scarica il file in pdf – armi ucraine – aprile 2023 – ronzo
UN ALTRO ASPETTO DELLA GUERRA IN UCRAINA:
QUALE SARA’ LA DESTINAZIONE FINALE DELLE ARMI OCCIDENTALI? CADRANNO NELLE MANI DI GRUPPI TERRORISTICI E/O CRIMINALI?
Salvatore Ronzo
- Il sostegno occidentale all’Ucraina
Sono oramai trascorsi 14 mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina ed i Paesi occidentali, in particolare quelli NATO, continuano a sostenere la Nazione aggredita sia da un punto di vista politico – in tutti i consessi internazionali – sia umanitario, anche mediante l’accoglienza dei rifugiati.
L’aiuto non è limitato alle sole abituali azioni di “soft power”, bensì è stato concordemente esteso a quello decisamente più importante e forse anche inaspettato: l’immediata e prolungata assistenza militare. Quest’ultima ha consentito all’Ucraina, garantendo l’ampliamento delle capacità belliche disponibili, di continuare la sua resistenza oltre ogni limite prevedibile, prima dell’inizio dei combattimenti, non solo dai generali e dagli analisti russi, ma anche dagli Stati Maggiori dei Paesi occidentali.
L’ininterrotto invio di armamenti, sommato alle numerose prove di coraggio ed abilità operativa e tattica da parte delle forze militari ucraine, ha permesso di infliggere all’aggressore, tra l’altro, un elevatissimo costo in termini di vite umane.
Sull’aspetto concernente i dati relativi alle vittime di questo conflitto è però necessario soffermarsi, atteso che la reciproca propaganda ha innalzato una cortina di fumo che non consente di disporre di una quantificazione realistica delle perdite subite dai belligeranti e in particolare dagli attaccanti.
Infatti, se secondo alcune fonti di Kiev, fino al 21 gennaio u.s., erano circa 120.160 i soldati russi uccisi in Ucraina dall’inizio dell’invasione,[1] esaminando i dati raccolti da fonti aperte dalla BBC e da MEDIAZONA – sito d’informazione russo legato all’opposizione al Cremlino – i caduti della Federazione sarebbero 13.030 fino al 2 febbraio c.a., a cui si devono sommare poco più di 6mila combattenti ucraini delle due repubbliche secessioniste filorusse. Secondo una stima per eccesso effettuata dalle appena citate testate, il numero di vittime reali potrebbe essere il doppio, ovvero circa 26.000 uomini.[2]
Sebbene sia evidente la sostanziale differenza numerica tra i dati sopra enunciati, anche se purtroppo si tratta pur sempre di vite umane, non vi possono essere dubbi che se i difensori sono riusciti ad imporre un tributo così rilevante alle forze armate russe lo si deve a due fattori. Innanzitutto, ad una delle più vecchie regole della guerra sintetizzata in una celebre frase dello scrittore russo Lev Tolstoj nel suo capolavoro “Guerra e pace”: “Il successo non è mai dipeso e non dipenderà mai né dalla posizione, né dall’armamento, né dal numero, ma, in ogni caso, men che mai dalla posizione. E da che cosa, allora? Dal sentimento che c’è in me, in lui, in ogni soldato.”
Sicuramente il combattente che difende la propria terra, la propria nazione, ha una motivazione a lottare e a sacrificare la propria vita molto maggiore di quella delle truppe dell’attaccante/aggressore. A sostegno di tale asserto basta ricordare, a titolo esemplificativo, che nella seconda metà del secolo scorso, gli Stati Uniti, nell’aprile del 1975, e l’Unione Sovietica, nel maggio del 1989, hanno abbandonato rispettivamente Saigon e l’Afghanistan a causa della strenua lotta da parte delle “forze della resistenza” (anche in questo caso adeguatamente supportate da Paesi non belligeranti). Ciò sebbene le Forze Armate delle due superpotenze potessero vantare indubbie superiorità in termini di armamenti, tecnologia e anche in numero di uomini da impiegare nelle rispettive guerre.
