FINO A PROVA CONTRARIA – GIANCARLO CAPOZZOLI
Vivere a Mosul con l’IS
Ho incontrato la professoressa Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte nel suo studio per parlare del suo nuovo libro " “Vivere a Mosul con l’Islamic State. Efficienza e brutalità del Califfato“, edito da Mursia negli ultimi mesi del 2019.
La professoressa è una esperta di contrasto al terrorismo e analisi dell’intelligence ed insegna presso l’UniCusano e presso l’Università degli studi di Roma, La Sapienza.
Il libro è una preziosa testimonianza di quanto è accaduto per le strade di Mosul, durante il regime instaurato dallo Stato Islamico e nasce dall’esigenza di raccontare e capire un mondo che alimenta quella galassia di terrorismo di matrice religiosa che abbiamo conosciuto in Europa, negli ultimi anni.
Quest’opera è uno strumento utile per comprendere a fondo un fenomeno che deve essere studiato approfonditamente al fine di prevederne ulteriori sviluppi.
Se è semplicistico e riduttivo negare le ragioni dei terroristi, è allora ancora più necessario comprenderne le ragioni e gli strumenti al fine di sconfiggerne davvero la portata.
La professoressa ha svolto una ricerca molto approfondita, avvicinando alcune persone che hanno vissuto nell’Islamic State: da questi racconti e da questa fiducia è nata la testimonianza della vita vissuta per le strade di Mosul.
Le persone con cui lei è riuscita ad entrare in contatto, hanno parlato per far sì che emergesse la verità di questa realtà. Nel 2017, una volta caduta Mosul, capitale dell’IS, in Occidente si è pensato che l’IS avesse distrutto un territorio.
Territorio che invece è stato distrutto dai bombardamenti dall’alto della coalizione anti IS.
Quindi a causa sua, ma per mano di altri.
Ciò significa, invece, che i terroristi dell’IS hanno cercato di far vivere al meglio la popolazione, il loro popolo, pur se secondo le regole distorte della loro interpretazione della sharia.
Questo è quanto è emerso da un primo riscontro delle testimonianze raccolte dalla professoressa.
Il Califfato è stato organizzato secondo queste regole, che sono ben lontane dalla visione
moderna e occidentale di Stato: non c’è, nè al momento si dà la possibilità che ci sia, una
visione di Stato che preveda ad esempio una divisione dei poteri (religiosi e civili) e di confini
ben stabiliti.
Questo a causa anche di quanto avvenuto al termine del primo conflitto mondiale, che ha
portato ad una separazione del Medio Oriente, ad una separazione di etnie, tribù, religioni,
senza tener conto di queste.
Separazione messa in atto dall’Occidente che è stata vissuta anche, e non a torto, come
incomprensibile e assurda.
Si diceva del Califfato: i terroristi hanno operato al meglio per la popolazione sunnita, in
termini di educazione, sistema sanitario, sistema sociale.
Il libro racconta bene il punto di vista non di chi ha subito l’IS, di chi è dovuto scappare dallo
Stato Islamico, ma di chi ha vissuto all’interno del sistema messo in piedi.
Persone normali, sunniti, che lì hanno vissuto, alcuni condividendone anche i principi, come
accade in ogni altra dittatura.
E’ il racconto della vita quotidiana da un punto di vista privilegiato, dall’interno: dall’educazione scolastica alle cure sanitarie. Dalle regole per la cura della casa alle regole imposte via via per il vestiario.
Le voci raccolte della popolazione dalla dottoressa Quadarella Sanfelice parlano di piccole
storie, al fine di raccontare una storia più grande, la Storia del Califfato: l’ abbigliamento imposto per lo sport ad esempio, per raccontare quella decenza, quella morale imposta alle donne, ma, come si nota, imposta anche all’universo maschile.
Le donne: dal racconto raccolto emerge che le donne nel Califfato hanno avuto la possibilità
di continuare a lavorare, di uscire di casa, di studiare.
Le limitazioni maggiori hanno riguardato, via via, il vestiario e alcuni comportamenti, situazioni: non era possibile restare sole con un uomo che non fosse un membro del proprio ambito familiare, o solo in presenza di un un altro uomo della propria famiglia.
