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LE POLITICHE DI CONTRASTO AL FENOMENO TERRORISTA DI MATRICE ISLAMICA ADOTTATE DALLA FRANCIA
Andrea Cubeddu
(tesi Master in “Geopolitica della Sicurezza”, Università degli Studi Niccolò Cusano UNICUSANO – a.a. 2018-2019 – relatore Prof. Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte)
INDICE
- INTRODUZIONE
- LA FRANCIA: QUADRO GEOPOLITICO DI RIFERIMENTO
2.1. La Francia nel mondo
2.2. Le priorità francesi in tema di sicurezza e difesa nazionale
2.3. Cenni sull’organizzazione dello Stato e dell’amministrazione pubblica
2.4. Elementi di demografia e società francese
- IMPATTO DEL TERRORISMO DI MATRICE ISLAMICA SUL TERRITORIO NAZIONALE FRANCESE
3.1. Definizione di terrorismo in Francia
3.2. I principali attentati terroristici sul suolo francese negli ultimi anni. Gli attentati di gennaio 2015 a Parigi: Charlie Hebdo e Hyper Cacher. Gli attacchi del 13 novembre 2015 a Parigi. La strage del 14 luglio 2016 a Nizza. Attacco a Strasburgo
3.3. La specificità del terrorismo in Francia
3.3.1. Case-studies di radicalizzazione transalpina. Foued Mohamed-Agaad, l’integrazione rifiutata. Charaffe el-Maoudan, il complesso post coloniale. Moussa Coulibaly, il black dimenticato da Dio che si radicalizza. Ismaël Omar Mostefai, l’instabilità identitaria. Thomas Barnouin, il convertito jihadista. Zyed Ben Belgecam, lo jihadismo metaforico. Gli harki e lo jihadismo. Jihadisti d’oltre mare. Donne terroriste
3.3.2. L’effetto banlieue. Lunel. Trappes. Lione e la sua periferia, Vaulx-en-Velin. La Normandia. Parigi e il XIXe arrondissement: la città moderna
3.3.3. Al cuore delle cellule operanti in Francia. La filiera d’Artigat. La filiera di Buttes-Chaumont, 2003-2015: dall’exo all’endo-jihadismo. La cellula di Cannes-Torcy, 2011-2012. La filiera jihadista di Strasburgo. La filiera jihadista di Orléans
3.4. Le rivendicazioni
3.5. Le reazioni della società e della politica
3.6. Il terrorismo colpisce fuori dai confini
- LE POLITICHE DI CONTRASTO ADOTTATE DALLA FRANCIA
4.1. Provvedimenti di natura normativa e legislativa
4.1.1. Il quadro penale
4.1.2. La prima risposta: lo stato di urgenza
4.1.3. Altre misure successive agli attacchi. Plan VIGIPIRATE. Campagna di comunicazione sulle modalità di risposta ad un attacco terroristico. Numero verde attentati
4.1.4. I provvedimenti del Governo “Philippe”: la legge per il rafforzamento della sicurezza interna e la cessazione dello stato di urgenza
4.2. Il coinvolgimento dei militari e l’operazione “Sentinelle”
4.2.1. L’impiego delle forze armate sul territorio nazionale. Quadro giuridico di riferimento
4.2.1.1. Il ruolo delle forze armate sul territorio nazionale
4.2.1.2. La ripartizione delle competenze civili e militari a livello nazionale. Autorità politiche. Autorità civili. Autorità militari
4.2.1.3. Modalità d’azione relative all’impiego delle forze armate sul territorio nazionale
4.2.1.4. Le regole di ingaggio e di impiego della forza
4.2.2. L’operazione “Sentinelle”. Organizzazione del dispositivo. Status giuridico
4.2.3. Evoluzione della missione. Un dispositivo dinamico e ripensato
4.3. L’ingaggio internazionale
4.3.1. Da “Serval” a “Barkhane”
4.3.2. L’intervento in Iraq e Siria
4.4. Il ruolo dell’intelligence
- CONCLUSIONI
ALLEGATI
- Cronologia dei principali attentati terroristici incorsi in Francia dal 2015.
- Comparazione tra la legge relativa allo stato d’urgenza del 03/04/1955 e la legge di rafforzamento della sicurezza interna e per la lotta al terrorismo del 30/10/2017.
BIBLIOGRAFIA
CAPITOLO 1 – INTRODUZIONE
« La démocratie sera plus forte que la barbarie qui lui a déclaré la guerre[1] ».
François Hollande, 24° Presidente della Repubblica francese
- INTRODUZIONE
Il fenomeno terroristico di matrice islamica ha profondamente lacerato la Francia nel corso negli ultimi anni. I numerosi attentati perpetrati sul suolo transalpino da cellule jihadiste, da lupi solitari residenti in patria o da foreign-fighters in rientro dal conflitto iracheno o siriano, hanno determinato un’insicurezza latente, mirata a disgregare e minare nel profondo la realtà sociale d’oltralpe, facendo vacillare le fondamenta di tutta la civilizzazione occidentale, incarnata simbolicamente ben oltre i confini francesi dai luoghi prescelti per gli attacchi. Non a caso la Francia, da secoli cuore pulsante e uno dei simboli culturali del mondo moderno, massima espressione di concetti illuministi e repubblicani, laici e di prosperità economica e sociale, è stata scelta come obiettivo preferito. A simboleggiare quello scontro di civiltà evocato in numerose tesi geopolitiche, che di fatto si è palesato in forma di frattura tra una società secolare inspirata alla pace, alla fratellanza tra popoli e all’eguaglianza, e un’altra, profondamente radicalizzata da un punto di vista religioso e con un forte spirito guerriero e di rivalsa. Sentimento quest’ultimo annidato da tempo in seno alle aree marginalizzate e svantaggiate della Francia, quartieri miseri ai limiti di contesti prosperi ed elitari; una divaricazione che non ha fatto altro che alimentare scarse prospettive e conflitto sociale. Gli attentati hanno fatto ripiombare il mondo occidentale in un’epoca considerata ormai lontana, dopo l’utopia da “fine della storia”[2], in cui guerre e conflitti erano vissuti solo come un antico ricordo, ingenerando un senso di smarrimento e di paura diffusi. Tra di essi, moltissimi sono stati sventati dalle forze di sicurezza e di intelligence, dimostrando che l’incolumità dei cittadini resta un obiettivo prioritario dello Stato e un imperativo collettivo. Altri hanno invece avuto luogo; e proprio le forze di sicurezza ne sono state spesso obiettivi e vittime sacrificali.
Figura 1 – Il rischio terrorismo nel mondo, anno 2017[3] |
In effetti proprio la Francia può essere considerata in Europa e nel mondo come uno dei principali luoghi di rischio. La mappa in fig. 1 dimostra plasticamente come, assieme al Belgio, sia il solo paese europeo a riportare, nel 2017, un rischio terrorismo elevato (indicato in rosso), alla stregua di paesi in cui sono in corso vere e proprie guerre (come nel Sahel, in Yemen o in Libia), di altri al confine di guerre (Turchia, Etiopia, Kenya, Arabia Saudita, Nigeria) e altri ancora dove il livello di instabilità politica ha recentemente superato una soglia di guardia come il Venezuela. Più pericolosi sembrano essere solo i paesi contrassegnati in nero: l’Iraq e la Siria, la Somalia, il Pakistan e l’Afghanistan, vere centrali del terrore mondiale. Nel 2018, gli indicatori internazionali sono stati ridimensionati e alla Francia è stato attribuito un generico rischio medio, come ad altri paesi europei[4].
Figura 2 – Principali attacchi terroristici in Europa sino a marzo 2017[5] |
Quindi non solo una realtà interna difficile, ma un contesto geopolitico internazionale in profonda mutazione, che ha visto contrapporsi diverse visioni del mondo e crescere il conflitto tra occidente ed estremismi identitari e di ispirazione religiosa radicale.
In realtà, la Francia al giorno d’oggi è un paese profondamente liberale e aperto al prossimo, forte nelle sue istituzioni democratiche e repubblicane e saldo nei principi di civiltà, con un’economia e una società prospere ed effervescenti. Gli eventi degli ultimi anni, cresciuti a ritmi vertiginosi, come mostrato in fig. 2, hanno tuttavia reso necessario un inasprimento dei controlli alle frontiere e sul territorio, un innalzamento della soglia di sicurezza, soprattutto nelle principali città, reso l’ambiente meno sereno e più guardingo l’atteggiamento dei cittadini.
Questo elaborato si prefigge l’obiettivo di approfondire la dimensione del fenomeno terrorista di matrice islamica sul territorio francese, delineandone le peculiarità, esplorandolo nella sua globalità e complessità, analizzandone i tratti caratteristici con particolare riferimento agli attacchi occorsi negli ultimi anni sul suolo transalpino. Un’ attenzione sarà rivolta all’analisi degli elementi distintivi delle filiere e delle cellule che hanno colpito la Francia sia all’interno che oltre i suoi confini, alle cause esogene ovvero a quelle annidate nello stesso tessuto sociale francese.
Una seconda parte sarà invece destinata all’analisi delle azioni concrete proposte e/o messe in atto dalla politica e dalle istituzioni francesi, in campo normativo / legislativo e quelle a maggiore connotazione operativa adottate da forze di polizia, dall’intelligence e dalle forze armate, sul suolo nazionale e all’estero, col fine ultimo di fronteggiare ed estirpare l’ondata terroristica.
CAPITOLO 2 – LA FRANCIA: QUADRO GEOPOLITICO DI RIFERIMENTO
« Les grands pays le sont pour l’avoir voulu[6] »
Charles de Gaulle, 18° Presidente della Repubblica francese
- LA FRANCIA: QUADRO GEOPOLITICO DI RIFERIMENTO
La storia ci dice con chiarezza che la Francia ha da secoli interpretato un compito di potenza nello scacchiere europeo e planetario, giocando il ruolo di nazione sovrana, patria dei diritti universali dell’uomo, portavoce di simboli repubblicani e al contempo monarchici, unico esempio in tal senso tra le democrazie liberali europee. Ma in questo contesto è interessante tracciare il suo ruolo odierno, a cavallo tra storia e cronaca, che supera l’eccezione tutta francese della grandeur repubblicana[7], intesa come potenza globale, e che si traduce in puro istinto di sopravvivenza, in un mondo di super potenze vecchie e nuove, di crescenti fratture regionali, di paesi emergenti, ricchi di risorse umane e naturali, alla ricerca di spazi di influenza nuovi o rinnovati (si pensi alla Cina o alla Russia di Putin), di crisi interne ed internazionali. Alle potenze europee non resta dunque che un ruolo marginale se comparato a quello degli imperi coloniali del passato, magari impegnate in uno sforzo congiunto seppur nella distinzione (l’UE[8] non è che la vicenda della volontà di convivere pur restando differenti).
A questo si innestano le nuove minacce non statuali, Da’esh e il conflitto siro-iracheno, ad oggi apparentemente ridimensionato nella minaccia[9], il terrorismo interno, di natura religiosa e con una matrice precisa (la radicalizzazione islamica), le guerre di prossimità e la profonda instabilità nelle aree di interesse strategico (il sud del Mediterraneo, la fascia del Sahel, il Vicino Oriente, ecc…), la crescita dell’immigrazione lungo le rotte nord-sud e le tensioni intereuropee su questo tema, la crisi economica e il conseguente acuirsi della forbice sociale.
Prima di approfondire il tema oggetto di questo elaborato, appare opportuno identificare quattro aspetti essenziali del quadro geopolitico di riferimento:
il rapporto tra Francia e resto del mondo, soprattutto per quanto attiene le nuove crisi e i nuovi conflitti;
le priorità francesi in tema di difesa e sicurezza;
l’organizzazione delle Istituzioni e dell’amministrazione francese;
la dimensione demografica e religiosa della società transalpina.
2.1. La Francia nel mondo
Stato transcontinentale situato nell’Europa occidentale, la Francia esercita la sua sovranità su territori presenti in tre oceani e quattro continenti[10]. La sua presenza geopolitica è di primo piano, disponendo di un gran numero di ambasciate e consolati (secondo solo agli Stati Uniti d’America[11]) e di basi militari su tutti i continenti. La Francia è il primo paese dell’UE per dimensione, il secondo dopo la Germania per popolazione e la terza potenza economica europea (dopo Germania e Regno Unito), sesta mondiale[12]. Antica potenza coloniale, la sua cultura e la sua civiltà sono diffuse nel mondo soprattutto nei paesi della cosiddetta francofonia (uniti nell’OIF[13]). Sebbene non sia ai primissimi posti tra le lingue più parlate al mondo per numero di madrelingua (9° posto, circa 169 milioni[14]), essa ha una discreta diffusione soprattutto in Belgio, Svizzera e Lussemburgo, in molti paesi dell’Africa (in specie nel Maghreb e Sahel) e qualcuno dell’Asia (Vietnam) e del Medio Oriente (Libano); è opportuno precisare che il francese, a lungo la lingua della diplomazia, è la seconda lingua più insegnata al mondo, dopo l’inglese, grazie ad una fitta rete di servizi linguistici e culturali dipendenti dalle Ambasciate.
La Francia possiede un’influenza globale in materia politica ed economica: in particolare, è uno stato fondatore dell’UE, terza potenza nucleare mondiale, uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nonché membro della NATO. Inoltre, è membro del G7, aderisce alla zona euro, allo Spazio Schengen e ospita la sede del Consiglio d’Europa, del Parlamento europeo (a Strasburgo) e dell’UNESCO.
Le relazioni internazionali della Francia si muovono lungo quattro direttrici principali:
lo spazio euro-atlantico: il rapporto con gli USA, fondato sul pragmatismo, è basato su una cooperazione strategica, recentemente rinnovata nel corso degli amichevoli incontri tra Macron e Trump. Rimangono tuttavia divergenze di fondo su alcuni punti come l’ecologia e il cambiamento climatico, il rapporto con l’Iran e Israele. Il presidente Trump è stato ricevuto a Parigi in occasione del défilé del 14 luglio 2017 e il presidente Macron ha ricambiato la visita a Washington lo scorso 24 aprile[15]. Più recentemente, in occasione della cerimonia per il centenario dell’armistizio della Prima guerra mondiale, nuove frizioni si sono registrate tra i due presidenti, a seguito delle dichiarazioni di Macron sull’esercito europeo, la IEI[16] e la volontà di rafforzare la difesa continentale contro le principali minacce globali, anche in chiave di maggiore autonomia dagli USA. La replica piccata di Trump, attraverso il consueto strumento di twitter, ha riacceso la momentanea polemica, evidenziando che l’attivismo europeo può essere mal percepito oltre atlantico;
l’asse franco-britannico: molto forte (tra potenze nucleari ed ex coloniali) soprattutto in tema di difesa e complementare a quello con la Germania; è rimasto invariato dopo la BREXIT. In particolare, si cita la costituzione della Combined Joint Expeditionary Force (CJEF), decisa nel quadro degli accordi di Lancaster House del 2010 tra Cameron e Sarkozy. Il Regno Unito supporta con tre elicotteri l’operazione francese in Sahel “Barkhane” per il contrasto alla filiera jihadista nella regione, di cui si parlerà nel capitolo 4;
la cosiddetta coppia franco-tedesca: relazione politica nata nel secondo dopoguerra con lo scopo di appianare la rivalità storica tra i due paesi e riavvicinarsi, anche con l’obiettivo di facilitare il progetto di integrazione europea. Si tratta di una vera e propria cerniera tra Europa del Nord e del Sud in ragione del peso politico ed economico dei due paesi e della loro posizione geografica a cavallo delle varie anime del continente (nord – meridione, latina – germanica e slava, mediterranea e mitteleuropea). Il binomio franco tedesco esercita una forza centripeta in seno alla UE e contrasta gli impulsi opposti presenti in Europa. Recentemente il Presidente Macron ha fortemente rilanciato tale partnership indicando un percorso di rifondazione della UE tratteggiato alla Sorbona all’indomani del suo insediamento (anche se la Germania resta tiepida e rifiuta la messa in comune delle politiche economiche e del debito)[17]. Lo scorso gennaio è stato ulteriormente rinsaldato il patto con la firma del trattato di amicizia di Aquisgrana. La cooperazione militare, da un punto di vista meramente operativo, è meno intensa rispetto a quella con Londra, ma estesa e articolata e prevede un rinforzo logistico tedesco alle forze militari francesi in teatro operativo, in specie nel Sahel. Da un punto di vista economico/industriale, invece, è probabilmente l’asse di maggiore impulso internazionale della difesa francese, con una partnership forte nel settore aereo/spaziale e terrestre;
lo spazio euro-mediterraneo in cui gioca un ruolo di leadership, a volte in rivalità con i paesi che si affacciano sul bacino come l’Italia, e con un focus privilegiato verso l’area di influenza storica in Nord Africa, che comprende i paesi come Tunisia, Algeria e Marocco e quelli della fascia subsahariana sino al golfo di Guinea, terra di francofonia (Senegal, Mali, Niger, Ciad, Mauritania, Burkina Faso, Gabon, Costa D’Avorio, ecc…). In questo quadro, sussistono accordi di difesa bilaterali e sono in corso operazioni militari nazionali, come la già citata “Barkhane”. Tale influenza è tuttavia sempre più stretta, a causa dell’aumento delle potenze che competono per l’influenza, Cina inclusa. Sempre nel Mediterraneo, la partnership nel settore navale con l’Italia è stata recentemente ravvivata mediante la gestione comune dei cantieri Fincantieri-STX. Un cenno d’obbligo spetta alla Libia in cui la Francia ha da tempo ufficialmente appoggiato le posizioni della comunità internazionale e dell’ONU (di cui si fa portavoce l’Italia), seppur adotti una politica ufficiosa di sostegno alla compagine dell’uomo forte di Cirenaica, il Generale Haftar.
A queste si aggiungono i rapporti altalenanti con la Russia; si tratta di una relazione a fasi alterne a causa delle pressioni statunitensi e di una certa diffidenza reciproca che ostacolano i tentativi di riannodare un rapporto storicamente difficile ma economicamente vantaggioso soprattutto in tema di idrocarburi. Da un punto di vista regionale, restano le tensioni per l’intervento russo in Ucraina e le relative sanzioni, la guerra in Siria e i rapporti con l’Iran, su cui i due paesi si trovano spesso su posizioni distanti. Tuttavia, da un punto di vista più globale, sembra che gli interessi di fondo convergano, sia in seno al consiglio di sicurezza dell’ONU, sia in tema di riequilibrio delle potenze emergenti, come la Cina e la Corea del Nord, e di quelle storiche, come gli Stati Uniti d’America.
2.2. Le priorità francesi in tema di sicurezza e difesa nazionale
Su input del Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, la Ministra della Forze Armate, Florence Parly, ha recentemente condotto uno studio (Revue Stratégique de Défense et de Sécurité Nationale) al fine di fissare il quadro strategico per l’elaborazione della successiva legge di programmazione militare 2019-2025[18], nel quadro di un contesto geopolitico instabile ed imprevedibile, contraddistinto da una minaccia terroristica permanentemente elevata, dalla simultaneità di più crisi, dall’affermazione militare di potenze storiche ed emergenti, dall’indebolimento del quadro multilaterale e dall’accelerazione delle sfide tecnologiche.
In sintesi, i punti di maggiore interesse:
Una Francia minacciata e coinvolta: le minacce e i rischi identificati nel Libro Bianco 2013[19] si sono manifestati più rapidamente e con un’intensità maggiore del previsto. Il terrorismo jihadista, che ha colpito la Francia come i suoi vicini europei, si ricompatta e si estende verso nuove aree, prosperando in una situazione di caos, di guerra civile e di fragilità degli Stati. È chiaramente identificato come una minaccia prioritaria per la società e la popolazione francese.
Nel contempo, l’Europa vede alle sue porte un ritorno della guerra e delle dimostrazioni di forza nonché di una concentrazione di sfide senza precedenti dalla fine della guerra fredda; crisi migratoria, vulnerabilità persistente nella fascia sahelo-sahariana (BSS[20]), destabilizzazione persistente del Medio-Oriente. Questa rappresentazione delle minacce e delle crisi si somma alle tensioni e alle contestazioni che l’UE vive al proprio interno. Per la loro simultaneità, complessità e dispersione geografica, le crisi nelle quali la Francia è impegnata determinano uno scenario di forte tensione;
Un contesto strategico instabile ed incerto: il contesto internazionale all’indomani della guerra fredda ha ceduto il passo ad un ambiente planetario multipolare e in profonda mutazione, nel quale l’instabilità e l’imprevedibilità sono gli aspetti dominanti. L’affermazione militare di un numero crescente di potenze, storiche o emergenti (Federazione Russa e Cina fra tutte), nelle regioni in cui si registrano le maggiori tensioni (Levante, Golfo Persico, Asia), si somma ad una politica dei rapporti di forza e ad azioni concrete che si alimentano di una logica della competizione, dell’accesso alle risorse e del controllo degli spazi strategici, materiali ed immateriali (marittimo, aereo, eso-atmosferico, dei dati digitali), alle contestazioni dirette delle istituzioni internazionali e delle norme per il ricorso alla forza e ad una rincorsa alla proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei loro vettori;
Conflitti più intensi, avversari potenzialmente meglio equipaggiati: la crescita degli arsenali, la proliferazione di equipaggiamenti convenzionali moderni e i progressi tecnologici, permettono ad un numero sempre maggiore di attori, statuali e non, di dotarsi di uno strumento militare avanzato. Nel contempo, la diffusione di nuove tecnologie provenienti dal mondo civile, rende largamente accessibili talune capacità in passato possedute dai soli Stati;
Le rivoluzioni tecnologiche come fonte di opportunità e nuove vulnerabilità: il ritmo accelerato delle rivoluzioni tecnologiche nel mondo civile comporta numerose applicazioni potenziali: intelligenza artificiale, robotica, biotecnologie. Il progresso delle tecnologie digitali le rende indispensabili al funzionamento delle nostre società, dello Stato in tutte le sue componenti;
L’ambizione europea e i partenariati forti: la Francia desidera rafforzare la difesa europea attorno agli interessi di sicurezza condivisi. Sostiene altresì il rafforzamento degli strumenti della UE e della sua Politica di Sicurezza e Difesa Comuni (PSDC), sia che si tratti di cooperazione strutturata permanente che di fondi di difesa europei. Inoltre, come annunciato dal Presidente Macron il 26 settembre 2017 alla Sorbona, la Francia ha lanciato una nuova dinamica: l’Iniziativa Europea di Intervento (IEI) con i partners che dispongono di capacità militari e della volontà politica per operare al suo fianco, e che completerà le relazioni bilaterali strutturate di Difesa in atto con Germania e Regno Unito[21]. Ciò permetterà di sviluppare una cultura strategica europea condivisa che, nel caso di necessità, permetta di operare assieme, credibilmente, con degli strumenti finanziari idonei. Nel contempo, la Francia continuerà a garantire pienamente le sue responsabilità in seno alla NATO, considerata elemento chiave della sicurezza europea, in materia di Difesa collettiva e di rassicurazione. Continuerà inoltre a sostenere la rete di partenariati, in Africa, nel Vicino-Oriente e in Asia – Pacifico;
Consolidare l’autonomia strategica: solo paese europeo (dopo la BREXIT) membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e potenza nucleare, membro fondatore dell’UE e della NATO, dotato di un modello di forze armate completo, la Francia deve mantenere una doppia ambizione: preservare la propria autonomia strategica e sostenere la costruzione di un’Europa più forte, capace di affrontare le molteplici sfide comuni. Il salvaguardare la propria libertà di valutazione, di decisione e d’azione farà leva in primo luogo sul rinnovamento della componente di dissuasione nucleare, alla quale si dovrà aggiungere il perseverante sforzo di conoscenza e anticipazione, in particolare nel campo dell’intelligence. Tutto ciò si tradurrà in relazioni più forti tra le cinque funzioni strategiche (dissuasione, prevenzione, protezione, intervento, conoscenza e anticipazione), in particolare mediante un rafforzamento delle capacità di prevenzione dei conflitti e delle crisi, grazie ad una diplomazia forte e attiva, al servizio di un approccio globale che leghi strettamente sicurezza e sviluppo. Il consolidamento dell’autonomia strategica dovrà infine accompagnarsi ad un indispensabile aumento della resilienza delle funzioni essenziali della vita della Nazione, che sono maggiormente esposte alle citate nuove vulnerabilità.