A questo fattore si deve sommare, nell’esame del conflitto in corso, la verosimile mancanza di motivazione e coesione delle truppe russe dovuta ad una cattiva capacità di comunicazione del Presidente Putin, il quale non ha saputo stimolare i propri combattenti sul campo poiché non ha fornito chiare ragioni a sostegno dell’“operazione speciale militare” che ha lanciato e, allo stesso tempo, non ha fissato realistici e perseguibili obiettivi strategici per il breve-medio periodo.
Tuttavia, come sopra accennato, è indiscutibile che tale capacità di resistenza abbia avuto, quale moltiplicatore di potenza, la costante fornitura di armi ed equipaggiamenti – sempre più tecnologicamente sofisticati ed in quantità sempre maggiori – da parte dei Paesi occidentali ed in primis degli Stati Uniti che, al 24 febbraio u.s., secondo i dati forniti dal “Kiel Institute for the World Economy”, Centro di ricerca indipendente con sede in Germania, ammontavano “ ad oltre 73 miliardi di euro. Di questi, 44,3 miliardi destinati all’assistenza militare, 25,1 miliardi in aiuti economici e 3,72 miliardi per gli interventi umanitari (si traduce in una spesa pari allo 0,367% del Prodotto interno lordo).” [3]
- Quale sarà il destino delle armi consegnate dall’Occidente?
Partendo da questa premessa e trascorsi oltre 420 giorni di guerra senza si prospettino, al momento, possibili soluzioni negoziali del conflitto, le nubi di un’altra minaccia si addensano all’orizzonte del continente europeo, ma più probabilmente di tutto il mondo, come Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte già scriveva nel marzo del 2022: “Quanto invece alla questione delle armi, non vi è stato conflitto che non abbia visto, soprattutto davanti ad eserciti mal pagati e motivati, grandi quantitativi di armi arrivare nel teatro delle operazioni ed essere messe a disposizione di forze più o meno regolari, per poi finire in mano a gruppi criminali e terroristi. Anche nel caso di questo conflitto vi è il rischio che ciò avvenga, e si tratta di un rischio ancora più concreto di quanto già non avvenga normalmente: da un lato, infatti, i mal equipaggiati e mal motivativi soldati russi si vedono spesso costretti a lasciare indietro grandi quantitativi di armamenti mentre avanzano, per non parlare del fatto che un numero considerevole di loro è pronto a rivenderle al primo che offra loro denaro; dall’altro, è quasi impossibile seguire il percorso delle armi che arrivano in sostegno dell’Ucraina da un elevato numero di Paesi europei e NATO.”[4]
Analogo pericolo era stato prefigurato da Michel Korinman che nel suo articolo del 4 giugno 2022 poneva il quesito “……è probabile che più passa il tempo, più lo spazio diplomatico di Zelensky si restringa. Inoltre, ci si può legittimamente interrogare sul destino delle scorte di armi consegnate dall’Occidente: dopo l’ex Jugoslavia e la Libia, l’Ucraina?” [5]
Questo interrogativo è divenuto fonte di crescenti inquietudini da parte del Pentagono, degli Stati Maggiori così come dei Servizi di intelligence occidentali, ma è anche e soprattutto oggetto dell’attenzione delle Organizzazioni/Agenzie internazionali per il contrasto al crimine quali INTERPOL [6] ed EUROPOL.[7]
Infatti, con il grosso dell’esercito regolare ucraino schierato ad est del fiume Dnepr e con molti reparti impegnati da mesi nella difesa dell’area di Bakhmut dagli attacchi russi, Kiev ha dovuto continuare con la politica di “richiamo massivo di civili” il cui addestramento deve essere necessariamente concluso in breve tempo. La scelta di svolgere un breve ciclo di formazione, soprattutto a favore di quel personale che, probabilmente, deve essere impiegato immediatamente in prima linea anche per ricostituire e/o sostituire i reparti che hanno subito le perdite più consistenti,[8] è anche conseguente alla necessità di garantire una più accurata preparazione ai militari destinati ad utilizzare i sistemi d’arma più avanzati come i lanciatori di missili (HIMARS, PATRIOT e SAMP-T) ed i carri armati europei LEOPARD e CHALLENGER e di quelli americani ABRAMS, per lanciare la più volte preannunciata “controffensiva di Primavera”.
