
[72] Davey J., Ebner J., The fringe insurgency – Connectivity, convergence and mainstreaming of the extreme right, ISD, 2017.
[73] https://www.ilpost.it/2015/01/09/pegida/
[74] Koehler D., Right-Wing Extremism and Terrorism in Europe: Current Developments and Issues for the Future, in PRISM Volume 6, n. 2, European Security in the 21st Century.
[75] RAN, Protective and promotive factors building resilience against violent radicalisation, aprile 2018, p. 2.
[76] Ehsan R., Stott P., Far-right terrorist manifestos: a critical analysis, the Henry Jackson Society, febbraio 2020: https://henryjacksonsociety.org/wp-content/uploads/2020/02/HJS-Terrorist-Manifesto-Report-WEB.pdf
[77] Davey J., Ebner J., The great replacement – The violent consequences of mainstreamed extremism, ISD, 2019.
[78] Sanfelice di Monteforte F., Quadarella Sanfelice di Monteforte L., Il mondo dopo il Covid-19, Milano, Mursia, 2020.
[79] Berger, J. M., Nazis vs. ISIS on Twitter: A comparative study of white nationalist and ISIS online social media networks, George Washington University Program on Extremism, 2016, p.20.
[80] Van der Veer R., Analysing personal accounts of perpetrators of incel violence: what do they want and who do they target?, ICCT, 4 giugno 2020.
[81] Smith Galer S., TikTok Has an Incel Problem, VICE, 22 novembre 2021: https://www.vice.com/en/article/g5qgm9/tiktok-has-an-incel-problem
[82] Gill P., Corner E., Conway M., Thornton A., Bloom M., Horgan J., Terrorist use of the Internet by the numbers: Quantifying behaviours, patterns, and processes, in Criminology & Public Policy, volume 16, issue 1, 2017.
[83] Ibidem.
[84] Black flags and crucifixes: Italy vaccine passport protests unite strange bedfellows, Politico, 23 ottobre 2021: https://www.politico.eu/article/italy-vaccine-passport-protest-neo-fascists-green-pass/
[85] Anti-lockdown protests in Germany infiltrated by far-right extremists, EURACTIV.com, 14 maggio 2020: https://www.euractiv.com/section/coronavirus/news/anti-lockdown-protests-in-germany-infiltrated-by-far-right-extremists/
[86] White J., Far-Right Extremism in the US: A Threat No Longer Ignored, Royal United Services Institute (rusi.org), 1 febbraio 2021: https://rusi.org/explore-our-research/publications/commentary/far-right-extremism-us-threat-no-longer-ignored
[87] Domestic Violent Extremism Poses Heightened Threat in 2021: https://www.dhs.gov/sites/default/files/publications/21_0301_odni_unclass-summary-of-dve-assessment-17_march-final_508.pdf
[88] Clifford B., Racially/Ethnical Motivated Violent Extremist (RMVE) Attack Planning and United States Federal Response, 2014-2019, The George Washington University Program on Extremism, maggio 2021, p. 8: https://extremism.gwu.edu/sites/g/files/zaxdzs2191/f/RMVE%20Attack%20Planning%20and%20United%20States%20Federal%20Response.pdf
[89] “Racially or Ethnically Motivated Violent Extremism” Toolkit Initiative: https://www.thegctf.org/Who-we-are/Structure/Initiatives/-Racially-or-Ethnically-Motivated-Violent-Extremism-Toolkit-Initiative
[90] Ibidem.
[91] UNOCT Annual Briefing to Member States, Opening Remarks by Mr. Vladimir Voronkov, Under-Secretary-General of the United Nations Office of Counter-Terrorism, 4 febbraio 2022: https://www.un.org/counterterrorism/sites/www.un.org.counterterrorism/files/220204_usg_opening_remarks_unoct_annual_briefing_to_member_states.pdf
[92] European Union, Terrorism Situation and Trend Report 2020.
[93] Gli eventi elencati sono contenuti in Europol, EU Terrorism Situation and Trend Report (TESAT) 2018, 2019, 2020, 2021.