2.3. Cenni sull’organizzazione dello Stato e dell’Amministrazione pubblica
La Francia è una Repubblica costituzionale a regime semipresidenziale, con un’organizzazione su più livelli amministrativi di decentramento (regioni, dipartimenti, comuni, compresi i territori e le comunità d’oltremare), seppur in tema di sicurezza, difesa e intelligence l’autorità risieda interamente in seno al governo parigino. Per quanto attiene la divisione dei poteri:
l’esecutivo è affidato al Presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale diretto[22], che lo condivide col primo ministro, di sua nomina, e con il Consiglio dei ministri che riceve un voto di fiducia da parte dell’Assemblea Nazionale;
il legislativo è affidato a due camere con funzioni non paritarie:
l’Assemblea Nazionale, eletta a suffragio universale diretto per cinque anni;
il Senato, eletto a suffragio universale indiretto per sei anni, i cui poteri sono limitati; in caso di disaccordo è prevista una commissione mista paritetica di conciliazione;
quello giudiziario è affidato alla magistratura nei suoi ordini e gradi.
Di seguito le principali cariche politico-istituzionali (affari interni e difesa):
Emmanuel MACRON, Presidente della Repubblica, capo delle F.A. e detentore della responsabilità del loro impiego. Sostenuto dal proprio movimento LREM[23] e dal MODEM[24], è in carica dal 14 maggio 2017 ed è stato eletto nel corso delle presidenziali del 23 aprile e del 7 maggio 2017, posizionandosi in testa al 1° turno (ottenendo circa il 24% dei consensi) e battendo al secondo turno la candidata del FN[25], Madame Marine LE PEN (col 66,1% dei voti);
Edouard PHILIPPE, Primo Ministro, garante dell’azione del governo in tutti i settori della difesa e della sicurezza nazionale. Già sindaco di Le Havre, in Normandia, appartiene al movimento LREM, e il suo governo, che conta una maggioranza di 370 deputati su 577 componenti dell’Assemblea Nazionale (sostegno dei partiti LREM, MODEM, MR[26], PE[27], Agir[28] nonché degli indipendenti e dissidenti eletti con altri schieramenti di destra e sinistra), è formato da 19 ministri e 12 segretari di stato[29];
Florence PARLY, Ministra delle Forze Armate[30], responsabile della predisposizione e dell’attuazione della politica di difesa nazionale di cui assume, unitamente al Primo Ministro, la responsabilità davanti al Parlamento. Da esso dipendono il personale, i comandi e le unità delle tre forze armate (Armée de Terre, Marine Nationale e Armée de l’Air) nonché l’organizzazione di dissuasione nucleare;
Christofer CASTANER, Ministro dell’interno, responsabile della sicurezza interna, dell’amministrazione del territorio e della libertà pubbliche; ha sostituto il collega Gérard COLLOMB dimessosi nell’ottobre 2018. Dal Ministro dipendono principalmente la direzione generale della sicurezza interna (DGSI), della polizia nazionale (DGPN), della gendarmeria (DGGN), della protezione civile e della gestione delle crisi (DGSCGC).
2.4. Elementi di demografia e società francese
Come si evincerà nel corso dell’elaborato, è d’interesse approfondire alcuni aspetti legati alla demografia francese, in rapporto alla presenza e alla distribuzione sul suolo transalpino di immigrati o di cittadini francesi di origine straniera.
La regione di Parigi, l’Île-de-France, si posiziona in testa per numero di immigrati residenti (il 38,6%), davanti alla regione PACA[31] (10,2 %) e all’Auvergne – Rhône-Alpes (9,0 %) rispetto alla totalità di presenze in Francia. Già dagli anni ’50 ma soprattutto dagli anni ’70, l’immigrazione familiare è stato il vero motore dei flussi in entrata[32]. Quasi tutti i paesi del mondo sono rappresentati, anche se la storia coloniale della Francia e la prossimità geografica spiegano i principali luoghi di provenienza (50% Africa, 27% Europa, 18% Asia). La quota degli immigrati maghrebini è attorno al 29% e l’Algeria è il primo paese di origine per numero complessivo di immigrati (295.000), davanti al Portogallo (243.000) e al Marocco (233.000). Nel 2013, 4 immigrati sui 10 hanno acquisito la cittadinanza francese, l’età media dei residenti in l’Île-de-France è di 45,1 anni (con un progressivo invecchiamento, 1 su 5 ha più di 60 anni), la predominanza rimane femminile (106 donne ogni 100 uomini), i giovani con meno di 25 anni rappresentano il 40,2% della totalità.
Sempre nel 2013, gli immigrati recenti (da meno di 5 anni) rappresentano il 13% della popolazione immigrata, hanno un titolo di studio più elevato rispetto agli anziani (40% diplomati/laureati contro il 27% degli anziani) anche se la parte di coloro che hanno la sola licenza media (35%) resta elevata rispetto alla media nazionale.
Tra i 36 comuni della Francia metropolitana che contano più di 10.000 abitanti e di cui più del 30% della popolazione è straniera, 33 sono situati in Île-de-France, e 15 nel dipartimento Seine-Saint-Denis (banlieue nord di Parigi). In nessuno di essi gli immigrati sono maggioritari anche se, in alcuni casi, le percentuali se ne avvicinano (La Courneuve e Aubervilliers, 43%). In questi comuni più di 8 ragazzi su 10 (di meno di 25 anni) hanno un genitore immigrato (88% a La Courneuve, 84% a Aubervilliers). Gli immigrati sono quindi sovra rappresentati nei settori urbani sfavoriti della corona parigina, caratterizzati da una forte conglomerazione di edifici sociali e popolari, nelle zone post-industriali e nelle periferie estreme. Il 20% degli immigrati vive a Parigi anche se è in corso, da più di 40 anni, un costante spostamento verso le periferie, soprattutto al nord della città e all’est (la Val-d’Oise, l’Essonne, la Seine-et-Marne e la Val-de-Marne). Dal 1982, la provincia Seine-Saint-Denis accoglie 293.000 immigrati supplementari, cinque volte più della città di Parigi (con un incremento di 55.000 persone). Questa ineguale ripartizione della popolazione immigrata sul territorio si traduce in un’altrettanta ineguale economia delle abitazioni, dei costi degli affitti, delle sovvenzioni pubbliche verso le famiglie o i singoli in bisogno, dei trasporti, dell’edilizia e della ricettività scolastica, delle politiche di sostegno e di inclusione.
Da un punto di vista religioso, occorre evidenziare che la Francia è un paese laico, il culto delle religione è pertanto libero; seppur sia vietata per legge la raccolta dei dati relativi all’appartenenza religiosa[33], la maggioranza della popolazione è cristiana cattolica (stime: 65%, 42 milioni circa), seguita da una larga fetta di atei / agnostici (25%, 16 milioni), dai musulmani (circa 4 milioni) e da altre religioni (1,2 milioni protestanti, 600.000 ebrei, 400.000 buddisti, 300.000 cristiani ortodossi, 300.000 di rito armeno 150.000 copti, 140.000 testimoni di Geova, ecc…)[34].
Una nota de l’INED[35] del novembre 2016 informa che la pratica religiosa è più accentuata tra la popolazione immigrata e in particolare di religione musulmana, coi discendenti che tendono a secolarizzarsi. La metà delle persone che cresce in una famiglia che pratica una religione dichiarata si definisce meno religiosa dei loro genitori[36].
In generale, in Francia, il sentimento religioso tende a diminuire da diversi decenni. Uno dei pochi studi sull’argomento dell’IFOP[37], del 2010, afferma che solo il 43% dei cattolici frequenta la messa domenicale e tra loro solo il 4,5 in maniera regolare (contro il 27% del 1952)[38]. Tra i musulmani, il 31% dichiara di non recarsi mai in moschea e il 31% di farlo solo in certe occasioni. Nel complesso, il 2% della popolazione francese si reca regolarmente in moschea[39].
CAPITOLO 3 – IMPATTO DEL TERRORISMO DI MATRICE ISLAMICA SUL TERRITORIO NAZIONALE FRANCESE
“Le terrorisme et le mensonge sont les armes du faible, pas du fort[40]”.
Mahatma Gandhi
- IMPATTO DEL TERRORISMO DI MATRICE ISLAMICA SUL TERRITORIO NAZIONALE FRANCESE
In questo capitolo si intende analizzare gli eventi di natura terroristica verificatisi in Francia negli ultimi periodi, la loro dimensione numerica ed emotiva, le loro tipicità in termini di luoghi e protagonisti, con un approfondimento in merito ai profili degli attentatori, i fattori di comunalità, le loro origini, il contesto socioeconomico e culturale di riferimento. Si cercherà di comprendere se il terrorismo francese abbia delle specificità proprie e delle dinamiche di interesse che lo caratterizzino particolarmente. Il tutto partendo dalla nozione riconosciuta e condivisa di terrorismo e concludendo sull’impatto che il fenomeno ha avuto sul dibattito pubblico e nelle scelte politiche, oggetto del capitolo successivo.
3.1. Definizione di terrorismo in Francia
Alcuni studiosi francesi[41] hanno evidenziato la difficoltà di trovare una definizione di terrorismo, soprattutto all’indomani dei fatti dell’11 settembre 2001, quando visioni piuttosto soggettive di ciò che si verificò negli Stati Uniti si sono diffuse nel mondo, degradando e parcellizzando il dibattito e le sue conclusioni. La ricerca dei criteri per poterne ottenere una definizione, sulla base del confronto con le definizioni classiche di terrorismo storico o politico e di quello frutto delle esperienze francesi nelle guerre coloniali e di liberazione, ha evidenziato i seguenti caratteri essenziali del fenomeno:
la natura deliberata, calcolata, razionale nel seminare la paura;
la natura relazionale: il terrorista, la vittima e l’obiettivo da raggiungere;
la messa in atto di una strategia di comunicazione.
Si tratta dunque di un metodo di intimidazione attraverso la violenza, virtualmente reiterabile, di cui il mondo (o parte di esso) si sente minacciato e vittima potenziale, che provoca un diffuso effetto “siderazione”, di divisione della popolazione, di assoggettamento e di paura se non di panico. Un assassinio di innocenti per dei fini politici. La Francia definisce ufficialmente il terrorismo nel Livre blanc sur la défense et la sécurité nationale del 2013 come “una modalità d’azione alla quale fanno ricorso degli avversari che si affrancano delle regole della guerra convenzionale per compensare l’insufficienza dei loro mezzi e raggiungere i loro obiettivi politici”. Il citato libro bianco precisa che il terrorismo “colpisce senza discernimento i civili ed esprime una violenza brutale che cerca di colpire l’opinione pubblica e condizionare i governi”[42]. Una definizione meno politica la troviamo tra le pieghe della legge: l’articolo 421-1 del Codice penale francese elenca gli atti ritenuti terrorismo e dispone che “… costituiscono atti di terrorismo, quelli che intenzionalmente sono in relazione con un’attività individuale e/o collettiva tesa a perturbare gravemente l’ordine pubblico mediante l’intimidazione o il terrore, ovvero le seguenti infrazioni: …”. Segue la casistica delle fattispecie di terrorismo.
3.2. I principali attentati terroristici sul suolo francese negli ultimi anni
Per comprendere il fenomeno è essenziale studiarne la dimensione numerica, l’impatto emotivo e la ripercussione nelle abitudini quotidiane della società francese. I dati che riassumono le cifre degli attentati verificatisi in Francia recentemente rendono perfettamente conto dell’ampiezza e della gravità del fenomeno.
I numeri del servizio antiterrorismo francese diffusi lo scorso anno da “Le Monde”[43], parlano di 78 progetti di attacco sul suolo francese a partire dal 15 ottobre 2013 di cui 50 sventati, 17 falliti e 11 realizzati. Di essi: 19 hanno avuto come obiettivo le forze dell’ordine, 12 dei civili e 4 le comunità religiose (in alcuni casi gli obiettivi erano molteplici). Il numero di vittime è complessivamente di 245 persone decedute, di cui 7 forze dell’ordine, 233 civili e 5 religiosi di varie confessioni. Ad essi si devono opportunamente sommare quelli progettati e messi in atto nella seconda metà dell’anno e nei primi mesi del 2019, con particolare riferimento all’attentato di Strasburgo dello scorso novembre che, dopo un certo periodo di ritrovata serenità apparente, ha fatto riemergere i sentimenti di paura tra la popolazione inerme, mietendo nuove vittime. Di seguito alcuni macro-dati riportati dal quotidiano:
Figura 3 – Gli attentati in Francia nel periodo 2013-2018
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Figura 4 – La localizzazione degli attentati in Francia nel periodo 2013-2018
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La maggior parte di essi si sono verificati nella corona parigina e in volume minore in provincia, in Normandia, nella regione PACA[44], in Occitania e nei pressi di Lione.
Per quanto attiene il profilo dei 147 attentatori, al momento dei fatti: 124 erano di nazionalità francese, 5 di provenienza sconosciuta e i restanti stranieri; 123 uomini; 24 provenienti dalla Siria o dall’Iraq e 36 con un progetto di partenza verso il Medio Oriente come foreign-fighter; 22 di essi erano minorenni.
Alcuni di questi attentati sono divenuti simbolo dell’attacco contro il vecchio continente e l’occidente nel suo complesso. Tra questi ricordiamo il già citato assalto al giornale satirico “Charlie Hebdo”, gli attentati di Parigi in prossimità dello Stade de France e della discoteca “Bataclan” del novembre 2015, della terribile strage di innocenti lungo la Promenade des Anglais a Nizza durante le celebrazioni della festa nazionale, il 14 luglio 2016. Di seguito si riporta un approfondimento dei principali eventi occorsi in terra francese degli ultimi anni, mentre si rimanda all’allegato A per la cronologia dei maggiori eventi avvenuti dal 2015.
Figura 5 – Il profilo degli attentatori in Francia nel periodo 2013-2018 |
Gli attentati di gennaio 2015 a Parigi: Charlie Hebdo e Hyper Cacher
Si tratta del primo evento di una certa ampiezza, che di fatto inaugura una stagione di sangue in città e su tutto il suolo francese. In questo attentato, sono emerse due distinte modalità d’azione:
l’uccisione cieca ed indistinta da parte di giovani radicalizzati di cosiddetti “infedeli”;
la volontà di colpire un target preciso, delle determinate categorie di persone, da prendere di mira per la loro peculiare professione o per le loro idee (scrittori e giornalisti in questo caso, coloro che hanno profanato il Profeta con delle caricature) ovvero poliziotti o gruppi appartenenti ad una certa religione.
Per quanto riguarda la cronaca degli eventi, il 7 gennaio, si è assistito all’assassinio dei disegnatori, dei dipendenti, del personale addetto alla sicurezza, di inermi convenuti e di tutti coloro che hanno avuto la sventura di trovarsi nella redazione del celebre giornale umoristico proprio in quel preciso momento, per conto dei due fratelli Chérif e Saïd Kouachi in nome di AQPA[45], pesantemente armati, poi scappati. Il giorno successivo, inseguimenti e furti di vetture, la morte di un poliziotto a Montrouge, banlieue meridionale di Parigi, per mano di Amedy Coulibaly, e il 9 gennaio, di altre quattro persone di religione ebraica dentro un supermercato kasher a Porte de Vincennes, sempre nei dintorni sud est di Parigi. Gli autori di questi attentati fanno parte di un gruppo di radicalizzati parigini, la cosiddetta filiera di “Buttes Chaumont”, di cui si farà un approfondimento più avanti, radicalizzatisi intorno ai 20 anni, di origine immigrata e con un passato tribolato tra quartieri difficili, delinquenza e carcere. 17 morti e 22 feriti, è il tragico bilancio che ha impressionato l’occidente intero per l’efferatezza e per l’obiettivo prescelto: la stampa libera.
Figura 6 – Gli avvenimenti da mercoledì 7 gennaio a venerdì 9 gennaio[46]
Gli attacchi del 13 novembre 2015 a Parigi
Sono i più sanguinosi, organizzati e rivendicati apertamente dallo Stato Islamico in Europa. Un bilancio di 130 morti (di ben 21 nazionalità, la maggior parte francesi) e 413 feriti. Rappresentano il più feroce attacco in Francia dalla Seconda guerra mondiale. Essi si sono svolti a Parigi e nel dipartimento contiguo di Seine-Saint Denis, secondo un piano complesso che ha richiesto un’organizzazione rigorosa e strutturata con ben tre commandos:
un primo che ha attaccato alle 21:20 in prossimità dello Stade De France (Saint Denis) dove era in corso una partita amichevole di calcio tra la Francia e la Germania, alla presenza del Presidente Hollande, subito esfiltrato, e della cancelliera Merkel sugli spalti; tre jihadisti (due iracheni e un francese di origine belga), non riuscendo a entrare nello stadio, si sono fatti esplodere di fronte ad un ristorante causando un morto e una dozzina di feriti;
il secondo che ha attaccato nel X e XI arrondissement di Parigi, composto da tre jihadisti che, mitragliatrice alla mano, hanno aperto il fuoco contro inermi cittadini seduti nei tavolini esterni di svariati bistrot parigini, facendo 39 morti e 34 feriti. Queste le parole commosse della prima cittadina di Parigi, Madame Anne Hidalgo: “c’est un attentat qui vise la jeunesse, les gens qui aiment le monde entier; ça touche ce qui il y a de plus fort en Paris, c’est à dire cet esprit de liberté, ce gout des autres, le gout de la vie”[47];
l’ultimo, il più sanguinoso, ha operato nella discoteca “Bataclan”, dove 1.500 persone assistevano al concerto di un gruppo rock; il bilancio finale delle vittime ha contato 90 morti e un’enormità di feriti.
Questi attacchi (assieme a quello di Bruxelles del 22 marzo 2016) sono stati concepiti e condotti direttamente da Da’esh e organizzati da una cellula transnazionale che ha previsto degli obiettivi precisi e un’esecuzione piuttosto minuziosa, aspetto che ha conferito loro un status unico, simil 11 settembre 2001 negli Stati Uniti. I membri sono in maggioranza belgi di origine marocchina o franco-marocchini, quasi tutti con alle spalle un soggiorno in Siria, che ha permesso di conoscersi tra loro, addestrarsi e raggiungere una notevole capacità organizzativa e operativa.
Figura 7 – La sequenza di attacchi del 13 novembre 2015[48].
Nel corso di una tragica serata per il paese intero, il presidente Hollande, in diretta TV, dichiarerà lo stato di urgenza e riunirà il governo in un consiglio dei ministri straordinario; queste le sue parole ad operazioni ancora in corso: “quello che i terroristi vogliono è farci paura, e c’è effettivamente di che aver paura, dello sgomento, ma di fronte a questo sgomento c’è una Nazione che si sa difendere, che sa mobilitare le sue forze e che una volta ancora saprà vincere il terrorismo; Francesi, non abbiamo terminato le operazioni, ce ne sono alcune ancora in corso in questo stesso momento, in cui le forze di sicurezza assaltano in un luogo preciso a Parigi …”.
La strage del 14 luglio 2016 a Nizza
Si tratta di un efferato attentato terroristico verificatosi quando un uomo, alla guida di un mezzo pesante ad alta velocità, ha volontariamente investito la folla che assisteva ai festeggiamenti pubblici in occasione della festa nazionale francese lungo la celebre Promenade des Anglais, lungomare nizzardo. La sua corsa a zig-zag sul marciapiede si è protratta per ben 1,8 km, in una sorta di video gioco in cui gli inermi pedoni erano dei veri e propri birilli da abbattere. Un bilancio di 87 morti e oltre quattrocento feriti, alcuni gravissimi, di ben 29 nazionalità tra cui 10 vittime italiane.
Figura 8 – L’attacco del 14 luglio 2016[49]
L’attentatore, Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, cittadino francese e tunisino di trentuno anni, già noto alla polizia per piccoli casi di criminalità (violenze e uso di armi), ma nessun fatto legato al terrorismo, è stato freddato dall’intervento delle forze dell’ordine. Viene descritto dai conoscenti come un musulmano discreto, per niente rispettoso delle strette regole religiose, con un profilo lontano dai precetti radicali dell’Islam ma psicologicamente instabile[50]. Di certo si tratta di un sadico e violento. Sul camion sarebbero state rinvenute armi da fuoco e bombe a mano. Sembra sia stato supportato da altre persone e che la figura di lone wolf sia perlomeno vacillante; cinque arresti sono infatti seguiti ai fatti di luglio.
Lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità dell’attentato, affermando che l’attentatore era un suo “soldato” anche se tale collegamento non è provato. Il presidente François Hollande, anticipando il suo rientro a Parigi da un viaggio in Francia, ha immediatamente convocato il governo e annunciato il prolungamento dello stato di urgenza di tre mesi ed ha affermato che “non è possibile negare la natura terroristica dell’attacco“.
Attacco a Strasburgo
Martedì 11 dicembre 2018, attorno alle 20, un individuo[51] ha aperto il fuoco nel centro della città, nelle immediate vicinanze del mercatino di Natale. Una pattuglia di quattro militari in servizio nel quadro di “Sentinelle”[52], allertata dai colpi da fuoco, si è recata nel settore ed è stata fatta oggetto di tiro diretto. I due militari avanzati hanno risposto al fuoco, ferendo l’aggressore e determinando la sua fuga nonché la fine della sparatoria assassina[53].
Si sono riportati dei danni ad una delle armi in dotazione ai militari, che, di contro, non sono stati feriti. Il successivo intervento delle forze di polizia e dell’esercito francese ha proseguito le operazioni di ricerca dell’individuo, realizzato cordoni di sicurezza areale e dei posti di blocco attorno ai punti chiave dell’evento, facilitato il soccorso dei feriti e l’intervento delle forze di sicurezza e assistenza.
L’attentatore, ventinovenne francese di origini algerine, aveva numerosi precedenti con polizie di vari paesi: Francia, Germania e Svizzera. Nel 2017 era stato espulso in Francia dalla Germania. Qualche ora prima dell’attentato un tentativo di arresto nei suoi confronti era fallito. Chekatt è stato individuato due giorni dopo vicino alla sua abitazione, tra Neudorf e lo stadio di Meinau, ne è seguito uno scontro a fuoco ed è stato ucciso. Nel suo computer sono stati trovati video dell’ISIS anche se non è dimostrata una vera e propria affiliazione[54].