Pertanto, la distribuzione di armi sofisticate a personale proveniente dalle più “diverse estrazioni” e che ha seguito un “addestramento cosiddetto basico” e la cui affidabilità in combattimenti ad alta intensità ha suscitato dubbi in molti esperti, ovvero a milizie paramilitari, potrebbe indurre alcuni ad utilizzarle per compiere azioni criminali o immetterle sul mercato clandestino che alimenta la malavita organizzata ed i gruppi terroristici.
In uno scenario fortemente compromesso da un punto di vista sociale e dove il tasso di corruzione degli apparati pubblici era, già prima della guerra, valutato come alto,[9] anche la capacità di controllo delle Forze dell’ordine sulle attività criminali è andata gioco forza ad allentarsi.
Ciononostante, le Forze di sicurezza ucraine sono riuscite a concludere, il decorso mese di febbraio, un’attività investigativa che ha portato alla luce un maxi scandalo a seguito del quale è stato destituito il Ministro della Difesa Oleksii Reznikov, accusato di corruzione, e che ha coinvolto altri personaggi del Ministero della Difesa, tutti allontanati, tra cui il Viceministro Vyacheslav Shapovalov ed il responsabile per gli appalti Bohdan Khmelnytskyi, il quale aveva ricevuto soldi per l’acquisto di giubbotti antiproiettile scadenti. In tale contesto era stato destituito, a gennaio, tra gli altri, anche il Viceministro per lo Sviluppo del territorio Vasily Lozinsky, accusato di aver ricevuto una tangente di 400mila dollari per la fornitura di generatori. [10]
In sintesi, la corruzione resta una piaga che ancora oggi affligge il Paese rendendo ancora più verosimile la possibilità che le armi possano essere oggetto di traffici illegali in cambio di denaro.
Ad ulteriore sostegno di tale ipotesi, giova ricordare che erano stati individuati, in passato, collegamenti tra esponenti della mafia ucraina con il Medio Oriente e con il Caucaso e che almeno due battaglioni di jihadisti ceceni combattono al fianco degli ucraini in contrapposizione alle truppe di Mosca ed ai governativi ceceni filorussi.
Pertanto, l’eventualità che un certo numero di armi leggere, granate, lanciarazzi anticarro o antiaerei, o droni possano finire nella disponibilità di gruppi criminali o jihadisti si è trasformato in qualcosa di più di un’ossessione per la sicurezza dell’Europa, la quale sta continuando a fornire quelle stesse armi senza alcun apparente efficace controllo sulla loro destinazione finale.
- L’allarme delle Organizzazioni /Agenzie di Polizia
L’allarmante quadro descritto aveva indotto, già all’inizio del decorso mese di giugno, Jürgen Stock, Segretario Generale di Interpol, a dichiarare nel corso della riunione dell’Anglo-American Press Association svoltasi a Parigi, che “Quando le armi non saranno più utilizzate, emergeranno le armi illegali. Sappiamo questo sulla base dell’esperienza maturata in altri teatri di guerra. I criminali stanno già adesso, mentre parliamo, concentrandosi su queste armi. I gruppi criminali cercano di sfruttare queste situazioni caotiche e la disponibilità di armi, anche quelle utilizzate dai militari e anche le armi pesanti. Queste saranno disponibili sul mercato gestito dalla criminalità organizzata e rappresenteranno una sfida“.[11]
Per tale motivo, Stock aveva invitato i Paesi occidentali ad operare congiuntamente ed in modo coordinato per contrastare questo rischio: “Nessun Paese (…) può affrontarlo da solo perché questi gruppi operano a livello globale”, esortando i governi ad utilizzare i database dell’Organizzazione per “tracciare e rintracciare” le armi.[12]
Appare opportuno sottolineare l’urgenza con cui il Segretario Generale aveva posto in evidenza il problema mettendo l’intera comunità internazionale di fronte ad uno scenario molto probabile ed imminente. Lo stesso, infatti, aveva deciso di lanciare l’allarme sulla scorta di valutazioni ed analisi di quanto accaduto dopo l’uscita degli Stati Uniti e dei suoi alleati dall’Afghanistan, nell’agosto del 2021 (dopo 20 anni di guerra), con l’abbandono di consistenti quantitativi di equipaggiamenti militari, anche altamente sofisticati, che sono ora nella disponibilità dei talebani. Ma soprattutto sulla base dei dati raccolti nei Balcani dopo il crollo della Jugoslavia 30 anni orsono: le armi in dotazione alle varie fazioni in guerra, a cui si sarebbero aggiunti centinaia di migliaia di fucili d’assalto finiti nelle mani dei civili albanesi durante gli scontri del 1997, sono entrate – tramite il mercato clandestino – nell’Europa occidentale a partire dai primi anni 2000. A seguito della crisi economica del 2008, la disponibilità del flusso è aumentata poiché molti civili che ne avevano accumulato nel corso della guerra hanno iniziato a disfarsene in cambio di denaro.