Regola, per noi assurda, che comportava l’impossibilità, per le donne, di potersi spostare in taxi guidati da uomini, per evitare di restare sole con un altro uomo sconosciuto, in macchina, in taxi appunto.
Oppure, come accennato, era vietato restare da sole in una stessa stanza, senza la presenza di uomini della famiglia: regole che se rimandano ad un Italia, ad un’Europa post seconda guerra mondiale, ne sottolineano anche la differenza, di non poco conto: se, in Italia, tale atteggiamento avrebbe avuto dei riflessi sulla reputazione della donna, non di certo avrebbe influito in alcun modo sulla sua libertà o, peggio,sulla possibilità di subire violenze fisiche o psichiche.
Regole di vestiario e regole di comportamento che erano dunque le basi. Ma, in fondo e a differenza di altre realtà dell’area, le donne hanno potuto continuare a lavorare e a studiare, pur se in orari e in classi separate.
A differenza di un paese come l’Afghanistan, dove le donne muoiono perché non possono essere assistite da medici uomini, le dottoresse in IS hanno potuto continuare a studiare e a formarsi.
Il loro livello di vita è stato nettamente superiore a quello che vivono le donne in Arabia Saudita, ad esempio. Questo porta ad una conclusione: se il Califfato fosse durato più a lungo, ci sarebbe stata probabilmente una classe dirigente composta da donne educate durante questo regime.
Se da un lato, dunque, si nota una certa apertura, rispetto alle regole del vestiario invece, le regole erano molto rigide: le testimonianze raccolte raccontano di uomini frustati perché le loro donne sono state viste con un calzino bucato: ció violava la regola di non scoprire neanche un centimetro della propria pelle.
Inoltre benchè come si è detto, non c’erano norme che vietassero alle donne di guidare le automobili, alcune hanno smesso di farlo perché impossibilitate a vedere negli specchietti, così completamente coperte.
Questa regola rigida della copertura totale è arrivata man mano, e sempre più rigida, con il trascorrere dei mesi. Si è passati dai richiami della polizia locale, alle punizioni assurde e alle limitazioni essenziali a cui si è fatto cenno.
Limitazioni che hanno portato alla chiusura quasi totale delle attività commerciali di alcune categorie di negozi. Erano vietati alcolici tabacco musica,ma per il resto negozi c’erano e si poteva vendere solo quello che veniva dato dallo Stato.
Gli indumenti femminili inoltre si potevano vendere soltanto nel retrobottega. Le immagini delle donne erano bandite persino da tutte le scatole.
Le donne inoltre come nell’Italia pre-unificazione, non potevano partecipare agli spettacoli teatrali, in qualità di attrici.
Il sistema educativo e scolastico fu completamente rivisto. Il corso di studi è stato ridotto, si studiava fino all’età di 15 anni, al fine di avere subito ragazzi pronti al mondo del lavoro. O pronti alla guerra.
Per i pochi che avevano la possibilità di continuare a studiare nei college/università, si dava la possibilità di essere inseriti poi in un mondo di servizi.
Le materie di studio sono state modificate, e alcune del tutto eliminate, come la geografia, o la storia dell’arte, non potendo raffigurare niente. Sono state penalizzate in sostanza quelle materie umanistiche, al fine di rafforzare lo studio di materie scientifiche anche per alimentare una schiera di futuri tecnici, ingegneri, chimici e fisici, che sarebbero tornati utili anche per favorire una maggiore indipendenza dall’Iraq.
Il libro, come detto, è il resoconto di una realtà, secondo diversi aspetti. L’educazione.L’economia. La giustizia.
Secondo i riscontri raccolti dalla professoressa, nonostante ci si riferisce ad un paese in guerra, a partire dalla sua fondazione, l’economia andava piuttosto bene. L’IS ha voluto dimostrare alla sua popolazione l’efficienza e la differenza con il governo precedente gestito perlopiù con la corruzione. Le rigide regole di condotta imposte hanno funzionato anche come deterrente.
Il sistema economico centralizzato ha portato ad un controllo pressoché totale delle merci vendute nei negozi. Sistema che ha garantito sia il controllo religioso sulle merci, sia un controllo economico e fiscale, nella fornitura dei servizi stessi.