Cinque persone sono morte nei primi momenti o nei giorni successivi e altre undici sono risultate ferite. Le vittime, di diverse nazionalità, sono state: il thailandese Anupong Suebsamarn, il francese Pascal Verdenne, l’afgano Kamal Naghchband, il giornalista italiano Antonio Megalizzi, morto 3 giorni dopo, e il polacco Barto Pedro Orent-Niedzielski, collega e amico di Megalizzi, deceduto cinque giorni dopo[55].
3.3. La specificità del terrorismo in Francia
Il dibattito transalpino sul fenomeno terrorista islamico è sostanzialmente monopolizzato da due studiosi, politologi, professori e orientalisti francesi.
Si tratta di Olivier Roy, autore di numerosi testi e attualmente docente presso il Robert Schuman Centre for Advanced Studies di Fiesole, che teorizza il nesso tra radicalizzazione e dimensione sociale, legata ai luoghi e alle condizioni di vita delle comunità e dei singoli, rigettando l’idea che lo jihadismo sia tout court un’ideologia[56], che rappresenti un progetto concreto, realizzabile. Da’esh è descritto come un fenomeno apocalittico e suicida, senza nessuna prospettiva, che tuttavia presenta un forte potere attrattivo per coloro che si sentono ai margini della società. Per Roy si tratta dunque di un’islamizzazione della radicalità, intesa come marginalità (islamisation de la radicalité). Alle sue teorie, si oppone, anche con toni ruvidi e sdegnati, come descritto nel ritratto tra cronaca e costume di Vanity Fair[57], il professore Gilles Kepel[58]. Per lui esiste un legame indissolubile tra ideologia islamica e i fattori meramente sociali richiamati da Roy, che spinge questi individui a commettere degli atti terroristi. E ritiene che il fenomeno sia soprattutto una forma di degenerazione, di radicalizzazione dell’Islam (radicalisation de l’Islam). Il suo è altresì un atto di accusa alla classe politica che non è stata (e non è) in grado di decifrare a fondo il fenomeno, esasperando fette consistenti di francesi e determinando l’emergere di istanze sempre più a destra[59].
Aldilà del legittimo ed estremamente interessante dibattito culturale in corso che contrappone aspetti socio-economici e ideologici, lo jihadismo è indiscutibilmente un fenomeno risultante da molteplici fattori urbani, sociali, antropologici, politici, identitari; è dunque teorizzato[60] che esista una forma di specificità francese dello jihadismo in conseguenza ad alcuni aspetti concomitanti che afferiscono alla cultura politica francese, profondamente laica e repubblicana da una lato, e dal profondo rigetto da parte di giovani immigrati dall’altro, che la considerano una forma di neocolonialismo.
La Francia, nel corso degli anni, ha riaffermato lo stato laico introducendo norme afferenti le libertà pubbliche e private che hanno ulteriormente alimentato il dibattito; in particolare si tratta di norme relative al divieto di uso del foulard a scuola[61], al divieto di coprire il viso in spazi pubblici[62], alla neutralità religiosa negli asili privati[63], che hanno suscitato in ampi settori di giovani immigrati un sentimento di ribellione, se non di vero odio, di rigetto delle istituzioni laiche e della società in cui vivono ma che considerano profondamente ostile.
Altro aspetto è quello legato alle periferie cittadine francesi. Il profilo tipico dello jihadista è quello di un giovane proveniente dalle banlieue[64], di sesso maschile, molto spesso con precedenti penali: i dati disponibili in Francia dicono che più della metà degli jihadisti ha avuto vicende con la giustizia o proviene dalla criminalità[65], fenomeno causato da una sorta di esclusione sociale in quartieri ghetto di interi gruppi etnici. Di fatto in Francia, intere generazioni d’immigrati nord africani, pachistani o bengalesi, si instradano verso la delinquenza come sola via disponibile per uscire da un’esclusione sociale nella quale si sentono soffocati, alcuni dei quali convertendosi alla causa del radicalismo religioso. Questo è confermato da alcuni dati[66]. Su 22 terroristi che hanno colpito in Francia, da Mohalmed Merah nel 2012 sino a Adel Kermiche nel 2016, si registrano 14 francesi, 3 belgi, 1 algerino, 1 marocchino, 1 persona di origine sconosciuta, 1 tunisino e 1 turco di origine curda. Due hanno una doppia cittadinanza franco-algerina o belgo-marocchina. Dei 14 francesi, la maggioranza è probabile sia di origine straniera. Su 22, 14 hanno precedenti o condanne, la metà di essi è stato in prigione e alcuni di loro proprio per motivi di radicalizzazione (3 di essi) e attività delinquenziali (9 di essi). 10 di loro sono fiché S[67] e altri 10 già conosciuti dai servizi di intelligence[68] francesi o stranieri.
3.3.1. Case-studies di radicalizzazione transalpina
Quelli proposti di seguito sono dei case-studies concreti di jihadisti che hanno colpito o operato in Francia, i cui profili restituiscono un’immagine piuttosto nitida del background socioculturale che ha fatto da scenario alla loro radicalizzazione, seppur non necessariamente esaustiva.
Foued Mohamed-Agaad, l’integrazione rifiutata
Di origine siriana, fa parte di una famiglia residente in Alsazia, regione ricca al confine con la Germania, con genitori operai, lei marocchina e lui algerino. Tenta il concorso nella polizia nazionale senza successo e quello per l’esercito che lo rifiuta, nella vana ricerca di un inquadramento che invece troverà nella frequentazione della moschea del proprio quartiere e poi nelle milizie in Siria a partire dal 2013 con un fratello e altri 8 giovani provenienti da Strasburgo. In Siria si sposerà e troverà grande spazio nei social networks pubblicando foto e testi col nome di Abaaoud. Prima della sua partenza è ignoto alle forze di polizia. Farà parte del commando responsabile degli attacchi di Parigi del 13 novembre 2015.
Charaffe el-Maoudan, il complesso “post-coloniale”
Nato in un sobborgo parigino, passa la sua vita a Drancy. Disoccupato, si iscrive al centro di collocamento e riesce a ottenere un prestito di 20.000 € che gli consentirà di equipaggiarsi con materiali da trekking per la sua avventura siriana. Nel 2012, ancora in Francia, decide tuttavia di partire per l’Afghanistan ma viene arrestato e poi lasciato libero, sotto controllo giudiziario. In Siria arriva nel 2013 con sua moglie e i suoi due bimbi. Sviluppa una forma estrema di narcisismo web, pubblicando continuamente foto di sé stesso e di scene siriane e irachene, raccontando il suo quotidiano. È molto attivo su twitter e dichiara che non ci sono innocenti in Francia e che tutto il mondo è complice e sarà l’obiettivo di attacchi. Incarna il cosiddetto complesso “post-coloniale”: tenta di vendicarsi della società in cui è vissuto, mediante anatemi radicali e stigmatizzando quel malessere dato dalla disoccupazione e dall’esclusione sociale. È morto in Siria nel 2015.
Moussa Coulibaly, il black dimenticato da Dio che si radicalizza
È l’aggressore presunto dei tre militari a Nizza davanti al centro ebraico il 4 febbraio 2015. Cresciuto a Mantes-la-Jolie che, nonostante il nome, è un quartiere ritenuto sensibile nella regione a nord di Parigi, riporta numerose condanne per droga, furto e oltraggio tra il 2003 e il 2012. Poi sparisce in Turchia ma si fa trovare dalla polizia di Ankara su indicazione della polizia francese.
Ismaël Omar Mostefai, l’instabilità identitaria
Nato a Corcouronnes, sempre in Ile-de-France, vive difficoltà scolastiche e in un contesto di disoccupazione e povertà diffusa con padre algerino e madre portoghese convertita all’Islam. Sperimenta la violenza e la delinquenza tra bande prima di radicalizzarsi. È condannato svariate volte per furto e altri reati minori. Nel 2010, dopo un’esperienza presso una moschea non politicizzata, ne frequenta un’altra e si radicalizza. È il momento in cui viene schedato (fiché S). Partirà in seguito in Siria dove decapiterà un uomo con un coltello in diretta social. Ha un percorso analogo a quello di Coulibaly ma con un iter di radicalizzazione più complesso. Farà parte di uno dei commando che operano il 13 novembre 2015 a Parigi.
Thomas Barnouin, il convertito jihadista
Nato nel 1977 da parenti insegnanti, si converte all’Islam a 22 anni. Studierà medicina in Arabia Saudita per imparare la lingua e la religione, dove prenderà coscienza del suo “dovere” di combattere l’occidente e gli americani in Iraq. Attraverso la Giordania, arriva in Siria, dove viene catturato a rispedito in Francia per scontare 5 anni di prigione. In Siria ci ritornerà nel 2014 e sarà arrestato dai curdi che combattono Da’esh. Il suo arresto risuonerà sulla stampa in maniera simbolica, uno dei francesi più ricercati preso in Siria[69].
Zyed Ben Belgecam, lo jihadismo metaforico
Cittadino francese di origine tunisina, è responsabile del fuoco aperto contro dei poliziotti durante un controllo della sua vettura a Stains en Seine – Saint Denis il 18 marzo 2017; seguirà una fuga verso Virtry-sur-Seine dove minaccerà con le armi i presenti in un bar, aprendo il fuoco ma senza fare vittime. Successivamente sequestrerà un’auto con una donna e sua figlia a bordo per dirigersi verso l’aeroporto di Parigi-Orly dove aggredirà i militari dell’operazione “Sentinelle” che, reagendo, lo neutralizzeranno.
Ben conosciuto dalla polizia per condanne per reati violenti (furto a mano armata) era già radicalizzato da tempo. Appartiene alla sottocategoria di jihadisti con età più alta della media e di origine straniera, con una vita inestricabilmente legata alla droga, alla criminalità e alla prigione, la cui volontà è di liberarsi morendo in nome di Allah, quasi una scelta estetica, un abbellimento della propria vita infelice che altrimenti è solo sinonimo di galera e crimine. Non aveva alcun legame con Da’esh o altri gruppi jihadisti e il suo legame ad Allah non aveva alcun riferimento a gruppi radicali noti. Ecco perché questo genere di processo si definisce “radicalizzazione metaforica”, tipica di una figura con passati giudiziari pesanti che si ritrova in stato di disperazione e che non vede futuro se non in carcere o davanti alla morte. Non esiste una vera e propria attitudine religiosa nel loro comportamento e nelle loro azioni, mai il riferimento religioso serve da pretesto per essere iscritti tra le “celebrità della lotta in nome di Allah”.
Gli harki e lo jihadismo
Questi soldati algerini sono poco numerosi tra i radicalizzati, malgrado il risentimento che provino verso la Francia che li ha di fatto abbandonati in Algeria dopo aver beneficiato della loro collaborazione ai tempi dell’esercito coloniale. Mehidi Nemmouche è uno di loro, padre e madre harki. Un’adolescenza segnata da reati comuni e condanne, nel 2012 si lascia influenzare da forme religiose rigoriste, moltiplica gli atti di proselitismo e fa appello alla preghiera collettiva selvaggia. Dopo la prigione, nel 2012 parte in Turchia e si associa all’ISIS divenendo carceriere di ostaggi occidentali, torturandoli. Torna in Europa nel 2014 e commette un attentato a Bruxelles, al museo ebraico, uccidendo 4 persone e ferendone una.
Il suo profilo è: nascita in una famiglia disunita, vita familiare fortemente perturbata, devianza, prigione, recidiva, conversione alla versione jihadista dell’Islam, viaggio in un paese in guerra, ritorno nel paese di origine e attentati contro le forze di polizia e la popolazione.
Jihadisti d’oltre mare
Niente di meno che sull’isola francese delle Riunione, Oceano Indiano, sono state registrate tra 100 e 200 segnalazioni di radicalizzazione[70], secondo l’UCLAT[71]. Si stimano 80 partenze verso la Siria dall’isola vulcanica, altre 40 dalla vicina Mayotte e 8 dalle paradisiache Guadalupa e Martinica, più distanti atolli del mar dei Caraibi. Tuttavia, molti individui d’origine d’oltre mare vivono in banlieue e si radicalizzano secondo i modelli tipici dei quartieri d’esclusione. Presentano tuttavia dei tratti specifici. Tra cui un risentimento legato alla schiavitù del loro popolo d’origine, che affonda le sue radici nel tempo e che rivendicano verso i francesi della madrepatria. L’Islam conferisce loro una nuova identità che supera questo squilibrio, colonia/madrepatria, nero/bianco, francese laico della metrôpole[72]/francese cattolico dei territori d’oltremare. L’Islam radicale dà loro una possibilità di rivincita e permette di passare dall’inferiorità coloniale e post-coloniale (fortemente percepita) alla superiorità arrogante e all’impavidità della morte.
Donne terroriste
Lungamente considerate come delle gregarie, le donne jihadiste si sono recentemente affermate nei dossier giudiziari dell’antiterrorismo francese. Ben 26 donne sono oggigiorno incarcerate nel quadro di queste inchieste[73].
Mentre in Gran Bretagna è stata recentemente scovata una cellula interamente costituita da donne, si conoscono numerosi esempi di figure femminili dedicatesi alla jihad in Siria (come nella brigata Al Khansa)[74], anche in provenienza dalla Francia. Circa il 10% degli effettivi che si sono associati a Da’esh è di sesso femminile (circa 500 in tutta Europa). A Parigi non dispongono di dati precisi ma si stima rappresentino circa un 15-20% del totale[75]. I ruoli sono molteplici: spesso, è vero, dietro le quinte, nelle retrovie, donne ma soprattutto mogli, figlie, sorelle, madri; più raramente rivestono ruoli attivi come combattenti, propagandiste, spose del martirio; quasi mai di vera leadership, destinata esclusivamente agli uomini.
È tuttavia degna di nota la circostanza dell’attentato non riuscito a causa di un malfunzionamento ad una bombola di gas abbandonata in una vettura parcheggiata, il 4 settembre 2016 a Notre Dame de Paris, la cui cellula operativa era interamente costituita da quattro donne (O. Gillingmann, I. Madami, Sarah H. e Amel. S.). Per la procura di Parigi si tratta di un attentato teleguidato dalla regione siriana-irachena. Le donne, di età compresa tra e 19 e 39 anni, alcune delle quali fiché S, sono quasi tutte delle convertite, desiderose di morire in martirio[76].
3.3.2. L’effetto banlieue
Le città, grandi o piccole, i quartieri che vedono l’attore radicalizzato costruire il suo mondo e creare la sua rete, presentano spesso delle specificità. Nella quasi totalità dei paesi europei esistono quartieri da dove il numero di partenze di giovani verso la Siria (i cosiddetti foreign–fighters o exo-jihadisti) e il numero di adepti alla radicalizzazione di natura interna (djihadistes maison, howngrown-jihadists, endo-jihadisti) sono più elevati della media nazionale. Questa concentrazione è spesso legata a due cause:
relazionale: i giovani vengono a contatto con reti formali o informali, amici o membri della famiglia con le loro ramificazioni;
sociale e geografica: la specificità della struttura urbana che presenta delle caratteristiche tipiche: tasso di disoccupazione molto alto, etnicità marcata con annessi sentimenti di stigmatizzazione e di collera in una larga fetta di popolazione, ghettizzazione e sviluppo di un’economia sotterranea illegale che attira la gioventù e che predispone alla trasgressione delle norme.
Esiste un modello generale europeo di jihadismo fondato su un ambiente tipo banlieue che ha trovato spazio specie in Francia, in Germania (la città di Dinslaken), in Svezia (a Göteborg), in Belgio (Molenbeek), in Danimarca (vicino ad Aarhus), ecc… Accanto a questo tipo di struttura urbana, troviamo le periferie o quartieri marginalizzati (banlieusardisés) che fanno parte della città ma che presentano le caratteristiche delle banlieue: specificità etnica, tassi di abbondono scolastico elevati, tasso di delinquenza, di carcerazione e di recidiva superiore alla media nazionale, sviluppo di economie sotterranee, disoccupazione a doppia cifra, lavoro sottopagato e sotto-qualificato, precarietà della società, strutture familiari allo sbando, comportamento giovanile aggressivo, separazione dalla città in termini spaziale e di trasporti, vere e proprie demarcazioni territoriali. In Francia si possono citare i seguenti esempi: Neuhof (Strasburgo), Mirail (Tolosa), i quartieri nord di Marsiglia. In Europa, Parigi è incontestabilmente ai primi posti per numero di attacchi jihadisti per numero di morti[77], assieme a Londra, Madrid, New York, Bruxelles, Manchester. In Francia si osserva una vera e propria specificità nella struttura urbana data dall’esistenza delle citate banlieue, chiamate anche cités, o zone sensibili, ai confini comunali delle città, di solito sorte negli anni ‘60-‘70 per compensare alla penuria di alloggi per la classe media. Progressivamente si sono trasformate in luoghi di soggiorno della popolazione esclusa e più povera, in genere famiglie di immigrati, di seconda e/o terza generazione, originarie del Maghreb o dell’Africa nera. In esse si registra lo svilupparsi di una cultura specifica, legata all’affermazione di una volontà provocatrice contro una società considerata estranea, iper-laica. Da notare come le cosiddette prime generazioni, ovvero i nonni e genitori, di contro, abbiano un temperamento in genere molto più mite e dimostrino un legame decisamente più intenso con la Francia, le sue Istituzioni e la sua popolazione, nonché una certa forma di attaccamento e riconoscenza, per avere dato loro un’opportunità di vita, un lavoro e il benessere. Nelle generazioni successive, invece, spesso si sviluppa il fenomeno della negazione della doppia identità: quella francese e quella d’origine, entrambe vissute negativamente, rinnegate, il cosiddetto ne-ne (ni-ni), una forma di malessere profondo di natura esistenziale. L’Islam diventa un’identità di sostituzione e il ne-ne assume una connotazione positiva, che accoglie. Tuttavia, il contesto urbano non spiega da solo e interamente il processo di radicalizzazione di natura religiosa; altri fattori si combinano tra loro facendo dello jihadismo un fatto sociale complesso (carenza di lavoro, rapporti familiari, luoghi di aggregazione, assenza di adeguato livello di scolarizzazione, effetto internet, sono alcuni degli esempi) e spesso criminale. Di seguito alcuni dei luoghi in cui il fenomeno ha particolarmente preso piede.
Lunel
Città del dipartimento meridionale dell’Herault (Occitania, sud della Francia), meno di 26.000[78] abitanti, nel medioevo chiamata la “piccola Gerusalemme”, oggi la “Jihad City”, è stata vittima dell’inesorabile declino del sudovest agricolo negli ultimi decenni. Da Lunel sarebbero partiti una ventina di giovani per la Siria tra il 2013 e il 2015 e 12 avrebbero trovato la morte[79]. Attualmente il tasso di disoccupazione si aggira intorno al 20% (40% quello giovanile tra gli immigrati), il tasso di reati minori è pari a circa il quadruplo della media nazionale (8,32 su 1.000 contro 2,7 su 1.000) ed è registrata un’incarcerazione alla settimana[80]. Si contraddistingue per un’atmosfera di tensione generale e di rifiuto dell’Islam che ha portato il Fronte Nazionale[81] a diventare il primo partito[82] e che si ripercuote sugli stessi musulmani che si sentono stigmatizzati. Lunel e i suoi quartieri sensibili sono marcati dai tratti essenziali tipici delle banlieue francesi: mancanza di mediazione tra le diverse fette di società e popolazione (in particolare tra laici e musulmani), un tasso di disoccupazione elevato, una forte delinquenza, tassi di astensione molto elevati alle elezioni.
Trappes
Città di 30.000[83] abitanti a 35 km a sud ovest da Parigi. Non è né un ghetto né una città vera a propria. Può essere definita come una città nuova, un sobborgo con dei legami strettissimi con la capitale. Ha conosciuto un profondo rinnovo urbano e un tasso di disoccupazione basso. Esiste tuttavia una concentrazione di case popolari elevatissimo (circa il 60% delle abitazioni è edilizia popolare[84]) e una povertà relativa (reddito medio pari alla metà di quella della regione dove si trova, Yvelines: 1.210 € contro 2.227€[85]). La popolazione di religione musulmana è importante con una grande varietà di origini (più di quaranta nazionalità) e una gioventù numerosa. La città è stata segnata dai moti del luglio 2013 in cui decine di giovani hanno reagito violentemente alla multa nei confronti di una convertita dal nome di Cassandra, che portava il velo integrale. A seguito di questi episodi, che hanno aperto il carcere a tre dei rivoltosi, la città si è fortemente polarizzata tra un Islam di rottura e la visione laica tipica della società francese[86]. Più di una sessantina di giovani sono partiti da Trappes per la jihad in Siria; 6 di essi si sono collegati alla cellula di Verviers in Belgio che è stata all’origine degli attacchi a Parigi del novembre 2015 e di quelli del marzo 2016 nella capitale belga. La radicalizzazione di una grande quantità di giovani non è avvenuta in una moschea ma in un locale chiamato “Chicken Planet” e risale agli anni ‘90 per mano di radicalizzati stabilitisi a Trappes nel periodo dei GIA[87] (da cui il nome “Trapistan”)[88]. Ma il caso di Trappes mostra che è limitativo cercare la risposta al fenomeno nella sola struttura urbana. C’è bisogno di analizzare le dinamiche dei gruppi e dei luoghi di socializzazione.
Lione e la sua periferia, Vaulx-en-Velin
Questa banlieue è uno dei luoghi di maggiore radicalizzazione in Francia. Il primo jihadista cresciuto e educato nel paese transalpino ne è originario; si tratta di Khaled Kelkal, elemento chiave negli attentati di Parigi (RER B, stazione St. Michel) nel 1995 ad opera dei GIA, che fecero 8 morti e 148 feriti.
Tra tutte, si segnala la storia dell’attentato pianificato da un gruppo di fratelli (Karim e Reda Bekhaled) affilati ad un gruppuscolo islamista radicale oggi dissolto (Forsane Alizza) che non è stato portato a termine perché scoperto in tempo. Altri membri, sempre affiliati ad Alizza, sono stati arrestati nel 2012.
La Normandia
Numerosi casi di radicalizzazione islamista sono stati registrati nella regione che si affaccia sul Canale della Manica, maggiormente connotati dalla presenza di reti radicalizzate sul territorio o a internet e meno dalla specificità urbana. Di seguito i più significativi:
numerosi foreign-fighters partiti per la Siria, tra cui Maxime Hauchard da Saint-Etienne-du Rouvray e Jordan di Vernon;
un’intera filiera jihadista trovata a Seine-Maritime nel 2014;
4 giovani radicalizzati, convertiti all’Islam, si ritrovavano nella moschea di Elbeuf e di Saint-Etienne-du Rouvray;
Adel Kermiche, assassinio di padre Hamel, sempre a Saint-Etienne-du Rouvray, pressi di Rouen, nel 2015;
il caso di Caennais Romain Letellier (nome d’arte Abou Siyad al-Normandy), cresciuto in una famiglia atea e comunista, svolge nei primi anni di lavoro alcuni servizi sociali e a 20 anni si converte all’Islam e prende contatto col forum internet Ansar Al-Haqq, pubblica una versione in francese di “Inspire” che invita a commettere atti contro l’occidente. Ne segue una condanna per incitamento al terrorismo. Successivamente partirà in Siria dove troverà la morte.