I Balcani si sono trasformati di fatto in uno snodo nevralgico per il commercio illegale delle armi da fuoco che, stante alle risultanze delle indagini, sarebbero finite sia nelle mani di mafiosi che di terroristi e perfino utilizzate negli attacchi di Parigi del 2015 (gli attentatori avrebbero utilizzato due fucili M70 prodotti dalla serba Zastava[13]).
Negli stessi giorni, a conferma di questa incombente minaccia, la Direttrice di EUROPOL, Catherine De Bolle, con un’intervista a Die Welt am Sonntag, aveva espresso il proprio timore per un possibile afflusso di armi in Europa a seguito della guerra in Ucraina.[14]
La De Bolle ha ricordato che, per tre decenni, gruppi criminali hanno utilizzato armi provenienti dal conflitto nella ex Jugoslava sottolineando che, dalle informazioni disponibili, i volontari che si recano o si sono recati in Ucraina per combattere a fianco delle milizie locali “non sono un gruppo omogeneo e che differiscono tra loro per le loro esperienze e ideologie.“[15]
Il 22 luglio successivo, la stessa Agenzia dell’Unione Europea, in uno “statement ufficiale” ha ricordato che “Europol sta lavorando a stretto contatto con i funzionari ucraini per mitigare la minaccia del traffico di armi nell’Unione Europea. Abbiamo piena fiducia in loro mentre implementano nuove misure per monitorare e rintracciare queste armi da fuoco (…..).Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, Europol ha avvertito che la proliferazione di armi da fuoco ed esplosivi in Ucraina potrebbe portare ad un aumento del traffico di armi da fuoco e munizioni nell’UE attraverso rotte di contrabbando consolidate o piattaforme online. Questa minaccia potrebbe anche essere maggiore una volta terminato il conflitto.”[16]
Tenendo in giusto conto la gravità del momento, la questione è finita perfino sui tavoli della politica dell’Unione, come dimostrato da un’interrogazione a risposta scritta proposta da un parlamentare alla Commissione europea – il decorso 8 marzo – nel cui prologo cita testualmente: “Tuttavia, questo eccesso di aiuti militari internazionali all’Ucraina sta diventando una bomba a orologeria. In combinazione con una totale assenza di controllo da parte delle autorità occidentali e ucraine, ha fornito una fornitura apparentemente inesauribile di armi all’avanguardia ai mercati neri di tutto il mondo (..….). Nel novembre 2022 il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, ha dichiarato che le armi utilizzate per la guerra tra Ucraina e Russia stanno iniziando a filtrare nella regione del bacino del lago Ciad“.[17]
Il parlamentare a conclusione dell’interrogazione chiede di “volgere lo sguardo sulle ulteriori conseguenze negative del conflitto in atto e dell’immissione sul mercato nero di ingenti quantitativi di armi non tracciate, soprattutto sui Paesi della fascia del Sahel e del lago Ciad”.[18]
Il rischio che le armi possano finire nelle mani di criminali era stato peraltro già denunciato dallo stesso Presidente nigeriano Buhari nel corso del summit tenutosi ad Abuja, il 30 novembre scorso (con la partecipazione dei leaders di Benin, Ciad, Niger, Repubblica Centrafricana e dei rappresentanti di Camerun e Libia). Al termine della riunione, Buhari aveva dichiarato: “Una parte importante delle armi e delle munizioni procurate per la guerra in Libia continua a trovare la strada per la regione del Lago Ciad e in altre parti del Sahel. Anche le armi utilizzate per la guerra in Ucraina e in Russia stanno iniziando a filtrare nella regione. Questo movimento illegale di armi ha determinato un incremento della proliferazione di armi leggere e di piccolo calibro che continua a minacciare la nostra pace e sicurezza nella regione.”[19]