Le testimonianze raccontano di vite normali, condotte nella paura crescente di subire punizioni inflitte a causa della violazione di regole via via sempre più assurde e aspre.
Regole imposte che erano comunque viste come regole giuste perchè regole della sharia.
Tutta la popolazione ci credeva: gli uomini dell’IS hanno semplicemente applicato le leggi di Dio.
Essendo caduti i confini tra Iraq e Siria, un aspetto rilevante della vita durante il Califfato, in tutta la regione, è stata la percezione di una certa libertà di movimento prima vietata, o interdetta dai confini nazionali. Libertà che comunque era ristretta ad attente autorizzazioni e visti e certificati di un consenso della famiglia, e il pagamento della beneficenza dovuta, seppur non obbligatoria. Libertà che doveva comunque essere garantita da un rientro certo ed era comunque vietata per alcune categorie di professionisti, per il rischio di un espatrio volontario di tali categorie. Libertà che unita con la riapertura e il funzionamento dei trasporti ferroviari e di linea, ha messo in evidenza quella efficienza del sistema che il Califfato ha voluto sottolineare come cambio di regime rispetto al precedente.
La propaganda nel Califfato è un aspetto molto trattato nel volume: era sostenuta soprattutto in funzione di attirare molti giovani foreign fighters, soprattutto con quello che la dottoressa definisce come esecuzioni fantasiose. Gran parte delle quali, invece, non era mostrata, perché avveniva fuori città, di nascosto.
Le esecuzioni previste invece erano comminate dopo processi seppur sommari, ma regolari.
E avvenivano tramite un colpo sparato alla testa del condannato. O la decapitazione per le spie. O l’essere gettati giù dal tetto di un palazzo per coloro che erano accusati di omosessualità.
Le spie venivano decapitate. I giornalisti corrispondenti dei giornali stranieri erano considerati
spie. O gli iracheni accusati di collaborazionismo.
Ciò che ha colpito parecchio sono state le esecuzioni eclatanti di tanti che sono stati accusati di omosessualità. Esecuzioni scenografiche si potrebbe definirle: coloro che venivano scoperti tali erano buttati giù da un alto palazzo situato nel centro della città.
C’è da dire che la mentalità diversa rispetto a quella occidentale porta ad una condotta molto restrittiva rispetto alla condotta sessuale: molti sono stati accusati di pedofilia, più che di una omosessualità che, nel mondo musulmano, si continua a negare.
La propaganda del Califfato, una vera e propria propaganda 2.0 ha riguardato canali tv, web, radio ed era tradotta in diverse lingue perchè era rivolta a quel pubblico giovane che viveva nei paesi occidentali. Oltre che naturalmente con lo scopo di terrorizzare l’Occidente.
Il caso del giornalista inglese John Cantlie coinvolto in questa propaganda è emblematico.
E’ stato visto in tuta arancione sequestrato assieme ad altri giornalisti, affranto e timoroso per le sorti della sua vita. Dopo qualche mese è ricomparso, in forma e rifiorito: ha raccontato con il suo lavoro la bellezza e l’efficienza delle maggiori città del Califfato, e poi le distruzioni messe in atto dai bombardamenti della coalizione anti IS e dei morti.
Ha recitato un copione che ognuno di noi avrebbe forse recitato, pur di aver salva la vita.
Probabilmente non si è convertito all’Islam, ma è stato comunque un testimone involontario di una realtà. Di lui non si è saputo più nulla, deceduto forse durante un bombardamento.
Un’ultima questione che è affrontata nel libro riguarda i foreign fighters: poco percepiti dalla popolazione locale, poiché la gran parte di loro erano combattenti che vivevano nelle caserme fuori città. I pochi che hanno raccontato della esperienza con loro, hanno parlato delle diverse abitudini, dei foreign fighters: si cibavano di cose strane, occidentali, appunto. E i loro atteggiamenti per quanto rispettosi delle regole musulmane, erano visti come poco osservanti dal resto della popolazione locale: è difficile immaginare una coppia locale che cammina mano nella mano per le strade della città: cosa che accadeva frequentemente con le coppie di stranieri.
Il libro risulta pertanto come una testimonianza importante di quanto accaduto a Mosul e non solo ed è inoltre uno spunto per ulteriori e necessari approfondimenti per chi si vuole documentare sulla materia.