Parigi e il XIXe arrondissement: la città moderna
Questo quartiere parigino riveste un ruolo urbano specifico: si trova all’interno della capitale ma resta fortemente popolare, gli abitanti risiedono in alloggi di edilizia pubblica, in un contesto dove l’inserimento sociale è difficile e fiorisce la radicalizzazione frutto di una marginalizzazione delle famiglie di origine maghrebine, tutte concentrate e nel contempo separate dal resto della città. È una sorta di periferia nel cuore della città in cui i ragazzi tendono a fare gruppo tra loro, allentando i contatti coi coetanei che vivono in quartieri più borghesi e frequentano scuole e spazi della Parigi bene. Una dozzina i giovani originari che si sono riuniti attorno alla figura carismatica di Faris Benyettou, anch’egli residente nella cosiddetta “città moderna” (una serie di case popolari nel quartiere), predicatore radicale, e che hanno costituito la cosiddetta filiera di “Buttes-Chaumont” con sede nella moschea della rue de Tanger e responsabile dell’attacco a “Charlie Hebdo”.
3.3.3. Al cuore delle cellule operanti in Francia
Lo studio delle cellule e dei loro membri riveste un significato particolare. Le ragioni che spingono ad affiliarsi sono molteplici: amicizia, prossimità spaziale (l’abitare nello stesso luogo, quartiere), la frequentazione della stessa scuola/università, associazione, moschea. Questi aspetti sono al centro degli studi che evidenziano delle divergenze in termini di:
orizzontalità / verticalità dell’organizzazione delle cellule (assenza o presenza di figure carismatiche / leader);
legami col mondo esterno o isolamento;
specificità locale, regionale o nazionale.
Sotto quest’ultimo aspetto, sono cinque i paesi in Europa in cui si sono sviluppate cellule di una certa importanza (con almeno due individui): la Francia, la Gran Bretagna, il Belgio, la Spagna e i Paesi Bassi.
Per quanto riguarda, invece, la leadership, si distinguono le cellule:
che non hanno un leader esplicito, la gerarchia e il modo di distribuzione dei compiti fa capo alla complicità dei componenti (in genere degli homegrown-terrorists);
con un capo unico che svolge le funzioni di capo militare ed ideologico (es. cellula di Cannes-Torcy);
con una direzione duale, che separa l’ideologia dalla funzione guerriera (es.: la citata filiera di Buttes-Chaumont, filiera d’Artigat).
In Francia, tra le più importanti cellule si individuano le seguenti.
La filiera d’Artigat
Uno dei centri di radicalizzazione più pericolosi di tutto l’occidente, il cui capo, Oliver Corel, musulmano di origine siriana ma naturalizzato francese, non è mai stato condannato per un affare jihadista. Si è installato presso la cittadina di Artigat in Occitania con la famiglia; nel 1987 ha fondato una comunità musulmana d’obbedienza salafita pietista che ha attirato dozzine di famiglie nella regione, che negli anni seguenti sparirà restando comunque un riferimento nel panorama islamico radicale. Tra gli altri, egli è stato il mentore dell’autore delle uccisioni nel 2012 a Tolosa e Mountauban e di Fabien Clain, che ha annunciato al mondo gli attentati di Parigi del novembre 2015. Non è conosciuto in occidente un gruppo che abbia saputo restare in voga per così a lungo, ispirando generazioni di radicalizzati e così tanti attentati; è composto di soli uomini, quasi tutti dei convertiti e con connessioni quasi esclusivamente francofone. Non è dunque una vera e propria cellula ma un luogo di raccolta e ispirazione per futuri jihadisti che vogliono giocare un ruolo di primo piano in nome dell’Islam radicale.
La filiera di Buttes-Chaumont, 2003-2015: dall’exo all’endo-jihadismo
La guerra in Iraq del 2003, con l’intervento americano, britannico e di altri paesi alleati, provoca una profonda indignazione e mobilitazione tra alcuni segmenti di musulmani. Questa filiera ne incarna una delle espressioni più radicali. I suoi membri sono una dozzina di giovani tra i 19 e i 24 anni nel momento del loro arresto, tutti residenti nel 19° arrondissement di Parigi, in appartamenti di edilizia popolare, aderenti alla versione radicale dell’Islam e frequentatori della moschea di Adda’wa di rue Tanger. La cellula costruita attorno all’influenza di Farid Benyettou, capo carismatico, non è particolarmente strutturata e in principio si prefiggeva esclusivamente di combattere in Iraq contro l’esercito americano (exo-jihadismo). Numerosi giovani infatti partiranno per il Medio-Oriente nel 2003-2004 ma nel 2005 la cellula è smantellata. Essa si articola sulla dualità attorno a Benyettou, cervello intellettuale e spirituale, e a Boubaker el-Hakim, braccio armato ed eroe guerriero; una vera unicità nelle dinamiche di leadership, più complessa rispetto alle cellule mono-dirette. I membri di questa filiera si ritrovavano nel parco di “Buttes Chaumont”, sempre nello stesso quartiere, per correre ed addestrarsi. Nonostante gli obiettivi iniziali e le numerose missioni in Iraq e Siria dei suoi membri, la filiera si è gradualmente trasformata in endo-jihadismo e molti dei suoi membri si sono orientati verso l’attacco interno come i fratelli Kouachi e Amedy Coulibaly, autori degli attacchi alla redazione di “Charlie Hebdo” e all’hyper kasher nel gennaio 2015.
La cellula di Cannes-Torcy, 2011-2012
Il gruppo di Cannes-Torcy è stato creato ufficialmente nel luglio 2012 nel sud della Francia allorquando i membri della cellula di Torcy si installano in camper davanti alla moschea di Am Madina e cominciano a socializzare con i rappresentanti della cellula di Cannes. Si tratta dunque di due entità separate che si avvicinano per l’affinità dei due capi carismatici e la frequentazione degli stessi luoghi. Composta da giovani tra i 20 e i 30 anni con un passato delinquenziale e senza occupazione fissa, si tratta soprattutto di convertiti da diverse religioni (cattolici, evangelici, ebrei e buddisti), ivi compresi i due leader che si susseguono: Jérémie Louis Sydney sino alla sua morte per mano della polizia francese, e Bailly, capo della cellula di Torcy, suo erede (Boudina è invece leader di un sottogruppo che ha come obiettivo di inviare dei combattenti in Siria). Al suo interno si ritrovano diverse sfumature di radicalizzazione e ideologia e alcuni sottogruppi più coesi tra loro. Tra di essi si evidenzia il clan della “passione del martirio”, con membri intenzionati a morire martiri in armi, fortemente antisemiti, violenti ed estremamente radicalizzati. L’azione della cellula si orienta contro obiettivi francesi (es.: attacco di Sarcelles del 2012[89]). Nel giugno 2017 una parte dei suoi membri sono condannati a pesanti pene detentive per i fatti di Sarcelles e i progetti di attacco e soggiorno in Siria[90].
La filiera jihadista di Strasburgo
Essa si compone di 10 amici di origine maghrebina, residenti a Meinau, un quartiere povero e con una pessima reputazione a sud ovest di Strasburgo, tutti contattatisi su Facebook e che avevano come luogo di ritrovo le città di Lacourneuve, Lione e Strasburgo, arruolati da un leader carismatico e reclutatore di Da’esh (Mourad Fares in arte al-Faransi) per combattere contro il regime di Assad in Siria. La loro particolarità, a meno di un componente (Makhlès Dahbi), è la fedina penale intonsa. Nel dicembre 2013 decidono di partire per la Siria: 3 di essi muoiono dopo appena due settimane e gli altri sette rientrano in Francia qualche mese più tardi nel disincanto totale (si noti che al loro arrivo in Siria, Fares si era reso irreperibile avendo cambiato bandiera e affiliandosi ad Al-Nusra[91]). Uno dei sette, Foued Mohammed Aggad, farà parte del team di assassini del “Bataclan”.
La filiera jihadista di Orléans
Si tratta di un gruppo di giovani costituitosi nel 2012, una ventina circa, molto eterogeni tra loro (francesi, convertiti, bi-nazionali di origine algerina, marocchina e dell’Africa nera) e d’età compresa tra i 22 ei 33 anni. Il legame essenziale tra loro è la frequentazione della moschea di Carmes a Orléans, un’ora a sud di Parigi, il cui predicatore, proveniente dalla moschea della capitale dove gli Iman sono moderati, non era al corrente della loro radicalizzazione. Sono partiti per la Siria nel 2012, primi francesi a fare questa scelta, arruolandosi tra le fila della Katiba Jaish Muhammad (la brigata dell’esercito di Maometto), un gruppo jihadista costituto da circa 400 combattenti e vicino ad Al-Nusra. Uno di loro ne è divenuto dirigente militare; la maggior parte sono morti in Siria e altri sono stati giudicati e condannati in contumacia dalla giustizia francese. Questa filiera si contraddistingue per non essere necessariamente nata in un contesto degradato; alcuni di loro possedevano dei lavori “normali” (uno di essi era ad esempio impiegato presso un’assicurazione sanitaria privata nonché padre di famiglia).
3.4. Le rivendicazioni
Gli attacchi terroristi condotti sul suolo francese e all’estero[92], sono stati rivendicati sistematicamente dall’organo di propaganda dello Stato Islamico, Amaq (news agency), spesso mediante un comunicato pubblicato e diffuso sull’applicazione telegram. A titolo di esempio, nel comunicato diffuso per l’attentato di Trèbes del 2018, si può leggere, in francese, che “un soldato dell’IS ha effettuato un attacco a Trèbes, nel sud della Francia, in risposta all’appello dello Stato Islamico a colpire i paesi della coalizione[93]”. Lo stile è sempre molto sintetico e sobrio, tipo breaking news, come se fosse una vera e propria agenzia stampa al servizio di un apparato statuale reale di tipo totalitario. Le allerte, i titoli e i video che vengono diffusi, riportano spesso la dicitura breaking news o “esclusiva”. Amaq è tuttavia più di una mera agenzia di stampa; è un vero e proprio strumento di influenza e propaganda di Da’esh, opportunamente studiato e pianificato, funzionale al messaggio e alle operazioni terroriste. Lo studioso di jihad Romain Caillet, sul suo blog pubblicato sul giornale “Liberation[94]”, ci descrive Amaq come un’agenzia fondata dal siriano Riyan Mesh’el, vecchio responsabile di Halabnews.net, una sorta di collettivo che raggruppava inizialmente degli attivisti siriani anti-Assad. Dopo la chiusura di numerosi profili di jihadisti su twitter nell’ottobre 2014, decide di coprire la battaglia di Kobane sino al giugno 2015 presentandosi come un’agenzia indipendente, nonostante sostenga apertamente IS. Successivamente evolve creando profili sui principali social networks e usando alcune applicazioni di Android, tra cui proprio telegram. Tuttavia, non tutte le rivendicazioni di Amaq sono ritenute veritiere. Ad esempio, in occasione dell’attentato sugli Champs Elysées dell’aprile 2017 in cui ha perso la vita un poliziotto, Amaq ha diffuso un comunicato in cui presentava l’assalitore come Abou Youssef al-Belgiki (Abou Youssef il belga), nonostante si sia poi stabilito che si trattasse del francese Karim Cheurfi. Di solito il comunicato di Amaq è infatti seguito da un altro in forma più elaborata ed estesa, accompagnato da un video o da un messaggio audio che rappresentano il testamento dell’autore dell’attacco col quale ribadisce la fedeltà al capo, Abou Bakr Al-Baghdadi. Quest’automatismo non è tuttavia confortato dalla prassi. Le rivendicazioni si possono pertanto dividere in due categorie: quelle che attribuiscono l’attacco a IS, in qualità di attore facilitatore o sostenitore in una qualche forma, e quelle in cui IS ha solamente ispirato l’atto di terrore di una persona terza, non necessariamente con dei legami formali. In questa seconda categoria, Da’esh rivedica gli attentati attraverso Amaq in maniera palesemente opportunista e funzionale alla sua azione di soft-power e propaganda.
3.5. Le reazioni della società e della politica
Gli eventi occorsi nell’ultimo quinquennio hanno aperto ampi dibattiti nella politica, nella società e nel giornalismo d’oltralpe. In taluni casi, l’emozione e la paura hanno unito i cittadini che si sono ritrovati attorno alle decisioni prese in urgenza dalla classe politica. In altri casi, lo scontro pubblico è stato acceso, soprattutto durante la difficile campagna elettorale delle elezioni presidenziali del 2017, per determinare il successore di François Hollande, colui che ha dolorosamente vissuto e gestito i principali attacchi sul territorio francese e visto crollare la sua popolarità[95] anche a causa del deteriorarsi della situazione di sicurezza interna. Elezioni da un risultato incerto alla vigilia e che hanno determinato un terremoto politico inatteso, con la scomparsa dai radar dei partiti tradizionali, nessuno dei quali ha avuto accesso al ballottaggio[96]. Una destra più forte nei numeri e nelle proposte si è fatta largo, un uomo nuovo, di ispirazione liberale e proveniente dalle fila delle scuole d’élite francesi, ha tuttavia avuto la meglio. Questa campagna è stata una vera cartina di tornasole del dibattito pubblico d’oltralpe e i manifesti elettorali dei cinque principali candidati[97] hanno ben evidenziato le contrapposte visioni, marcando punti di accordo e di forte contrasto e discontinuità. A fattor comune, il terrorismo di matrice jihadista è stato condannato e stigmatizzato da tutti i candidati anche se con accenti e toni differenti. Il tema della sicurezza nazionale non è mai stato così d’attualità e gli attentati perpetuati sul suo transalpino lo hanno riportato al centro del dibattito. Da un lato, alcune delle proposte hanno avuto un comune denominatore, come l’incremento degli effettivi delle forze dell’ordine (tra i 5.000 e i 15.000 nelle diverse proposte), la creazione di forze di polizia di prossimità, specialmente nelle aree degradate e ai margini delle aree industriali e a forte connotazione urbana, il rafforzamento degli apparati di sicurezza interna e di intelligence. Dall’altro, le misure proposte hanno marcato con nettezza l’identità dei candidati. Nel campo del sovranismo, la candidata sconfitta al ballottaggio, Marine Le Pen, ha posto un forte accento sulla necessità di rivedere la gestione dei confini e dei criteri di accettazione / espulsione degli immigrati irregolari e non, sullo sradicamento delle filiere terroriste soprattutto da un punto di vista finanziario, sul rafforzamento delle pene e delle misure detentive anche costruendo nuove prigioni e incrementando gli organici della magistratura inquirente. La proposta macronista, invece, in continuità con quella di Hollande e meno articolata rispetto alla sua principale avversaria politica, si è concentrata sul rafforzamento dei poteri delle forze dell’ordine anche mediante una profonda riorganizzazione dei loro apparati operativi e di comando, l’impiego di mezzi di sicurezza cibernetica e la creazione di uno Stato Maggiore ad hoc, alle dirette dipendenze dell’Eliseo per l’anticipazione della minaccia e la condotta delle operazioni contro terrorismo.
Da sinistra, i programmi hanno visto una netta posizione a difesa delle prerogative repubblicane, in contrasto alla logica dell’eccezione dello stato d’urgenza e contro la militarizzazione dello spazio nazionale, proponendo il progressivo smantellamento dell’operazione dell’esercito francese “Sentinelle”, di cui si offrirà un approfondimento nel prossimo capitolo, e ribandendo la centralità della giustizia e dell’educazione.
Si sono delineati pertanto dei progetti fortemente antitetici, soprattutto nel quadro valoriale: da un lato Macron e Fillon, tesi a rispondere con misure coordinate e multilaterali, in un quadro di riferimento europeo, senza necessariamente sottovalutare la primaria importanza del tema interno. Dall’altro, Le Pen ha elaborato una ricetta più marcatamente repressiva, incentrata sul contrasto di polizia e sul controllo territoriale e di intelligence piuttosto che sull’inclusione degli emarginati, come proposto a sinistra da Mélenchon, che ha rifiutato del tutto la logica coattiva come risposta al problema; tuttavia, entrambi i candidati “estremi” hanno ribadito un forte accento unilaterale e isolazionista. Hamon ha invece cercato di rimettere in discussione l’operato del suo compagno di partito Hollande, dimostrandosi pertanto meno credibile, come hanno poi sancito gli stessi risultati elettorali.
3.6. Il terrorismo colpisce fuori dai confini
Ma il terrorismo di matrice islamica non ha colpito solo la Francia metropolitana. Esso si è palesato in maniera feroce aldilà dei confini, contro le forze armate francesi dispiegate in missione e contro gli stessi interessi francesi all’estero.
Alcuni attentati hanno colpito direttamente i militari chiamati ad intervenire a sostegno delle forze del Mali nelle azioni di contrasto ai gruppi armati terroristi (GAT) che, tra il 2012 e il 2013, avevano preso il controllo di intere regioni settentrionali del paese e in particolare l’Azawad. Altri eventi hanno avuto luogo contro le forze locali, addestrate dai contingenti internazionali[98] e da quello a guida francese. In tale contesto, con l’obiettivo di arrestare l’avanzata verso la capitale Bamako delle forze jihadiste e di permettere di riconquistare l’integrità territoriale da parte delle autorità locali, un contingente francese di migliaia di uomini ha dato avvio all’operazione “Serval” in territorio maliano, successivamente sostituta da un’operazione su una regione più vasta comprendente i paesi del G5 Sahel[99] e denominata “Barkhane”. Sulle missioni militari si rimanda per maggiori dettagli al capitolo 4. Feriti e morti oltre che danni a cose si sono registrati nelle fila francesi. Ma l’intervento militare non si è limitato al Sahel; contingenti francesi sono stati dispiegati nello stesso periodo in Siria e Iraq nel quadro di una coalizione internazionale cui ha preso parte anche l’Italia con proprie forze con lo scopo di sconfiggere lo Stato Islamico. Questo interventismo d’oltralpe ha ulteriormente alimentato la rabbia di larghi settori della radicalizzazione islamica, sia in patria che all’estero, rendendo di fatto la Francia, i suoi uomini e i suoi simboli, un obiettivo prioritario per attacchi di matrice terrorista.
CAPITOLO 4 – LE POLITICHE DI CONTRASTO
ADOTTATE DALLA FRANCIA
« France, mère des arts, des armes et des lois[100] »
Joachim du Bellay, 1558
A seguito degli avvenimenti che hanno lacerato la Francia, sotto la spinta di una pressione emotiva sempre maggiore e un rischio concreto, la politica d’oltralpe ha presentato e adottato alcuni provvedimenti di varia natura, tesi al contenimento e al contrasto del fenomeno terroristico. Tali decisioni, intraprese sotto la presidenza Hollande (e dai suoi governi) e dal successore Macron, hanno investito la sfera legislativa, introducendo, tra gli altri e dopo anni, lo stato di urgenza, che, come si dettaglierà in seguito, ha comportato un certo restringimento delle libertà individuali dei cittadini. Ma non ci si è limitati a tanto. La dimensione della minaccia ha innescato una reazione più ampia, sia sul territorio nazionale che all’estero, con le forze armate protagoniste. In primo luogo, per la prima volta un’operazione militare è stata lanciata sul suolo metropolitano per contrastare la minaccia terroristica e supportare le forze dell’ordine nelle attività di routine di presidio di siti e nei pattugliamenti di aree sensibili. L’impegno internazionale des armées francesi ha subito un incremento di uomini e mezzi nelle aree di maggiore crisi, principalmente in Africa e in Medio-Oriente, con un progressivo abbandono dell’Afghanistan, che pure aveva rappresentato una risposta contro il terrorismo internazionale di matrice islamica, all’indomani dell’attacco sul suolo americano nel 2001. Sahel, Iraq, Siria sono, ad oggi, le regioni di maggiore coinvolgimento.
4.1. Provvedimenti di natura normativa e legislativa
Il terrorismo mette le democrazie occidentali di fronte ad un dilemma: in risposta alle sue modalità d’azione criminali, che si prefiggono l’obiettivo di minare i fondamenti stessi del contratto sociale sul quale si basa la pace pubblica, i principi di diritto e di giustizia possono e devono essere mantenuti senza modifiche? La Francia ha fatto la scelta di mettere la giustizia al cuore della sua reazione al fenomeno in argomento, creando da tempo, ben prima dei recenti attacchi, un diritto specializzato che si integra nel sistema di diritto comune e ne preserva i principi giuridici fondamentali. Tuttavia, il legislatore e l’organo esecutivo hanno emanato provvedimenti d’urgenza che introducono un inasprimento del quadro giuridico, all’aumentare della minaccia concreta, e una certa riarticolazione del dispositivo di protezione e sicurezza.
In questa prima sezione si analizzerà il quadro penale di riferimento, i principali provvedimenti legislativi e normativi adottati a seguito degli eventi descritti nonché le misure di adattamento del dispositivo permanente di vigilanza già esistente.
4.1.1. Il quadro penale
Il corpus normativo penale, la cui chiave di volta è la legge del 9 settembre 1986, emendata a seguito di altre situazioni di crisi nazionale nel 1995, nel 2012 e 2016, introduce il principio di giustizia specializzata: il legislatore francese ha deciso di centralizzare nella giurisdizione di Parigi (tribunale di grande istanza di Parigi e corte d’appello di Parigi) la lotta al terrorismo[101]. Si tratta tuttavia di una competenza concorrente con le procure territoriali, a cui resta la facoltà di agire in presenza di infrazioni terroriste di “bassa intensità”, come l’apologia del terrorismo o la violazione dell’interdizione di un’area. Il polo antiterrorismo parigino, originariamente nato in risposta alla minaccia proveniente da gruppi o Stati stranieri o da gruppi di terroristi di stampo politico, specialmente di estrema sinistra, dal 1986 conduce un’azione a 360 gradi che lo ha visto confrontarsi con il terrorismo legato al separatismo (corso e basco), a quello del movimento curdo PKK[102] e al terrorismo islamico violento, negli ultimi anni cuore della sua azione. Non si scenderà in dettagli della sua organizzazione ma si evidenziano, di seguito, alcuni elementi chiave:
composizione: la sezione antiterrorismo (AT) della procura di Parigi[103] consta di 13 magistrati benché si avvalga dell’organizzazione e delle competenze tecniche ed amministrative di tutta la procura parigina;
competenze sul territorio nazionale: infrazioni terroriste come definite del titolo II del libro 4 del codice penale, come circostanza aggravante delle infrazioni di diritto comune (attentato volontario alla vita, distruzione, degradazione, ecc…). Le conseguenze penali si traducono pertanto in un inasprimento delle pene. Esistono tuttavia delle incriminazioni specifiche:
l’associazione criminale con lo scopo di preparare un’azione terrorista;
il finanziamento del terrorismo;
la provocazione o l’apologia del terrorismo;
l’impresa terrorista individuale;
la consultazione abituale dei siti internet che fanno apologia del terrorismo;
competenze all’estero: la procura ha altresì competenza al di fuori del territorio nazionale secondo i criteri applicativi della legge francese, per condurre investigazioni sugli autori di attacchi terroristi commessi all’estero con vittime francesi;
bilancio: al 31 gennaio 2017, la sezione AT ha aperto 507 fascicoli d’inchiesta riguardanti ben 1.250 individui; 358 di essi sono stati inquisiti e 231 posti in detenzione preventiva[104];
aspetti procedurali: il codice di procedura penale prevede misure coercitive e modalità d’inchiesta derogatorie della prassi comune, come:
la prescrizione e la detenzione preventiva estese;
lo stato di fermo prolungato (sino a 6 giorni se la minaccia è imminente);
le intercettazioni ambientali e telefoniche, la captazione di dati informatici, la geo-localizzazione;
il diritto di perquisizione senza consenso;
le infiltrazioni di inquirenti;
partenariati internazionali: la procura esercita la sua missione in coordinamento con le agenzie corrispettive di paesi terzi (l’audience nationale spagnola, la procura federale belga, il Crown Prosecution Service britannico, ecc…) e le organizzazioni penali internazionali come EUROJUST.