- Il traffico illecito di armi e la criminalità organizzata di stampo mafioso
Un’ulteriore minaccia è rappresentata dalla possibilità che queste armi, stante il quantitativo non correttamente tracciato oggi in circolazione, possano essere oggetto di traffici illeciti da parte di associazioni criminali, in particolare di “stampo mafioso”, che dispongono di ampie risorse economiche e che non si fanno scrupoli nell’”investire” in nuovi settori illeciti ove sia facile trarre i profitti. Infatti, per le organizzazioni malavitose strutturate come la “‘ndrangheta”, la “mafia” o altre ancora, la guerra rappresenta una ghiotta opportunità di accrescimento dei propri guadagni mediante la gestione del mercato nero dei beni di prima necessità, del traffico di stupefacenti fino a quello di armi. Non è da sottovalutare, infine, che possano approfittare delle circostanze date per acquisire nuovi armamenti – quali fucili, pistole, lancia granate ma anche i droni – per rinnovare e/o incrementare l’arsenale a propria disposizione.
In tal senso un grido di allarme è stato lanciato da uno dei Pubblici Ministeri più impegnati nel contrasto alla criminalità organizzata, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, il quale, nel corso della presentazione di un suo libro a Milano, ha ripercorso la storia del traffico illecito di armi. Prendendo spunto dalle inchieste da lui stesso condotte, ha ricordato come in passato “la ‘ndrangheta abbia comprato esplosivi, kalashnikov e bazooka che erano stati utilizzati nella guerra nell’ex Jugoslavia. Diventa pertanto logico, chiedersi se lo stesso avverrà in Ucraina con le armi che si stanno inviando.”[20]
Ugualmente, la Direzione Investigativa Antimafia (DIA), nella relazione presentata all’inizio del corrente mese di aprile al Parlamento sulle attività svolte e i risultati conseguiti nel 1° semestre del 2022, ha posto l’accento sulla delicata situazione venutasi a creare con l’aggressione russa all’Ucraina, atteso che “I Paesi dell’ex-U.R.S.S. costituiscono un crocevia strategico per vari traffici illeciti diretti verso l’Occidente, consistenti nel traffico di droga, di sigarette e di altra merce illegale. L’Italia risulta essere un luogo di investimento di capitali russi (…..).”[21]
Muovendo da queste premesse, la DIA non esclude che “(……) in particolare la ’ndrangheta – la più diffusa a livello globale e la più “liquida” fra le mafie – potrebbe trarre i maggiori vantaggi sia dai traffici illeciti indicati in premessa, sia dalla ricostruzione postbellica. L’attuale contesto, caratterizzato da una profonda crisi sociale e finanziaria causata dalla pandemia prima e dal conflitto russo – ucraino poi, potrebbe indurre la criminalità organizzata ad attuare una strategia di acquisizione di beni ed imprese nei più svariati settori; le mafie dei Paesi dell’ex-U.R.S.S., strutturate e pervasive, potrebbero costituire per le organizzazioni criminali italiane i necessari punti di contatto per l’esecuzione di numerosi traffici illeciti.”[22]
In breve, i presupposti per una penetrazione e una più stretta collaborazione tra le organizzazioni criminali di stampo mafioso dell’Italia, della Russia e dei Paesi della ex Unione Sovietica, è tutt’ altro che una mera ipotesi. Il punto è comprendere dove, e soprattutto, a chi tali armi potrebbero essere destinate (gruppi terroristici, bande dedite alle rapine ai portavalori?) per evitare che la storia dei Balcani si ripeta e che cittadini inermi possano diventare le vittime di azioni condotte con questi strumenti di morte.
- Conclusioni
L’Occidente, per quanto illustrato, si trova ad affrontare un’ulteriore minaccia per la sicurezza dei propri cittadini così come la possibilità che si riaccendano focolai di guerre mai sopiti in alcune zone calde dell’Europa (i Balcani), o del mondo, quali i Paesi Subsahariani (es. Mali) o del Nord Africa (basti pensare alla Siria od alle attività degli appartenenti ad Hezbollah). Detta minaccia si estende anche ai Paesi dell’Africa del Sud così come nel Corno d’Africa, ove sono attivi gruppi criminali/terroristici agguerriti che con nuovi e più sofisticati armamenti potrebbero riprendere le loro attività di pirateria infliggendo duri colpi al trasporto commerciale marittimo internazionale e di conseguenza ad un’economia mondiale già in crisi.
Del resto, come osservava Ferdinando Sanfelice di Monteforte all’inizio del 2023 “Prevedere come finirà questa instabilità generale, che sta sfociando in un massacro generalizzato, non è facile. Di sicuro, la Russia è destinata a un ulteriore declino, qualcosa che è il pericolo ricorrente di questa Nazione, che più volte è crollata sotto il peso delle proprie contraddizioni interne. (…..) Corriamo il rischio, quindi, di vedere di nuovo una situazione simile, ma ben più grave, a quella che si verificò dopo il 1991, con l’instabilità che si propagò, quasi come un incendio fuori controllo, in molte aree del mondo – in primis nei Balcani.” [23]
Purtroppo, a questo quadro a tinte fosche, il 14 aprile u.s., si è aggiunto un altro focolaio di instabilità e tensioni proprio nell’Africa sub sahariana dopo lo scoppio di una guerra in Sudan che vede opposte le forze del Generale Abdel–Fattah Al-Burhan, Capo del Consiglio sovrano che guida il paese, ed i paramilitari delle “Forze di Sostegno Rapido (RSF)” al comando del numero due della giunta, Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemetti”. Il conflitto è scaturito verosimilmente per il disaccordo tra i due generali in merito all’integrazione delle RSF nell’esercito regolare, [24] una delle condizioni cardine dell’accordo che avrebbe dovuto porre fine alla crisi originata dal colpo di Stato militare del 2021 organizzato proprio dai due menzionati generali.
Sullo sfondo resta, però, il confronto tra Occidente e la Russia (e la stessa Cina) per ragioni geopolitiche che si sono ulteriormente acuite con il conflitto in Ucraina. Gli Stati Uniti ed anche l’Europa sostengono difatti il Gen. Abdel-Fattah Al-Burhan che si è sempre espresso a favore di più salde relazioni con l’Occidente. Invece, per la Russia il Gen. Hemetti potrebbe rappresentare la persona a cui affidare la tutela degli interessi della “compagnia militare privata Wagner” per varie attività che vanno dall’estrazione dell’oro fino all’addestramento di combattenti.[25] Infine, se questi riuscisse a conquistare il potere, potrebbe garantire alla Federazione Russa un altro prezioso alleato su cui fare affidamento per procedere all’allargamento della sua sfera di influenza in Africa, che si estenderebbe in tal modo dal Mali alla Repubblica Centrafricana, dal Burkina Faso al Sudafrica.
Tuttavia, quanto sinora illustrato resta da un lato – forse giustamente – escluso dai dibattiti sulla crisi ucraina, probabilmente per non creare un’ulteriore influenza negativa sulle opinioni pubbliche ormai provate da tre anni difficili e preoccupate per l’impatto sulla vita quotidiana della crisi energetica ed economica che sono seguite a quella causata dalla pandemia; dall’altro non deve sfuggire ad analisi sia geopolitiche che tecniche da parte di esperti, ed in particolare dei responsabili degli apparati di sicurezza, che dovrebbero aver già messo in atto piani efficaci per impedire che le ipotesi enunciate si possano realmente concretizzare.