4.1.2. La prima risposta: lo stato di urgenza
“La France est en Guerre”. Con queste parole, il presidente Hollande cominciò il suo discorso al congresso francese[105], eccezionalmente riunito dopo gli attentati del 13 novembre 2015. Un giudizio politico senza dubbio, non per forza giuridico[106]. Di fatto l’uso della parola “guerra” ha dato avvio ad una fase nuova per la Francia, che, dopo anni, ha visto l’introduzione di un regime d’eccezione, di norme speciali e dell’impiego in massa sul territorio metropolitano dei militari in supporto delle forze di polizia[107].
Lo “stato di urgenza” è una condizione speciale, eccezionale, che permette alle autorità amministrative (in primis il ministro dell’interno e i prefetti) di intraprendere delle misure restrittive delle libertà pubbliche e di regolamentare la libera circolazione di persone e cose, di inasprire i controlli, di far decadere pratiche ritenute pregiudizievoli per l’integrità dello Stato e dell’ordine pubblico. Istituito nel 1955 a seguito dei fatti legati alla guerra d’Algeria, è stato nuovamente introdotto, in risposta agli eventi di Parigi, con la legge del 20 novembre 2015, votata a tempo di record dal Parlamento francese, a titolo temporaneo, e rinnovato sino al novembre 2017. Tale norma attualizza le predette norme di metà Novecento, rafforza il ruolo del Parlamento, sopprime il controllo della stampa e abroga alcune disposizioni relative alla giurisdizione militare.
Nel dettaglio si riportano le disposizioni introdotte dalla legge del 20 novembre 2015 recante misure per l’introduzione dello stato di urgenza per un periodo di tre mesi su tutto il territorio nazionale (compresi i territori d’oltremare):
assegnazione del regime di arresti domiciliari per tutti coloro i cui comportamenti si rivelino pericolosi per la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico. Il ricorso al braccialetto elettronico potrà essere previsto per controllare alcuni di coloro assegnati alla detenzione preventiva domiciliare, condannati in passato per atti di terrorismo e aventi scontato la loro pena;
blocco dei siti sulla piattaforma internet inneggianti al terrorismo, facenti l’apologia del terrorismo o incitanti le azioni terroriste;
dissoluzione per decreto del Consiglio dei ministri delle associazioni o dei gruppi che arrechino pregiudizio all’ordine pubblico o le cui attività incitino e facilitino le azioni terroristiche.
In tutti i dipartimenti, i prefetti hanno di fatto ottenuto le seguenti facoltà:
di restringere la libertà dei movimenti, di instaurare delle aree di protezione o di sicurezza speciali, di interdire la circolazione in certi luoghi specifici (copri fuoco);
di interdire il soggiorno in luoghi precisi del territorio nazionale a coloro che risultino suscettibili di creare pregiudizio all’ordine pubblico;
di requisire persone e mezzi privati;
di interdire certe riunioni pubbliche o chiudere a titolo precauzionale certi luoghi di incontro;
di autorizzare perquisizione amministrative in presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria;
di salvaguardare dalla perquisizione amministrativa quei luoghi ove si eserciti la funzione parlamentare ovvero l’attività professionale di avvocato, magistrato o giornalista.
Lo stato di urgenza è stato poi prorogato per ulteriori sei mesi con legge del 26 luglio 2016 che ha introdotto le seguenti novità:
possibilità di controllo di bagagli e veicoli senza l’autorizzazione preventiva di un procuratore;
facoltà della direzione dell’amministrazione penitenziaria di effettuare un trattamento delle informazioni personali mediante l’installazione di sistemi di videosorveglianza nelle cellule di detenzione delle carceri francesi, per i detenuti in isolamento, la cui evasione o il suicido potrebbe arrecare un impatto sull’ordine pubblico o sull’opinione pubblica. Di fatto viene previsto un inasprimento dei controlli dei principali criminali che si trovano in stato di detenzione.
La successiva legge del 19 dicembre 2016 lo estende ulteriormente al 15 luglio 2017[108]. Essa precisa inoltre che la disposizione prevista dalla norma del 1955, che stabilisce che la proroga sia caduca in caso di dimissioni del governo o di scioglimento dell’Assemblea Nazionale, non è applicabile al caso di dimissioni del governo a seguito di elezioni presidenziali o legislative[109], come avviene per prassi. Il governo “Philippe”, una volta insediatosi, lo prorogherà un’ultima volta sino al 31 ottobre 2017.
Secondo il Ministero dell’Interno[110], dal 14 novembre 2015 al 31 ottobre 2017, la sua adozione ha comportato:
45 attentati sventati;
4.469 perquisizioni amministrative effettuate che hanno permesso il sequestro di 625 armi di cui 78 da guerra;
754 arresti domiciliari, di cui 41 ancora in vigore al 31 ottobre 2017;
75 zone di protezione e sicurezza create;
19 luoghi di culto chiusi, di cui 11 lo risultano ancora al 31 ottobre 2017. L’adozione dello stato di urgenza non è stata scevra di aperte critiche[111]. Una della più feroci invettive è stata quella della Fédération Internationale des Droits de l’Homme (FIDH) che in un report al vetriolo ha espressamente evidenziato che si tratti di “…un vero attentato alle libertà individuali, un arretramento dello stato dei diritti dell’uomo e un’esacerbazione del processo di stigmatizzazione di una parte della popolazione che abita in Francia in ragione della sua origine e religione”[112]. Anche le forze più marcatamente a sinistra hanno espresso forti remore soprattutto per il procrastinarsi della condizione d’eccezione[113]. Di contro, una larga fetta di commentatori, politici ed esperti del settore[114] hanno voluto pubblicamente sostenere la sua necessità: vivere normalmente non può escludere l’adozione di nuove leggi che riguardino il rafforzamento della sicurezza[115].
4.1.3. Altre misure successive agli attacchi
Plan Vigipirate[116]
Si tratta di un dispositivo di protezione e vigilanza nazionale[117] che ha il compito di attivare le allerte quando una situazione di minaccia si avvera e/o un attentato è perpetrato sul suolo francese. Nato nel 1978 su decisione dell’allora Presidente Giscard D’Estaing, si componeva inizialmente di 4 livelli di allerta standard (indicati da colori: giallo, arancio, rosso e rosso scarlatto) che, a seguito di successive riforme, nel 1955, 2000, 2004 e nel 2016, è stato rimodulato e prevede attualmente i tre livelli seguenti: vigilanza, sicurezza rinforzata, allerta attentati (vds. tabella pagina seguente). Il 7 gennaio 2015, dopo l’attentato contro la redazione di “Charlie Hebdo”, il dispositivo è innalzato al suo livello massimo ovvero urgence attentat nella regione di Parigi, l’Ile de France. Il resto della Francia resta al livello più basso vigilance ma a seguito degli attacchi del 26 giugno 2015 (ad opera di Yassin Salhi a Saint-Quentin-Fallavier) e alle esplosioni di luglio dello stesso anno nel complesso industriale dello stagno di Berre, tutti i siti industriali sensibili sono portati al livello “vigilanza rinforzata”. Tale status sarà poi esteso all’intera rete dei luoghi pubblici e dei trasporti su tutta la Francia, due mesi più tardi. A seguito degli attacchi del novembre 2015, il livello VIGIPIRATE resta immutato anche se vengono dettate nuove istruzioni tese ad indurire il dispositivo soprattutto per quanto attiene gli assembramenti di masse, il controllo del personale, di veicoli e di accesso a edifici pubblici. Nello stesso frangente, la prefettura di polizia di Parigi e il comune di Parigi hanno altresì:
lanciato un appello ai cittadini, invitandoli a non uscire di casa, a rinforzare la sicurezza delle proprie abitazioni e dei luoghi pubblici e a interrompere ogni forma di manifestazione in corso;
istituito un numero telefonico gratuito per ricevere informazioni utili;
disposto la chiusura di tutte le stazioni della metropolitana in prossimità dei luoghi degli attacchi, di numerose scuole nei quartieri colpiti, il successivo lunedì 14 novembre;
disposto lo spegnimento, in segno di lutto, dell’illuminazione della Tour Eiffel, simbolo della Ville Lumière;
sospeso e rimandato a data da destinarsi tutte le manifestazioni sportive previste nella regione nel week-end.
LIVELLO | SIMBOLO | DESCRIZIONE E MISURE | |
Vigilanza
Vigilance |
Postura permanente di sicurezza su tutto il territorio nazionale di fronte ad una minaccia durabile, elevata ma non concentrata. Prevede una lista di misure permanenti di sicurezza. | ||
Sicurezza rinforzata
Securité Renforcée Risque Attentat |
Postura di protezione rinforzata di fronte ad una minaccia elevata o molto elevata, su tutto il territorio nazionale o in un’area geografica o un settore d’attività particolare. Prevede il rafforzamento delle misure permanenti e l’attivazione di misure addizionali come il pattugliamento supplementare, il filtraggio e il controllo di persone e veicoli. Non prevede limiti temporali. | ||
Allerta attentati
Urgence Attentat |
Stato massimo di vigilanza e protezione lanciato su tutto il territorio o in una zona geografica delimitata al fine di prevenire un’eventuale escalation. Misure addizionali e restrittive sono possibili, come la chiusura di strade e reti di trasporto pubblico, scuole, e la diffusione di informazioni e consigli comportamentali via radio, TV, internet e telefono da parte delle autorità pubbliche (prefetti e sindaci) e le FSI. Tali misure posso essere interamente e/o parzialmente ritirate con l’evolversi della crisi. Ha una durata limitata nel tempo. | ||
Successivamente l’attacco di Strasburgo di fine 2018, il livello massimo è di nuovo adottato su decisione dal governo Philippe[118].
Campagna di comunicazione sulle modalità di risposta ad un attacco terroristico
Il 3 dicembre 2015, il governo Valls lancia una campagna di comunica-zione[119] tesa a informare la popolazione sulle modalità di reazione in caso di attacco di natura terroristi-ca. Tre sono le tappe per proteggersi da tale eventualità: fuggire, nascondersi, allertare. I cartelli che descrivono le procedure riprendono le istruzioni di sicurezza pre-senti a bordo degli aerei e sono affissi nei luoghi pubblici: stadi, aeroporti, stazioni, sale per concerti e spettacoli, edifici dell’am-ministrazione pubblica, centri commerciali.
La loro pubblicazione su internet e i social networks nonché in un video edito dal governo, ha permesso una maggiore diffusione, la rapida consultazione a la possibilità di stampare il cartello per essere esposto in ogni luogo ritenuto utile. Il Regno Unito ha diffuso una compagna similare nel 2014 intitolata « Run, hide, tell [120]» (corri, riparati, avverti), che, tuttavia, ha suscitato un certo risentimento nei passeggeri e utenti delle linee metropolitane, considerata troppo ansiogena.
Numero verde attentati
È un numero (0 800 005 696) creato dal Ministero dell’Interno nel 2015 e denominato «stop djihadisme» per rispondere alle inquietudini della popolazione, delle famiglie e dei conoscenti di soggetti radicalizzati, segnalare una possibile radicalizzazione e impedire nuove partenze in Siria e Iraq. Ogni segnalazione è analizzata dall’Unità di Coordinamento per la Lotta Antiterrorismo (UCLAT) e dallo stato maggiore operativo per il contrasto al terrorismo[121]. Ha ricevuto oltre 33.000 chiamate e ha fatto registrare 630 segnalazioni solamente il 16 novembre 2015 a seguito degli attentati di Parigi e Saint-Denis, dando luogo a 22 «signalements pertinents». Il numero verde ha permesso, in due anni, il trattamento di casistiche e profili molto diversificati tra loro: 18% riguardanti minori, 28% donne, 36% convertiti[122].
4.1.4. I provvedimenti del Governo “Philippe”: la legge per il rafforzamento della sicurezza interna e la cessazione dello stato di urgenza
Dopo il suo insediamento nel giugno 2017, l’attuale governo ha valutato necessario, di fronte al carattere durevole della minaccia legata alle nuove forme di terrorismo, dotare lo Stato francese di nuovi strumenti di prevenzione e di lotta contro di esso, riservandosi lo strumento dello stato di urgenza in sole situazioni di estrema e conclamata eccezionalità.
Depositato al Senato il 22 giugno 2017, appena qualche giorno dopo la nomina del governo, a cura del ministro dell’interno Collomb, il testo è stato sottoposto ad una procedura accelerata ed è stato esaminato dalla commissione legislativa che ha espresso un giudizio favorevole, constatando un sostanziale equilibrio tra gli imperativi di salvaguardia dell’ordine pubblico e la protezione dei diritti e delle libertà costituzionalmente garantite. È stato poi approvato in prima lettura dalle due Camere con testi leggermente differenti; una commissione mista paritetica ha successivamente proposto una conciliazione, approvata dall’Assemblea Nazionale il 11/10/2018 e dal Senato la settimana successiva.
Mentre la legge sullo stato di urgenza del 1955 copre un largo spettro di aspetti relativi la sicurezza e l’ordine pubblico, la legge del 30 ottobre 2017 riguarda esclusivamente il tema della lotta contro il terrorismo. Malgrado alcuni commentatori e associazioni di settore[123] abbiano espresso remore in tema di libertà individuali[124], meno protette che nel passato, il legislatore ha voluto accompagnare le nuove norme con un controllo sistematico affidato al potere giudiziario e le ha limitate nel tempo.
La nuova legge porta le seguenti sostanziali modifiche in tema di misure restrittive dei diritti e delle libertà:
perimetro di protezione: assicurare la sicurezza di eventi o luoghi sensibili permettendo ai prefetti di regolamentare l’accesso e la circolazione di persone e cose per una durata massima di un mese, rinnovabile;
arresti domiciliari: restrizione degli spostamenti all’interno di un singolo comune, impiego del braccialetto elettronico, dichiarazione obbligatoria di abitazione, interdizione dei contatti con determinate persone;
chiusura luoghi di culto: è prevista la chiusura amministrativa dei luoghi di culto nei quali sono diffusi precetti o si svolgono attività che incitano violenza e/o appoggiano il terrorismo mediante ordinanza prefettizia;
dati personali: la consultazione delle banche dati del trasporto aereo è implementata grazie all’applicazione della direttiva PNR (Passenger Transport Name) mediante la creazione di un sistema nazionale di centralizzazione dei dati derivanti dai transiti marittimi, con destinazione o luogo di partenza la Francia;
inchieste amministrative: un funzionario o un dipendente che eserciti una funzione legata alla sovranità nazionale o alla sicurezza e la difesa, se sospettato di radicalizzazione, potrà essere sottoposto a inchiesta amministrativa e in caso, trasferito, licenziato o radiato;
rinforzi alle frontiere: estensione del perimetro dei controlli d’identità frontalieri e nelle stazioni ferroviarie o stradali internazionali aperte al traffico con uno Stato membro dello spazio Schengen (e non più solo nello spazio pubblico della stazione stessa), estensione della durata massima dei controlli (da 6 a 12 ore), autorizzazione dei controlli d’identità in un raggio di 10 km attorno a porti ed aeroporti che costituiscono punti di passaggio ritenuti sensibili.
In tema di misure di protezione, si sono registrate le seguenti novità:
visite a domicilio e sequestro di beni: saranno autorizzate/i dal giudice delle libertà e della detenzione (JLD[125]) di Parigi quelli legati al terrorismo su indicazione motivata del prefetto e dopo decreto del procuratore della Repubblica di Parigi; l’utilizzazione dei beni sequestrati è sottoposto a autorizzazione del JLD e non più del giudice amministrativo;
limitazioni temporali e di merito:
chiusura dei luoghi di culto: inferiore a 6 mesi;
insieme di misure relative al perimetro di protezione, la sorveglianza individuale, le visite e il sequestro dei beni, rivestono un carattere sperimentale e si concluderanno il 31 dicembre 2020;
controlli in zona frontaliera non possono rivestire carattere sistematico e discriminatorio.
Di contro, la nuova legge non include le seguenti misure tipiche dello stato d’urgenza (previste nella legge del ‘55) o di altre leggi:
la dissoluzione da parte del consiglio dei ministri delle associazioni o dei gruppi di fatto che partecipano o incitano alle azioni che mettono in pericolo l’ordine pubblico;
il controllo della propaganda jihadista su internet (disposizione ripresa nella legge del 13 novembre 2014, art. 5 e compresa tra quelle previste nello stato d’urgenza);
l’ordine di restituzione di armi e munizioni detenute legalmente dai proprietari (prevista dal codice della sicurezza interna[126] e subordinata all’autorizzazione del giudice).
Uno confronto tra tale legge e quella del 1955 è riportato in allegato B.
4.2. Il coinvolgimento dei militari e l’operazione “Sentinelle”
In questa sezione si vuole approfondire il ruolo dei militari nel contrasto al terrorismo sul suolo francese. Si tratta di un cambiamento di paradigma epocale per la difesa d’oltralpe, che si adegua al contesto mutevole e adatta il suo impegno per proteggere i francesi sia in madrepatria che all’estero.
4.2.1. L’impiego delle forze armate sul territorio nazionale. Quadro giuridico di riferimento
La Costituzione francese, completata dal già citato codice di sicurezza interna (CSI), enuncia il ruolo delle forze armate nel difendere la Nazione nonché la ripartizione di competenze tra le autorità nazionali in materia di difesa. Se l’ingaggio dell’esercito sul territorio nazionale si attua mediante “precettazione[127]” prefettizia, la autorità competenti a livello locale sono ripartite tra militari e civili. Sul terreno, le unità militari precettate sono sottomesse al regime della legittima difesa estesa e a cinque fattispecie relative all’uso delle armi.
4.2.1.1. Il ruolo delle forze armate sul territorio nazionale
L’articolo L 111-1 del citato CSI enuncia: “Lo Stato ha il dovere di assicurare la sicurezza, vigilando sull’insieme del territorio nazionale della Repubblica, sulla difesa delle Istituzioni e degli interessi nazionali, sul rispetto delle leggi, sul mantenimento della pace e dell’ordine pubblico, la protezione delle persone e dei beni”. Nonostante le forze armate non siano espressamente citate, è tuttavia chiaro che questo principio si attui attraverso tutti gli strumenti disponibili, ivi compreso quello militare, in ultima istanza. Il codice della Difesa[128] conferma che “le forze armate della Repubblica sono al servizio della Nazione. La loro missione è di preparare e assicurare, mediante l’impiego della forza delle armi, la difesa della Patria e degli interessi superiori della Nazione”. Giuridicamente l’impiego delle forze armate non si limita dunque ad azioni esterne alle frontiere. Tutte le minacce che incombono sull’integrità nazionale, sia interne che esterne, possono vedersi opporre una risposta militare. Da un punto di vita costituzionale, tuttavia, non sono previste norme sull’impiego militare entro i confini, eccetto i casi eccezionali di stato di assedio o guerra
4.2.1.2. La ripartizione delle competenze civili e militari a livello nazionale
Autorità politiche
Il Presidente della Repubblica francese ha un ruolo preponderante in qualità di capo delle forze armate. Tuttavia, il primo ministro è garante della politica di difesa nazionale[129] laddove il governo che dirige dispone della forza militare. Questa ripartizione tripartita, tutta interna al potere esecutivo, originariamente aveva lo scopo di suddividere strettamente le competenze in materia di difesa, basandosi sull’idea che la politica militare non dovesse essere un affare di un solo uomo. Tuttavia, De Gaulle ha lasciato una sua forte impronta nella prassi, tipica del presidenzialismo della V Repubblica, che ruota attorno alla figura del Presidente. Solo la dichiarazione di guerra e di prolungamento delle missioni esterne sono sottoposte ad approvazione del Parlamento[130]. Il Ministro delle Forze Armate[131] è invece responsabile della preparazione e l’attuazione della politica di Difesa[132] e il Ministro dell’Interno assicura la gestione interministeriale delle crisi che gravano sul territorio nazionale[133]; la posizione di forza del titolare del dicastero dell’interno rispetto a quello della difesa, conferma il ruolo secondario delle forze armate in caso di gestione di crisi sul territorio nazionale. Per quanto attiene la ripartizione delle competenze a livello amministrativo, si distinguono autorità militari e civili[134].
Autorità civili
Il Prefetto di Zona di Difesa e Sicurezza (PZDS) è responsabile della preparazione e dell’esecuzione delle misure di sicurezza nazionale nell’ambito territoriale della zona ZDS di competenza[135]. Può ricorrere al concorso delle forze armate o disporne la precettazione. È altresì responsabile della ripartizione delle unità militari nell’area di sua precipua gestione. Nel quadro della missione di salvaguardia dell’ordine pubblico e di sicurezza della popolazione, il prefetto può dunque requisire le forze armate per delle missioni di difesa civile.
Le Zona di Difesa e Sicurezza sono le seguenti:
ZDS “Ile de France”, con sede a Parigi;
ZDS Nord-Ovest, a Rennes e che ingloba le seguenti regioni: Bretagna, Normandia, Paesi della Loira e Centro;
ZDS Nord, a Lille, che insiste sulla regione Haute de France;
ZDS Est, a Metz, che raggruppa la regione Grand-Est e Auvergne/Contea Franca;
ZDS Sud-Est, a Lione, che coincide con la regione Rodano-Alpi;
ZDS Sud, a Marsiglia, regioni PACA, Occitania e Corsica;
ZDS Ovest, a Bordeaux, che coincide con la regione Nuova Aquitania.
A livello dipartimento (ente amministrativo assimilabile alla provincia italiana), esiste la figura del prefetto dipartimentale che svolge analoghe funzioni.
Figura 12 – L’organizzazione prefettizia e militare territoriale[136].
Autorità militari
Il Capo di Stato Maggiore della Difesa (CEMA[137]), per il tramite del CPCO[138], esercita il comando operativo dell’insieme delle capacità militari e ne gestisce l’impiego entro i termini fissati dalla precettazione prefettizia. In tale contesto, il CEMA delega le sue prerogative di controllo alla catena territoriale interforze retta dagli Ufficiali Generali di Zona di Difesa e Sicurezza (OGZDS[139]), competenti su un’area geografica coincidente con quella dei Prefetti PZDS. Il Delegato Militare Dipartimentale (DMD) è invece il consigliere militare del prefetto di dipartimento (livello provincia) che può vedersi attribuita la funzione di controllo del dispositivo militare locale dispiegato a beneficio delle autorità civili.