Basti pensare che “Tutti i jihadisti sperano comunque che la guerra sia lunga e distragga i nemici crociati, Americani, Russi e Europei, dagli affari jihadisti. Ferma è inoltre la convinzione che la guerra e le sanzioni portino ad un indebolimento dell’Occidente, e in primis della Russia, che essi considerano facente parte dell’Occidente, intendendo con tale espressione probabilmente più il “mondo cristiano”, appunto “crociato”, che l’Occidente come noi lo consideriamo”. [26]
In conclusione, per fare fronte a questa incombente minaccia si possono immaginare due principali opzioni.
La prima, è quella di accogliere l’invito rivolto ai Governi da Jurgen Stock e da Catherine de Bolle ad agire tutti insieme perché “Nessun Paese (….) può affrontarlo da solo perché questi gruppi operano a livello globale”[27], utilizzando i database delle due Organizzazione per ” individuare” i movimenti delle armi” che comunque devono essere “necessariamente tracciate” in modo corretto prima della loro consegna.
La seconda, che può sembrare provocatoria ma potrebbe essere invece risolutiva, è forse quella che “tali armamenti siano distrutti in battaglia”. Ipotesi migliore rispetto al rischio che vadano ad equipaggiare appartenenti a gruppi terroristici che potrebbero impiegare armi leggere, anticarro o droni per condurre attacchi nelle città occidentali o missili antiaerei contro voli di linea, oppure consentano alla ‘ndrangheta od altre associazioni criminali di stampo mafioso di incrementare ancor più il loro “volume di affari e di guadagni illeciti”.
[1]“Guerra, media GB: per Usa militari russi e Wagner morti sono 188mila”. https://tg24.sky.it/mondo/2023/01/21/guerra-ucraina-russi-morti
[2] “Continua il balletto delle cifre circa le perdite umane” https://www.analisidifesa.it/2023/02/continua-il-balletto-delle-cifre-circa-le-perdite-russe-e-ucraine/.
[3] “Così, se Washington è primo per stanziamenti in termini assoluti, scivola invece al quinto posto per quota di aiuti in rapporto al Pil tra gli alleati di Kiev, dove in testa si collocano quelli che confinano direttamente con la Federazione Russa: al primo posto c’è l’Estonia con l’1,071%, seguita da Lettonia (0,975%), Lituania (0,652%) e Polonia (0,626%)” in https://www.notiziegeopolitiche.net/ucraina-ecco-la-spesa-per-le-armi-usa-e-ue-in-testa-per-aiuti/
[4] Si veda Quadarella Sanfelice di Monteforte, L. “I gruppi jihadisti davanti al conflitto russo ucraino” in Mediterranean Insecurity ,Vol.4 – Raccolta articoli 2022, pag. 157 o https://www.mediterraneaninsecurity.it/i-gruppi-jihadisti-davanti-alla-crisi-russo-ucraina-laura-quadarella-sanfelice-di-monteforte/
[5] Si veda Korinman, M. “Nella crisi russa l’Europa è alla deriva” in https://formiche.net/2022/06/crisi-europa-russia/
[6] Fondata il 7 settembre del 1923, è l’Organizzazione internazionale della polizia criminale dedita alla cooperazione di polizia e al contrasto del crimine internazionale, con sede centrale a Lione in Francia, a cui aderiscono 195 Stati.
[7] Agenzia dell’Unione Europea con sede a L’Aia, nei Paesi Bassi, con la missione di sostenere gli Stati membri nella prevenzione e nella lotta contro tutte le forme gravi di criminalità organizzata e internazionale, criminalità informatica e terrorismo, collaborando anche con Stati partner non membri dell’UE e con organizzazioni internazionali.
[8] Vedasi anche Cremonesi, L. “A Bakhmut, tra i battaglioni ucraini decimati: “Noi partiti in 100 e rimasti in 20”.
“Le nostre unità continuano a ruotare perché spesso sono sufficienti poche settimane sotto il fuoco per perdere oltre la metà degli effettivi. La battaglia di Bakhmut ha visto morire tantissimi veterani e adesso necessita tempo per addestrare le nuove reclute.” https://www.corriere.it/esteri/23_aprile_25/bakmut-trincee-reportage-efff190e-e2da-11ed-ab75-b8a1ffdbb100.shtml?refresh_ce
[9] Vedasi la classifica dedicata all’argomento pubblicata nel 2022 TRANSPARENCY INTERNATIONAL che aveva collocato l’Ucraina al 116° posto su 180 Paesi in https://www.transparency.org/en/cpi/2022 .
[10] Vedasi Keller, G. “Ucraina. Dopo lo scandalo corruzione Zelensky ha Licenziato (in piena guerra) il Ministro della Difesa” In https://www.notiziegeopolitiche.net/ucraina-dopo-lo-scandalo-corruzione-zelensky-ha-licenziato-in-piena-guerra-il-ministro-della-difesa/
[11] https://www.theguardian.com/world/2022/jun/02/ukraine-weapons-end-up-criminal-hands-says-interpol-chief-jurgen-stock
[12] Ibidem
[13] https://www.rainews.it/archivio-rainews/articoli/Bild-le-armi-usate-per-le-stragi-di-Parigi-arrivano-dalla-Germania-8887210f-f756-4bb2-af4c-7510372533a0.html
[14] https://www.welt.de/politik/ausland/plus239012703/Europol-Chefin-Nie-gesehenes-Niveau-an-Gewalt-auf-Europas-Strassen.html
[15] Ibidem
[16] “EUROPOL statement on the cooperation with Ukraine” https://www.europol.europa.eu/media-press/newsroom/news/europol-statement-cooperation-ukraine
[17] Question for written answer E-000805/2023 to the Commission Rule 138, Dominique Bilde (ID) “Arms trafficking risk – supply of weapons to Ukraine” https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2023-000805_EN.html#def1
[18] Ibidem
[19] “Armi fornite all’Ucraina rinvenute nel Sahel e in Nord Europa” in https://www.analisidifesa.it/2022/12/armi-fornite-allucraina-rinvenute-nel-sahel-e-in-nord-europa/
[20] “Finita la guerra parte di queste armi potrebbero far gola alle mafie”, ribadisce Gratteri “Non sto qui a sindacare sulle scelte dei Paesi occidentali di inviare o no le armi, queste sono scelte politiche”, aggiunge il procuratore: “Io sono però preoccupato – conclude – perché non essendo queste armi tracciabili noi non sappiamo ogni giorno quante di queste vengano usate e quante invece nascoste”. in https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/21/armi-in-ucraina-gratteri-non-sono-tracciate-non-sappiamo-quante-di-queste-vengono-usate-e-quante-finiranno-in-mano-alle-mafie/7103652/
[21]Vedasi “Relazione del Ministro dell’interno al Parlamento sulle attività svolte e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel 1° semestre del 2022”, pag. 301 https://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/wp-content/uploads/2023/04/Semestrale-I-2022.pdf
[22] Ibidem
[23] Si veda Sanfelice di Monteforte, F. in “La difficile eredità del 2022:cosa aspettarsi nel 2023” in Mediterranean Insecurity ,Vol.4 – Raccolta articoli 2022, pagg. 17, 18 o https://www.mediterraneaninsecurity.it/la-difficile-eredita-del-2022-cosa-aspettarsi-nel-2023-amm-sq-ferdinando-sanfelice-di-monteforte/
[24] Le RSF sono eredi della famigerata milizia dei “Janjaweed” i cui militanti sono stati autori di numerosi massacri durante la guerra civile in Darfur agli inizi del XXI secolo.
[25] ISPINOLINE “Sudan: guerra tra signori della guerra” https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sudan-guerra-tra-signori-della-guerra-126001
[26] Si veda Quadarella Sanfelice di Monteforte, L. “I gruppi jihadisti davanti al conflitto russo ucraino” in Mediterranean Insecurity ,Vol.4 – Raccolta articoli 2022, pag. 154 o https://www.mediterraneaninsecurity.it/i-gruppi-jihadisti-davanti-alla-crisi-russo-ucraina-laura-quadarella-sanfelice-di-monteforte/
[27] Ibidem