4.2.1.3. Modalità d’azione relative all’impiego delle forze armate sul territorio nazionale
Esistono tre procedure per le quali l’autorità civile può richiedere l’intervento delle forze armate:
la precettazione amministrativa: applicabile in caso di minaccia sul territorio nazionale; può verificarsi a livello nazionale ovvero locale. Ha il compito di rinforzare le forze di sicurezza interna e può essere messa in atto qualora gli strumenti disponibili delle autorità civili rispondano al principio delle 4I, ovvero siano: inadatti, inesistenti, indisponibili, insufficienti;
la precettazione giudiziaria: avviene per il tramite di un giudice per le indagini preliminari o un ufficiale di polizia giudiziaria; ha lo scopo di fornire alle forze dell’ordine degli strumenti specifici nelle disponibilità esclusive dei militari (unità di sminatori, cani, unità per la difesa NRBC[140], ecc..) nel quadro di un’inchiesta giudiziaria;
la domanda di concorso: permette all’autorità civile di richiedere il sostegno dei militari per un’azione specifica ma non urgente; dà diritto ad una compensazione finanziaria tra dicasteri.
Le ultime due non si verificano in caso di minaccia sul territorio nazionale. Resta ben inteso che solo una decisione a livello nazionale può permettere di lanciare un’operazione militare interna (OPINT[141]).
4.2.1.4. Le regole di ingaggio e di impiego della forza
I diritti concessi ai militari in termine d’impiego della forza e d’utilizzo delle armi sono quelli concessi dal diritto comune: i militari sono pertanto soggetti alle stesse leggi di tutti i cittadini. I militari che si trovino sotto precettazione delle autorità civili, hanno facoltà di procedere alle interpellanze disposte dall’articolo 73 del codice di procedure penale, che si applicano a tutti coloro che attuino un fermo in flagranza di reato, permettendo la consegna ad un ufficiale di polizia giudiziaria. In materia di impiego delle armi, i militari sono sottoposti all’esonero della responsabilità penale per legittima difesa e stato di necessità (122-5 e 122-7 del Codice penale).
Essi beneficiano[142], inoltre, delle regole di ingaggio relative all’uso delle armi che si applicano a poliziotti e gendarmi in virtù dell’articolo L 435-1 del CSI. Ciò impone ai soldati di impiegare le armi di servizio in caso di assoluta necessità e in maniera scrupolosamente proporzionata in cinque situazioni:
in caso di minaccia di attentato alla loro vita o a quella altrui;
dopo due richiami ad alta voce, qualora non possano difendere differentemente le persone o le cose che presidiano / a cui garantiscono la sicurezza;
dopo due richiami ad alta voce, qualora non possano impedire di fermarsi se non che con l’uso delle armi, persone che, sotto il loro controllo, fuggendo, possano arrecare attentato alla vita o all’integrità fisica di militari o terzi;
in caso di fuga di un veicolo in grado di arrecare attentato alla vita o all’integrità fisica propria o altrui, qualora non lo possano immobilizzare differentemente, dopo un rifiuto di ottemperare all’ordine di stop;
in caso di necessità di impedire che, in un breve lasso di tempo e qualora delle informazioni lo lascino intendere, si reiteri l’omicidio (anche multiplo) o il tentato omicidio.
4.2.2. L’operazione “Sentinelle”
“Sentinelle” è un’operazione militare avviata il 12 gennaio 2015 a seguito del rafforzamento delle misure di sicurezza (previste dal piano “VIGIPIRATE”) deciso dalle autorità politiche francesi all’indomani degli attentati di Parigi del gennaio 2015. La missione affidata alle forze armate francesi è quella di operare in concorso alle Forze di Sicurezza Interna (Gendarmerie e Police Nationale) per la deterrenza e il contrasto del fenomeno terrorista e al fine di proteggere gli obiettivi “sensibili[143]” distribuiti sull’intero territorio metropolitano[144] effettuando delle attività in prevalenza dinamica, di pattuglia appiedata e/o motorizzata (su veicoli) e a presidio di siti fissi.
Figura 13 – I militari di “Sentinelle” in servizio a Parigi[145].
In aderenza al contratto operativo assegnato alle forze armate francesi e alla luce del livello di minaccia, l’operazione vede schierato, in permanenza, un contingente di circa n. 7.000 militari (di cui il 98% effettivi all’Armée de Terre – AdT[146]), suscettibile di essere incrementato fino a n. 10.000 unità per un periodo massimo di un mese[147]. Tale volume massimo di forze è stato schierato nel periodo 11 gennaio – 22 febbraio 2015, dopo il 13 novembre 2015 e dopo il 14 luglio 2016, in risposta agli attentati perpetrati nella capitale francese e a Nizza, nel quadro delle misure di emergenza previste dallo stato di urgenza decretato dal Presidente Hollande. “La priorité d’une armée est de protéger la population du pays, là où elle se trouve[148]. “Sentinelle” è divenuta l’emblema della partecipazione attiva e perenne delle forze armate alla protezione della Francia e dei francesi. Di fronte ad una minaccia mutata, la nostra risposta sul territorio nazionale si è saputa adattare con equilibrio grazie a dei militari costantemente in movimento e una partecipazione accresciuta della riserva”[149].
Organizzazione del dispositivo
Non si discosta da quello enunciato al paragrafo 4.2.1.2. L’operazione “Sentinelle” è posta sotto il Comando Operativo (OPCOM[150]) del Capo di Stato Maggiore della Difesa francese, assistito da uno stato maggiore ad hoc, il CPCO, per le attività di pianificazione e i rapporti con il Ministero dell’Interno.
Il Controllo Operativo (OPCON[151]) sulle unità, che organicamente fanno parte delle Forze Terrestri[152], è invece esercitato dai citati OGZDS (Ufficiali Generali delle Zone di Difesa e Sicurezza) che, ai fini della gestione diretta delle operazioni sul terreno, si avvalgono dei dipendenti COIZDS[153] e di delegati militari dipartimentali[154] (DMD) che svolgono una funzione di raccordo tra organismi militari e civili (forze dell’ordine e prefetti) a livello provinciale. La componente operativa del dispositivo è articolata su n. 9 raggruppamenti (Groupement Tactique – GT) di livello reggimento[155], a cui è attribuito il Controllo Tattico (TACON[156]), distribuiti nelle n. 7 ZDS in cui è strutturata la componente territoriale francese interforze francese (OTIAD[157]). In particolare:
- 3 raggruppamenti GT[158] (est, ovest e centro città) si trovano nella regione parigina dell’Ile de France; ognuna delle tre aree di Parigi è suddivisa in 5 settori di livello compagnia;
- 6 GT sono distribuiti in provincia:
ZDS Nord (Lille);
ZDS Est (Metz);
ZDS Sud-Est (Lione);
ZDS Sud (Marsiglia);
ZDS Ovest (Bordeaux);
ZDS Nord-Ovest (Rennes).
Status giuridico
L’operazione “Sentinelle” si inquadra nel dispositivo VIGIPIRATE e risponde alle disposizioni interministeriali emanate ad hoc. L’area di intervento è il territorio nazionale in tempo di pace; è pertanto esclusa ogni interferenza col quadro giuridico in vigore per le operazioni in teatro operativo estero.
Il regime di riferimento delle forze armate sul territorio nazionale è sancito dal “codice della difesa[159]” secondo cui “alcuna forza militare può agire sul territorio della Repubblica al fine ultimo della difesa e della sicurezza civili senza uno specifico precetto legale” emesso dal prefetto competente.
Gli operatori dell’esercito francese non svolgono alcun compito di polizia giudiziaria o amministrativa e il loro impiego è sempre supervisionato da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria organici alla Police Nationale o alla Gendarmerie, che detengono la primacy in materia di sicurezza interna.
La loro autonomia è pertanto piuttosto limitata soprattutto per quanto attiene gli interventi intrusivi nel quadro delle cosiddette libertà pubbliche dei cittadini: arresti, fermi, controlli di identità, perquisizioni di persone e veicoli; controlli di sacchi e zaini senza il consenso del proprietario sono vietati a meno di esplicita richiesta/autorizzazione di un ufficiale/agente di polizia giudiziaria.
La nozione di impiego della forza non è limitata all’uso delle armi e non ne comporta necessariamente l’uso; comprende infatti tutte le misure di carattere coercitivo previste dalla legge, suscettibili di limitare la libertà e i diritti personali (l’impiego della forza deve limitarsi allo stretto necessario in termini di durata e intensità), tra cui:
la condotta di pattuglie a piedi o a bordo di veicoli per l’allontanamento e/o la separazione di persone nonché l’interdizione all’accesso di specifiche aree;
l’impiego di tecniche di intervento ravvicinato per interrompere l’azione di persone violente;
l’impiego di armi a letalità ridotta[160] (manganelli, gas lacrimogeni); si tratta di dispositivi specificamente concepiti per respingere o mettere fuori gioco le persone e che, in condizioni normali di impiego, presentano una limitata letalità;
l’impiego di armi senza l’apertura del fuoco (baionette, canna del fucile, ecc…);
in ultima istanza, l’impiego di armi da fuoco.
L’azione sul terreno è definita da “regole di impiego della forza[161]”, direttive sulle modalità pratiche di esecuzione delle pattuglie miste o autonome, che evolvono sulla base dei cambiamenti legislativi e delle esigenze operative contingenti. Non si sostituiscono al principio generale e intangibile della legittima difesa e non ne limitano l’esercizio. Fanno parte integrante dell’ordine d’operazione[162] redatto dalla competente autorità militare ai vari livelli ordinativi.
Esistono, inoltre, delle regole di comportamento sancite dalla catena gerarchica che descrivono:
il comportamento generale dei militari: fermo, gentile, equilibrato, sereno, formale;
il comportamento nell’esecuzione della missione: rigoroso, rispettoso delle aree di competenza, della linea di comando e della riservatezza delle informazioni, regolato da specifiche prescrizioni in caso di interlocuzione con giornalisti, neutrale in termini politici, religiosi, sindacali;
il comportamento in caso di incidente: relativamente alle modalità di allarme, intervento e soccorso.
4.2.3. Evoluzione della missione. Un dispositivo dinamico e ripensato
A seguito del Consiglio di Difesa ristretto ai Ministri delle F.A.[163] e dell’Interno[164] del 14 settembre 2017, allo scopo di continuare a garantire la sicurezza dei francesi contro una persistente minaccia terroristica e al contempo allentare la pressione sulle forze armate francesi, impiegate su molteplici fronti interni ed esterni, il Presidente della Repubblica Macron ha deciso di dare avvio ad una fase di ripensamento dell’operazione che ha portato ad un dispositivo rinnovato (“Sentinelle renové”, SR), di tipo modulare[165], in modo da ripartire gli effettivi con una logica d’anticipazione e di pianificazione dei luoghi e dei tempi di intervento. Fatta salva la forza complessiva (sino a 10.000 uomini totali), sono stati introdotti i seguenti tre livelli (échelons):
échelon 1 (dispositivo permanente): al fine di garantire la sicurezza dei luoghi “sensibili” e più vulnerabili (luoghi simbolici, siti turistici, aeroporti, stazioni ferroviarie, ecc…); tale aliquota di forze è di circa n. 3.500 uomini di cui n. 1.000 riservisti (in media[166]);
échelon 2 (modulo di manovra o di anticipazione): per un totale di n. 3.500 effettivi, organizzato come di seguito specificato:
un’aliquota dispiegata in funzione rinforzo, per la condotta di interventi pianificati puntuali e per assicurare la protezione di eventi occasionali o stagionali (eventi sportivi, manifestazioni locali che si ripetono ciclicamente, ecc…), sino a n. 1.500 militari; tale aliquota di forze comprende i nuclei POD[167] (destinati alla presenza e alla dissuasione in determinati contesti/periodi) e le aliquote di rinforzo (RP[168]) del dispositivo permanente definite a priori;
una riserva operativa pari a n. 500 effettivi con prontezza (NTM[169]) a 24h;
un’ulteriore riserva operativa, pari a n. 1.500 militari con NTM di 72h (di cui n. 500 condivisi con l’échelon nationale d’urgence ENU[170]);
échelon d’urgence (modulo di allerta o riserva strategica): n. 3.000 uomini per il completamento delle forze sino ad un massimo di 10.000 unità, con un NTM da 48 h a 10 giorni, altrimenti detto riserva strategica[171]; di fatto è un modulo appartenente all’ENU, impiegabile non oltre un mese e in caso di emergenza o dichiarazione eccezionale di stato di urgenza.
In linea generale, il servizio effettuato dal personale nel quadro dell’operazione rinnovata è stato reso più dinamico, flessibile e maggiormente rispondente alla tipologia della minaccia. Ha, di fatto, quasi interamente superato il presidio di siti fissi a favore di pattuglie appiedate (da 4/8 militari) e/o motorizzate. Tale dinamizzazione ha inteso:
superare la ripetitività e la prevedibilità del servizio;
affidare ai comandanti ai minimi livelli (compagnia, plotone e squadra) una maggiore autonomia di gestione dei pattugliamenti nella propria area di competenza, in stretto coordinamento con le autorità di pubblica sicurezza competenti;
privilegiare il lavoro per team organici;
aumentare il livello di attenzione da parte del personale in servizio di vigilanza, che cambia continuamente punti di osservazione e itinerari;
far svolgere l’esplorazione d’area mediante un efficace movimento tattico di pattugliamento.
4.3. L’ingaggio internazionale
In questa sezione si farà un breve excursus dell’impegno francese oltre confine, un impegno soprattutto militare che ha come principale obiettivo quello di contrastare il fondamentalismo terrorista di matrice islamica nei luoghi di origine e nelle regioni ove si è maggiormente diffuso e radicato: nel Medio e Vicino Oriente e nel Maghreb.
4.3.1. Da “Serval” a “Barkhane”[172]
Le operazioni nella cosiddetta Fascia Sahelo-Sahariana, in cui la Francia ha un ruolo di leadership riconosciuto dalla comunità internazionale, sono emblematiche dell’impegno in armi oltre frontiera. Prima “Serval” (2013-2014), missione nazionale condotta sul solo territorio del Mali, poi “Barkhane” (dal 2014) su un’area più vasta, coincidente con quella dei cinque paesi africani che costituiscono il G5 Sahel, si basano su una strategia della cooperazione rinforzata con le forze armate dei paesi della regione per il contrasto dei gruppi armati terroristi presenti nel Sahara.
Figura 15 – L’operazione “Barkhane”[173].
“Serval” è stata lanciata l’11 gennaio 2013 su richiesta del governo maliano e, nel corso dei due anni di mandato, è riuscita a fermare l’offensiva terrorista che minacciava la capitale e a contrastare l’organizzazione dei gruppi armati che si annidavano nel nord del paese. Ma la minaccia è stata soltanto temporaneamente allontanata.
Nel corso di un summit del G5 Sahel svoltosi a Bamako nel 2017, il presidente della Repubblica francese e i cinque presidenti dell’organizzazione regio-nale hanno deciso di accelerare l’implementa-zione di una forza congiunta incaricata di controllare le zone fronta-liere che superasse gradualmente “Serval”. E’ nata così “Barkhane”, con l’obiettivo di neutralizzare progressivamente i GAT[174] rifugiatisi oltre frontiera e federatisi in un Rassemblement pour la Victorie de l’Islam et des Musulmans (RVIM) sotto la guida di Iyad Al Ghali. L’operazione è dispiegata in un’area molto estesa, di oltre 4.000 km di larghezza e 1.000 km di profondità, più grande dell’intera Europa. Dispone tuttavia di una forza effettiva esigua, che conta soli 4.000 soldati francesi, che, con qualche rinforzo internazionale[175], supportano le forze locali, spesso inesperte, impreparate, non sufficientemente ed adeguatamente equipaggiate, reticenti. Si trovano di fronte a gruppi terroristi che conoscono perfettamente la regione, estremamente mobili e aggressivi, equipaggiati con strumenti leggeri e versatili, finanziati dalle reti del terrorismo internazionale; essi utilizzano delle tattiche semplici ma efficaci: spostamenti continui e rapidi che costringono le forze francesi a celeri riorganizzazioni del dispositivo e a incursioni in profondità con mezzi blindati ed elicotteri. Ne consegue uno sforzo logistico e di manovra enorme, che strema gli uomini e logora mezzi e materiali, costretti ad operare in un ambiente tattico estremamente aspro ed usurante.
Figura 17 – La cooperazione militare franco-africana.
Il contesto regionale, articolato e complesso, rappresenta un vero e proprio crocevia di interessi multipli e variegati:
da nord: la Libia, paese considerato fallito dopo la destituzione del suo leader Gheddafi per mano della coalizione internazionale guidata dalla Francia e dalla Gran Bretagna; è origine di destabilizzazione ulteriore legata ai traffici di droga, armi e persone (ben noto è il tema della tratta di migranti che giungono, dopo l’attraversata a bordo di barconi del Mediterraneo, sulle coste meridionali italiane). Una base dell’operazione “Barkhane” è pertanto stata installata a Madama, nel nord del Niger, al fine di incrementare il controllo della regione frontaliera con la Libia e controllare / arrestare una parte dei traffici;
da sud: la Nigeria è patria del gruppo terrorista “Boko Haram”, scisso in più gruppi, di cui uno affilato a Da’esh. Le sue incursioni nella zona frontaliera con Ciad e Niger causano numerose vittime nella popolazione locale aumentando il livello di destabilizzazione regionale;
presenza internazionale: nella regione sono presenti altre missioni a egida UE e ONU. Si tratta rispettivamente dell’EUTM-Mali[176] e della MINUSMA[177], con compiti di mero training e mentoring delle forze locali. Nessuna attività di combattimento è svolta dai loro esponenti. La coordinazione tra le varie forze, a cura dei comandi operativi e tattici francesi, è essenziale per evitare sovrapposizioni e dissipazione delle già esigue risorse e il fuoco fratricida.
4.3.2. L’intervento in Iraq e Siria
Le forze armate francesi sono ugualmente impegnate nella regione del Levante con l’operazione “Chammal”[178], assieme alle truppe alleate nel quadro della missione “Inherent Resolve”, facenti capo agli Stati Uniti.
Questo impegno si concretizza in uno sforzo di addestramento[179] della realtà militare locale, a Erbil e Baghdad e, in seconda battuta, nelle operazioni militari propriamente dette, con lo scopo di sostenere i curdi e di contrastare l’avanzata di Da’esh verso la capitale irachena. Il contingente è essenzialmente interforze e consta una dozzina di aerei da caccia che decollano dalla Giordania e dagli Emirati Arabi Uniti, in supporto alla progressione delle forze di sicurezza irachene e quelle democratiche siriane, composte da milizie curde e arabe. Una task-force d’artiglieria terrestre con obici semoventi ruotati “Caesar” da 155 mm sostiene, inoltre, gli iracheni nello sforzo di riconquista progressiva del terreno. I francesi sono altresì presenti negli stati maggiori che dirigono le operazioni ai vari livelli, a Tampa, in Florida, e in Kuwait. Le operazioni della coalizione hanno di fatto arrestato Da’esh, che ha perso molto terreno e la città di Mosul: oggigiorno sono registrate sacche marginali di forze a cavallo tra Siria e Iraq.
Per il futuro, in Iraq, si pone nuovamente la questione di far coesistere comunità diverse (sciiti, sunniti e curdi) in armonia ed equilibrio e per questo, tenendo conto degli insegnamenti del passato, la Francia, assieme a tutta la comunità internazionale, dovrà assicurare un vero sviluppo regionale e un sostegno alle legittime autorità locali, per contrastare ogni forma di violenza e conquistare la fiducia della popolazione. In Siria la situazione è più complessa. Nonostante la perdita di Raqqa, capitale politica del califfato e del terrorismo sunnita islamista, luogo simbolico di preparazione di numerosi attentati, esistono delle aree ancora da stabilizzare. Una veglia continua è necessaria affinché l’eventualità di utilizzo di armi chimiche per mano del governo siriano o di gruppi jihadisti non si ripeta. L’enorme quantitativo di rifugiati, in Giordania e in Turchia, accresce il livello di complessità del puzzle siriano. Trovare una governance stabile nella regione non sarà semplice e le ripartizioni territoriali a tavolino stile Sykes-Picot[180], dovrebbero essere errori da non ripetere per una comunità internazionale che voglia essere all’altezza di questo appellativo. Che ruolo giocherà la Francia in questo processo? Ancora non è deciso, ma sicuramente ne avrà uno, per gli interessi storici, strategici ed economici presenti nella regione, specialmente in Libano e Turchia e per tutelare le proprie forze dispiegate da tempo nel quadro delle missioni di pacificazione dell’ONU, soprattutto al confine tra Libano e Israele.
Figura 18 – L’operazione “Chammal”[181].
4.4. Il ruolo dell’intelligence
Dopo gli attentati di gennaio 2015, si è resa evidente l’inadeguatezza dell’intelligence d’oltralpe, legata probabilmente ad un sottodimensionamento organico, a disorganizzazione o mancanza di coordinamento tra i vari servizi, afferenti al primo ministro ma di fatto ripartiti per competenze tra i rivoli dei vari ministeri. Gli attentati successivi, in specie quello a Saint-Denis e “Bataclan”, hanno messo nuovamente in luce la realtà, per la quale nulla di concreto era stato fatto nel frattempo, soprattutto la carenza di risorse per gestire il fenomeno criminale in sé e quello delle radicalizzazioni, il cui numero di segnalazioni esplose. La divisione delle competenze è tuttavia complessa e necessita di un’accurata coordinazione, aspetto che evidentemente non ha funzionato appieno.
Nel luglio 2018, il governo decide di intervenire introducendo delle misure mirate a colmare alcune lacune, incrementando il reclutamento della DGSI[182] e rinforzando, seppur con minore energia, il servizio territoriale a cui compete la gestione del fenomeno della radicalizzazione. Decide altresì di creare un ulteriore servizio interno, emanazione della polizia giudiziaria, interamente dedicato alla lotta contro il terrorismo. Ogni settore sembra voler ricercare una propria parte in quello che è divenuto, drammaticamente, il principale tema d’attualità.
Contestualmente si dà avvio alla creazione del già citato EMaP, uno stato maggiore inter-servizi permanente, la cui missione è lo scambio continuo di informazioni e la condivisione dell’intelligence operativa. L’EMaP ha sede a Levallois-Perret, nei pressi di Parigi, e fa capo alla DGSI e dunque al ministero dell’interno; esso federa ben 13 servizi incaricati della lotta contro il terrorismo. Per il Ministro Castaner “la struttura rappresenta l’ultimo mattone di un’architettura di fiducia tra i servizi di intelligence con un unico obiettivo: prevenire e combattere il terrorismo[183]”. Una cooperazione rinforzata è stata altresì messa in campo con la sezione AT della procura di Parigi.
D’altro canto, il lavoro delle agenzie non è semplice: si basa sulla raccolta di indizi e elementi materiali abilmente nascosti, ignoti o che non sono necessariamente riconducibili ad atti terroristici e su un dualismo intelligence / polizia giudiziaria che dovrebbe restituire una visione globale sulle attività terroristiche, in chiave preventiva più che repressiva, di singoli e gruppi, francesi e stranieri.
Il quadro di riferimento resta estremamente teso e caratterizzato dalla presenza di attori difficilmente identificabili, che si muovono sul dark web e i social networks e che permette ad individui isolati di radicalizzarsi e mobilitarsi in autonomia.
In tale contesto, la DGSI si vede attribuita la seguente missione:
l’analisi dei fenomeni di radicalizzazione violenta;
la vigilanza sull’evoluzione della situazione nelle zone considerate sensibili (paesi dell’arco delle crisi arabo-musulmane, in Africa e Asia) in ragione degli incidenti che si possono ripercuotere in Francia;
la valutazione permanente dei rischi legati al crescere dell’integralismo islamico e del ritorno sul territorio di gruppi o individui, reduci di guerra, i cosiddetti foreign fighters;
l’identificazione delle reti o degli individui attivi sul territorio francese e la loro neutralizzazione nel quadro delle procedure giudiziarie;
la lotta contro l’estremismo violento, l’irredentismo violento, gruppi di ispirazione radicale suscettibili di ricorrere alla violenza (soprattutto di natura corsa o basca).
CAPITOLO 5 – CONCLUSIONI
« Un fameux général romain prétendait que le bruit des armes l’empêchait d’entendre la voix des lois. Rien n’est plus commun, que de voir ainsi mettre en opposition le droit et les armes[184] »
Ugo Grozio, 1624
Il presente elaborato ha inteso analizzare il fenomeno terrorista sul suolo francese nelle sue varie dimensioni e sotto diversi angoli e prospettive. Gli eventi tragici occorsi negli ultimi anni hanno con ogni certezza creato uno stato di tensione latente e di paura diffusa nell’intera popolazione. A fattor comune si evidenzia come la scia di attacchi, condotti in prevalenza da francesi di seconda o terza generazione, di origine maghrebina e mediorientale ovvero da cittadini di altri paesi europei, in genere di religione islamica, radicalizzati in Europa, abbia profondamente lacerato il tessuto sociale d’oltralpe, introdotto nel linguaggio quotidiano un nuovo vocabolario e modificato alcune delle abitudini e modi di comportarsi. Ormai in Francia, come altrove in occidente, è routine essere controllati all’ingresso di un centro commerciale, di una stazione, di un luogo turistico; dinamica che sino a dieci anni orsono non era minimamente prevista o prevedibile.
La stessa politica ha dovuto cambiare paradigma e priorità, assumere, spesso in urgenza, provvedimenti che hanno cambiato, se non stravolto, il panorama giuridico nazionale.
L’impegno delle varie articolazioni dello Stato legate alla giustizia, alla sicurezza, alla difesa e alla raccolta delle informazioni, è cresciuto ed è stato sottoposto ad uno stress nuovo e sconosciuto da molti anni, che ha determinato il bisogno di una profonda riorganizzazione delle procedure e dei dispositivi di protezione della popolazione e delle infrastrutture strategiche nazionali.
È stata usata la parola guerra dopo 70 anni di pace. E la Francia, più di altri paesi europei, si è risvegliata da uno stato di torpore e ha dovuto assumere, suo malgrado, un ruolo in prima linea, spesso autonomo rispetto ai partner abituali, in uno scenario profondamente mutato, difendendo strenuamente il sentimento democratico e repubblicano e rinsaldando i valori di libertà e giustizia, anche a costo di impiegare metodi restrittivi e le armi.
Dal 2015 i morti sul suo francese sono stati circa 250. È un numero impressionante che rappresenta un vero e proprio bilancio di guerra con profonde lacerazioni nel tessuto sociale e culturale d’oltralpe. Questo dato doloroso ha acceso i riflettori su alcune dimensioni spesso sconosciute alla maggior parte dei cittadini, raramente raccontate dagli organi di informazione, troppo spesso ignorate dalla stessa classe dirigente. Aree di degrado e povertà umana oltre che materiale sono il triste scenario di questa escalation criminale, luoghi del disagio e della marginalizzazione, della mancata integrazione tra comunità appartenenti allo stesso paese, ma solo sulla carta. Una vera e propria divaricazione, tra religioni, culture, lingue, ideali, valori, emersa grazie al racconto di una cronaca di sangue e violenza inaudita. Il riferimento è chiaramente alle sacche di estremismo che si sono annidate nelle periferie delle principali città francesi, luoghi di assenza dello Stato e di mancanza di uno spirito di fraternità e uguaglianza che avrebbero dovuto valere ovunque, in quanto pilastri della civiltà repubblicana per eccellenza. Di contro non è possibile ridurre la dimensione del fenomeno della radicalizzazione alla mera sfera dell’esclusione sociale ed economica e tanto meno è opportuno imputare alla sola geografia dei luoghi un fenomeno che è innanzi tutto criminale e che si alimenta spesso di un’effimera ideologia del terrore. Tuttavia, sono i dati che dimostrano che quelle aree ai margini della società francese, benché nel cuore pulsante della Nazione, siano dei non luoghi, ove è stata feconda la radicalizzazione proprio in conseguenza al vuoto che vi si è prodotto; una mancanza diffusa, di lavoro, della scuola, dell’ordine e della legalità, del diritto all’abitazione, ad una vera socialità, al diritto/dovere alla partecipazione politica e alla condivisione delle scelte. È probabilmente venuto meno il ruolo dello Stato, che deve governare il territorio, tutto il territorio, non solo le zone del benessere e del vanto nazionale nel mondo. La mancanza di una vera politica di integrazione di quei gruppi provenienti da altre terre e con altre culture è spesso risultata in una scarsa o del tutto assente accettazione delle regole di convivenza ed è purtroppo troppo spesso degenerata in dinamiche criminali autodistruttive, che hanno colpito i propri stessi vicini di casa, le persone comuni, che avevano una sola colpa: trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Ma la Francia ha pagato un prezzo di sangue così alto anche perché ha voluto ribadire il proprio ruolo internazionale, percepito dal network jihadista globale come una vera e propria crociata, meritevole di essere colpita così duramente. La capacità delle reti estremiste di influenzare le generazioni più giovani e fornire loro un’ideologia su cui credere e per cui combattere, è stata senz’altro più efficace di quanto ci si potesse aspettare.
Su questo aspetto è lampante che l’attività di prevenzione non sia stata all’altezza in Francia come in altri paesi dell’occidente, non sufficientemente attrezzati per scovare persone isolate o piccoli gruppi che invece hanno avuto spazio e modo di diffondersi e organizzarsi.
Per quanto attiene le misure adottate, non si crede sia possibile tirare oggi un bilancio finale. La volontà del governo francese di uscire dall’emergenza duratura si è espressa molto forte e a più riprese. E la scelta di superare lo stato di urgenza con norme che di fatto inaspriscono la giurisprudenza penale è la prova che la minaccia non sia percepita in diminuzione. Di certo, gli attentati si sono ripetuti nel tempo e sebbene non si verifichino con la frequenza del biennio 2015-2016, se ne sono registrati di nuovi e di sanguinosi anche recentemente. Il costo economico e sociale che ne consegue è enorme. Non fosse che per la necessità di disporre sempre più forze dell’ordine e militari preparati, addestrati e equipaggiati per ogni evenienza, anche la più drammatica.
L’impiego delle forze armate sul territorio nazionale e al di fuori delle frontiere è un altro dei temi su cui si è voluto mettere un accento nell’analisi effettuata. L’operazione “Sentinelle” è diventata un’operazione imprescindibile, per la quale sarà difficile ipotizzare un ripiegamento nel medio termine: la presenza dei militari all’ombra della Tour Eiffel, del museo del Louvre o delle stazioni ferroviarie in tutto il paese è diventato facente parte del paesaggio quotidiano. Nonostante la Francia sia un paese in cui resta impensabile che l’esercito possa svolgere un ruolo di controllo delle cosiddette libertà pubbliche dei cittadini. E questa è una delle ragioni per cui l’operazione ha posto dei limiti allo status giuridico del personale in essa impiegato, come più volte ribadito dal potere politico anche a seguito dell’eventuale impiego di “Sentinelle” per contenere le manifestazioni delle frange più estreme dei cosiddetti “gilets jaunes”, che si svolgono da mesi in tutto il paese[185]. In Italia ad esempio, l’analoga operazione “Strade Sicure”, che vede dispiegato un contingente numericamente e territorialmente paragonabile, ha da tempo visto attribuire ai militari la qualifica di “agente di pubblica sicurezza”, con compiti di identificazione, controllo di persone e cose; evenienza che in Francia non è mai stata all’ordine del giorno. La storia e la specificità criminale del nostro paese, che ha richiesto l’intervento militare per il contrasto al crimine organizzato e alle mafie[186] prima che al terrorismo, ha creato le condizioni perché questo potesse avvenire e potesse essere accettato dalle forze di polizia, dalla politica e dalla popolazione stessa. In Francia forse ci si arriverà col tempo.
Tuttavia, si pone con urgenza il tema del futuro. Del recupero nell’alveo democratico e legalitario di fette di società francesi che oggi se ne sentono escluse. Per fare questo servirà un ripensamento profondo, che parta dall’educazione e dal coinvolgimento democratico diffuso, unito ad un rilancio economico che sia in grado di recuperare coloro che si trovano ai margini. In questo quadro si inserisce la decisione di Emmanuel Macron di introdurre dal prossimo anno un “Servizio Nazionale Universale[187]” destinato ai giovani dei licei, su tutto il territorio nazionale, senza distinzione di genere, origini, luogo di residenza, abilità[188], orientamento, religione, per instillare il germe della partecipazione nella vita della Nazione e della condivisione, per conoscere meglio il proprio paese, amarlo e saperlo difendere, promuovendo la nozione di impegno civico e favorendo il rinsaldarsi di un sentimento di unità nazionale e dei valori repubblicani comuni.
ALLEGATI
Allegato A
Cronologia dei principali attentati terroristici
incorsi in Francia dal 2015
DATA | LOCALITÀ | DENOMINAZIONE
TIPOLOGIA |
ATTENTATORI
RIVENDICAZIONE |
BILANCIO VITTIME |
2015
7/8/9 gennaio |
– Parigi 11°/20° arr.;
– Fontanay-aux-Roses; – Montrouge; – Dammartin-en-Goële; – Vincennes. |
Attentato alla redazione di “Charlie Hebdo” e all’ipermercato kasher di Vincennes.
Attentato con armi a fuoco |
– Chérif e Saïd Kouachi;
– Amedy Coulibaly; – AQPA; – IS. |
– 17 morti di cui 3 attentatori;
– 22 feriti; – 65 in stato di shock. |
2015
3 febbraio |
– Nizza. | Attacco contro militari francesi davanti ad un centro ebraico.
Attentato con armi bianche. |
– Moussa Coulibaly. | – 2 feriti. |
2015
19 aprile |
– Villejuif. | Attentato ad una chiesa e assassinio.
Attentato sventato con esplosivo. |
– Sid Ahmed Ghlam;
– IS. |
– 1 morto. |
2015
26 giugno |
– Saint-Quentin-Falladier. | Attentato contro una fabbrica di produzione di gas industriale.
Autobomba. |
– Yassim Salhi;
– IS. |
– 1 morto;
– 2 feriti. |
2015
21 agosto |
– Oignies. | Attentato contro i passeggeri del treno THALYS n. 9364 Amsterdam – Parigi
Attentato con armi sventato |
– Ayoub El Khazzari
– IS. |
– 3 feriti. |
2015
13/14 novembre |
– Saint-Denis, Stade de France;
– Parigi, 10° arr., ristorante “Le petit Cambodge”, bistrot “Le Carillon”; – Parigi, 11° arr., brasserie “Café Bonne Bière”, ristorante “Casa nostra”, discoteca “Bataclan”, Bar “la belle Epoque”, ristorante “ComptoirVoltaire”. |
Attentato contro individui e gruppi di persone presso lo Stade De France, ristoranti, bar e locali a Parigi, alla discoteca “Bataclan”
Attentato suicida, sparatorie, presa di ostaggi, strage di massa |
– Bilal Hadfi;
– Brahim Abdeslam; – Chakib Akrouh; – Abdelhamid Abbaoud; – Foued Mohammed Aggad; – Ismael Omar Mostefai; – Samy Amimour; – IS. |
– 130 morti di cu 7 attentatori;
– 413 feriti di cui 99 in gravi condizioni. |
2015
18 novembre |
– Saint-Denis. | Attentato a seguito di operazione di polizia
Attentato suicida, sparatoria |
– Chakib Akrouh;
– Abdelhamid Abbaoud; – Brahim Abdeslam; – IS. |
– 3 morti, tutti attentatori. |
2016
13 giugno |
– Magnaville. | Doppio omicidio contro funzionari del ministero dell’interno
Assassinio con armi da fuoco e presa di ostaggi |
– Laroni Abballa;
– IS. |
– 3 morti di cui l’autore. |
2016
14 luglio |
– Nizza, promenade des Anglais. | Attacco con camion-ariete.
Strage di massa. |
– Mohamed Lahouaiej-Bouhlel;
– IS. |
– 87 morti tra cui l’attentatore;
– 458 feriti. |
2016
26 luglio |
– Saint Etienne-du-Rouvray. | Attentato contro una chiesa, omicidio di un prelato.
Attentato con armi da fuoco e presa di ostaggi. |
– Adel Kerniche;
– Abdel Malik Petitjean; – IS. |
– 3 morti;
– 4 feriti. |
2016
4 settembre |
– Cattedrale di Notre Dame de Paris, Parigi, 4° arr. | Tentativo di attentato alla cattedrale di Parigi.
Autobomba contenente bombole a gas. Non andato in porto per malfunzionamento. |
– Ornella Gilligmann;
– Ines Madani; – Sarah H.; – Amel S. |
– nessuna vittima. |
2017
3 febbraio |
– Carrousel du Louvre, Parigi, 1° arr. | Attacco contro una pattuglia di militari dell’operazione “Sentinelle” a Parigi
Attacco a mano armata (machete) |
– Abdallah El-Hamahmy. | – 2 feriti tra cui l’attentatore. |
2017
18 marzo |
– Stains-en-Seine;
– aeroporto di Parigi Orly. |
Attacco contro dei poliziotti e una pattuglia di di militari dell’operazione “Sentinelle”.
Attacco a mano armata e con armi bianche, presa di ostaggi. |
– Zyed Ben Belgacem. | – 1 morto (attentatore);
– 1 ferito. |
2017
20 aprile |
– Parigi, 8° arr. | Attentato sugli Champs Elysées contro una camionetta della polizia
Sparatoria |
– Karim Cheurfi,
– IS. |
– 2 morti tra cui l’autore;
– 3 feriti. |
2017
9 agosto |
– Levallois-Perret, banlieue di Parigi. | Attacco contro una pattuglia di militari dell’operazione “Sentinelle” a Levallois Perret.
Veicolo ariete |
– Hamon Benlatrèche. | – 8 feriti. |
2017
1 ottobre |
– Stazione di Marsiglia Saint-Charles. | Attacco contro civili e una pattuglia di militari dell’operazione “Sentinelle” alla stazione di Marsiglia.
Attacco con armi bianche. |
– Ahmed Hanachi,
– IS. |
– 3 morti tra cui il terrorista. |
2018
23 marzo |
– Carcassonne;
– Trèbes. |
Attacco di Carcassone e Trèbes.
Atti di pirateria stradale, sparatorie, presa di ostaggi. |
– Radouane Lakdim;
– IS. |
– 5 morti tra cui il terrorista;
– 15 feriti. |
2018
12 maggio |
– Parigi, 2° arr. | Attacco all’arma bianca a Parigi.
Attacco con arma bianca. |
– Khamzat Azimov;
– IS. |
– 2 morti tra cui l’autore;
– 4 feriti. |
2018
11 dicembre |
– Strasburgo. | Attacco ai mercatini di Natale di Strasburgo.
Assalto con armi da fuoco e bianche. |
– Chérif Chekatt,
– IS. |
– 5 morti;
– 11 feriti. |
2019
24 maggio |
– Lione. | Attentato presso la rue Victor-Hugo.
Bomba esplosiva. |
– Mohamed Hichem Medjoub,
– IS. |
– 14 feriti. |
2019
3 ottobre |
– Parigi. | Attacco alla prefettura di polizia (questura).
Attacco con arma bianca, strage di massa. |
– Mickaël Harpon. | – 5 morti (3 agenti e 1 impiegato amm.vo) tra cui il terrorista;
– 2 feriti. |
Allegato B
Comparazione tra la legge relativa allo stato d’urgenza del 03/04/1955 e la legge di rafforzamento della sicurezza interna e per la lotta al terrorismo del 30/10/2017
Legge relativa allo stato d’urgenza del 03/04/1955 | Legge di rafforzamento della sicurezza interna e perla lotta al terrorismo del 30/10/2017 | |
Perimetro di protezione | Prevenire ogni disordine contro la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico.
Misure: interdire la circolazione delle persone o dei veicoli localmente e temporaneamente, regolamentare il soggiorno delle persone in determinate zone, effettuare dei controlli di identità, di bagagli, di veicoli (in zone determinate e con durata inferiore o uguale a 24 ore). |
Assicurare la sicurezza di avvenimenti o di luoghi particolarmente esposti alla minaccia terroristica.
Misure: regolamentare l’accesso e la circolazione delle persone coi seguenti limiti: controllo di identità, palpazioni di sicurezza, controlli di bagagli e veicoli (in caso di rifiuto: accompagnamento al di suoi della onza). Gli agenti di sicurezza provati e i poliziotti municipali possono partecipare ai controlli. Durata: 1 mese, rinnovabile. |
Arresti domiciliari e altre misure individuali di controllo amministrativo e di sorveglianza | Il MININT può determinare l’attribuzione degli arresti domiciliari obbligando un controllo regolare (al massimo ogni 3 giorni), per tutti coloro il cui comportamento costituisce una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico. La reperibilità non può superare le 12 ore al giorno e il luogo di abitazione deve essere in prossimità di un agglomerato urbano. Il procuratore della Repubblica deve essere informato senza ritardo.
Durata massima del provvedimento: 12 mesi, rinnovabili di ulteriori 3 mesi. Permette di imporre il sequestro dei documenti di identità, l’interdizione di entrare in relazione con determinate persone. |
Il MININT può restringere gli spostamenti di una persona in un perimetro geografico determinato che non può essere inferiore al comune, per tutti coloro in relazione con delle organizzazioni terroriste o che appoggiano le loro tesi, il cui comportamento costituisce una minaccia particolarmente grave. È previsto un controllo giornaliero. Con l’accordo dell’interessato, gli arresti domiciliari possono essere sostituiti col il braccialetto elettronico.
Durata massima del provvedimento: 3 mesi, rinnovabili sino a 12 mesi. Permette di imporre la dichiarazione obbligatoria di domicilio e di eventuale suo cambio, l’interdizione di entrare in relazione con determinate persone. |
Chiusura dei luoghi di culto e altri luoghi di riunione | Le Autorità amministrative (ministro dell’interno e prefetti) possono ordinare la chiusura temporanea delle sale per spettacoli, dei pubblici esercizi e dei luoghi di riunione di ogni natura, nei quali si svolgano dei fatti riconducibili o costituenti istigazione all’odio, violenza o ad atti di terrorismo o che ne facciano apologia. | Il prefetto può ordinare la chiusura amministrativa dei luoghi di culto nei quali si svolgano atti o attività, si diffondano idee e/o teorie, che provochino violenza, odio discriminazione ovvero si commettano atti di terrorismo o che ne facciano l’apologia (chiusura valida 6 mesi). |
Interdizione del soggiorno | Permette al prefetto di interdire il soggiorno, in tutta o parte della provincia, a coloro il cui comportamento costituisca una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico. La durata, il luogo e la motivazione sono indicate nel decreto (non può comprendere il domicilio dell’interessato). | Il MININT può, una volta avvertito il competente procuratore della Repubblica territoriale e quello di Parigi, obbligare una persona collegata con un’organizzazione terroristica, a non comparire in un luogo preciso (escluso il domicilio dell’interessato). Durata 12 mesi massimo. Il provvedimento deve tenere conto della famiglia e della professione dell’interessato. |
Visite e sequestri amministrativi | Il MININT e il Prefetto possono ordinare delle perquisizioni e dei sequestri amministrativi giustificati dalla minaccia della sicurezza e dell’ordine pubblico. Il procuratore della Repubblica deve essere informato senza ritardo. | Il prefetto può ordinare visite e sequestri amministrativi in/di luoghi frequentati da persone collegate ad organizzazioni terroristiche o che sostengano le loro tesi, suscettibili di costituire una minaccia di una particolare gravità. L’autorizzazione del giudice delle libertà e della detenzione è tuttavia necessaria. |
Dissoluzione di gruppi e associazione | Possibile quando le associazioni o i gruppi facilitino o incitino degli atti che arrechino attentato grave all’ordine pubblico. | Misura non ripresa nella nuova legge poiché già presente in altro dispositivo normativo datato 1 luglio 1901 e in vigore nell’ordinamento giuridico francese. |
Controllo della propaganda jihadista su internet | Il MININT può sospendere qualunque servizio di comunicazione al pubblico che inciti gli atti di terrorismo e che ne faccia l’apologia. | Misura non ripresa nella nuova legge poiché già presente in altro dispositivo normativo datato 13 novembre 2014 e in vigore nell’ordinamento giuridico francese. |
Restituzione di armi e munizioni | Le autorità amministrative possono ordinare la restituzione di armi e munizioni detenute o acquisite legalmente dai loro proprietari. | Misura non ripresa nella nuova legge poiché già presente nel codice di sicurezza interna CSI e subordinato all’autorizzazione di un giudice della libertà e della detenzione. |
Manifestazioni | Permette di interdire i cortei e le manifestazioni di persone in spazi pubblici se l’autorità amministrativa non è in condizioni di assicurane la sicurezza. | Misura non ripresa nella nuova legge e per essere promulgata ha bisogno della dichiarazione dello stato di urgenza. |
Riunioni | Permette di interdire le riunioni che abbiano lo scopo di provocare o alimentare il disordine. | Misura non ripresa nella nuova legge e per essere promulgata ha bisogno della dichiarazione dello stato di urgenza. |
BIBLIOGRAFIA
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[1] « La democrazia sarà più forte della barbarie che gli ha dichiarato guerra ».
[2] Riferimento all’opera di Francis Fukuyama “La Fine della Storia” che indica nella democrazia liberale l’unica possibile prospettiva del mondo moderno.
[3] www.red24.com.
[4] Global Terrorism Index (GTI) 2018, « measuring the impact of global terrorism », globalterrorismindex.org; World Threat Map 2018, Result Group, riskline;
[5] « Britain suffers its worst terrorist attack since 2005 », www.economist.com, 25 marzo 2017.
6 « I grandi paesi lo sono per averlo voluto ».
[7] Pascal Gauchon, “Non è Francia senza grandeur; Macron sfrutta tutti i surrogati della grandezza che il paese si è creato nel 1815: Africa, Europa, universalismo morale. Ma il suo disprezzo e la sua inconcludenza lo rendono sbiadito emulo di De Gaulle. A furia di stare sulla cresta, si resta soli”, Limes, 3/2018.
[8] Unione Europea.
[9] “Trump ordina il rituro dalla Siria: l’ISIS è sconfitto”, Il Messaggero, 19 dicembre 2018.
[10] In riferimento ai cosiddetti DOM-COM, dipartimenti e comunità d’oltremare: Nuova Caledonia, Guyana francese, Martinica, Guadalupa, Mayotte, Riunione, ecc…
[11] Articolo « Ces pays sont les rois de la diplomatie », Ouest France, 17 marzo 2018.
[12] Dati Fondo Monetario Internazionale.
[13] Organizzazione Internazionale della Francofonia.
[14] www.linguafrancese.it.
[15] « Trump-Macron à Paris, une rencontre entre amis », Le Figaro, 13 luglio 2017; « Rencontre Trump-Macron aux États-Unis entre complicité et désaccords », France 24, 23 aprile 2018.
[16] Iniziativa Europea di Intervento.
[17] « Macron et Merkel à la recherche d’une volonté commune pour l’Europe », Le Figaro, 19 aprile 2018.
[18] Approvata nel giugno 2018.
[19] Livre blanc sur la défense et la sécurité nationale del 2013.
[20] Bande Sahélo – Saharienne.
[21] A riguardo, lo scorso 25 giugno ha avuto luogo la cerimonia di firma della IEI a cui hanno preso parte i seguenti paesi: Francia, Germania, Belgio, Danimarca, Spagna, Estonia, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito. L’Italia, seppur abbia partecipato alla preparazione dei lavori, ha deciso di non aderire.
[22] Previsti primo turno e ballottaggio in caso di mancato raggiungimento della metà + 1 dei voti.
[23] La République en marche, di centro liberale.
[24] Mouvement Démocrate, di centro.
[25] Front National, di destra.
[26] Mouvement Radical, radicale di centro sinistra.
[27] Parti Ecologiste, di ispirazione ecologista di sinistra.
[28] Agir, la droite constructive, di centro-destra.
[29] Dati a seguito del rimpasto di governo del 16/10/2018.
[30] Denominazione attribuita con l’insediarsi del governo Philippe I e confermata con il governo Philippe II. Precedentemente assumeva la denominazione di “Ministro della Difesa e dei Vecchi Combattenti”.
[31] Provence-Côte d’Azur.
[32] I dati riportati in questo capitolo sono tratti dall’INSEE, Institut National de la Statistique et des Etudes Economiques, 2013.
[33] Legge del 6 gennaio 1978 e successive varianti « informatique et libertés »: è interdetto raccogliere o trattare dati a carattere personale su origini razziali, etniche, opinioni politiche, filosofiche o religiose, l’appartenenza sindacale delle persone ovvero relative alla loro salute o alla sfera sessuale.
[34] Dati stime MEDIAPART, 10 gennaio 2015.
[35] Institut National d’Études Démographiques.
[36]http://www.ined.fr/fr/tout-savoir-population/memos-demo/focus/dynamique-des-religions-immigres-et-descendants-en-france/
[37] Institut Français d’Opinions Publiques.
[38] http://www.ifop.com/media/pressdocument/238-1-document_file.pdf.
[39] « Musulmans de France, quel islam dans la République ? » Carton° 38, novembre, dicembre 2016; Nathalie Goulet, André Reichardt, « De l’Islam en France à un Islam de France, établir la transparence et lever les ambiguïtés », Rapport d’information n°757 (2015-2016) consegnato al Senato il 5 luglio 2016.
[40] « Il terrorismo e la menzogna sono le armi dei deboli, non dei forti ».
[41] Tra cui Patrice Gueniffey, storico, direttore degli studi del Centre de recherches politiques Raymond Aron presso l’EHESS – Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales.
[42] https://www.gouvernement.fr/risques/comprendre-le-terrorisme.
[43] 2013-2018, « Radiographie du terrorisme made in France », Le Monde, 31 marzo 2018.
[44] Provenza, Alpi, Costa Azzurra.
[45]Al Qaeda nella Penisola Arabica. “Charlie Hebdo, AQ nello Yemen rivendica l’attacco con un video”, Corriere della Sera, 14 gennaio 2015.
[46] 20minutes.fr.
[47]“Attentato che prende a bersaglio i giovani, le persone che amano il mondo; che tocca ciò che c’è di più simbolico a Parigi, come il senso di libertà, il gusto di stare assieme, il gusto della vita”, da “13 novembre, Attacco a Parigi”, serie televisiva in tre puntate sul canale Netflix.
[48] L’Obs (nuovelobs.com).
[49] La Croix (la-croix.com).
[50] « Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, le tueur de l’attentat de Nice », L’express on line (https://www.lexpress.fr/actualite/societe/mohamed-lahouaiej-bouhlel-le-tueur-de-l-attentat-de-nice_1814155.html).
« Terrorisme : Mohamed Lahouaiej Bouhlel, le sadique de Nice », inchiesta di Timothée Boutryéric Pelletier, Jean-Marc Ducos, Valérie Brioux, Geoffroy Tomasovitch, 1 ottobre 2016.
[51] Si tratta di Chérif Chekatt, di origine algerina e nazionalità francese.
[52] Operazione militare in supporto alle forze dell’ordine, oggetto di trattazione nel capitolo 4.
[53] Fonte Ministero delle Forze Armate francese (https://www.defense.gouv.fr/operations/actualites2/sentinelle-intervention-des-militaires-contre-l-attaque-terroriste-du-marche-de-noel-de-strasbourg).
[54] « Attentat de Strasbourg : Cherif Chekatt avait prémédité l’attaque », Le Figaro online, 15 gennaio 2019.
[55] « Strasbourg : ce que l’on sait de l’attentat », Le Monde online, 12 dicembre 2018.
[56] Intervista « Olivier Roy : On ne peut pas éradiquer le terrorisme, mais on peut le rendre moins séduisant », L’autre Quotidien. “Le djihadisme de Da’ech n’est pas une idéologie : il ne s’articule pas sur un véritable projet de société, à la différence du marxisme, du fascisme ou même de l’islamisme iranien. Da’ech n’a jamais essayé de parachever une société islamique dans les zones qu’ils contrôlent. Ils sont dans le combat permanent. Da’ech porte une revendication de califat qui est en expansion permanente, ce qui est par définition irréalisable. Or, une utopie irréalisable, ça se transforme rapidement en apocalypse. Puisqu’on n’arrive pas à faire ce qu’on veut, on appelle à la fin du monde. Da’ech porte explicitement un projet de nature apocalyptique. Il n’y a qu’à voir leurs dernières déclarations, plus particulièrement. Or, l’apocalypse relève d’une forme de suicide collectif. Et il est assez logique que des personnes mues par des idées suicidaires soient motivées par un projet de type apocalyptique”.
[57] Articolo « Les Experts : Raqqa ; Gilles Kepel vs Olivier Roy, la guerre secrète des experts en terrorisme », Vanity Fair, 28 gennaio 2019 ;
[58] Professore all’Université de Recherche Paris Sciences et Lettres nonché direttore della cattedra di Medio Oriente-Mediterraneo all’École Normale Supérieure.
[59] Intervista alla TV belga rtbf.be : « Gilles Kepel : “Le terrorisme naît des problèmes sociaux et d’une idéologie islamique” », 22 marzo 2017. “Dans la logique des djihadistes de la 3ème génération, et si l’on en s’en tient au gros volume paru sur internet en 2005 sous le titre ‘L’Appel à la Résistance djihadiste mondiale’, c’est toute l’Europe qui est visée, sans distinguer les pays. En Allemagne on a pu le vérifier par la multiplication des attentats suicides. Cela a exaspéré la population et fait monter les forces d’extrême droite”.
[60] Ad esempio, Farhad Khosrokhavar, Le nouveau jihad en Occident, Robert Laffont edizioni, febbraio 2018.
[61] Loi sur les signes ostentatoires, 15 marzo 2004.
[62] Loi interdisant la dissimulation du visage dans l’espace publique, 11 ottobre 2010.
[63] Loi règlementant la neutralité religieuse dans les crèches privées, 13 maggio 2015.
[64]Comuni che si trovano nelle adiacenze di una metropoli, caratterizzati da forti legami socioeconomici col centro di riferimento e che danno luogo a consistenti movimenti pendolari per motivi di lavoro e studio. Non hanno necessariamente un’accezione negativa; alcune banlieue parigine sono Versailles e Neuilly-sur-Seine, ricchi sobborghi abitati da facoltosi, in ville di lusso.
[65] « Criminalité et terrorisme : ces poreuses frontières entre grands bandits et djihadistes », Atlantico, 18 ottobre 2016.
[66] Articolo di Samuel Laurent, « Français, fichés, anciens prisonniers : portrait des djihadistes ayant frappé en France », Le Monde, 29 luglio 2016.
[67]Documento segnaletico emesso per persone ricercate generalmente dalla Direzione Generale della Sicurezza Interna (DGSI). “S” intende “Sûreté de l’État”.
[68] Services de Renseignement.
[69] Articolo di Jean-Manuel Escardot, « Thomas Barnouin, l’un des djihadistes français les plus pistés, capturé en Syrie », Liberation, 28 dicembre 2017.
[70] Articolo di Sébastien Gignoux, « L’ombre du terrorisme à la Réunion », Le Parisien, 28 aprile 2017.
[71] Unité de Coordination de la Lutte Anti-Terroriste.
[72] Si intende il territorio francese su suolo europeo, ovvero la madrepatria, con esclusione dei territori sovrani francesi di origine coloniale, le comunità e i dipartimenti d’oltremare (DOM-COM): Martinica, Guadalupa, Guiana francese, Mayotte, Riunione, Nuova Caledonia ecc…
[73]« Djihadisme : quand les femmes deviennent une menace sérieuse », L’OBS, di Mathieu Delahousse, 28 marzo 2018.
[74] « L’altra metà dell’ISIS, le cellule di donne terroriste », La Bussola Quotidiana, 7 giugno 2018.
[75] « Qui sont ces femmes qui rejoignent Daech ? », di Marie Lemonnier, BIBLIOPS, 10 settembre 2017.
[76] France24.com.
[77]A livello mondiale detiene la quarta posizione dopo Maidugiri (Nigeria), Aden e Sanaa (Yemen) e a pari merito con il Cairo (Egitto) e Kilis (Turchia, al confine con la Siria); Fonte: articolo di Gary Dagorn, Anne-Aël Durand, Maxime Vaudano, William Audureau e Madjid Zerrouky, “les attentats de l’Etat Islamique ont fait plus de 2.500 morts en deux ans”, Le Monde, 17 giugno 2016.
[78]INSEE (Institut National de la Statistique et des Etudes Economiques), popolazione legale totale nel 2009: 25.195.
[79] « Lunel, la Jihad City veut tourner la page », Le Point, 07 aprile 2018.
[80] Gilles Kepel e Antoine Jardin, « Terreur dans l’Hexagon », Gallimard, 2015.
[81] Partito politico di estrema destra guidata da Marine Le Pen, recentemente ridenominato “Rassemblment National”.
[82] Seppur oggi amministrata dal partito LR (Les Republicaines, di centro-destra).
[83] INSEE, popolazione legale totale nel 2009: 28.945.
[84] « Les villes qui comptent le plus de logements HLM en 20113 », http://journaldunet.com.
[85] www.salairemoyen.com (commune 78621).
[86] Articolo di Gurvan Le Guellec, « Emeutes de juillet : pourquoi Trappes s’est embrassée », L’Obs, 16 agosto 2013.
[87] Groupe Islamique Armé.
[88] Articolo web, www.tsa-algerie.com, « Trappes, cette ville française où l’ex-GIA a semé le fondamentalisme », 1 gennaio 2017.
[89]Riferimento ai fatti occorsi nella cittadina della Val d’Oise, quando un gruppo di terroristi della cellula di Cannes Torcy effettua un attacco di matrice antisemita con armi e esplosivi presso un negozio di alimentari kasher gestito da ebrei.
[90] « Cannes-Torcy : lourdes peines pour la cellule djihadistes », lePoint.fr, 23 giugno 2017.
[91]Fronte al-Nusra o Jabhat al-Nusra (fronte del soccorso al popolo di Siria) è un gruppo armato jihadista salafita attivo dal 2012 in Siria e Libano, affiliato al Al-Qaida sino alla scissione avvenuta per decisione del suo leader, al-Jawlani, che si pone l’obiettivo politico di rovesciare il regime siriano e istituire un califfato nella regione.
[92] Gli attentati di Kabul del gennaio 2018 che hanno fatto più di cento morti, quello di Berlino del 2016 o di Manchester del 2017, per fare solo qualche esempio, sono stati rivendicati da Amaq.
[93] « … soldat de l’Etat islamique a effectué une attaque à Trèbes, dans le sud de la France, en réponse à l’appel de l’Etat islamique à frapper les pays de la coalition ».
[94] Jihadologie.blogs.liberation.fr.
[95]« Barometre Ifop-JDD : Hollande, retour sur une impopularité record », Le journal de Dimanche, 16 aprile 2017.
[96]Riferimento al PSF (Parti Socialiste Français) e a LR (Les Républicaines, erede dell’UMP – Union pour un Movement Populaire e del RPR – Rassemblement pour la République, di stampo gollista), soli partiti ad aver espresso un Presidente nel corso della V Repubblica.
[97]Emmanuel Macron (La République en Marche, di ispirazione centrista e liberale), Marine Le Pen (Front National, di estrema destra), François Fillon (Les Republicaines, di centro-destra gollista), Jean-Luc Mélenchon (La France insoumise, di estrema sinistra), Benoît Hamon (Parti Socialiste Français, sinistra socialdemocratica).
[98] Riferimento alla forza EUTM Mali (European Union Training Mission) e a quella dell’ONU, MINUSMA.
[99] Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad.
[100] « Francia, madre di arti, armi e leggi ».
[101] https://www.senat.fr/rap/r01-345/r01-34598.html
[102] Partito dei Lavoratori del Kurdistan.
[103] Parquet de Paris.
[104] Dati tratti da articolo di Véronique Degermann, « Quelle dissuasion pénale en matière de terrorisme ? », Guerre et opinion.
[105] Senato e Assemblea Nazionale in seduta comune.
[106] Lo stato di guerra corrisponde ad una dichiarazione ufficiale di guerra di uno Stato ad un altro. In tale circostanza il Parlamento francese può decidere di avvallare lo stato di guerra autorizzando l’intervento delle proprie forze armate all’estero entro tre giorni dalla data di pubblicazione del decreto governativo. L’ultima volta in cui è accaduto è stato il 1939.
[107] Dal 1955, lo stato di urgenza era stato già dichiarato nei seguenti casi: 1955, a seguito dell’attentato del Fronte Nazionale di Liberazione (FNL) su tutti i dipartimenti in Algeria; 1958, a seguito del colpo di stato di Algeri del 3 maggio, su tutto il territorio metropolitano; 1961, in conseguenza al putsch dei generali a Algeri, sino al 1963; 1984, in Nuova Caledonia; 2005, a seguito dei moti nelle banlieue, su 25 dipartimenti metropolitani.
[108] https://www.vie-publique.fr/actualite/faq-citoyens/etat-urgence-regime-exception/
[109] Fatto che avverrà nel giugno 2017, alla fine regolare della legislatura.
[110] www.interieur.gouv.fr/Actualités/l-actu-du-ministere/bilan-de-l-etat-d-urgence.
[111] Articolo di François Saint-Bonnet, « l’état d’urgence : une réponse inadéquate au terrorisme djihadiste », Guerres et Opinions.
[112] https://www.lexpress.fr/actualite/societe/justice/stigmatisation-atteinte-aux-libertes-l-etat-d-urgence-critique-par-la-fidh_1800580.html
[113] Riferimento a Jean-Luc Mélenchon, durante il grande dibattito pre-elezioni presidenziali.
[114] Tra cui quelli afferenti all’Institut pour la Justice.
[115] https://www.institutpourlajustice.org/medias/etat-durgence-28-minutes/.
[116] VIGIlance et Protection des Installations contre le Risques Attentat Terroriste à l’Explosif (fonte testo e immagini: www.gouvernement.fr/vigipirate)
[117] https://www.gouvernement.fr/reagir-attaque-terroriste.
[118] https://www.gouvernement.fr/strasbourg-le-plan-vigipirate-est-place-au-niveau-urgence-attentat
[119] https://www.gouvernement.fr/reagir-attaque-terroriste
[120] www.cityoflondon.police.uk
[121] EMaP, Etat –Major Permanent, vds. cap. 4.4.
[122] www.stop-djihadisme.gouv.fr
[123] Tra cui la « Lega dei diritti dell’uomo ».
[124] Articolo « La Ligue des droits de l’homme attaque la loi post-état d’urgence », Le Monde, 15 novembre 2017.
[125] Juge des Libertés et de la Détention.
[126] Code de la Sécurité Intérieure.
[127] Réquisition.
[128] Code de la Défense (CdD).
[129] Articolo 21 della Costituzione francese.
[130] Articolo 35 della Costituzione.
[131] Denominazione adottata dal governo « Philippe I »; in precedenza si trattava del Ministro della Difesa e dei vecchi combattenti.
[132] Articolo 1142-1 del CdD.
[133] Articolo 1142-2 del CdD.
[134] Istruzione interministeriale n° 10100 del 14/11/2017.
[135] Decreto n° 2010-2014 del 4 marzo 2010, relativo ai poteri dei PZDS.
[136] Grand Rapport de l’Armée de Terre 2018.
[137] Chef d’Etat-Major des Armées.
[138] Centre de Planification et Conduite des Opérations.
[139] Officiers Généraux des Zones de Défense et de Sécurité. Trattasi delle autorità militari poste a capo delle citate 7 ZDS. Tali Ufficiali Generali sono responsabili della condotta delle operazioni militari e delle attività di cooperazione civilo-militare nel territorio di rispettiva competenza.
[140] Nucleare, Radiologica, Batteriologica e Chimica.
[141] Opération Intérieure.
[142] Articolo 2238-3 de CdD.
[143] Nell’ordinamento francese, la responsabilità di indicare un obiettivo come “sensibile” compete alle autorità prefettizie.
[144] Inteso come la Francia continentale escludendo i territori / comunità / dipartimenti d’oltremare.
[145] Immagine tratta da www.defense.gouv.fr.
[146] Un centinaio effettivi dell’Armée de l’Air (aeronautica) che svolgono servizio presso alcuni aeroporti francesi.
[147] Come prevista dal citato contratto operativo dell’AdT del 2018.
[148] « La priorità di un esercito è di proteggere la popolazione del paese, ovunque essa si trovi ».
[149] Parole di Pierre de Villiers, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa, libro “Servir”, 2017, edizioni Fayard.
[150] Autorità conferita da un Comandante militare di assegnare missioni e compiti ai subordinati.
[151] Autorità delegata ad un Comandante militare di impiegare le forze assegnate per assolvere specifiche missioni che sono normalmente limitate per funzioni, tempo e spazio.
[152] Si tratta del COM FT, che in caso di operazioni sul TN é force provider.
[153] Centre Opérationnel Interarmées de la Zone de Défense et de Sécurité.
[154] Un Ufficiale superiore per dipartimento (corrispondente al livello amministrativo provinciale).
[155] Comandati da un Colonnello e alimentati a turni bimensili dai reggimenti delle forze terrestri francesi.
[156] Direzione e controllo delle operazioni al fine di svolgere le missioni o i compiti assegnati.
[157] Organisation Territoriale InterArmées de Défense.
[158] Tali raggruppamenti sono: GT EST, GT OVEST e GT PARIS i cui Comandi (Etat-Major Tactique – EMT) sono dislocati rispettivamente a Fort de l’Est, Satory e Vincennes.
[159] Code de la défense, articolo L 1321-1.
[160] ALR, Armes à Létalité Réduite.
[161] REF, Règles d’Emploi de la Force.
[162] Ordre d’opération.
[163] Madame Florence PARLY.
[164] Monsieur Gérard COLLOMB.
[165] Engagement modulable.
[166] L’impiego dei riservisti varia a seconda dei periodi dell’anno e raggiunge dei picchi durante l’estate e il periodo di Natale/fine anno (n. 1.400 unità circa). Nei restanti periodi può scendere sino a n. 400 unità.
[167] Présence Opérationnelle Dissuasive.
[168] Renfort Planifié.
[169] Notice to Move.
[170] Si tratta di un dispositivo di allerta, disponibilità di forze e pronto impiego della difesa francese.
[171] Réserve stratégique.
[172] www.defense.gouvernement.fr
[173] Immagini tratte dal Dossier de presse Opération Barkhane, Ministère des Armées, (defence.gouv.fr/operations/barkhane/dossier-de-presentation/operation-barkhane).
[174] Gruppi Armati Terroristi.
[175] Estonia, Belgio, Germania, Spagna e Gran Bretagna supportano la missione francese con uomini e mezzi.
[176] European Union Training Mission – Mali.
[177] Mission Multidimensionnelle intégrée des Nations Unies pour la Stabilisation au Mali.
[178] Immagini e testo tratti dal Dossier de presse Opération Barkhane, Ministère des Armées,
(defence.gouv.fr/operations/chammal/dossier-de-presentation/operation-chammal).
[179] Pilier formation. Circa 100 militari francesi che sviluppano il training nei seguenti settori: impiego e maneggio armi, manutenzione mezzi e materiali, mantenimento della condizione fisica, impiego di apparati radio e sistemi di comunicazione, primo soccorso, combattimento in zone urbane, rischio nucleare, chimico e batteriologico, bonifica di ordigni esplosivi.
[180] Riferimento all’accordo Sykes-Picot che definiva le sfere di influenza delle potenze europee (Gran Bretagna e Francia tra tutte) in Medio-Oriente e introduceva nuovi confini a seguito della caduta dell’impero ottomano.
[181] defence.gouv.fr/operations/chammal/dossier-de-presentation/operation-chammal.
[182] Direction Centrale du Renseignement Intérieur.
[183] « Renseignement et lutte antiterroriste : création d’un état-major permanent », MININT online, 26 febbraio 2019.
[184] « Un famoso generale romano sosteneva che il rumore delle armi gli impedisse di sentire la voce delle leggi. Niente è più consueto che di vedere contrapporre il diritto alle armi ».
[185] Riferimento:
- all’intervento televisivo del Presidente Macron del 21 marzo 2019: « in nessun caso l’esercito è responsabile del mantenimento dell’ordine e dell’ordine pubblico. Questo non è mai avvenuto e non avverrà neanche sabato prossimo » (nda, sabato 23 marzo 2019, atto 19° delle manifestazioni dei gilets jaunes), fonte diretta BFM tv;
- alla lettera di risposta del Primo Ministro, Eduard Philippe, al leader del movimento politico di sinistra « France Insoumise », Jean-Luc Mélenchon, del 22 marzo 2019, in cui ribadisce che « in nessun maniera si verificherà l’ingaggio di militari delle forze armate per il mantenimento dell’ordine, ancora meno per posizionarli contro i manifestanti. La lotta contro il terrorismo è la sola vocazione del dispositivo « Sentinelle » e dei soldati che sono dispiegati in tale contesto. Tuttavia, il ministro dell’interno si è coordinato col ministro delle forze armate per esaminare in quale misura l’esercito possa alleggerire alcuni compiti delle forze di polizia e della gendarmeria nell’esercizio della loro missione contro il terrorismo. E in questo unico caso ».
[186] Riferimento alle operazioni svolte negli anni ‘90 e 2000 nelle regioni del mezzogiorno: « Vespri Siciliani », « Riace », « Partenope », « Salento », « Forza Paris ».
[187] Service National Universel.
[188] I portatori di handicap saranno parte integrante del progetto.